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Autore: _Black_Rainbow_    18/11/2014    3 recensioni
Siccome sono una persona allegra sono tornata con un'altra Clintasha. ATTENZIONE, morte di uno dei personaggi principali.
Se uno dei due non tornasse a casa da una missione?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa... cosa... oggi, senza pensarci e senza rileggerla, quindi chiedo venia per tutti gli errori che possono esserci, al più presto provvederò a sistemare tutto. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura.








Natasha non aveva mai pensato che non saper piangere sarebbe stato tanto angosciante.

Era stata catapultata in un universo parallelo in cui non sapeva muoversi e in cui non aveva maschere da indossare. Riusciva solo a continuare a vivere apaticamente. Le azioni quotidiane erano diventate tanto meccaniche da farla assomigliare ad un robot.

Come tutto fosse andato a rotoli non avrebbe saputo spiegarlo.

Era solo una missione, una stupida missione sotto copertura che si era trasformata in un bagno di sangue, aveva perso di vista Clint per un secondo e poi tutto diventava buio. Era colpa sua se Clint adesso non stava russando beatamente al suo fianco.

E non l'avrebbe mai più fatto.

Non avrebbe più sentito il calore delle sua pelle, i baci caldi appena sveglia, l'odore di caffè che impregnava il piccolo appartamento da quando c'era lui.

Lui non era tornato.

Non era più con lei.

Le era rimasto solo il vuoto, in quella casa ormai spenta, nella sua vita. Chi le avrebbe guardato le spalle?

Perché non gli aveva guardato le spalle?

Non le era rimasto nulla, solo ricordi più o meno vividi dei loro momenti insieme.

Era stata quasi trascinata davanti a quella lastra di marmo che non avrebbe mai voluto vedere. E ora non era in grado di fare nulla, era paralizzata nel silenzio immobile di quel posto.

Avrebbe voluto urlare, ma la sua gola si era chiusa, non era sicura che sarebbe riuscita a pronunciare qualcosa, che non le sarebbero usciti solo rantoli sconnessi ed allora preferiva non dire niente.

A cosa sarebbe servito dire qualcosa? Le parole non l'avrebbero riportato indietro.

Avrebbe voluto piangere, un segno palese che lui era diventato tutto per lei, abbastanza da farle provare vere emozioni, ma non ci riusciva.

Anche se gli occhi le pizzicavano, anche se il nodo allo gola era così stretto da soffocarla, le lacrime non scendevano.

Si sporse ad osservare il viso sorridente di Clint nella piccola foto, un raro ritratto di pace nella loro vita frenetica e pericolosa di spie, e il suo corpo cominciò a tremare e si piegò su se stesso.

Rimase lì distesa, raggomitolata finché il tremore non scomparve, le mano ancora scosse e deboli si posarono sul volto trovandolo bagnato. Spostò una ciocca di capelli dietro ad un orecchio e sorrise debolmente.

- Sei anche riuscito a farmi piangere, stupido.

Immaginava il ghigno che si sarebbe aperto sul suo volto se fosse stato lì.

Le aveva insegnato ad amare, a vivere, a piangere e l'aveva lasciata quando ancora avrebbero avuto tante cose da fare insieme.

Le lacrime ricominciarono a scorrere sulle sue guance. Non voleva tornare ad essere sola. Non voleva spegnere di nuovo i suoi sentimenti.

Ma non voleva più soffrire.

Sarebbe stato così facile raggiungerlo, il pensiero le risultava così dolce che per un attimo pensò di cedere, raggiungerlo lì dov'era lui per non doverlo perdere mai più.

Come poteva lei sperare di ritrovare Clint in un'altro mondo? Lui era buono, lei, invece, avrebbe dovuto pagare per tutto il male che aveva fatto. Quale Dio avrebbe voluto farli tornare insieme?

Non avrebbe mai smesso di fare male.

Lui non avrebbe voluto che lei facesse una cosa tanto stupida.

Sarebbe stato meno doloroso se la colpa non fosse stata sua?

Lui non l'avrebbe mai accusata della sua morte, ma lei sapeva la verità. Lei si era distratta, i suoi sentimenti l'avevano resa un bersaglio facile e lui era stato il prezzo della sua debolezza.

Voleva essere punita per il suo errore.

Non voleva la compassione di nessuno, ma che le dicessero la verità, che la chiudessero in una cella con il peso dei suoi rimpianti.

Sarebbe stata la giusta punizione.

Vivere sperando di morire, giorno dopo giorno senza una ragione per esistere, non poteva esserci castigo peggiore di essere ancora viva.







  
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