Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Sheep01    19/11/2014    3 recensioni
Natasha aveva immediatamente fatto partire la chiamata: “Sarà divertente, vedrai.”
“Per te.” Avrebbe dovuto aggiornare Natasha sul concetto di divertimento.
Afferrò il telefono che gli veniva porto, con una certa irritazione [...] Sperò che Rogers stesse facendo altro. O avesse dimenticato il cellulare nel frigorifero. Oppure stesse pigiando tutti i tasti dello smartphone in rapida sequenza, attivando duemila applicazioni: insomma, tutte quelle cose che non sanno fare i vecchietti con la tecnologia.
Al settimo squillo guardò Natasha, come a giustificare, in modo oltremodo drammatico, lo scarso successo dell’operazione. All’ottavo sospirò contrito e così dispiaciuto…
Al nono, una voce, purtroppo per lui, rispose.
“Pronto?”
Il gelo scese su di lui come una doccia ghiacciata, ma non per beneficienza.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Maria Hill, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: Occhio di Falco, la Vedova nera, Capitan America e tutti i personaggi citati sono di propietà Marvel e Disney. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

 

*

Seguito della fanfiction: LOOP. Non è necessario averla letta per comprendere questa storia, i riferimenti saranno comunque spiegati alla fine. Nel frattempo: buona lettura.

 

*

 

DARTS

 

 

“Lo hai chiamato?”

Natasha Romanoff.

La Vedova Nera. Un nome che rimandava sempre a qualcosa di pericoloso.

In questo caso, nello specifico, a una minaccia.

“Chi?” Clint aveva appena alzato gli occhi dal fumetto che stava leggendo. Ancora un paio di pagine e lo avrebbe finito. Nemmeno dargli il tempo di concludere spensieratamente quell’intrattenimento distensivo che si era visto la sagoma della donna sovrastarlo. Con tanto di posa plastica che nemmeno Superman. O chi per lui. Mani ben piantate sui fianchi e sopracciglio inarcato, come solo lei sapeva fare per sottolineare una situazione irrisolta.

“Clint.”

“Non so di cosa tu stia parlando.”

“Non fare il finto tonto con me, Clint Barton. Non funziona.”

Il fatto che lo avesse chiamato Clint Barton, nome e cognome, avrebbe dovuto dargli avvisaglie di quanto fosse infastidita.

Avrebbe tanto voluto ignorarla, ma pensare alle conseguenze di quell’atteggiamento gli diede la forza per abbandonare le avventure di Dick Grayson & amici, per prestarle attenzione.

“Avevo detto lo avrei fatto… e lo farò, promesso.” Non ebbe nemmeno bisogno di specificare che sapeva esattamente a cosa o a chi si stesse riferendo.

“Quando?”

“Ahm… prima di sera.”

“E’ già sera.”

Lo sguardo di Clint andò a posarsi, un misto di gioia e speranza, sul piccolo orologio da parete. Una delle quattro pareti asettiche del suo ufficio. O dell’ufficio che lo SHIELD gli aveva riservato. Il fatto che avesse ceduto alla culturale lettura di un fumetto invece della stesura nel nuovo verbale era del tutto irrilevante. Per una volta tanto che alle sei in punto avrebbe potuto timbrare il “cartellino” come un qualsiasi impiegato.

Il rientro da Seoul era stato così stancante.

“Chiamalo.”

Stavolta Natasha era stata così definitiva che il fumetto volò sulla scrivania, a planare sconsolato su sulla pila di faldoni dimenticati, abbandonati.

Nemmeno il tempo di godersi la fine delle letture.

“Non ho il suo numero.”

“Non ci credo.”

“E’ vero. E’ lui a chiamare me, se ha bisogno di qualcosa.” Gli era uscito un sorriso così sghembo e tronfio che Natasha si trovò costretta a riservargli il suo sguardo più ostico.

“Esiste la guida del telefono.”

“Certo, la guida del telefono… e sotto che voce cerco? Capitano o America?”

“Steve Rogers?”

“Come se non ce ne fossero almeno un centinaio di Steve Rogers, sulla guida telefonica di New York. Sai quanti genitori invasati, di cognome Rogers hanno dato ai loro figli il nome Steve dopo la seconda guerra mondiale? E… che stai facendo?”

Natasha aveva preso in mano il telefono di Clint andando a spulciare direttamente in rubrica.

“Ehi, no! E la mia privacy?”

“Da quanto hai una privacy?”

“Da quando esiste il concetto di privacy!” si era rimesso in piedi ad inseguir la Vedova Nera nemmeno fosse davvero un aracnide, pronto a venir spiaccicato sul pavimento da una ciabatta.

“Paura che scopra il nome di qualche tua amante segreta? Tipo… Jane? Chi è Jane?”

“Jane di Thor.”

“Jane di Thor. Che ci fa il suo numero nella tua rubrica?”

“E’ per le emergenze… sai, se avessi bisogno di una consulenza… scientifica.” Il fatto che stesse cercando di mostrarsi meno impaziente di recuperare il cellulare fece nascere il dubbio in Natasha, che continuò a… spulciare.

“Darcy?”

“Nel caso non trovassi Jane.”

“Dunque avrai anche il Dottor Selvig, in rubrica.”

“Selvig? Dio, no. L’ultima volta che l’ho sentito si è messo a cantare il Nessun Dorma. Tutto. Lo sai che è suonato quello lì.”

“Non è suonato. Ha solo avuto dei problemi. Dovresti conoscerne in modo intimo il motivo.”

“Si da il caso che però io non sia mai andato in giro senza calzoni, cantando l’Aida.”

“Non era della Turandot?”

“Natasha, ridammi il cellulare.”

Forse non ci stava mettendo abbastanza convinzione. Era stanco. E voleva solo andare a dormire. Da qualche parte.

“Chi è Brutasha?”

Ops.

“Bruce… più Natasha.” La donna gli riservò un’occhiata che per la prima volta ebbe il potere di fargli gelare le palle. Aveva accantonato qualsiasi tentativo di recupero. “E’ così che vi chiama Stark, non è colpa mia.”

“E perché Stark dovrebbe chiamarci così?”

“Per via… sai, il Brangelina. Il Pepperony?”

“Cos’è, una pizza?”

“No, è la nuova tendenza a giocare sui nomi delle coppie...”

“Ma io e Bruce non siamo… una coppia.”

“No, ma è per quella cosa dello yoga, credo. Della calma interiore. Del fatto che gli fai da bodyguard. Insomma. Era solo… divertente. Credo.”

Natasha non sembrava affatto divertita.

“Chi è nonno?”

Nonno? No, in rubrica lui non aveva nessun…

“Oh…”

Natasha aveva immediatamente fatto partire la chiamata.

“Sarà divertente, vedrai.”

“Per te.”

Avrebbe dovuto aggiornare Natasha sul concetto di divertimento.

Afferrò il telefono che gli veniva porto, con una certa irritazione, mettendosi a sedere pesantemente per scivolarle lontano, su quell’instabile sedia con le rotelle. Avrebbe potuto andare avanti per ore a rompergli le scatole e presto sarebbe persino diventata violenta. E una Natasha violenta sul finire della giornata, non era esattamente ciò che è meglio augurarsi. Non in contesti… realmente violenti, comunque.

Sperò che Rogers stesse facendo altro. O avesse dimenticato il cellulare nel frigorifero. Oppure stesse pigiando tutti i tasti dello smartphone in rapida sequenza, attivando duemila applicazioni: insomma, tutte quelle cose che non sanno fare i vecchietti con la tecnologia.

Al settimo squillo guardò Natasha, come a giustificare, in modo oltremodo drammatico, lo scarso successo dell’operazione. All’ottavo sospirò contrito e così dispiaciuto…

Al nono, una voce, purtroppo per lui, rispose.

“Pronto?”

Il gelo scese su di lui come una doccia ghiacciata, ma non per beneficienza.

Se solo avesse riattaccato all’ottavo squillo.

“Ahm, Rogers?”

“Sì? Barton?”

“Sssssì.”

Due imbecilli.

Vabbè, uno…

“Ehi. Qual buon vento?”

Il vento Natasha. Bollente come lo Scirocco, fastidioso come la Bora.

“E’ successo qualcosa?” la voce dal Capitano già in allerta. Lo sentì muoversi per la stanza, come vederlo già pronto a indossare la divisa a stelle e strisce.

“No! Fermo.”

“Sono… fermo. Che ti prende, Barton?”

“Ahm…” grandi qualità oratorie. Natasha lo fissava un misto di divertimento e rimprovero. “Niente. E’ tutto okay. Tutto così okay che…” guardò la donna in cerca di suggerimenti. Tanto che si sentì un po’ come un impacciato adolescente in cerca di appuntamenti con la più carina della classe. Il paragone la più carina della classe e Rogers però, quasi si sposava con la situazione.

Pazzesco.

“Mi chiedevo se fossi libero, stasera…” sai, Natasha mi ha minacciato.

“Stasera? Perché?”

“Perché pensavo… non lo so, se ti andava di andare a bere qualcosa. Dopo lavoro.”

“Stasera.”

“Sì.”

“Dopo lavoro.”

“Sì… ?”

Rogers oltre che problemi con la tecnologia doveva averne anche con l’udito. E dire che pensava di essere lui, quello sordo.

“Bè, non so se…”

La speranza si riaccese nel suo petto come un faro nella notte. Probabilmente aveva altro da fare.

“Ma se sei impegnato va bene. Facciamo un’altra volta.”

“No, non sono impegnato. In realtà…” la voce era incerta. Nascondeva qualcosa. Oppure non ne aveva voglia. Trova una scusa Rogers, una qualsiasi. Anche che ti devi lavare i capelli, va bene. “Massì, perché no? Dai… che diamine!”

Il labiale di Clint produsse un glorioso What the Fuck con tanto di gesto teatrale a sottolinear l’orrore.

“A che ora? E dove?”

“Ahm…”

“Non conosco un locale di nome Ahm.”

“No, nemmeno io.”

“E allora… ?”

“E allora…” fece un gesto a Natasha che sembrava piuttosto divertita da quell’exploit improvvisato, nemmeno stesse assistendo a un vecchio film di Stanlio e Ollio. Le fece capire di gettargli il suggerimento che non avevano concordato. O che lui, probabilmente aveva scordato. Lei cominciò a mimare roba nemmeno stessero facendo un gioco in voga il giorno di capodanno.

Natasha faceva proprio schifo con il mimo. Una cosa sulla quale avrebbe potuto prenderla per il culo, più avanti. Appena uscito d’impaccio.

Il pub. Il pub vicino lavoro. Un’illuminazione. Le sinapsi erano decisamente più di aiuto di Natasha. Uno a zero per Cervello.

“Ma non lo so, il pub della volta scorsa va bene?”

“Quello vicino lavoro?”

“Eh…”

“Okay. Sicuro non sia un problema dopo la sfiorata rissa con i tipi delle freccette?”

“Quali tipi con le… oh…” era ubriaco e lo aveva totalmente rimosso, “facciamo che mi camuffo.”

“Sei serio?”

“No, non lo sono. Non importa… cercherò di non mettermi nei guai, promesso.”

“A dire la verità l’ho trovato piuttosto divertente.”

Sul serio? Doveva ripeterlo al suo naso… oh e al dito mignolo del suo piede sinistro.

“Ci vediamo al tramonto.”

“Al tramonto non lo trovo granché specifico.”

“No? Nei telefilm funziona alla grande.”

“Di che cosa stai… ?”

“Alle nove. Ci vediamo alle nove, Rogers. Indosserò una rosa rossa.”

“Che vuol dire, Barton?”

“Lascia stare. Sarò puntuale.”

E riattaccò.

“Al tramonto funziona sempre.” Guardò Natasha. “Continuo a pensare che tu gli stia combinando una porcata.”

Stiamo. E non è una porcata, è solo un modo per incoraggiarlo a farsi degli amici.” La vide avvicinarglisi flessuosa (se credeva di ripagarlo con quello!), verso la sua scrivania.

“No, è solo un modo per gettarlo in pasto a tutte quelle allupate della statistica.”

“Non sono allupate. Che commento maschilista.” Si era data lo slancio e si era messa a sedere proprio di fronte a lui. Allargando le gambe per accavallarle, stile Basic Instinct ma con più mutande.

“Non è maschilista è sessuale.” E adesso aveva anche una delle sue gambe sulla spalla.

Sessista.” Sembrò volerlo correggere.

“No, sessuale, nel senso che se lo sessualizzerebbero.”

“Barton.” Lo aveva attirato a sé, facendo solo un po’ di pressione con la gamba.

“Rogers mi ucciderà.” E poi si era chinata su di lui, che ormai gli stava a pochi centimetri.

“Non lo farà. Dovrai solo seguire il piano.” Come diceva le cose la Vedova Nera...

Aveva cambiato profumo?

“Romanoff, siamo in servizio.” E poi quegli occhi. Due fari, spanati. Da bruciatura di cornea.

“In realtà no. Le sei sono scattate tre  minuti fa.”

“Mh…” avrebbe solo dovuto allungare le labbra e… “Che cosa?!” era scattato in piedi, nemmeno avesse sentito il suono della campanella. Natasha con una gamba all’aria, sconcertata, a vederlo volare, letteralmente, verso l’attaccapanni per recuperare la giacca. Finalmente in libera uscita.

“Ma che cazzo… ?”

“No, quello più tardi, bambina!”

Gli era arrivato in testa un fermacarte.
E poi chiamavano lui, Occhio di Falco.

 

*

 

Rogers era in ritardo. O forse era lui ad essere arrivato in anticipo.

Si guardava attorno, mentre i tizi delle freccette gli lanciavano sguardi sospetti. Senza riconoscerlo. Decisamente grazie alla barba posticcia, il naso di plastica.

Idioti, con un travestimento simile non lo avrebbe riconosciuto nemmeno sua madre.

“Barton!” la manata sulla schiena lo costrinse  a sputare la birra, che aveva appena assaggiato, di nuovo nel bicchiere.

Nemmeno sua madre, aveva detto?

“M-ma guarda…”

Ma guarda un cazzo! Doveva essere irriconoscibile per poter monitorare la situazione da lontano. Per riportare le mosse del Capitano a Natasha. Quel demonio.

E invece aveva di fronte Maria Hill, che dimostrava di avere la forza di spinta di un rinoceronte, e aveva disintegrato, liquidato il suo travestimento, con un’occhiata.

Bè, dalla sua c’era la non trascurabile questione della sua preparazione d’agente dello SHIELD. Non per niente una dei vice di Fury. Insomma, avrebbe dovuto sentirsi piuttosto sicuro riguardo al fatto che, in presenza di altri soggetti sotto dotati, non avrebbe davvero potuto riconoscerlo nemmeno sua madre.

“Come mi hai riconosciuto?” dovette però proprio chiederle, se non altro per sedare quella sua vaga preoccupazione.

“Ti si sta staccando un baffo.” Lo informò, sedendoglisi di fianco. Senza nemmeno chiedergli il permesso! Non che il pub fosse suo ma… prima di prender posto poteva chiedere se era solo, no?

“Se stai provando un travestimento ti consiglio di rivolgerti al reparto make-up. Hanno delle nuove parrucche. Da sballo.”

Da sballo? Maria doveva essersi appena sparata una maratona di Will il Principe di Bel Air.

“Sì… ahm, no. E’ stata una cosa improvvisata. Ci sono dei tizi dai quali preferirei non farmi riconoscere.”

“Di chi parli?” si era voltata a scansionare il locale con una certa circospezione.

“Quelli alle freccette. Abbiamo discusso, una volta. Son volati insulti. Ed è finita con una gara di limbo. Brutta storia. Niente di interessante.”

La Hill ora lo guardava perplessa, forse perché interessata a saperne di più, forse di meno.

“Ma tu che ci fai qui?” deviò l’argomento.

“Oh, una birra, prima di scappare a casa…”

“Sola soletta?” le aveva domandato, lanciandole uno sguardo allusivo. Forse un po’ da allocco.

“In che senso?” si era appena ritirata, irrigidita, voltata a guardarlo con rimprovero.

“Oh. No.” Aveva forse frainteso? “Nonono… non volevo. Nessuna proposta, indecente. Non… insomma, era solo... Lascia perdere.” E giù a sgarganellar birra per soffocare una sequela di giustificazioni inutili e oltremodo fuorvianti.

Sentì su di sé ancora per qualche istante quello sguardo laser, prima di sentirla ridacchiare.

“Rilassati Barton.”

“Sono rilassato.”

“Non mi sembra… indossi una barba finta.”

“Ti ho già detto che è per…”

“Lo so, lo so. Offrimi una birra, vuoi?” gli propose invece. “O aspettavi qualcuno?”

“In realtà…”

La vide roteare gli occhi e posare i piedi a terra.

“Ho capito. Ti lascio solo.”

“No.” Le aveva preso un braccio. E poi lasciato andare all’ennesima occhiataccia raggelante. Di sicuro quella a dover imparare a rilassarsi era lei, “No, voglio dire, resta pure. Sto solo aspettando…”

Lo scampanellio della porta, annunciò l’arrivo di un nuovo cliente.

Clint si voltò giusto il tempo di veder Rogers, in tutta la sua patriottica mole, far il suo trionfale ingresso nel locale. Scansionava la zona, anche lui (un vizio allo SHIELD) come alla ricerca di qualcuno.

E quel qualcuno era proprio…

“Barton!” la voce del Capitano riecheggiò come un canto di morte per le quattro pareti puzzolenti.

Ma come cazzo era possibile?! Si era messo una barba finta! Nemmeno sua madre avrebbe potuto riconoscerlo!

“Signori.”

Vide la Hill far spazio e poi il monolite sedersi alla sua destra. A completare il quadretto: angioletto e demonio. O, nello specifico, i due angioletti e il demonio in mezzo, rassegnato a veder falliti, uno dopo l’altro, i piani di Natasha.

Appunto.

Di Natasha.

Che ci pensasse lei a trovare “amici” a Rogers. Lui la buona volontà ce l’aveva messa.

Non altrettanta a sistemarsi quella misera barba posticcia; ma aveva perso ben cinque minuti del suo preziosissimo tempo, prima dell’inizio di CSI. Non era nemmeno riuscito a sentire la sigla. Lo sapeva anche l’ultimo dei cretini quanto lo animasse, quella cavolo di sigla. Erano gli WHO, per Dio!

“Avevi detto che non ti saresti camuffato.” La constatazione di Rogers giungeva a fagiolo a favorirgli un alibi di tutto rispetto.

“Ho pensato di non voler grane, sono un po’ stanco… stasera.”

“Bè, potevi dirmelo. Avremmo potuto fare un’altra sera.”

“No, ma che c’entra? E poi l’appuntamento te l’ho strappato io.”

“Appuntamento?” la Hill doveva proprio esser dotata di favella?

“Ahm… sì, una birra. Fra colleghi. Niente di più.”

“Sì, esatto, non c’è niente di lestofante* a riguardo.” Si era intromesso Rogers, sporgendosi il tanto che bastava per guardare la donna alla destra di Barton. E poi a ridacchiare come un ragazzino che ha appena fatto una battuta sconcia.

Rogers era ancora in alto mare con l’umorismo. Ma avrebbero avuto modo e tempo di lavorarci.

Prima però andava risolta la questione reparto statistica.

Le ragazze sarebbero arrivate da un momento all’altro e il piano sarebbe andato a farsi friggere, se Rogers fosse rimasto in loro compagnia.

Natasha aveva predisposto l’operazione affinché il capitano trovasse passera fresca per… (okay, no chiamarle passere era scorretto, cattivo Barton!) … che trovasse… compagnia, (ecco sì, compagnia era più dignitoso) per ricordare cosa significasse essere uomo al giorno d’oggi. Un sano svago dei tempi moderni. Insomma, aveva novantadue anni, ma non era mica morto!

Urgeva piano alternativo.

“Maria.” Si voltò in direzione della donna che ora lo guardava stranita, “Partita a freccette?”

“Oh, non di nuovo…” stronfiò Rogers, con un’inflessione vagamente divertita nella voce.

“Perché no?  Non mi riconosceranno mai.”

“Noi ti abbiamo riconosciuto.” Intervenne la Hill.

“Ma voi non siete normali.”

Le occhiatacce, da entrambi i lati, le avvertì come stilettate letali.

“Voglio dire…”

“Massì, sarà divertente. Magari riuscirò a dimostrare che posso fare di meglio dell’infallibile Occhio di Falco.”

“Ti piacerebbe…”

E così si rimise in piedi, tendendole la mano, per aiutarla a scendere dallo sgabello, mentre Rogers restava in disparte a godersi lo spettacolo.

Il cinguettio delle ragazze della statistica arrivò alle sue orecchie, in uno scampanellio di porte, trasportate dal vento d’autunno.

Proprio nel momento opportuno.

Sorrise tra sé e sé, tronfio abbastanza da permettere alla Hill di cominciare la partita a squadre.

Stavolta, niente avrebbe potuto andare storto.

 

*

 

… tecnicamente.

Si era trovato a scansare un tavolo in volo planare. Si sentì precipitato direttamente in uno di quei film western dove all’improvviso scatta una rissa. Con tanto di tavolo con le carte che volano un po’ dappertutto come una pioggia d’azzardo.

Solo che stavolta non c’erano le carte.

Ma un branco di omoni che, non solo lo avevano riconosciuto, dopo l’ennesimo lancio di freccette, particolarmente ispirato - quando i suoi baffi avevano deciso di cadere nel bicchiere di whisky di Joe il Matto (già di per sé, un soprannome piuttosto indicativo) e svelare l’inganno - ma che Clint si era anche divertito a insultare, con paragoni a personaggi dal cervello di dimensioni un po’ inferiori alla media, solo per aver mancato di mezzo centimetro il centro del bersaglio.

La dolce Maria aveva cercato di sedare gli animi, ma tutto quello che aveva ottenuto era stato un epiteto riguardo le sue abitudini sessuali libertine e si era scatenata peggio di una gatta rinchiusa in un sacco di juta.

E poi anche Rogers, già braccato da almeno un quartetto di tettute statiste, aveva cercato di appianare le divergenze, fino a che non avevano avuto l’ardire di regalare anche a sua madre un epiteto simpatico, riguardante le sue sessioni notturne in camere d’albergo promiscue e il Capitano si era scatenato. Vuoi un po’ per l’alcool, vuoi un po’ per l’adrenalina in circolo, tutto era degenerato.

“Quando arriva la parte del limbo?!” aveva gridato la Hill, atterrando con una mossa degna di Bruce Lee, uno degli amici di Joe.

“Temo di aver un po’ edulcorato la storia!” le rispose Clint, cercando di salvare le bottiglie dietro al bancone dal lancio di uno sgabello.

“Barton! Dobbiamo porre rimedio a questo scempio!” il Capitano stava roteando su sé stesso, con due nerboruti ominidi ubriachi aggrappati a entrambi i suoi bicipiti. Rudolf Nureyev, piroettami questo.

 

Si erano trovati fuori, sul marciapiede del pub, pesti, sudati, a usare un paio degli ominidi svenuti come seggiole improvvisate, mentre aspettavano l’arrivo della volante.

Nemmeno da aggiungere che il proprietario del locale aveva minacciato una denuncia, preteso il risarcimento dei danni e il divieto specifico - con tanto di foto identificativa - ad entrare nel suo locale.

Bel riconoscimento dopo aver salvato il suo pulcioso pub dalla distruzione totale.

“Il Direttore Fury ci ammazzerà.” Si lamentò la Hill. I capelli disordinati, la camicetta strappata. Un paio di unghie spezzate.

“Potremmo scappare e fingere di non essere mai stati qui.” Esalò Clint. Il mento sanguinante per aver battuto su uno stupido spigolo. Era talmente orgoglioso di non aver incassato nemmeno un colpo che l’entusiasmo lo aveva visto protagonista del pareggio di conti più ingiusto della terra: la porta non l’aveva proprio vista aprirsi. E ci era franato contro.

“Diciamo che non c’è bisogno che il Direttore Fury sappia proprio… tutto.” Pronunciò candidamente Rogers, il solo ciuffo spettinato a testimoniare che aveva fatto un po’ di movimento non richiesto.

Maria e Clint alzarono sul Capitano uno sguardo sconcertato.

“Rooogers, stai forse dicendo che dovremmo raccontare una palla?”

“No… solo omettere determinati particolari.”

“Quindi raccontare una palla.”

“Chiamala come vuoi Barton. Lo dico solo per salvarci il culo.”

Di nuovo lo sguardo di Maria e di Clint assunse cinquanta sfumature di shock.

“Il Capitano ha detto culo.”

La voce di Clint era suonata in modo così comico che Maria scoppiò a ridere. E Rogers di conseguenza. Dapprima timidamente e poi sempre più forte.

“E dire che questa serata avrebbe dovuto svolgersi in maniera del tutto differente.” Si lasciò sfuggire Clint ancora una volta troppo coinvolto dall’entusiasmo generico.

“Che vorresti dire?”

Gaffes, sempre queste stupide gaffes.

“Niente. Una birra fra amici e… poi di corsa a letto.” Con quelle della statistica.

“Io l’ho trovato ugualmente divertente.”

Clint si voltò a guardare il Capitano con uno sguardo strano. Lo stava forse ringraziando? Due volte lo aveva portato fuori a bere e due volte la situazione era degenerata ai limiti dell’assurdo. Non il massimo del divertimento, secondo luogo comune. A meno che tu non sia Bud Spencer. O Terence Hill.

“Sai, sembra che la gente non faccia altro che spingermi a divertirmi”, specificò Rogers, “a organizzarmi uscite di vario genere. Come se dovessero programmarmi la vita. E… lo capisco, insomma, non devo suonare come la persona che più sa divertirsi allo SHIELD, ma… preferisco quando le cose arrivano un po’ come vengono. Le avventure non programmate sono le migliori.” E poi quel sorriso a illuminargli il viso. A renderlo ancora più divino di quanto già non sembrasse.

E no, non grazie alla luce del lampione che puntava loro contro quel suo occhio di bue.

“La penso allo stesso modo.” Il consenso arrivava direttamente dalla Hill. Illuminata sempre da quello stesso bagliore.

Del lampione.

E Clint si trovò a spiarli mentre si guardavano con quei sorrisi complici, sotto una luce nuova, diversa.

Magari le ragazze della statistica non erano la soluzione.

Magari la soluzione era sempre stata lì, sotto gli occhi di tutti. Più sobria e severa di quanto avessero mai immaginato.

E poi era stata lei ad accordare la richiesta di Rogers, riguardo la musica negli ascensori dello SHIELD. Senza nemmeno avergli chiesto di inserirla nella cassetta dei suggerimenti.

Mentre lui…

“Maria, credi che si possano avere dei marshmallow nelle macchinette?”**

“Nemmeno per sogno.”

Cazzo. Era sicuro l'atmosfera fosse quella giusta.

 

*

 

Varcò la soglia di casa sua che era l’una passata.

Gli faceva male tutto. In barba a quando diceva di conservare un fisico adolescenziale in piena forza.

Dall’alto dei suoi trent’TOT anni e passa (non si chiede mai l’età ad un uomo non ve lo hanno mai detto?) poteva ben dire che forse era arrivato il momento di scendere a patti con il fatto che certe bravate magari era meglio limitarle alle missioni.

Che il suo tempo libero lo dedicasse a ritemprarsi: un buon libro, un fine settimana alla SPA, del birdwatching.

O Natasha seduta sul suo divano con il cane appollaiato sulle ginocchia, mentre leggeva l'ennesimo pippone russo sulla rivoluzione.

“Buona sera.” la accolse, non troppo stupito di trovarla lì. Doveva aver di nuovo scassinato la porta di casa. O optato per la soluzione più pratica della finestra. Mollò le chiavi d’ingresso da qualche parte. Tanto non se lo sarebbe ricordato comunque, l'indomani mattina.

“Buonasera a te.”

Il tono di voce della donna era calmo, pacato: ovviamente non preannunciava niente di buono.

“Come mai da queste parti?” azzardò avvicinandosi, le mani ben piantate nelle tasche della felpa. Quantomeno la decenza di non dimostrarsi troppo spavaldo.

Lo schianto del pippone russo che veniva richiuso, rimbombò per tutta la casa.

Lucky scivolò via dalle ginocchia di Natasha, diretto al rifugio più vicino. E sicuro.

“E' tutta la sera che cerco di contattarti.” Ecco sì, proprio quello che temeva. Se la sentiva nelle viscere, quella risposta. “Mi spieghi dove sei finito?”

Rialzò su di lui uno sguardo di quelli glaciali, che avrebbero congelato un orso polare munito di pelliccia… d'orso.

“Natasha...”

“Che hai fatto al mento?” si era rimessa in piedi per esaminarlo. Nemmeno fosse tornato a casa con una macchia di rossetto sul colletto della camicia. Di certo avrebbe liquidato più facilmente quello.

“E' una lunga storia, sai...”

“Se ha a che fare con Rogers, è anche la mia storia.”

“Sei in cerca di rivendicazioni?”

“Cerco di capire che cosa è successo, Barton. Non mi piace quando fai il misterioso.”

“A-ah! Lo senti che effetto fa? Ahia!”

“Esagerato ti ho appena sfiorato. Ha bisogno di un po' di disinfettante.” lo aveva preso per mano e trascinato in camera da letto, a sedersi sul materasso ancora sfatto dal giorno prima, frugando fra gli accessori adatti all'operazione.

Non era la prima volta che si ricucivano le ferite a vicenda, non sarebbe stata l'ultima.

“Allora, me lo dici che è successo oppure no? La nostra operazione?”

Gli si era seduta di fronte, su quello sgabellino tutto mangiucchiato da Lucky nei momento di nervosismo.

Armeggiava con le garze.

“E' andata a puttane.”

“Benone. E Rogers?”

“No, lui no.”

“Barton.” e nel dirlo con quel suo tono specifico, calcò quella garza disinfettata dritta sull'escoriazione.

Dio, bruciava come l'inferno!

“Credo che dovresti rinunciare all'idea di accoppiarlo.” smozzicò a fatica, fingendosi perfettamente padrone della situazione.

“Non voglio... accoppiarlo. Voglio solo che impari a... sciogliersi un po'... a divertirsi.”

“Rogers non ha bisogno di quel tipo di divertimento.”

L'occhiata che Natasha gli riservò fu piuttosto eloquente.

“D'accordo, anche lui avrà bisogno di quel tipo di divertimento, ma non credo sia il caso di forzare la mano. Non con quelle della statistica, comunque.”

“Quelle della statistica sono carine. E molto acute.”

“Anche le loro tette sono molto acu... ahia!” stavolta un pizzicotto. “Volevo dire che... dovrebbe semplicemente scegliersele da solo. Tutto qui. Non si può forzare la natura di Capitan America.”

Colse l'occhiata assurda: “Cosa?”

Forse il fatto che lo stesso Capitan America fosse una forzatura vivente della natura... non giocava a suo vantaggio con quell'affermazione azzardata.

“Dai, sono stanco, capiscimi.”

“Ti capisco. Ti capisco fin troppo bene. E' stato lui a farti questo?”

“No, dei tizi... giù al pub. Enormi. Uno faceva Joe il Matto di nome, puoi ben capire...”

“A me non sembra una botta. Sembra tu abbia preso uno spigolo.” Che cosa si stava improvvisando, adesso? Novella Sherlock Holmes di Brooklyn?

“No. É un pugno. Un gancio. Bello forte. Quasi mi ha steso.”

“Continua a sembrarmi uno spigolo.”

“Perché non mi credi mai?”

“Ti credo quando mi dici la verità, Barton.”

Riusciva sempre a fregarlo in un modo o nell’altro.

“Va bene. Ho preso una porta in faccia.” fu costretto ad ammettere, guadagnandosi il sorriso di lei. Quello sghembo. Quello che lo faceva uscire di testa.

“Meglio.”

“E ho cominciato io la rissa al pub.”

“Mh mh...” gli piazzò un cerotto proprio sotto al mento.

“Ma solo perché vantavano una mira strabiliante. Lo sai quanto mi fanno incazzare gli sbruffoni.”

“E' che sei un perfezionista.”

“No, sono un professionista.”

“Adesso stai facendo tu, lo sbruffone”, lo stava guardando dritto negli occhi.

“Non lo faccio sempre?” e adesso le era così vicino, che gli sarebbe bastato allungare le labbra e...

“Insomma hai fallito la missione.” lo lasciò andare, rimettendosi in piedi. Un po' troppo bruscamente. Lasciandolo lì come l'allocco che era. Altro che Falco.

Stronza.

Era sicuro gli stesse facendo pagare lo scotto per quella sciocchezuola di qualche ora prima, in ufficio.

“Non ho fallito. A dire il vero credo di aver giocato bene la mia parte di Cupido...”

La vide voltarsi nella sua direzione, le mani ben piantate sui fianchi. In quella posa che gli gridava addosso tutta la sua impavida folgore.

“Ma non avevi detto che non aveva funzionato con quelle della statistica?”

“Infatti io non stavo parlando di quelle della statistica.”

Si era rimesso in piedi, grattandosi un po' quel fastidioso cerotto.

“Ti sei innamorato di Rogers?” lo provocò.

“Come tutti. Però gli ho lasciato accompagnare a casa la Hill, dopo la rissa.”

“La Hill? Cosa c'entra la Hill?” si ritrasse, quando le fu un po' troppo vicino.

“Storia lunga. Sei sicura di volerla sentire proprio adesso?”

“A dire la verità non è che abbia molto altro da fare.” la vide guardare l'orologio sulla parete con quella placida noia da fine giornata.

“Natasha...” l'inflessione esasperata, esausta. Stavolta affatto artificiosa. Era chiedere troppo, avere un po' di solidarietà? Fra colleghi? Amici? Am-

“Okay. Va bene. Scopiamo.”

L'impeto di esultanza si estinse quando Natasha ebbe la malaugurata idea di lanciarlo, letteralmente, sul letto.

Che donna violenta.

 

*

 

Il sorriso imbecille che gli piegava le labbra fu rimpiazzato dal più grosso sbadiglio dall’ora della sveglia.

Quasi non versò il caffè, mentre ci si stava riempiendo la sua tazza preferita.

La giornata era iniziata nel migliore dei modi. Un mento viola quanto una melanzana e probabilmente gonfio il doppio, ma la soddisfazione nel sangue.

“Che stai facendo, Barton? Sogni ad occhi aperti?” Rogers aveva appena fatto il suo ingresso nell'area ristoro dello SHIELD. L'aria impeccabile di chi la sera prima è andato a letto con le galline, svegliato altrettanto presto e riposato come un bambino. Nemmeno un'ombra ad intaccare la sua perfetta immagine da sogno americano.

“No, sto solo... pensando alla puntata di ieri di CSI.”

“Grissom?”

Clint gli lanciò uno sguardo ammirato. E pure un po’ schifato perché se proprio avrebbe dovuto paragonare Natasha a qualcuno, Grissom sarebbe stata proprio una delle ultime opzioni. Lui e Gollum, probabilmente.

“Wow, che progressi. Lo scorso mese nemmeno sapevi cosa fosse Star Wars, per dire.”

“Io sono tuo paaaaadre.” citò il Capitano con una certa enfasi.

“Nooooooooooo!” si sentì in dovere di rispondere, prima di lasciarsi andare a una mezza risata.

Forse avrebbe potuto anche metterci meno panna, nel caffè, quella mattina. Dopotutto era venerdì.

“Come è andata poi... ieri sera?” si concesse un sorso di caffè nero. Disgustoso.

Venerdì o meno, la panna era necessaria.

“Lo sai come è andata. C’eri anche tu o sbaglio?”

“No, io dico… dopo.” Alluse, svuotando un intera bustina di panna nella tazza.

“Dopo che?”

“Dopo il pub.”

“Sono tornato a casa.”

“E poi?”

“E poi sono andato a letto.”

“Da solo?”

Il Capitano si fermò a guardarlo perplesso: “Che vuoi dire?”

“Niente.” Bevve. Probabilmente si era clamorosamente sbagliato a riguardo. Aveva avuto delle visioni mistiche la sera precedente. E doveva aver scambiato delle occhiate complici per sguardi assonnati e vagamente turbati dalla serata appena trascorsa.

Forse sarebbe stato il caso di metterci una pietra sopra e sperare che a Natasha non sarebbero saltate in mente altre strabilianti idee per pianificare la vita sentimentale di Rogers.

“Pensavo che dovremmo ripetere l’esperienza, prima o poi.” Gli si rivolse, come offerta di pace, o come scusa personale per farsi perdonare l’inganno mal riuscito. Glielo doveva. Era un bravo ragazzo, Rogers.

“Perché no?” il Capitano sembrò propenso alla prospettiva.

“Magari non stasera, mh?” si era indicato il mento a sottolineare le sue ferite di guerra.

Rogers gli riservò una risata cristallina e coprì con un coperchio la tazza di tè che aveva appena finito di preparare, raccogliendo un paio di bustine di zucchero di canna e una bustina di latte in polvere.

“Non ti facevo un tipo da tè.”

“No, infatti non è per me. E sono anche in ritardo mostruoso per la riunione con Fury. Ci vediamo in giro Barton.”

“Ci… vediamo.”

Lo seguì con lo sguardo prima di decidersi a mettersi a sua volta al lavoro.

Si stava ancora preparando psicologicamente alla prospettiva del verbale che aveva accantonato la sera prima, che la Hill gli sfrecciò davanti. Tè caldo alla mano e una giacca di pelle di almeno tre taglie più grande.

Una giacca di pelle che era convinto appartenesse a Rogers.

Natasha gli si affiancò come un’ombra, seguendo la scia affrettata della donna.

“Hai visto che hanno messo i marshmallows nelle macchinette?”

 

Occhio di Falco aveva fatto un altro centro.

 

Fine.

 

___

 

*Riferimento alla fan fiction Loop, al modo in cui Clint definisce Maria durante uno scambiodi battute con il Capitano.
**Altro riferimento alla suddetta storia. Sulla reticenza dell’agente Hill a rifornire di marshmallow i distributori di merendine allo SHIELD.

 

Note:

Il calo di ispirazione del momento mi ha portato a rileggere e concludere una storia che girava nel mio Mac da settimane, se non da mesi. Come ho premesso nell’intro: un sequel della fan fiction LOOP. Semplicemente non potevo troncare così un’amicizia in boccio. La piega che ha preso il racconto è stata del tutto inaspettata.
La dedico tutta quanta alla mia socia Sere, che son sicura nemmeno se l’aspettava (ti prego sii impietosa), perché le avevo promesso qualcosa dal sapore Clintasha e invece… dai, però un po’ di Clintasha c’è comunque. E il bonus CapHill, dove lo vogliamo mettere? Il riferimento alla giacca di pelle è tutto tuo. Perché lo hai notato prima di me.

A chiunque sia arrivato fin qui, scusate per il delirio. Mi sono resa conto che il mio organismo mi impedisce di scrivere cose serie per un periodo troppo lungo. Alla fine sbrocca.

Ci risentiamo presto su altri lidi e grazie per l’attenzione.

E.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Sheep01