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Autore: Naki94    19/11/2014    0 recensioni
Poco oltre la mezza notte, attraverso una fila di cespugli aderenti al muro ovest della struttura, comparve incappucciato un uomo.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciò che qui si narra sono gli eventi che portarono alla follia decine di persone nella vecchia cittadina di Sundown, poiché in essa sembrava esservi sepolto da tempo il male.

Certe volte, all'allungarsi delle ombre incerte dei carpini, dei noccioli e dei frassini, oltre le scricchiolanti staccionate di campagna nei pressi del cimitero, si avvertiva un surreale latrato notturno e la presenza inquieta di un tacito occhio osservatore posto tra i rami spogli o le frasche e da tempo, in quei d'intorni, nessuno metteva più piede.

Accadeva a Timothy, il becchino e guardiano del cimitero, di trovare all'alba le carcasse morte di gatti randagi affisse a croce sulle grate del cancello, tuttavia, nonostante le ripetute denunce, egli abbandonò il rovello e le ricerche dei malfattori vennero dichiarate sospese.

Nessuno sapeva che l'ultima casa a sinistra fosse abitata, tuttavia alcuni impressionabili cittadini giuravano di aver visto alcune luci muoversi al suo interno e che il latrato o straziante grido notturno provenisse da quelle pareti.

Sul finire dell'estate Timothy rimosse personalmente alcune delle tombe per creare nuovo posto disponibile, giacché il cimitero non era molto spazioso e il comune non possedeva abbastanza denaro per ampliarlo. Non credette a sui occhi quando s'accorse che dentro ai feretri non vi era più alcuna traccia dei cadaveri.

Ammetto d'essere particolarmente scettico a certe leggende, ciononostante apprezzai il gesto da parte del mio capo ispettore di affidare a me un caso di così bassa importanza, giacché da poco ero uscito da una terribile vicenda di cronaca nera della quale preferisco non rievocare i terribili spettri.

Ebbene iniziai ad indagare sul furto dei cadaveri passando così molto tempo nei pressi di quel grottesco e nequitoso cimitero in rovina ed ebbi modo di rivolgere alcune domande al becchino. Egli si mostrò assai scontroso e contraddittorio. Mi diede l'impressione che il posto per il quale lavorava ormai da moltissimi anni lo avesse mentalmente indebolito e reso demente e a tratti pure completamente folle.

Giunsi infine all'amara conclusione che per scoprire il vero volto del resurrezionista che si celava dietro alla scomparsa di salme, avrei dovuto passare una notte in quel cimitero. Così presi la decisione di appostarmi dietro il colonnato di pietra del portico, con lo sguardo vigile verso il cancello e il giardino centrale. Con me avevo un litro di caffè ormai freddo che mi aiutava a restare sveglio e concentrato, tuttavia tentavo con ogni mia forza di farne il meno uso possibile per non creare rumori sospetti, altrimenti il mio ladro di cadaveri, in tal caso, sarebbe fuggito ancor prima di entrare.

Poco oltre la mezza notte, attraverso una fila di cespugli aderenti al muro ovest della struttura, comparve incappucciato un uomo che sapeva bene come muoversi tra le lapidi e pure come sfruttare a suo vantaggio le ombre prodotte dalla luna piena nel nero cielo stellato e freddo. Seguii le sue mosse e notai in lui un'estrema precisione e talento in ciò che faceva finché l'individuo non scoperchiò il feretro intatto infilando la salma in un sacco di canapa che si era portato appresso. Qualcosa mi bloccò dall'intervenire e, giacché dovevo mostrarmi prudente, non volli fare mosse frettolose e ardite continuando così ad osservare il meticoloso riassestamento della terra ai piedi della lapide e dei fiori nel vaso accanto. Per farsi un po' di luce il misterioso uomo si aiutava utilizzando una piccola lanterna cieca che portava con sé sotto il pastrano. Terminato quel macabro lavoro egli, attraverso i cespugli e l'edera, scomparve definitivamente dalla mia visuale portando sulle spalle il sacco di canapa.

Attraversai incerto il giardino avvicinandomi ai cespugli e notai che fra loro v'era un passaggio scavato nella parete rocciosa, capii dunque come all'individuo gli riuscisse così facilmente entrare e uscire dal campo santo senza essere notato.

Lo seguii furtivo per tetre campagne e nella gelida notte mentre intorno si risvegliavano i latrati di tutte quelle bestie rinnegate dal creatore e costrette a camminare per metà demoni e per metà animali sul suolo terrestre. Giunsi infine a all'ultima casa alla fine del sentiero: essa torreggiava sul mio volto come un'antica dea del sangue che mi richiamava invitandomi ad entrare con parole suadenti, intanto la pianura a me attorno s'era ristretta e l'umidità aveva reso l'aria irrespirabile. Mentre le imposte scricchiolavano, le assi dei pavimenti vibravano di vita propria dai tarli e dai vermi che vi dimoravano e così, colto da un puro e istintivo scatto di terrore, entrai al suo interno con la sensazione di avere un ignoto nemico alle spalle pronto ad aprire insanguinanti fauci di fuoco. Una volta entrato fui subito nauseato e aggredito dal terribile puzzo di miasmi malsani dei gas di putrefazione che si univano all'aria già pesante dell'estate e all'odore frustrante del chiuso e della muffa sui mobili e sulle pareti.

Tentai di rimanere lucido e di non farmi prendere dal panico, concentrandomi con attenzione sulla prima immagine che mi capitò sotto gli occhi. Si trattava di una fotografia incorniciata alla parete, in essa era impressa un'imponente struttura sotto la quale stava un uomo in compagnia di due graziose infermiere e, sul margine destro verso il basso, una scritta:

 

Al nuovo primario, il Dottor Crugher. Manicomio di Chesterfield. 1992

 

Dunque, dopo essermi relativamente calmato, procedetti ascoltando il rumore dei miei passi, ma sopratutto i terribili suoni di strumenti metallici provenienti dallo scantinato.

L'evento terribile sopraggiunse quando individuai tra le luci soffuse e scarlatte del sotterraneo dozzine di corpi ammucchiati e un paio di occhi gialli sospesi nel vuoto buio intenti a fissarmi da un angolo oscuro. Prima di andarmene correndo da quell'infernale magione notai un bizzarro libro che da solo, retto da una forza invisibile, stava aperto a mezz'aria e, ora che scrivo e rammento, era proprio l'almanacco ad emanare quella terribile luce rossastra.

Tornai alla mia stanza a Sundown accertandomi di aver ben chiuso porte e finestre e intanto il cuore mi batteva in gola mentre il mio corpo giaceva paralizzato e inerte sul pavimento. Quella notte cercai di calmarmi sforzandomi di rammentare l'accaduto e di trascriverlo prima che un blocco d'amnesia mi invadesse il cervello negandomi d'aver mai visto quelle orribili sequenze. Non presi affatto congedo dalla veglia e restai insonne a pensare sul bordo del letto.

All'alba il mio corpo cedette al sonno e quando nel meriggio mi risvegliai fui allarmato immediatamente da un indecifrabile e bizzarro silenzio che prese a torturami il cervello rendendo d'uopo scendere in città per accertami della situazione. In strada non v'era alcun calpestio, ne passeggio e i negozi giacevano chiusi sotto i portici, nemmeno il verso allegro di un bambino nei pressi del parco. Sembravano essere tutti scomparsi e dissolti, neppure il rumore del vento per effetto dell'afa soffocante.

Sul limaccioso terreno notai un elevato numero di impronte di scarpe dirette nella medesima direzione, decisi dunque di seguirle ed esse mi condussero al fiume a nord est del paese.

Oltre i roveti, tra le erbacce alte sul lento letto del fiume, giaceva immobile una distesa di cadaveri col volto rivolto verso il fondale. Uomini, donne e bambini che inghiottivano fango e alghe, trascinati dalla calma corrente. Tutti gli abitanti del paese stavano lì, a macerare alla canicola del meriggio sulle acque ardenti, di fronte ai miei occhi increduli.

Dopo essere svenuto mi destai in un luogo buio e freddo coi granelli di terra tra i denti e, sul palato, il ferroso sapore del sangue amaro. Mi resi conto solo in seguito di essere stato catturato e rinchiuso nello scantinato di quel terribile essere, incatenato tra incubo e realtà.  

   
 
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