Perché sono un genio…
La mia prima Fanfic
sull’efp^^
Allora questa la dedico a Inu, il mio betareader personale XD
Alla mia sorellina Artina,
anke se nn ci sentiamo più così spesso
E a tutti quelli che si sono
ritrovati nelle condizioni del rossino in questa one
shot. Mi è successo anche a me…
Mi sembra sia ora di
lasciarvi alla fic^^ mi raccomando commentate…
L’infermiera percorreva
silenziosamente il corridoio della clinica e, accompagnata dal leggero mormorio
del mare, spegneva le varie luci dell’atrio, dando un ultima
occhiata all’orologio. Segnava le 23. giornata
intensa, non c’è che dire. La riabilitazione del paziente
della stanza 15 si era fatta più serrata. Non era arrivato in condizioni
bellissime, ma si era impegnato così tanto con la
riabilitazione che meritava davvero la stima di tutti. Il problema è che si
trovava nel punto più delicato del recupero. Un movimento sbagliato ora e
sarebbero serviti altri quattro mesi per rimetterlo in piedi, si sarebbe
saltato il
campionato scolastico estivo. Le aveva fatto una testa… era fissato con il
basket, ed era chiaro che tenesse a quello sport più che a
ogni altra cosa. C’era da dire che è un bravo ragazzo,
un po’ montato forse, ma un tesoro. Si era fatto voler bene da tutti per la sua
verve. Sia dottori che infermiere lo adoravano. E per questo che lei si stava dirigendo verso la sua stanza e
dargli la buonanotte. Entrò è fissò il letto.
Uno sguardo di preoccupazione le dipinse il volto. Poi afferrò l’interfono e
chiamò il medico
“Dottore!” la sua voce faceva
trasparire una forte preoccupazione.
“Infermiera Ikeda, cosa
succede?”
“è per il
paziente della stanza 15! È scappato”
Per diversi secondi nessuna
voce si sentì dall’apparecchio, poi con una tranquillità innaturale il dottore
ordinò di chiamare la guardia e avvisò che sarebbe arrivato lui
personalmente a momenti.
L’infermiera riattaccò
l’apparecchio e fissò la finestra aperta. Poi uscì di
corsa sbattendo la porta e una folata di vento fece cadere la cartella del
paziente dal tavolo.
Hanamichi Sakuragi, 16 anni, stiramento
dei muscoli dorsali.
A Kanagawa splendeva il sole
del primo pomeriggio quando si riempì la palestra
della scuola superiore Shohoku. Mitsui Rukawa e Ryota iniziarono gli
allenamenti pomeridiani sotto gli occhi attenti di Ayako,
Haruko e del coach Anzai. A loro si unirono pian piano tutti
gli altri giocatori. Mancavano poco più di due mesi all’inizio del torneo estivo. Volevano
essere in gran forma, e speravano che una certa scimmia rossa riuscisse a
ristabilirsi prima dell’inizio.
Continuarono a correre, finché
la porta della palestra si aprì e venne riempita con
un urlo
“IL TENSAI SUPREMO E’ TRA
VOI!”
Tutti si girarono verso di
lui e nessuno voleva credere ai propri occhi. Nessuno si aspettava un recupero
così rapido. Nemmeno Anzai, che osservava la scena allibito.
Solo una voce ruppe il
silenzio della palestra. Quasi un sussurro.
“Do’aho…”
“Maledetta kitsune! Muori!”
Ryota era praticamente
in lacrime, finalmente il suo compagno di sventura era tornato, gli mancava. Nonostante fosse un esaltato, gli voleva un gran bene. E senza di lui la squadra era stata privata di un punto
fisso.
Anche Ayako era felice. Senza Akagi l’area sotto canestro
era priva del nume tutelare, ma con il re dei rimbalzi sarebbero
riusciti ad assicurarsi gran parte delle palle recuperate.
E che dire di Haruko? Il suo protetto era rimasto
assente così a lungo che non riusciva a trattenere le lacrime. Anche perché non era sicura di quello che lui provava per lei.
Almeno non dopo quello che le aveva detto durante la
partita col Sannoh. Tutta la squadra si avvicinò a lui e gli
fecero festa.
Ma tra tutti si fece largo Anzai. Era felicissimo di
vederlo. Finalmente avrebbe potuto tornare ad
osservare i progressi di uno dei suoi pupilli.
“Hanamichi! Come stai? Sei
uscito così presto?”
Lui si morse il labbro,
sperando di non essere visto, o che almeno nessuno avesse notato il su
tentennamento. Poi ripartì con le sue sbruffonate, per mascherare i suo timore.
“Ma sì ma sì!!!! Vecchia ciabatta! Sono appostissimo!!
Chiamatemi il genio del recupero!”
Mitsui guardò l’amico poco
convinto. Nessuno meglio di lui poteva comprendere la gravità di un infortunio,essendo stato infortunato egli stesso, sapeva cosa voleva
dire fare riabilitazione, e per quello di Hanamichi, due mesi e mezzo gli
sembravano poco.
“Hei stupido, che fai ti
alleni con noi?”
“Ma
certo baciapiselli! Aspettate, corro a cambiarmi!”
E si allontanò dal campo, in direzione degli
spogliatoi.
Partecipò
all’allenamento per modo di dire, Ayako lo costrinse a fare palleggi, per riprendere i fondamentali.
L’unica cosa che gli permise, fu gli ultimi 10 minuti
della partitella. Si era davvero dimenticato tutto. L’impostazione c’era, e
quella era la cosa più importante, ma le distanze dal canestro e il palleggio
se li era davvero dimenticati. L’unica cosa che stupì
un po’ tutti è che non andava a saltare per prendere i rimbalzi.
Tutti la associarono a paura.
Gli sarebbe passata presto. L’unico che non la imputò a questo fu Mitsui. Che lo osservava bene. In compenso si permise un dunk dei
suoi. Quelli violenti, su Alley hop di Miyagi. E
questo fu dei suoi più classici. Nessuno ne fu deluso. Nemmeno
L’allenamento finì, e fu il
turno della doccia. Una doccia rinfrancante. Che tonificò i
muscoli e i pensieri.
Mitsui fece due più due e decise.
Hanamichi fu l’ultimo a uscire, tutto si sarebbe aspettato, meno vedere il
baciapiselli che lo aspettava.
“Ciao testone! Ti va un
caffè?”
Il rosso rimase di sasso per
quella richiesta. Non era mai stato invitato da lui a prendere un caffè. Ma accettò di buon grado e i due si diressero alla
caffetteria. Hanamichi fu costretto dall’amico a parlare della riabilitazione,
e lui confermò le sue ipotesi. Si era accorto che il rosso era solamente
fuggito dalla clinica. Per questo doveva parlargli in un posto congeniale. Si diressero al campetto dove si allenavano
spesso loro due e Rukawa. Poi il moro prese parola.
“Sei scappato, vero?”
Le parole furono mattoni.
Farlo non era stato difficile. Lo aveva aiutato l’amore per il basket che prova
tuttora, ma dirlo… dirlo ha un altro sapore. Di
rimprovero. Più amaro. Per pochi istanti risentì l’intenso dolore che provò
pochi mesi prima alla schiena, dopo la caduta sul tavolo.
“Sì… - ammise – e allora?”
Mitsui si sedette
sull’altalena vicina
“Non credo di essere la
persona più adatta a fare questo discorso, in fondo
sono scappato anch’io dalla clinica, benché infortunato. Ma appunto per questo
posso dirti che… forse… dovresti tornare… lì…”
Nel pronunciare quelle poche
parole, ripensò alla fuga, al suo infortunio, agli anni buttati. Anni che non ritornano, ma che si possono ripagare. Anche se abbiamo sbagliato, possiamo pagare per il nostro
errore. In fondo basta non fare più lo stesso stupido
sbaglio.
Il rosso strinse i pugni. Non
poteva tornare là. Aveva già sofferto abbastanza. Era impossibile vivere senza
il basket, ormai. Spesso stringeva un pallone immaginario, perché non poteva
stringerne uno normale senza soffrire. Quei mesi, così simili a un sogno. Eppure ora così lontani.
Così assurdi, senza un fondamento. Semplicemente ricordi. Ma
non poteva stare lontano dal campo.
“Non… non posso…”
Il moro incurvò la testa.
“Non puoi o non vuoi?”
“…..
non… - prese coraggio – non voglio. Voglio tornare a giocare,
a sognare…” le ultime parole si spensero in un sussurro.
Poi scattò in piedi.
“COSA
VUOI CAPIRNE TU DI QUELLO CHE PROVO!”
Uno schiaffo colpì il suo
viso. Violento e pieno di rimorso. Per questo fece male. Molto male.
Poi Mitsui si ricompose, si accese una sigaretta. Non lo faceva da tempo,
ma era nervoso, o per lo meno gli sembrava di esserlo.
“non capisco eh? E io cosa diavolo ho provato in prima e seconda liceo?”
Hanamichi comprese. Anche lui le aveva provate tutte. E si era rovinato.
Lo stesso amore per il basket li univa. Poteva solo imparare dal compagno. Non
erano troppo diversi, in fondo. Una lacrima percorse il suo viso. Di odio per se stesso, per la sua debolezza.
“Scusa…”
Il moro scosse la testa.
“Non sbagliare come ho fatto
io. Tanto tornerai prestissimo, no? Ti aspetteremo. Vinceremo tutte le partite.
Per noi, e un po’ anche per te. Ma sta a te scegliere.
– spense la sigaretta – questa conversazione per me non è
mai avvenuta. Non dirò nulla agli altri. Ma non
scappare dalla realtà. Affrontala. A te la scelta.”
Se ne andò.
Lui invece
rimase lì. Per altri dieci minuti,
venti o trenta. Poi si trascinò in palestra. Si rannicchiò in un angolo con un
pallone in mano, senza muoversi, senza dormire. Ad ascoltare
il vento che soffia, che sembrava un sussurro, che sapeva di passato, di
riscatto. Avrebbe salvato se stesso da solo questa volta. Non sarebbe
scappato. Non l’avrebbe più fatto. Ma in fondo per una
notte poteva star lì a sfiorare il parquet, a toccare con le mani un pallone
arancione. A ripensare alle grida del pubblico che acclamava
il suo dunk sullo Shoyo, sul Ryonan, il suo tiro sul Sannoh. Alla voce dei suoi compagni, che gli avevano regalato una nuova
vita. Il basket gli piaceva veramente. E questa
volta non era una bugia.
Ayako, Ryota e Mitsui
entrarono in palestra la mattina dopo. Il Playmaker si
voleva allenare nei tiri da tre. Suo grande difetto.
Si stupirono a vedere Sakuragi palleggiare ritmicamente davanti a loro canticchiando una
canzone. Poi lui si accorse di loro.
“Ciao ragazzi… - si grattò il
naso, poi fissò Mitsui e sorrise – devo tornare in
clinica per un po’ di tempo…”
Ayako e Ryota ne furono
dispiaciuti.
“Perché?”
Lui socchiuse gli occhi “Devo fare ancora un po’ di controlli e riabilitazione. Ma tornerò appena possibile, promesso…”
Il tiratore guardò con
sguardo perso il vuoto.
Il rosso salutò il play e si allontanò verso la porta. Ma
una voce lo raggiunse.
“Scapperai ancora?”
I tre guardavano la sua
schiena. Si fermò sulla porta.
Poi alzò l’indice verso
l’alto.
“Io non scapperò più. E guarirò in fretta. Perché sono un
genio.”
Disclaimer
Hana, Ru, Mitchan, Ryota e
gli altri non appartengono a me, ma se me li regalano monto su una squadretta e
sfascio tutto XDDD
L’ultima scena è MIA! XDDDDD Perché
è successa veramente… in effetti quasi tutta la fic è
accaduta davvero a me, che avevo la parte del rossino. Cmq questa storia è
dedicata agli sportivi che per un infortunio devono saltare una gara o una
partita importante… ma che non mollano mai.