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Autore: laurapalmer_    20/11/2014    6 recensioni
Quando Ashton torna da Dublino, nulla è più come prima, anche se l'aveva sperato.
Olivia non è più quella con le collant strappate.
Leah ha buttato finalmente le sue Dr Martens verdi (anche se non di sua spontanea volontà).
Michael è fidanzato da tanto di quel tempo che nemmeno si ricorda la vita da single.
Calum continua a scrivere canzoni, ma non tocca il basso da un paio di anni.
Lily ha trovato il coraggio di essere se stessa (finalmente).
Luke non ha mai smesso di giocherellare con il piercing al labbro, nemmeno ad Adelaide.
Bec non ha la vita che avrebbe voluto, ma è comunque in piedi.
Freya ha fatto una scoperta sconcertante, da quando ha smesso di tingersi i capelli.
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Sequel di Young blood
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Things have gotten closer to the sun'
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nove

tradimento








Bec indossava un vestito blu elettrico quella sera, senza spalline e con il corpetto decorato da qualche piccola perla, regalo di suo padre.
Si era anche abituata alle scarpe col tacco, a causa dell'obbligo che Lily le aveva imposto, perché "A ballare con le Vans tu non ci vai, te lo proibisco".
Aveva diciannove anni, ancora, e Olivia stava con Calum, Luke era partito da poco, Ashton quasi non si faceva più sentire, mentre Michael e Lily festeggiavano in quei giorni i loro primi due anni insieme.
Il Minimal ancora non era stato aperto, così quel che restava della loro compagnia usava andare a ballare al Deep Club, locale di dubbio spessore a pochi minuti da casa di Michael, dove poi andavano tutti a dormire solitamente.
Se ci pensa ora, Bec, si rende conto di essere stata idiota, una di quelle sciacquette senza cervello che lei stessa professava di odiare.
Olivia l'aveva pregata, l'aveva minacciata, l'aveva messa in guardia, 'ché se non avesse passato la notte con loro nel salotto di casa Clifford, si sarebbero tutti considerati offesi.
"Siete due coppie", aveva protestato lei, gli occhi lucidi per l'alcol e il fumo, tra le mani un ennesimo drink.
"E allora?"
E allora a Bec non andava, di passare una notte a reggere la candela ai propri migliori amici, perché Luke l'aveva appena lasciata, restio nell'intraprendere una relazione a distanza.
Sarebbe stata la prima notte in compagnia, ma senza di lui e, no, in tutta onestà, a Bec non andava.
Le fa male il cuore, ora, con la tazza di tè caldo tra le mani, Lee che gioca con un peluche che gli ha regalato Jodie un paio di giorni fa e la consapevolezza di non poter frequentare l'università che ha sognato per tutto l'ultimo anno di scuola superiore, Ingegneria Urbanistica.
Di quella sera non ricorda quasi nulla, a parte un cocktail rosa che con il senno di poi ha scoperto essere un Margarita alla fragola, gli occhi scuri (e bellissimi) di lui, il suo sorriso sicuro, mentre la invitava a passare la notte insieme a lui.
Bec era certa di non conoscerlo, anche se la sua faccia aveva in qualche modo qualcosa di familiare.
Si era anche sentita in colpa, inizialmente, quando le mani di lui avevano preso a saggiare ogni singolo centimetro del suo corpo teso, perché, volente o nolente, il pensiero andava a Luke.
Era stata forse colpa sua?
Aveva creduto così, 'ché Luke l'aveva rifiutata, abbandonata, distrutta: se lui avesse acconsentito, a mandare avanti in qualche modo la loro relazione, lei non avrebbe mai dovuto cercare qualche modo per mettere a tacere il mostro che le ruggiva dentro il petto.
Non l'aveva più rivisto, lui, comunque.
I suoi occhi brillanti, ricordo nitido della notte passata, avevano presto perso ogni loro lucentezza, diventando classici occhi scuri, come quelli di chiunque altro uomo sulla faccia della Terra.
Non l'aveva mai tormentata, l'immagine dei suoi capelli scuri, della barba leggermente lunga, del neo sotto all'occhio sinistro che lì per lì tanto le era piaciuto.
Questo, fino al matrimonio di Leah.


Olivia sceglie una pizza alle verdure, la sua preferita, mentre Jack prende la solita, classica pomodoro e mozzarella.
Da quando la piccolina di casa è tornata di Amsterdam, non hanno ancora avuto l'occasione di passare una serata come ai vecchi tempi, solo loro due, un paio di pizze e altrettante birre.
Jack non può fare a meno di vedere come Olivia sia cambiata, in Europa: i modi di fare, di parlare, le mani finalmente curate e persino gli orecchini simmetrici, due perle probabilmente di bigiotteria.
- Sei cresciuta, Olly - le fa notare, mentre fa posto sul tavolo per la sua pizza.
Marco's è la pizzeria italiana più rinomata di Sydney e loro la frequentano da quando erano ancora due bambini alti la metà di ora.
- Dici?
- Mhmh - annuisce lui, beandosi del sapore dolciastro della birra sul palato, fresca, dopo un boccone di pizza bollente - Sei sempre tu, ma meno ragazzina dei rave.
- Io non ero una ragazzina dei rave! - protesta lei, sgranando gli occhi verdi.
- Credi che io non sappia dove andavi con il tuo fidanzatino?
Olivia scoppia a ridere, arricciando il naso e portandosi una mano davanti alla bocca: - Il mio fidanzatino?
- Quello cinese - precisa lui - Ma non è questo il punto, sei diventata grande.
- Solo perché non metto più le collant smagliate che mamma odiava?
- E perché quando ridi metti la mano davanti alla bocca, e perché vai a ballare al Minimal, perché hai imparato a cucinare e...
- Non ti sembra di esagerare?
Jack scuote la testa, arricciando le labbra in un sorriso orgoglioso: - Sono fiero di te, Olly.
Olivia sorride, ringrazia.
Non è tanto certa di poter dire la stessa cosa.


Lily McGillan si muove sinuosa in mezzo ai corpi che si agitano al ritmo della canzone che sta passando in questo momento il DJ.
Non aveva mai provato ad andare sola in discoteca, convinta che non avrebbe trovato di che divertirsi, ma è costretta a ricredersi.
Si sente libera come non lo è mai stata, o almeno così crede, e butta giù un cocktail dietro l'altro, offerti per la gran parte da sconosciuti, nel tentativo di mettere a tacere quella parte di lei che cerca di farsi sentire da quando con Michael è finita.
Indossa una gonna a vita alta nera, una canottiera bianca e il rossetto rosso che le valorizzava le labbra non c'è quasi più, ma nel complesso è sempre bellissima, vestita dei suoi sorrisi allegri e sinceri.
Si avvicina rapidamente al bancone, non appena intravede uno spazio libero, e (con sollievo) si trova davanti la figura alta di Calum, con la maglietta nera della divisa e un grembiule anch'esso nero legato intorno alla vita.
Lui la guarda interdetto, inarcando un sopracciglio, e: - Cosa cazzo ci fai ancora qui? - le chiede, impulsivo come sempre.
- Ballo - ride Lily in risposta, tradendosi.
- Sei completamente marcia, Cristo!
- Ma che cazzo dici?
Calum rotea gli occhi: - Aspetta un quarto d'ora che smonto, ti riporto io a casa.
Lily annuisce in silenzio, guardandolo con gli occhi sgranati.
Per tutti i minuti che seguono, rimane lì, attaccata al bancone con lo sguardo vacuo di chi non capisce bene cosa sta succedendo, controllata a vista da Calum, che non ci vuole credere, la McGillan ridotta così?
Alle 3.30 am si sente toccare una spalla: Anthony.
Calum lo saluta, lanciando un'occhiata a Lily per controllare che sia ancora lì, poi toglie il grembiule e prende l'amica per una mano, trascinandola fuori dalla bolgia.
- Hai tutto? Telefono, portafoglio?
Lily gli mostra la pochette argentata che tiene tra le mani e sorride amaramente: - Non sono deficiente.
- Quasi.
- Scusami?
Lui sorride, anche vagamente intenerito, poi le passa un braccio intorno alle spalle: - Andiamo, Lils, è tardi.
Lei lo segue senza obiettare, camminando dritta verso il parcheggio. Non dice una parola nemmeno durante il tragitto per tornare a casa: si limita ad appoggiare una tempia sul finestrino freddo dell'auto di Calum, godendosi le note di Wish you were here (quella dei Pink Floyd, ovviamente).
- Mi accompagni su? - chiede, poi, con un filo di voce, gli occhi ancora chiusi e le gambe mollemente accavallate.
E, no, Calum non vorrebbe, perché ha un cazzo di sonno che Lily forse non ne ha proprio idea, e domani deve andare in facoltà, ma non ce la fa, a negarle un ultimo aiuto.
Le sorride, scuotendo la testa, poi scende dalla sua Renault scassata, andando ad aprirle la portiera con eleganza perfettamente falsa.
Lily si scioglie in una risatina, appoggiandosi addosso a lui.
E' un secondo, ma a Calum pare proprio che lei cerchi le sue labbra. Si allontana di scatto, reggendola comunque dalla vita e la accompagna su per le scale, fino al terzo piano.
Sono davanti alla porta dell'appartamento che Lily condivide con Bec, quando la giovane si lascia scivolare a terra, le guance rigate da un paio di lacrime.
- Lily... Lils, cos'hai?
Calum si piega sulle gambe, ponendosi alla stessa altezza del viso di lei, e ancora una volta non sa minimamente che cosa sia meglio fare.
Olivia non piangeva, non davanti a lui, almeno.
- Non so che cazzo fare, Cal.
- Cosa... Perché, cosa devi fare?
Non deve fare nulla, Lily, non dovrebbe nemmeno sporgersi in avanti, prendergli il viso tra le mani e baciarlo, con una prepotenza che non le appartiene.
Non dovrebbe, perché Calum è fidanzato (ama Olivia) e lei non fa che aggravare la situazione.
Le brucia tutto, ha un po' di nausea e la testa pesante, Michael le manca quanto l'aria e sono quasi le 4 di notte, quando si stacca da lui e rimette tutto sul pianerottolo.
Calum non la lascia sola.















NdA: Here I am, in ritardo di tipo millenni, ma ce l'ho fatta! Mi spiace molto per avervi fatto aspettare un sacco, credetemi, ma ho avuto tutta una seria di problemi. Ci sentiamo presto (stavolta davvero) :*

Eleonora






  
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