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Autore: Artefenis    20/11/2014    5 recensioni
Avvertenze: la storia contiene spoiler.
Dal testo:
Quella stanza sarebbe diventata la prigione di una ragazza, la cui unica colpa era quella di aver amato.
Rimaneva in quella stanza, sognando il suo Julián fermo alla stazione. Gli occhi pieni di sogni e di speranze. L’anima afflitta dai suoi demoni che governavano fogli bianchi e neri. Il suo cuore gli apparteneva, da sempre.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Avvertenze: il seguente testo contiene spoiler inerenti al testo originale. Quello che segue è un episodio collegato alla trama della storia originale, che non è stato trascritto nel testo originale.
 
 
 
Penélope Aldaya
 
«Vattene Julián. Vattene prima che arrivi mio padre.»
«Ma…»
«Vattene.»
«Qualunque cosa succeda, domenica ti aspetto su quel treno.»
Penélope accennò un sorriso.
«Ci sarò, ma adesso vattene, ti prego.»

Quei due giovani amanti non sapevano che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.
Penélope guardò Julián uscire dalla stanza, sorridendo. Ma era un sorriso amaro, di chi assaggia per l’ultima volta la sua felicità.
Raccolse i vestiti dal pavimento, aspettandosi che qualcuno entrasse nella stanza, conferendole aggettivi irripetibili. Ma non fu così. Nessuno entrò in quella stanza.
La madre non aveva ancora riferito ciò che i suoi occhi dovettero subire. Camminava per i corridoi della casa, pensando a cosa avrebbe detto la gente quando l’accaduto sarebbe uscito fuori da quelle mura.
‘La figlia degli Aldaya deflorata dal figlio di un misero cappellaio.’
Quello scandalo non avrebbe giovato al nome della famiglia.  Doveva già far fronte alle dicerie sul marito, che da troppo tempo non si avvaleva della sua compagnia, preferendo quella di altre donne.
E quest’ultimo, come avrebbe preso la notizia? Quale destino attendeva una madre che era stata così incauta verso la sua unica figlia femmina?
Anche se lei, di madre, ne sentiva poco verso quella giovane bellezza.
Così, decise di mantenere il silenzio, fin quando il padre non fosse tornato.

Penélope, incapace di mantenere il silenzio, cercò aiuto e conforto in Jacinta, raccontandole dell’accaduto.
Jacinta la strinse tra le braccia.
«Mia dolce Penélope, vedrai che tutto si sistemerà» Una lacrima le solcò le guancie sciupate. Si pentì, in cuor suo, di aver concesso che l’amore dei due ragazzi potesse nascere.
«Io lo amo, Jacinta. Lo amo più della mia stessa vita» disse Penélope, cullata tra le braccia di quella che per lei era come una madre, un’amica.
Quella notte Penélope sognò Julián. Era in un tunnel e lei cercava di corrergli incontro, ma ad ogni passo quella figura si allontanava. Lei chiamava, urlava il suo nome, ma in cambio riceveva solo silenzio.

Il giorno seguente, la signora Aldaya chiamò Jacinta nel salone.
«Desidera?» chiese Jacinta, chinando leggermente il capo.
La signora invitò Jacinta a sedersi.
«Cosa sai di questo Carax?» Andò subito al dunque. Cercava di nascondere la sua inquietudine, ma distoglieva continuamente lo sguardo, posandolo in diversi punti della stanza.
Jacinta pensò qualche secondo prima di rispondere. Lei si era molto affezionata a Julián. Quel ragazzo aveva lo sguardo di chi si è smarrito da tempo e questo l’aveva messa spesso in apprensione, ma la sua Penélope era  felice con lui.
«E’ una bravo ragazzo, Signora. Ha trascorso interminabili pomeriggi in compagnia di  vostro figlio Jorge, di cui è grande amico.»
«Così grande da approfittarsi della sorella» disse con disprezzo.
Poi si alzò, e senza guardare Jacinta, le ordinò di non far uscire Penélope dalla sua stanza.
«Che non esca. Per nessuna ragione» concluse.
Quella stanza sarebbe diventata la prigione di una ragazza, la cui unica colpa era quella di aver amato.
Rimaneva in quella stanza, sognando il suo Julián fermo alla stazione. Gli occhi pieni di sogni e di speranze. L’anima afflitta dai demoni che governavano la sua vita. Il suo cuore che sapeva di essergli sempre appartenuto.

Quando venerdì, tornò don Ricardo dal suo viaggio di lavoro, la signora Aldaya non riuscì più a tacere. Raccontò l’accaduto al marito, la cui vista fu accecata dall’ira. Diede un ceffone alla moglie e la costrinse a ripetergli di nuovo quelle parole, affilate come lame.
Con la terra che gli tremava sotto i piedi, andò verso la stanza di Penélope.
«Dov’è quella sgualdrina che gli altri chiamano mia figlia?» urlava, mentre Jacinta cercava di fermarlo.
Don Ricardo entrò nella stanza senza esitare ed afferrando la figlia per i capelli la buttò giù dal letto. Penélope scoppiò in lacrime, chiedendo perdono.
Lui la guardava e vedeva solo la punizione ai suoi peccati. Era Dio che si prendeva gioco di lui, orchestrando quella tragedia che era la sua vita.
«Padre, perdonatemi» lo implorava Penélope in ginocchio. Ma lui le posò un manrovescio violentissimo e, dopo aver inveito contro di lei, la chiuse a chiave.
Penélope si scagliò contro quella porta, battendo i pugni.
«Vi prego!» urlava.
La madre rimase immobile davanti a quella dimostrazione di violenza. Jacinta scoppiò in lacrime.
Gli occhi di don Ricardo parevano gli occhi del demonio. Il fuoco gli bruciava nelle vene. Anche Jorge, il fratello, capì che c’era qualcosa che andava ben oltre lo scandalo della sorella. Perché tanta violenza? Si sarebbe potuto sistemare il tutto con un matrimonio.

A Jacinta venne ordinato di lasciare quella casa e di non cercare più Penélope. Il cuore le si spezzò. Quella figlia che tanto aveva desiderato, adesso le veniva strappata senza un’ultima carezza, una parola di addio. Niente. Gettata fuori nella notte come un animale. Urlò a Zacarìas perché doveva subire tutto questo dolore.
Don Ricardo fece chiamare il medico per visitare Penélope. Quando il medico uscì da quella stanza, confermò con un cenno la più grande paura del padre: Penélope era incinta di Julián. Quale Dio beffardo aveva permesso ciò? Quella notizia gli strappò il cuore dal petto, rendendolo inerme a quel dolore. Non avrebbe mai più voluto vedere la figlia. La sua visione gli avrebbe ricordato, in ogni momento, la sua più grande colpa.

Arrivò domenica.
Picchiando contro la porta, Penélope urlava, implorava di uscire, ma nessuno rispondeva. Si lasciò scivolare lungo quella superficie in legno, con gli occhi ormai stanchi per le troppe lacrime versate.
Cosa avrebbe pensato il suo Julián non vedendola arrivare al loro appuntamento? Quali cattivi pensieri gli avrebbero invaso il cuore e la mente? Si sarebbe sentito tradito dall’unica persona che aveva promesso di amarlo per sempre. Sarebbe andato via, solo, riservando rancore nei suoi confronti.
Poi iniziò a sorridere, accarezzandosi il ventre.  Sapeva che il suo amato sarebbe stato salvo e loro si sarebbero riuniti, un giorno.

Il lunedì mattina, Jorge andò nella stanza della sorella. Aprì la porta e rimase fermo a fissarla.
«Se n’è andato» disse semplicemente.
Penélope annuì debolmente, mentre gocce di dolore affioravano sul suo volto.
«Perché mi state facendo questo?» si rivolse al fratello.
Lui, forse preso da un attimo di pietà, si sedette accanto alla sorella.
Fissando il vuoto, le disse cosa aveva scoperto su Julián.
Penélope sgranava gli occhi ad ogni sua parola, incapace di credergli. Ogni parole era un pugnale, che entrava ed usciva dal suo petto.
Il destino era da sempre stato loro nemico.
Quella sera, Laura, una domestica incaricata di portare da mangiare a Penélope, entrò nella stanza. Senza proferir parola, fece cenno di guardare il vassoio e uscì dalla stanza. Sotto il piatto c’era un foglio di carta bianco e, avvolta nel fazzoletto insieme alle posate, una penna.
Ringraziò quella donna e si mise a scrivere quella lettera che tanto desiderava inviare a Julián, ma ignorava che quelle parole non sarebbero mai state lette.

Penélope non avrebbe mai letto una lettera di Julián. Il padre le bruciava tutte e la domestica, Laura, venne licenziata quando si seppe del suo gesto.
Nessun membro della famiglia parlava con Penélope. Solo una volta ricevette un gesto affettuoso, in cui la madre  entrando nella stanza per portarle da mangiare, la vide piangere e le posò un bacio sulla fronte. L’ultimo gesto che avrebbe ricevuto nei suoi confronti.

Le settimane passavano e le lettere di Julián continuavano ad arrivare da indirizzi diversi. Jorge, infuriato, decise di mettere fine a quella scena drammatica. Si recò nella stanza della sorella e la costrinse a scrivere una lettera a Julián, dicendo che si stava per sposare e che lei, in realtà, non l’aveva mai amato.
Mai parole furono più false; mai tanto dolore venne causato da un inchiostro nero.
Scrisse con le lacrime agli occhi, consapevole che il fratello avrebbe rivelato la verità che aveva scoperto se non l’avesse fatto. Quella verità avrebbe potuto uccidere Julián, e Penélope non l’avrebbe permesso.
Quando il fratello uscì, si martoriò quelle dita che falsamente  si erano mosse sulla carta.

Trascorsero i mesi e la creatura dentro Penélope cresceva. Lei continuava a sognare le carezze di Julián, mentre sussurrava dolci parole al simbolo della loro unione.
Una mattina si svegliò in preda al dolore. Le contrazioni erano fortissime. Si alzò e bussando alla porta iniziò a chiedere aiuto. I suoi pugni sordi vennero colti dalla madre, che corse verso la stanza. Ma quando stava per aprire la porta, venne ammonita dal padre.
«Che rimanga sola.»
In quei mesi, quell’uomo era diventato violento e irriconoscibile agli occhi della donna che l’aveva preso in sposo.
Penélope, tenendosi la pancia, continuava a battere contro la porta.
Venne lasciata sola da chi l’aveva messa al mondo.
Lei continuava ad urlare per il dolore.
«Forse dovremmo chiamare il medico» disse la signora Aldaya con un fil di voce. Don Ricardo la fulminò con lo sguardo.
Penélope sentì del bagnato sotto ai suoi piedi.
Una forte contrazione le impose di stendersi a terra. Poi un dolore così violento, che sentì il corpo strappato a metà. E in quel momento urlò il suo nome.
«Julián!»
La madre si portò la mano alla bocca, mentre l’odio di don Ricardo verso quella creatura cresceva.
La fronte di Penélope si bagnò di sudore. Diede una forte spinta, lasciandosi guidare dalla natura. Spinse ancora e ancora.
«Lo amo – urlò con tutto il fiato in corpo – lo amerò per sempre.»
Sotto di lei, una macchia rossa le faceva da tappeto. Continuò a chiamare quel nome, come se potesse sentirla e soccorrerla, portandola via.
Spinse per minuti, ore, Penélope non lo seppe. Allo stremo delle sue forze, lottò ancora e la creatura dentro di lei si affacciò in quel mondo. Ma se la vita è crudele, la morte è beffarda. Accolse tra le sue braccia quel corpo inerme, lo cullò e sorrise.
Anche lei, seguendo il figlio, chiuse gli occhi. Il volto di Julián prese posto nella sua mente.
«Perdonami amore mio, perdonami.»
I suoi occhi non avrebbero mai più rivisto la nascita di un nuovo giorno.

 

 

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Avrei voluto leggere molto di Penélope, 
dell'amore che aveva verso Julian. Quando ho finito di leggere il libro, questa scena
governava la mia mente e, scusate, ma dovevo dargli aria. 
Voi cosa ne pensate di questo libro? Io credo di amarlo e non tarderò a 
leggere gli altri.
Gradirei tanto ricevere delle vostre opinioni.
Alla prossima,
- Arte.
   
 
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