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Autore: HobennYgh    22/11/2014    2 recensioni
Un bruciore agli occhi camuffato come quei ricordi, e allora senza dir nulla né chiedere permesso lo stringevo nella protenzione dell'oscurità, abbandonandomi a quella preghiera che ogni notte precedeva il sonno, che questa volta chiedeva conforto per due persone.
Genere: Angst, Fluff, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Una scura figura mingherlina avanzava esistante seguita dal Maggiore, che adesso con aria paterna gli accarezzava la schiena; intuii stesse parlando di noi quando il suo sguardo si posava sui nostri malsani corpi sotto quelle rugginose docce, seguito da quello del giovane.
Stringeva al petto una pezza che avanzando si lasciò scivolare ai piedi, immersi in quell'umida fanghiglia modellata dal getto. E allora inchiodava lo sguardo sul mio, intimorito.
I grandi occhi color ghiaccio in contrasto con la scura carnaggione che lentamente scopriva; osservandomi mentre osava, come se tale azione fosse a me dedicata.
E sfiorava con la piccola mano le gocce dell'acqua, trasalendo nel percepire quanto fredde fossero, probabilmente incosciente di quanto freddi sarebbero stati i prossimi avvenimenti, e adesso sotto l'acqua si scompigliava i lisci capelli.

Era giovane, Vil; udii il suo nome chiamato dal maggiore, li per assicurarsi stesse bene; lui annuiva cautamente, sempre.

Piangeva sotto la doccia, Vil, per camuffare le lacrime all'acqua.

E afferrava la pezza intrisa di terra, sporcando nuovamente l'esile corpicino tremante, bagnato; si nascondeva dietro i cespugli, e li si vestiva.

Intorno al fuoco, in quella limpida sera d'inverno, nessuno cantò; nessuno osò parlare dinanzi il maggiore, avevamo ben altro d'ascoltare.
Un flebile 'ciao' risuonò nell'aria, e nell'udire la paura intrisa in quella debole vocina il mio volto non poté che colmarsi d'un ebete sorriso.
Lo incitò a continuare, Il maggiore, sussurrandogli un qualcosa d'incomprensibile al mio orecchio prima che quello continuasse a parlare.
"Io sono Villiam Fender. Oh, umh, soldato semplice Villiam Fender" biascicò tirando su con il naso; e allora il silenzio fu stroncato da una sonora risata che causò una sorta di reazione a catena, e il ragazzino voltava le spalle al mondo, e s'allontava.
Un occhiataccia dal maggiore prima che anch'egli ci voltasse le spalle, e allora implicata dall'irascibilità di molti avveniva l'ennesima reazione a catena, e pigramente ognuno si trascinava nella baracca, io nella mia personale, fatta con le mie stesse mani; mai nulla avrei dato a quegl'infami, era risaputo, ecco cosa fu a scatenar tanta sorpresa nel sentir bussare alla mia porta.
Sbottai, aprendola in un colpo secco, nell'intento di spaventar tutti tranne che l'esserino che mi ritrovai davanti, che spinto dal maggiore finiva ai miei piedi.
Due sorta di sguardi d'intesa, probabilmente il mio percepito erroneamente.
E il corpicino indifeso s'aggrappava alla mia gamba, osservando adesso terrorizzato la figura che finalmente s'era dimostrata per quel che era; un mostro.
E chiudeva in un colpo violento la porta, e adesso restavo io, e un peso all'apparenza morto su una gamba.
Gli occhioni di cerbiatto intenti a scrutarmi il corpo balzavano sul terreno non appena s'incatenavano ai miei, e allora mollava la presa, seguita dall'adesso stracciata pezza che finiva nuovamente in terra, e come fossero di tessuto pregiato sistemava i miei pantaloni, mettendosi in piedi.
E come solo una farfalla può sfiorare un delicato fiore m'azzardavo a tastare il suo viso, accarezzato dalle lunghe ciglia contornanti i dolci occhi chiusi.
Tremava.
"Stai bene?" sussurrai ricordando solo allora il soldato che ero e il comportamento che mi toccava tenere.
Scosse la testa, con quell'innocenza che solo un bambino poteva avere.
"Posso sapere cos'è successo?" Continuai sorridendo, mentre la fiamma della candela tendeva ad affievolirsi e il boato dei tuoni echeggiava nella pesante aria.
"Sono cattivi li dentro, posso stare con lei?" biascicò fissando lo sguardo sul terreno erboso.
Annuii, avanzando verso il letto, spostando la candela per aver una migliore visione di chi mi trovassi dinanzi.

E per l'amor del cielo, a lume di candela era ancor più mistico.

Affrettarsi a scacciare quei pensieri, chiedendo ulteriori informazioni in frasi senza né capo né coda, quasi spaventando l'ometto.
"Si prendevano gioco di me" soffiò avanzando verso il letto, sedendo al mio fianco.
E adesso alzava in aria i pezzi della copertina, faticando a ricomporli finchè non gli offrii il mio aiuto; e adesso finiva come i nostri corpi accasciata sul letto, in parte -quasi- ricomposta.
"Dev'essere a te molto cara" soffiai osservandolo mentre si sorreggeva sulle deboli braccia.
Un triste sorriso sul suo volto puro, "l'ha fatta mia madre" schioccò, mentre sui suoi occhi prendeva il dominio un cupo strato velato.
"È morta alla mia nascita" continuò poi, posando il dito sul pezzo di logora stoffa sul quale era posto il mio, sfiorandolo appena quando andò a trascinarlo nel pezzo combaciante.
"Quanti anni hai?" fu l'ultima domanda che m'azzardai a porgli; "16" sussurrò portando le braccia allo stomaco.
E allora m'alzavo verso la candela e in un soffio leggero la spegnevo, nella speranza che con tale facilità quell'odio che l'indomani il ragazzo avrebbe dovuto affrontare si sarebbe spento a sua volta.
Un bruciore agli occhi camuffato come quei ricordi, e allora senza dir nulla né chiedere permesso lo stringevo nella protenzione dell'oscurità, abbandonandomi a quella preghiera che ogni notte precedeva il sonno, che questa volta chiedeva conforto per due persone.

   
 
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