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Autore: Ilune Willowleaf    29/01/2005    1 recensioni
Dessran è un personaggio creato da me per la fanfic Gods War. nato come comparsa necessaria solo a dare informazioni, è diventato il mio personaggio originale preferito, pur cercando di non farne una Mary Sue (o un Gart Stu). Ho però deciso di regalargli una storia tutta per sé, per conoscerlo meglio, e per farlo conoscere bene a chi è piaciuto.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La storia di Dessran

La storia di Dessran

ovvero

essere o non essere (un mazoku)…

 

Orbene ordunque orquando

Siccome ho bisogno di dettagli sulla vita di Dessran per la fanfiction “Gods War” (leggetelaaa!!!) e

Siccome Dess è un cucciolino taaanto dolce e carino e

Siccome stasera mi prudono le mani dalla voglia di scrivere, il cervello è lubrificato al punto giusto, e il sonno è l’ultima cosa che ho in questo momento

Allora offro a Dess-chan una coppa di gelato, in cambio di un racconto preciso e particolareggiato della sua vita.

 

Nota dell’autrice:

Dessran “vive” nel mondo di The Slayers, e tutti i personaggi della serie sono del legittimo autore, della casa di produzione dell’anime, di quella di pubblicazione dei romanzi, insomma, non so bene di chi siano, ma non sono miei. Dess, invece, è MIO, è il mio cucciolotto personale che mi infesta la camera, i pensieri e i bordi dei fogli per appunti, se lo volete usare, chiedetemelo a prestito (come ha fatto la mia cara amica Eternal Fantasy; di te mi fido! ^­__^) con moooolta cortesia e taaaanta umiltà (*evil grin*), altrimenti antichi malefici elfici si abbatteranno su di voi!!! La sfiga dei cento giorni, la maledizione del blocco dello scrittore, l’anatema del telefono-che-suona-sempre-mentre-sei-sotto-la-doccia-coperto-di-schiuma, e altre delizie del genere…

Scrittori avvisati, mezzo salvati!

Firmato

Ilune Willowleaf, mezz’elfa cantrice e maga

 

Parte prima

La scena si apre in una camera da letto in uno stato di “disordine creativo” (un kasino della miseria): il letto in ferro battuto sembra aver appena subito un terremoto 12° grado scala Mercalli (in miniatura), tale è lo stato delle coperte; su di esso giacciono abbandonati dispense e appunti universitari, blok notes pieni di disegni e appunti, un peluches a forma di gatto nero, astuccio, penne colorate, un paio di vestiti, e altre cose semisommerse da caos.

Una sedia ormai invisibile per il cumulo di vestiti ammassati si intavede in un angolo della stanza; nell’angolo adiacente, arco, frecce, un bastone da giochi di ruolo dal vivo (morbido, che non fa male neanche a picchiare forte).

Sul tappeto per terra giacciono una borsa stracolma di materiale da mare, ciabatte infradito di gomma, un sacchetto di plastica e fazzoletti usati a volontà.

Una libreria stracolma di libri e fumetti, nonché due serie di mensole altrettanto piene, minacciano (come ogni giorno) di crollare per il peso.

Su due (fortunate) mensole, graziosi ninnoli, bambole di porcellana, peluches… insomma, è la camera di una ragazza romantica…

Sulla scrivania, che ospita uno schermo di computer, una raccolta enorme di cd, e un caos indescrivibile di bottiglie, fazzoletti usati e non, nasti, mozziconi di candela, cucchiaini e bicchieri, troneggiano due enormi coppe di gelato cioccolato-affogato al cioccolato-crema-panna montata spry, appena deposte da una ragazza con una lunga treccia castana.

-Dess, io ho portato il gelato. Adesso vieni qui e raccontami la tua storia!-

Sul letto si materializza un ragazzo. È alto, snello, con dei selvaggi capelli neri da cui spuntano due graziosi cornetti neri di circa cinque centimetri, occhi neri un po’ a mandorla, orlati di ciglia lunghe e sensuali. Se ne sta seduto a gambe incrociate, e una lunga coda da demone guizza impaziente nell’aria, dietro di lui, nera e lucida. Dall’estremità di essa, fissata ad un anello pende una catenella con una zanna attaccata. Una zanna identica è appesa all’orecchio sinistro.

Sul petto nudo spicca una cicatrice, anche se qualsialsi ragazza normale sarebbe prima colpita dalla muscolatura proporzionata e armoniosa *sbaaaaavvvvv*.

Giocherella con le lenzuola con gli artigli neri che ha al posto delle unghie dei piedi, finché la ragazza non gli dice di stare attento a non strappare il lenzuolo.

Dessran sbuffa, e si stende sul letto terremotato.

-Ilune, qui fa un caldo della miseria; non ce l’hai una bibita ghiaciata?-

-L’ho appena messa in freezer. Intanto rinfrescati con questo. -

La ragazza gli passa una delle due coppe di gelato. Dessran affonda voluttuosamente il cucchiaino nel gelato cremoso, e se ne caccia in bocca una cucchiaiata.

-Bene, volevi sapere della mia storia. Da dove vuoi che cominci?- chiede dopo qualche istante.

-Dall’inizio, ovviamente. Da quando eri ancora un essere umano. - risponde Ilune, accendendo il pc.

Dessran sospira. -Temevo me l’avresti detto. Ufh, e va bene…-

 

il cambiamento

-Sono nato in un villaggio che si trovava nella zona che, attualmente, è al confine tra Zephilia ed Elmekia. A pochi chilometri di distanza c’era il mare, e spesso capitavano stranieri. Io ero il secondo figlio di un piccolo commerciante, mio padre aveva un emporio.

Ricordo il mio primo contatto con la magia…

Avevo cinque anni, allora. Ero un piccolo bambino sempre in movimento; allora, tenevo i capelli più corti, ma erano sempre ribelli, così come sono ora, e tutti dicevano che il mio carattere si rispecchiava benissimo nella mia chioma.

Quel giorno, correvo per la campagna con dei miei amici. Giocavamo… non rammento a che cosa, so solo che non ci eravamo accorti di esserci allontanati troppo dal villaggio. Eravamo vicino alla foresta, e ricordo che ad un certo punto fummo aggrediti da due trolls. Eravamo terrorizzati, cercavamo di scappare, alcuni di noi erano già feriti…

Quando arrivò lui. Come un fulmine a ciel sereno, uccise i due troll con una semplice parola, la terra si sollevò e i due finirono impalati in stalagmiti di roccia. Poi curò i miei amici feriti, e ci riaccompagnò al villaggio.

Era un mago di mezza età, aveva un sorriso gentile, e degli strani capelli, color paglia, che gli stavano ritti in testa ogni ciocca per conto suo. Vestiva in modo molto semplice, anche se non ricordo bene l’abbigliamento che aveva quel giorno, solo le sue mani abbronzate che ci curavano, e i suoi occhi azzurri e ridenti.

Disse di chiamarsi Avanar, e di essere un mago. Voleva stabilirsi da qualche parte, e ci chiese se al nostro villaggio c’era già un mago. Io risposi di no, e lui disse “Bene, allora stavolta ho trovato il posto giusto”. Io pensai che cercasse un posto lontano dalla concorrenza. Invece, il giorno successivo capii il perché.

Si era insediato in una vecchia torre semidiroccata, a qualche centinaio di metri dal villaggio, ed era subito venuto ad organizzare le cose per ristrutturarla. Poi, venne a casa mia. Disse a mio padre che aveva bisogno di un assistente, e che io parevo portato per la magia. Così, visto che il negozio di mio padre sarebbe passato a mio fratello maggiore, io fui mandato a scuola di magia.

Appena entrai nell’unico locale per ora agibile della torre, Avanar mi disse delle parole che, campassi altri cinquemila anni, non scorderò mai: “Io ho visto una strada molto lunga davanti a te. Ma è una strada che potrai percorrere solo con la magia. Ti porterà grande potere, ma anche tristezza, figliolo.”

Io, ingenuamente, chiesi se potevo cambiare la mia strada. Avanar scosse la testa, e disse “puoi solo scegliere se affrontarla con un potere che ti permetterà di percorrerla agevolmente, o senza tale potere. Io sono qui per darti tale potere, se tu vuoi.”

Io ci pensai qualche istante, poi risposi “È sciocco rifiutare un potere che può aiutarti, no?”.

Così, diventai l’allievo di Avanar, shamano e veggente. -

-Cominciasti presto con la magia!- esclama Ilune. Dessran si ripulisce con un dito la punta del naso da un po’ di panna montata, poi volta la testa verso la narratrice, ancora con le mani sulla tastiera, dove stava stenografando il racconto del mazoku.

-Si, si può dire che io l’abbia sempre avuta nel sangue. Imparai in fretta tutto quello che Avanar poteva insegnarmi, e a dieci anni avevo già raggiunto il suo livello, che, per inciso, non era per nulla basso. Dopo la magia shamanica, mi interessai anche a quella bianca e a quella nera, approfittando anche della cittadina portuale che sorgeva a pochi chilometri da casa mia, e per la quale passavano spesso e volentieri maghi di ogni sorta.

Fu lì che incontrai Lei Magnus…-

Ilune sobbalza in modo molto evidente sulla sedia impagliata.

-No, non temere, allora Shabranigdo non si era ancora destato in Lei-sama. Era un semplice monaco, potentissimo ed esperto nella magia, ma pursempre un essere umano. Aveva appena finito di creare il Dragon Slave e, colpito dalla mia abilità, mi permise di copiarne la formula, e di apprenderla. Mi permise di copiare da un suo libro anche molte altre formule di magia nera, in virtù del fatto che ero l’allievo prodigio del suo amico Avanar.

Quello fu il mio primo e ultimo contatto con Lei Magnus. Non ebbi più modo di vederlo, né prima, né dopo che Ruby-eye si destasse dentro di lui.

Ma tornando alla questione di prima, mi apprestavo a vivere una vita perfetta: ero un mago in gamba, e mi occupavo della sicurezza del territorio, pattugliando a cavallo le strade e tenendole sgombre da banditi, mostri e compagnia bella, ottenendo per ciò un regolare stipendio dalla contea, allora quella era una contea indipendente. Avevo diversi amici nei villaggi circostanti, tutte le ragazze sospiravano per me, tutti i bambini mi consideravano il loro idolo. Avevo diciotto anni, e mi stavo per sposare. Quando arrivò lui. -

-Lui chi?- chiede Ilune, curiosa.

-Phibrizio Hellmaster. - ringhia Dessran.

-Ah…-

-Ilune?-

-Si?-

-Mi passi altro gelato?- Dess porge la coppa, vuota.

Ilune sospira, e va a riempirgliela di nuovo.

-Con tanta panna, mi raccomando!- urla dalla camera il mazoku.

-Ok, ok… golosastro!- risponde la ragazza dalla cucina.

Ilune torna in camera con la coppa stracolma di gelato, la bomboletta di panna spry, e una bottiglia da due litri di coca cola light bella fredda.

-Senza caffeina non lavoro bene…- dice, versandosene un bicchierone. Dessran non dice nulla, però si serve abbondantemente anche di coca cola.

-Dunque, dicevi che incontrasti Phibrizio. Aveva l’aspetto di un bambino, o era diverso?-

-No, aveva quell’aspetto di bambino che trae in inganno chiunque. In seguito, cambiò più e più volte la sua parvenza esterna, per diversi motivi… ma poi te ne parlerò.

Comunque, lo incontrai mentre facevo la mia solita ronda sul limitare della foresta che correva lungo un lato della strada che portava alla cittadina portuale.

“Non ti conosco, bambino, sei straniero e ti sei perso?” gli chiesi, ingannato dall’aspetto innocente. Spalancò gli occhioni e disse “Per fortuna ho trovato qualcuno! Ho perso la mia mamma e il mio papà, li sto cercando da tre giorni, ma non riesco più a trovarli!” si sedette per terra e si mise a piangere. Si può dire molto di lui, ma non che non sia un eccellente attore. “Mi avevano detto di aspettarli al bivio, ma non sono più tornati!”.

Il mio primo pensiero fu “poverino, devono averlo abbandonato”, così, lo caricai sul mio cavallo, e lo portai a casa mia.

Mia madre fu molto gentile con lui, e anche la mia sorellina minore. Sai, la mia sorellina era davvero bella: aveva dodici anni, e aveva dei lunghi capelli biondi, e grandi occhi azzurri; era sempre tanto buona con tutti, non ricordo di averla mai sentita urlare, o di averla mai vista arrabbiata.

Hellmaster rimase nella mia casa per qualche giorno, fingendosi un normale bambino, e facendosi chiamare Fabrizio…-

-Che fantasia…-__-; - commenta Ilune.

-Comunque, ci aveva tratti tutti in inganno per benino. Nessuno sospettava di nulla… tranne forse il gatto. Il gatto di casa aveva il terrore di Phibrizio, gli soffiava contro e scappava via. Dopo due giorni, scomparve. -

-Qui c’è lo zampino del moccioso diabolico…-

-Esatto. Lo trovai venti giorni più tardi, in decomposizione… o meglio, quel che ne rimaneva. Ma allora ero già un demone. Lasciami continuare…-

-Si, scusa l’interruzione. -

-Dicevo, Phibrizio ci aveva infinocchiati tutti per bene, e intanto si era assicurato cui suoi occhi delle mie capacità e del mio potenziale che, io non sapevo, ancora celavo, inespresso. Quindi, un giorno, mentre uscivo di casa, me lo ritrovai a fianco. E, un attimo dopo, non ero più al villaggio.

Aveva teletrasportato entrambi all’Hellmaster Manor, nel bel mezzo del Desero della Distruzione.

Ero sorpreso, stupito, e anche spaventato.

L’architettura del luogo non contribuiva certo a rassicurarmi: un’ampia sala pentagonale, il cui pavimento di scuro marmo intarsiato recava simboli magici a me sconosciuti, iscrizioni nella lingua dei demoni, rune, e quan’altro.

C’erano alte arcate, che si perdevano nell’oscurità. Archi rampanti, imparai a conoscere in seguito, tutti coperti da bassorilievi raffiguranti demoni, mostri, cadaveri straziati… Phibrizio è sempre stato molto lugubre, nello scegliere le decorazioni.

Le finestre erano presenti solo vicino al soffitto, che però si perdeva nell’oscurità: tende nere panneggiavano tutto, e l’unica sorgente di luce era un esile raggio di luce che pioveva su Phibrizio, da una tenda appena scostata.

In quel momento, vidi bene per la prima volta gli occhi felini, in cui l’innocenza era scomparsa, per lasciare il posto a un pozzo di malvagità senza fine…

Fui sommerso dal terrore. Fissavo impietrito quello che, fino a pochi minuti prima, credevo un adorabile bambino, ora divenuto la semplice effigia di un male tanto oscuro e profondo, da non riuscire a capacitarmene.

Tu sai che a ogni Dark Lord sono state attribuite caratteristiche specifiche. Dynast Graushella è la personificazione del gelo, algido e glaciale, inespressivo come un ghiacciaio, ma a modo suo, euguale con tutti, nella sua glaciale legge. Dophin Deep Sea è la Signora degli Oceani, e così come il mare può essere dolce e piacevole, o irata e terribile… anche se negli ultimi mille anni, quelle rare volte che l’ho vista, era sempre catatonica…-

-Lo so, ne ho già parlato in Gods War; anche se ora è tornata vitale come un tempo. -

-Tutto merito del ritorno di Poseidon. Tutto sommato, non mi sarebbe dispiaciuto essere il priest della Dark Lady Dophin, invece che del moccioso rompipalle. -

-Eh, lo detesti proprio tanto, eh? Non hai paura che Phibrizio ti senta e ti faccia nero?-

-Sono sotto la protezione di Garv-sama; anche lui a volte lo chiama così, comunque.

Continuando, la Dark Lady Zelas Metallium è la sovrana degli animali, e segue i suoi istinti, come loro… specie certi istinti…- sogghigno di Dessran.

-Ci ha provato anche con te?-

-Si. Temeva fossi gay, perché non dimostro eccessivo interesse per il gentil sesso. Credo sia all’oscuro della storia che ho avuto con Naga…-

-Altro che gay!-

Dessran fa l’occhiolino alla narratrice.

-Garv-sama è il Demone-drago, il più impulsivo, il più focoso, il guerriero per eccellenza, riunisce in sé il potere dei demoni e quello dei draghi.

Phibrizio, invece, è il Principe degli Inferi… lui è malvagità pura, malizia pura, crudeltà pura. È il secondogenito di Shabranigdo, ma è il più potente. E in quel momento, io stavo osservando il demone più potente della terra, se si esclude Ruby-eye-sama.

Indietreggiai, terrorizzato, cercai di scappare… inutilmente. Con un gesto della mano, quella piccola mano che pareva tanto innocente, mi sollevò in aria, tenendomi a una mezza dozzina di metri da terra. Si portò davanti a me, e fissai da vicino il buco nero di malvagità senza fine che si celava dietro quegli occhi. Tremavo, sentivo il mio corpo coperto dal viscido sudore del terrore…

“Bene, Dessran, io ho giusto bisogno di un subordinato, e tu sei proprio quel che mi serve. Sei potente, sai usare bene la magia nera e quella shamanica, e hai un gran bel potenziale. Ho deciso, diventerai il mio priest.”

Cercavo di divincolarmi dalla mano invisibile e impalpabile che mi reggeva per aria, inutilmante; ricordo che gridai “preferisco morire, che diventare un demone!”, e a quel punto, Phibrizio rise. Non era la risata ‘da bambino’ in cui si era spesso esibito nei pochi giorni precedenti. Era una risata satura d’odio, di malvagità, di efferata crudeltà… insomma, la sua risata solita. La sentii per la prima volta, e lo sa il cielo se avrei voluto che fosse anche l’unica. Mi disse “Se vuoi morire, ti accontento subito, mi troverò qualcun altro interessato alla vita eterna, al potere, e a tutto il resto. Ma avrai una bella compagnia verso l’aldilà…” con un gesto della mano, fece apparire l’ologramma del mio villaggio, e delle terre intorno “Oggi mi sento buono: ti offro una possibilità di scelta. O tu diventi il mio subordinato, in modo docile e senza farmi arrabbiare, oppure… queste belle casettine bruceranno in un fuoco infernale, dopodiché passerò personalmente a raccogliere le anime di tutti i tuoi amichetti e parenti, e le darò in pasto ai miei cucciolotti…” con un gesto, chiamò a sé alcuni demoni. Erano orrendi, minacciosi cani dalle schiene irte di corni, sbavanti, con zanne nere e occhi di fiamma e di tenebra. “I miei cagnolini trovano le anime dei mortali una vera leccornia, e hanno taaaanta fame, poverini… vuoi che li lascio liberi di scorrazzare sul tuo villaggio?” mi chiese, con quell’aria tanto dolce e innocente che mi manda in bestia al sol ricordarlo.

Spasmodicamente, dissi di no, lo implorai di non far del male ai miei compaesani…

“Sta bene”, mi disse “ma tu, incambio, da questo momento appartieni a me. Il tuo corpo, la tua anima, e la tua mente!”.

Sentii un flusso di energia maligna che mi attraversava, come serpenti che mi strisciavano sottopelle, nelle viscere, nei vasi sanguigni…

Svenni. Quando mi ripresi, ero più o meno come mi vedi: corna, artigli neri a mani e piedi, coda, ali tatuate sulla schiena.

Ero sdraiato a terra, ai piedi del trono da cui Phibrizio mi guardava, beffardo. Aveva cambiato le sue sembianze, e ora appariva come un giovane più o meno della mia età. Solo gli occhi non erano cambiati, quegli occhi apparentemente innocenti, che celavano abissi di male…

Chiamò qualcuno, e apparve un altro demone.

“Karont, questo è il tuo nuovo ‘compagno’; sarà il secondo priest. Ti affido la sua educazione” disse al nuovo arrivato, rispettosamente inginocchiato davanti al trono. Questi rispose “Lasciate fare a me… saprò educarlo per bene…”. E, per prima lezione, mi mollò una bastonata sulla testa, perché non mi ero inchinato davanti a Phibrizio. Poi si teletrasportò via, portandomi con sé, in una delle sale sotterranee dell’Hellmaster Manor…

Così finì la mia vita mortale e… ti va bene se per stasera finiamo qui?-

-Va bene, ma domani torni a raccontare il resto, ok?-

-Solo se porti altro gelato ^^-

-Uf… e va bene… a domani!-

 

 

  
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