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Autore: Elygrifondoro    23/11/2014    5 recensioni
Misaki dopo un'intensa giornata universitaria torna a casa e trova ad aspettarlo Usagi-San con una piacevole sorpresa...
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akihiko Usami, Misaki Takahashi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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-sono a casa! –
Erano ormai le cinque passate, probabilmente Usagi-San aveva lavorato tutto il giorno così, per evitare di sorbirmi il suo brutto carattere, mi diressi in cucina con tutta la stanchezza di una giornata di università che mi pesava sulle spalle, pronto ad armeggiare con pentole e padelle.
-buonasera anche a te, Misaki –
La sua voce, annoiata e penetrante, rimbalzò per i muri dell’appartamento giungendo ai miei timpani. Mi girai controvoglia, pronto a rispondere alla prima battuta sarcastica, sbuffando sonoramente e alzando gli occhi al cielo.
-senti Usagi-San, stasera non sono proprio dell’umore giusto per… -
Non potei non esitare sulle parole che sarebbero seguite. Il mio sensei era poggiato alla colonna che dava sulla cucina, la camicia bianca stazzonata era sbottonata e gli lasciava il petto nudo. I capelli grigi scompigliati gli ricadevano sul viso nascondendogli in parte gli occhi, una sigaretta accesa prigioniera fra le sue labbra.
-sembri un vagabondo conciato così! –
Rinunciai ad ogni tentativo di provare a cucinare qualcosa di commestibile e mi avvicinai a lui scostandogli i capelli dagli occhi e riabbottonandogli la camicia decentemente.
-perché stai sprecando tempo a questo modo? –
-Usagi-San di che parli? –
-della camicia ovviamente. –
Spostò lo sguardo verso il suo petto ora coperto dal tessuto per poi posare gli occhi su di me.
-cosa stai dicendo idiota?! –
-sto dicendo che non ho nessuna voglia di tenere la camicia stasera e nessun altro dei vestiti che ho addosso. –
Il suo tono di voce era calmo, il respiro regolare, silenzioso come le mani che lentamente si impossessavano del mio corpo per non lasciarlo andare più, almeno per le ore successive. Con forza mi afferrò per il colletto della camicia della divisa universitaria e mi baciò. Prima un semplice sfregamento di labbra, poi un cozzare di lingue, un tortuoso labirinto senza inizio né fine. I baci di Usagi-San erano caotici e geniali quanto la sua mente.
-SMETTILA! –
Come al solito, senza chiedermi il permesso, aveva iniziato ad armeggiare con la cerniera dei pantaloni e nonostante le mie proteste mi guidò fino in camera dove ci tuffammo sul letto, lui sopra di me con tutto il peso del suo corpo.
-Usagi-san ti prego, devo preparare la cena… -
-non ho fame. –
-E IO SI INVECE! –
-ordineremo qualcosa più tardi. –
Il suo fiato sul mio collo mi provocava un brivido lungo la base della schiena e mi inebriava quanto sei o sette bicchieri di buon vino.
-Usagi-San… -
-oh, sta un po’zitto Misaki! –
Quasi ringhiò quelle parole come un segugio ben addestrato alla vista di un coniglietto indifeso. Le sue mani ormai esploravano ogni parte del mio corpo, costringendo anche le mie a farlo attratte da un’invisibile campo magnetico. Lo sentii gemere sul mio petto, ormai privo di ogni abito se non la cravatta con i colori rappresentativi dell’università. Mi costrinse a sollevarmi proprio tirandomi per quest’ultima, fino ad arrivare ad un millimetro dalla sua bocca che ora si spostava famelica verso il lobo del mio orecchio.
-sei consapevole di essere totalmente sotto il mio controllo? –
-brutto bast… -
Gemetti a metà frase quando mi morse il lobo provocandomi un ansito di piacere di cui mi vergognai.
-sei consapevole che posso fare di te qualsiasi cosa, qui ed ora, senza chiederti il benché minimo permesso? –sta zitto! –
-la verità a volte è difficile da mandare giù vero Misaki? –
Mi slacciò la cravatta e poi mi fece girare di schiena, non proprio delicatamente, e mi legò i polsi. Fece scorrere prima l’indice lungo la spina dorsale, percorrendo vertebra per vertebra, memorizzando ogni piccolo movimento. Prima solo con le dita, poi con le labbra e la lingua cercando di placare la fame che lo affliggeva, consapevole che mai si sarebbe saziato. Ansimai nuovamente in preda ai tremiti e all’eccitazione.
-ammettilo Misaki, ammettilo che ti piace, che non puoi fare a meno di me. –
-come mai tutta questa spavalderia? –
-è inutile dubitare di un’informazione certa. Le tue reazioni non fanno altro che accreditare la mia teoria. –
Nascosi la testa fra le lenzuola cercando un modo per soffocare il grido che scalciava per uscire dalla mia gola. Morsi il copriletto bianco, imperlandolo di saliva.
-fallo e basta Usagi-San. –
-Prima voglio sentirtelo dire, voglio sentire la tua voce implorarmi di smettere. –
-Usagi-San… -
Ormai le mie parole si confondevano con i gemiti e i sospiri mentre il mio sensei faceva scorrere le dita sempre più in basso lungo la mia schiena.
-non ti basta? –
Riuscì solo ad ansimare.
-Usagi… –
-dillo e basta Misaki, sono solo due parole –
-fammi tuo. –


Quella sera venimmo insieme fra ansiti e sospiri mentre il mondo attorno a noi riprendeva forma e fattezze reali. Dormii abbracciato a Usagi-San e mai quel corpo mi parse così familiare come quella notte. Ogni centimetro di pelle aderiva perfettamente, i respiri sincronizzati.
-buongiorno. –
Ancora quegli occhi… avrebbero mai smesso di tormentare i miei sogni? O forse semplicemente non stavo sognando? La cravatta giaceva sul fondo del letto, umida e malconcia.
-buongiorno. –
Risposi con la voce impastata.
-le dici altre due parole per me? –
-MA POSSIBILE CHE MI FAI RICHIESTE ANCHE DI PRIMA MATTINA?! –
-ma non è una cosa poi così difficile! Devi solo pronunciare queste due semplicissime parole: ti amo. –
Io lo guardai sollevando un sopracciglio, confuso e sorpreso.
-non è difficile! Hai presente? T-I-A-M-O! devo scriverti la pronuncia su un foglio? –
-smettila Usami, non scherza… -
Repentinamente lui mi fu di nuovo sopra, troneggiante su di me.
-io non scherzo mai la mattina presto. –
E così si alzò dal letto, rivestendosi e dirigendosi in cucina. Io andai in bagno e mi feci una doccia calda per poi vestirmi con la solita divisa. Entrai in cucina e lo vidi intento a fissare la moca del caffè, adagiata sul fuoco spento.
-aspetta Usagi-San, siediti. Devi prima accendere il fuoco. –
Lui mi fece fare, dopotutto non poteva essere molto utile lì. Preparai il caffè e glielo versai.
-Ti amo. –
Lui alzò lo sguardo dalla tazza fumante e mi concesse uno dei suoi sorrisi migliori.
-lo sapevo già. –
-e allora perché ho dovuto dirtelo? –
-perché è molto migliore di come avevo immaginato. –
Io lo baciai velocemente sulle labbra e afferrai la borsa con i libri scolastici.
-ci vediamo stasera Usagi-San. Ti ho lasciato un piatto di riso nel microonde. Devi solo scaldarlo. –
Ero già sulla porta quando lui mi raggiunse.
-aspetta un attimo Misaki! –
-cosa c’è ancora? –
Lui non rispose e portò le mani alla base del mio collo, sistemandomi la cravatta.
-ecco, ora sei perfetto. -

 

 

  
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