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Autore: Comenonmai    24/11/2014    2 recensioni
Un Robert Downey Jr ottantenne che racconta parte del suo passato.
"Nessuno ci disse mai che sarebbe stato facile. Nessuno ci consigliò mai la strada più semplice. Decidemmo noi di andare avanti, percorrere quella più complessa, perché alla fine stavamo bene, con l'universo chiuso dietro quella porta. Eravamo felici. Dividerci era sempre più una vergogna, un senso di colpa. Allontanarsi da lui, prendere il primo aereo diretto chissà dove era ciò che mi uccideva, lasciandomi ancora dolente su un asfalto troppo bollente, che oltre la pelle bruciava anche quel poco cuore rimasto."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra, 6 maggio 2044

Robert Downey jr. si siede sul comodo divano di casa sua, mi porge il bicchiere d'acqua che gli avevo gentilmente chiesto e mi dice che sarà dura, non è abituato ad aprirsi in questo modo ad un giornalista, però aggiunge che ce la metterà tutta per riportarmi ogni avvenimento con tutti i dettagli che ricorda. Mi dice, senza alcuna presunzione, che la sua vita è stata piena di eventi e che il libro, se riuscirà ad attenersi al vero, potrà risultare interessante. Oggi dovrà raccontare ogni minimo particolare di ciò che ha vissuto ad un perfetto sconosciuto, capisco non sia a suo agio. Mi dice che dopo 50 anni di carriera alle interviste non ci è ancora del tutto abituato e che questa sarà più delicata di altre. Dovrà essere sincero, non potrà svicolare la domanda con battute ironiche come è abituato a fare e questo lo impaurisce. È da stamattina, quando ha aperto la finestra della stanza e ha guardato il cielo, che non si sente al sicuro, mi fa capire. Perché mi rivela che lui non è come la gente pensa, è cambiato si, ma ora si sente più fragile, più insicuro e più sensibile. Le cose da chiedere sono molte, ma stranamente so perfettamente da dove cominciare. I suoi occhi sono svegli, gli sguardi che lanciano mi danno coraggio e mi spingono a non aver timore. 

 

"Cosa ricorda riguardo alla 'bromance' con..."
Mi interrompe, scusandosi successivamente, fa un cenno con la testa e mi fa capire che ha compreso la domanda. 

"Jude -mi spiega- odiava quel termine, lo ricordo alla perfezione. Diceva che il mondo chiuso fuori dalla nostra stanza non poteva sapere cosa fosse quella relazione, che non potevano etichettarla come una delle tante. La nostra non era amicizia, c'era qualcosa di più. Diceva che era riduttivo esprimerla con una parola sola, così io stetti sempre al suo desiderio, non diedi mai un vero e proprio nome a ciò che stavamo passando. Se dovessi farlo ora direi solo che era felicità. Tante risate, tanti sentimenti, che forse entrambi cercavamo inutilmente di nascondere a noi stessi. Non fu semplice, per nulla. lottammo, soffrimmo, piangemmo, ma se qualcuno oggi mi chiedesse 'ne è valsa la pena?' Io risponderei che mai mi sono sentito tanto vivo. Se era vero amore non lo so, e forse non lo saprò mai, ma di una cosa sono sicuro, nei periodi in cui ero costretto a stare lontano da questa città, mi sentivo incredibilmente solo. Perché alla fine è così, più sei circondato da persone e più ti chiudi in te stesso. Io volevo lui accanto, era l'unico modo per riuscir ad affrontare il mondo che ci credeva semplici colleghi. E non mi importava se eravamo rimasti lontani per anni, se le nostre mani non si erano strette per un lungo periodo. Io volevo solo riaverlo accanto perché alla fine, nonostante tutto, l'attore americano con un passato alquanto discutibile in sua presenza si sentiva sempre così innocente. 
A quel tempo ero incredibilmente difficile da comprendere, indossavo così tante maschere contemporaneamente che quasi nessuno riusciva mai a conoscermi veramente. Solo lui, lui che era rimasto, anche nei momenti più duri, anche in quelli in cui la famosa luce alla fine del tunnel non si vedeva. Perché ciò che lo distingueva era proprio questo, l'amore incondizionato che alla fine riusciva ad avere la meglio su qualsiasi sua decisione. Lo amavo, avevo imparato, proprio come si impara a camminare, ad essere me stesso con lui, senza maschere, senza menzogne. Perché  quelle poche volte al mese in cui mi trovavo nella casa che all'insaputa del mondo condividevamo, ero libero. Ed ogni cosa lì era vista con uno sguardo diverso, con gli occhi di chi, dopo tanto tempo riesce ad essere se stesso. Faceva male. Quei giorni insieme mi procuravano dolore. Toccare quella pelle, baciare quelle labbra, non dava sollievo, o per lo meno non dopo esser andato via, si perché li fuori mi aspettava il mondo e il mondo no, non voleva Robert, voleva Tony, Sherlock, Hank, Peter, dipendeva dalle situazioni. 
C'era stato un periodo difficile, in cui tutte le mie barriere erano crollate, le mie maschere erano a terra, sparse senza ordine. Io avevo bisogno di lui, volevo mi aiutasse a rimetterle al loro posto, così poi da poter indossare quella adatta nella giusta situazione. Gli volevo mostrare tutto ciò che non ero, in questo modo avrebbe potuto rendersi conto di quanto del vero me c'era in ogni istante. Volevo venisse da me, per sfiorami una mano, accarezzami la schiena, guardarmi e sorridermi come un tempo. Volevo mi aiutasse a ricostruirmi, pezzo per pezzo, proprio come io facevo con quella armatura che mi stava così stretta. Avevo bisogno di lui e lui c'era. Non ero in grado di essere me stesso in qualsiasi momento come lui, io avevo bisogno di proteggermi. Anche ridere mi faceva sembrare fragile, lui l'aveva notato, quella sera, quando mi disse 'Robert non nascondere il viso tra le mani, la tua risata contagia gli altri, pochi ci riescono veramente'. Io credetti a quelle parole, ma poi...poi il tempo passó, la sua voce non la sentii più per lungo tempo e io ricominciai a nascondermi. Tornó, mi fece sentire di nuovo libero. Mi fece rispecchiare nei suoi occhi, mi fece  un po' annegare in quel blu che mozzava il fiato. Jude neanche lo immaginava quanto bene mi facesse, io solo con lui sapevo essere me stesso. Tornó e mi disse che io non ero cambiato, che il tempo non mi aveva segnato. Tornó e mi disse che il mio sguardo su di lui era sempre stato lo stesso, che il bisogno di contatto era una costante in me. Poi però io dovetti partire di nuovo, e lui era lontano, ci divideva una distanza fatta da oceani e mancanze. Era necessario che io lo vivessi almeno un po' per godere di tutto ciò che avevo, che senza di lui assomigliava tanto ad una prigione d'orata. Tutti si occupavano di me senza mai chiedermi neanche come stavo. Mi prenotavano aerei senza neanche sapere dove sarei voluto andare. Era un mondo finto, l'unica cosa che mi spronava ad andare avanti era lui. 
Mi credevano cambiato, mentre fuori ero sempre lo stesso, quello di 20 anni prima, era dentro che ero diverso e questo nessuno a parte Jude lo sapeva. In quegli anni avevo così tante responsabilità, dei figli, una moglie e di certo il mondo non avrebbe capito. 
Il mio passato importa a tanti, forse a tutti quelli a cui stringo la mano. A lui no, non gli importó neanche quando facemmo l'amore. 
Glielo dissi che da lontano i pensieri sono più rumorosi, che le sue lacrime le vivevo anche io, che i suoi singhiozzi spesso scuotevano anche me. Glielo dissi perché io soffrivo insieme a lui, era un dolore soffocato all'unisono. Glielo dissi perché che anche se ero lontano io le bugie che raccontava a se stesso le sentivo. 
Il mondo non poteva sapere: le corse nel camerino per non essere scoperti, le risate, i sensi di colpa per non essere con lui, quando ero con lei, qui fuori tutti ignoravano la nostra segreta felicità.
Nessuno ci disse mai che sarebbe stato facile. Nessuno ci consigliò mai la strada più semplice. Decidemmo noi di andare avanti, percorrere quella più complessa, perché alla fine stavamo bene, con l'universo chiuso dietro quella porta. Eravamo felici. Dividerci era sempre più una vergogna, un senso di colpa. Allontanarsi da lui, prendere il primo aereo diretto chi sa dove era ciò che mi uccideva, lasciandomi ancora dolente su un asfalto troppo bollente, che oltre la pelle bruciava anche quel poco cuore rimasto. 
Nessuno ci disse mai però che sarebbe stato così complicato, perché essere felici costava tanto? Qualche ora passata insieme non poteva rimediare a mesi lontani e la sua pelle mancava più dell'aria in quei momenti, non soffriva solo lui. Ad essere innamorati eravamo in due. 
'Io sono qui' glielo sussurravo sempre all'orecchio. Perché del nostro rapporto non pensasse solo al dolore. Ho sempre ritenuto che il mondo non potrà mai spiegare quel 'noi' che ci distingueva . Neanche la scienza, eravamo oltre tutto questo, non c'è una spiegazione. Riuscii, alla fine, a distaccarmi dalla droga per pochi anni, perchè poi arrivó il suo sorriso, i suoi occhi. Quelli erano molto peggio, l'unica dipendenza che mi manteneva in vita. Lui non poteva vedersi, non lo sapeva quanta perfezione c'era in ogni suo difetto, ma per questo c'ero io, glielo ripetevo ogni giorno 'tu sei il mio mondo'. 
Eravamo così distanti, ma così costantemente vicini. Il cuore creava giochi di prestigio troppo oscuri per la ragione umana. E si, aveva ragione non eravamo liberi, soffrivamo, ma quei momenti in cui come ragazzini correvamo via dalla folla, troppo opprimente per quel misterioso 'noi', eravamo ciò che di più immorale, sfrenato e audace esisteva al mondo, eravamo vita. Si, vita, se questa si sarebbe potuta percepire con i 5 sensi nella definizione avremmo trovato i nostri sguardi, lo sfiorarsi della nostra pelle, il suono della sua voce mentre rivelava di amarmi, l'odore acre della stanza dopo aver finito di fare l'amore e il sapore della sua bocca. 
Però noi non avremmo mai neanche avuto la possibilità di combattere per il nostro amore. La nostra guerra la stavamo combattendo in silenzio, sotto gli occhi indiscreti di un cielo sempre cupo come può esserlo quello di Londra. Jude era lì, mi aspettava e ogni volta mi rendeva più sicuro, con lui era diverso, mi sentivo migliore di tutti coloro chiusi fuori dal nostro mondo privato. E a far ciò, a farmi sentire al sicuro, migliore di altri, giuro, ci riuscì solo lui. Per questo una sera gli giurai che avremmo superato tutti gli ostacoli, che ci saremmo amati, magari in segreto, ma lo avremmo fatto, perché dopotutto io sarei rimasto per sempre perdutamente innamorato di Jude Law, composto attore inglese e miglior compagno di vita. 

E forse lei ora mi chiederà se questi ricordi fanno male, se dentro c'è anche del rimorso, se forse sono ancora un po' innamorato. La risposta è che del rimorso non c'è, posso solo che esser fiero di quello squarcio di felicità, alla fine l'unico vero della mia vita. Riguardo ai ricordi posso dirle che lacerano ogni mia notte e che dopo essermi svegliato riesco ad immaginarmi solo il suo sorriso, forse perché ripensando a quello sguardo, a quella bocca, a quelle carezze non potró mai smettere di innamorarmi nuovamente ogni secondo."

Robert tutto questo me lo racconta con gli occhi lucidi di chi forse ha pianto troppo per farlo di nuovo. Si alza, mi dice che ha bisogno di un secondo e si incammina verso la cucina. Io rimango qui, fisso la sagoma di un uomo, vestito come capita, con i capelli bianchi e i segni del tempo sul viso, che si allontana. 
Tramortito dal suo discorso riesco solo a pensare: quanto coraggio serve per riuscir ad amare davvero...

 

-----Nda----
Non so da cosa nasca tutto questo, capitemi, loro due mi mancano tantissimo e comincio a pensare di essere troppo smielosa, lasciamo stare tutti i miei film mentali che forse è meglio. 
Credo che rispetti abbastanza l'immagine che ho del loro rapporto: se uno ha bisogno, l'altro c'è sempre. *sogna*
Sono contenta per una volta di aver reso giustizia a Robert e mi piaceva un sacco l'idea di un lui ottantenne preso a raccontare la sua vita. Su Jude beh non c'è molto da dire, penso sia tutto nel testo. Spero non ci siano errori, nel caso mi fareste un grande grande grande favore se lasciaste una recensione. Xoxo

   
 
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