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Autore: Shichan    24/11/2014    3 recensioni
E Mei sorride, perché ce l’ha in pugno e lo ha capito, se sia perché Sawamura è più timida di quanto credesse o altro non le è chiaro, ma non importa.
Può avere quello per cui è venuta. Ora lo sa.

[Fem!Mei/Fem!Sawamura]
Genere: Comico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Eijun Sawamura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: fem!Eijun/fem!Mei, di stupidità intrinseca e incapacità di riuscire a dichiararsi” richiesto da Oducchan @ summertimerec
Note: mi sono divertita da morire a scrivere questa cosa XD Anche se credo di essermi persa un po’ Mei per strada, a un certo punto, motivo per cui potrebbe risultare un poco ooc (vero anche che una Mei donna non è una Mei canonica, per forza di cose alcuni aspetti secondo me mutano), ma per una volta posso dire who cares XD
Masatoshi è un santo martire.
Attenzione: non tutti i personaggi hanno subito il genderbend. Solo Sawamura, Mei e Furuya.

 

 

 

La prima volta che ha visto Sawamura, è stato durante una partita amichevole: un caldo terribile e il suo disappunto nel non aver ancora visto Furuya lanciare, con in aggiunta una matricola fin troppo chiacchierona e mortalmente offesa perché Mei non sembrava avere interesse per la sua persona. E Miyuki Kazuya, che Mei un po’ avrebbe voluto in squadra – no, non è mai sembrato un problema che la cosa fosse impossibile per regolamento – e un po’ vorrebbe soltanto prendere a sberle in faccia (se non altro il sentimento è ricambiato, così pare).
In quel primo incontro decisamente superficiale, dove non ha rivolto a Sawamura la minima attenzione se non uno sguardo e un sorrisetto divertito, Mei non aveva messo in conto di riconoscere alla matricola del Seidou qualche merito sportivo. Né che avrebbe finito per prendersi una sbandata colossale per lei.
Né che Sawamura Eiko avesse così tante tette.

Harada Masatoshi sa di essere una brava persona. Per questo ancora non si spiega cosa abbia fatto di male nella sua vita perché Narumiya Mei decidesse di sconvolgerla.
Come kohai Mei è passabile: è impertinente, una prima donna e casinista – qualcosa di abbastanza distante dal modello di ragazza giapponese posata, timida e fragile fiore nel deserto –, troppo spesso dimentica di chi è il senpai tra loro due. Ma sarebbe ancora vivibile, dopotutto.
Sportivamente, purtroppo, non può dire molto: tutti i tratti che fanno di Mei una ragazza che mai nella vita vorrebbe frequentare in senso romantico, sono quelli che la rendono l’asso perfetto nella sua squadra di softball. Ma se c’è un altro rapporto che sperava non si venisse mai a creare con la ragazza, è quello di confidente: già sentire le sue lamentele quando viene fatta riposare anziché lanciare, o quando l’attenzione del pubblico (secondo lei) non è abbastanza o non è sentita, lo mette a dura prova; sentire Mei lagnarsi con frasi da shojo manga su come Sawamura Eiko della Seidou le abbia “rubato il cuore in maniera assolutamente subdola” no.
Semplicemente no. 
Invece purtroppo per lui non è successo una volta sola, di ritrovarsi Mei vicino a raccontargli cose che una qualsiasi altra ragazza avrebbe rifilato alla migliore amica – ma, in effetti, Mei aveva un tale carattere che Masatoshi non si sarebbe stupito di scoprire che non avesse amiche, figurarsi una “migliore”. Così Harada è venuto a sapere che “ti pare giusto, Masa-san? Miyuki mi manda delle foto di Sawamura per sfottermi. Lo odio.”, di come “Aaah, Masa-san, guarda. Guarda. Come si può essere così carine?” e infine, quando le ha fatto notare che non gli interessava niente né delle mail provocatorie di Miyuki Kazuya né di Sawamura Eiko, ha dovuto anche sopportare il “Masa-san è per questo che non hai la ragazza: tu non capisci il cuore di noi fanciulle! Siamo delicate, noi!”.
Ammette con se stesso, senza vergogna, di non aver avuto la forza di dirle che lei tutto è, tranne che delicata. Ma solo perché non avrebbe mai potuto sopportare le lagne che ne sarebbero seguite.

Masatoshi ha temuto per molto tempo che un simile giorno sarebbe arrivato, ma come ogni cosa che spaventa nel profondo, si tende sempre a credere che sia una possibilità remota.
Almeno finché una kohai non viene a bussare alla porta della tua stanza in dormitorio, per dirti “Masa-san, andiamo a vedere la partita della Seidou!”; non è una domanda, si percepisce nel tono, e questo la dice lunga. Lui potrebbe abbandonarla a se stessa, bene inteso. Nulla lo obbliga a sobbarcarsi di un viaggio con i mezzi insieme a Mei fino al campo della Seidou dove si tiene un’amichevole – non crede di voler davvero sapere come Mei lo abbia scoperto, però, quindi si risparmia qualsiasi domanda in merito.
Non lo fa perché nella migliore delle ipotesi, la ragazza potrebbe attaccare briga con Miyuki Kazuya, nel malaugurato caso in cui il ricevitore sia presente alla partita della rappresentante femminile della sua scuola; nel peggiore dei casi, nulla gli toglie dalla testa che Mei potrebbe fare la cosa che le riesce meglio: irritare tutta la squadra di softball avversaria, facendo qualcosa di molto stupido.
Forse è mosso a pietà da labbruccio tremulo di Mei – non ha dubbi sul fatto che sia studiato per convincerlo, ma tant’è –, o forse ha pietà di se stesso dal momento che il coach è ormai convinto che lui sia la badante di Narumiya e che, in quanto tale, sia sua diretta responsabilità tenerla d’occhio quando il capitano della squadra femminile non può farlo.
Non esclude nemmeno di provare una simpatia, basata sulla vera e propria compassione, per Sawamura; ma alla fine accetta, sopporta un viaggio fatto di chiacchiere ed esuberanza, e l’unica cosa che lo rende vivibile è che con Mei si può parlare di baseball.
La partita è il momento migliore di quella giornata: Mei fa qualche commento, ma è preda di quel raro silenzio in cui si chiude quando guarda una squadra in azione, sia essa avversaria o di professionisti in tv; non si esprime in un tifo sfegatato, perché c’è sempre una rivalità di base più che sentita, ma ogni tanto Harada nota una mano che si chiude a pugno, se per esultare ai lanci di Sawamura che eliminano i battitori o per la voglia di scendere in campo lei stessa, Masatoshi non sa dirlo.
Il suo errore fatale è annuire quando la ragazza si congeda momentaneamente per il bagno; a sua discolpa, lì di certo non può seguirla nemmeno volendo – e non vuole.

Sawamura Eiko forse non può vantare una mente strategica, cosa che quell’infame di Miyuki Kazuya non manca mai di sottolineare, ma ha grande fiducia nel proprio istinto. Non solo perché una volta anche Chris-senpai le ha fatto i complimenti in merito: non dimenticherà mai la fine di quella partita amichevole a cui ha assistito anche la squadra maschile, compreso quindi il senpai, e dove Chris le ha fatto i complimenti di persona per la prima volta. Non la dimenticherà mai nemmeno il suo capitano che l’ha sentita esagitarsi per la cosa due giorni di fila, probabilmente.
Ha fiducia nel suo istinto perché funziona, magari non sempre e non nel modo migliore, ma se c’è qualcosa che non va lei lo sente, lo avverte sulla propria pelle quando sta lanciando e intuisce – non sa bene come – che il battitore potrebbe colpire se non effettua un movimento perfetto.
È un po’ come quando ha visto lanciare Furuya Sayuri in partita, e ha capito che l’avrebbe odiata in quanto rivale e al tempo stesso rispettata per lo stesso motivo; continua a trovarla incredibilmente antipatica quasi quanto è bella, ma questo si guarderà bene dal dirlo. Sempre.
Per questo ora si maledice, mentre due braccia le cingono la vita e un mento si poggia giocosamente sulla sua spalla: avrebbe dovuto saperlo, se lo sentiva che qualcosa non andava durante la partita. Invece ha scacciato via quella sensazione insieme a qualsiasi timore, per stare in piedi sul monte di lancio con la sicurezza e l’ottimismo che l’hanno sempre contraddistinta.
Vorrebbe tanto che qualcuno la salvasse, quando vicino al suo orecchio risuona la voce di Mei che la chiama: «Eiko-chan!» come se fossero amiche d’infanzia, e la uccide dentro perché un conto è Harucchi che la chiama “Ei-chan”, un conto sono i suoi amici d’infanzia, ben altra cosa è Narumiya Mei che se la stringe addosso in quel modo e— si muove, per togliersela di dosso, ma ovviamente fallisce.
«Cos’è, sei venuta a spiare? Eh? Eh?!» probabilmente la sentono fino agli spogliatoi messi a disposizione delle avversarie, ma al momento la cosa non la preoccupa troppo. Non che la discrezione sia esattamente il punto di forza di Sawamura, comunque.
Mei le ridacchia nell’orecchio, come se la cosa fosse assolutamente fuori discussione al punto da risultare ilare: «E perché dovrei, Eiko-chan, lo sanno tutti che l’Inashiro è più forte!» esclama divertita. Dovrebbe risuonarle, da qualche parte nella testa, il monito di Masa-san in merito al suo parlare a sproposito, nonché alla sua capacità intrinseca di rendersi antipatica almeno una volta su due in cui si rivolge agli avversari. Ma sarebbe troppo facile, e troppo intelligente, e Mei è acuta sul campo da baseball quanto è incredibilmente fuori luogo al di fuori.
Sawamura digrigna i denti e si divincola; Mei la lascia andare, non mancando di imbronciarsi per l’assenza di contatto tra loro – Eiko è morbida, incredibilmente morbida, e non capisce perché sia così tanto restia alle sue dimostrazioni di affetto.
Gli occhi della lanciatrice della Seidou non esitano a fissarsi nei suoi, le sopracciglia appena aggrottate e le guance gonfiate in un’espressione offesa a dir poco adorabile; Mei vorrebbe schiaffarsi una mano in viso perché come si fa, ad essere così carine? Non è giusto.
«Forse nei tuoi sogni!» rimbecca Sawamura – ah, pensa distrattamente l’altra, che ha già dimenticato di aver appena affermato che Eiko le è sportivamente inferiore. Non che non lo pensi, Eiko è tanto… tante cose, sì, ma questo non c’entra. Rimane lei – Mei – la lanciatrice più forte del Kanto. Su questo non si discute, ma forse meglio se lo tiene per sé.
Sta per dirle qualcosa, sta per mettere in atto il suo diabolico piano per il quale ora le dirà che le piace, le piace sul serio, e Eiko finalmente capirà che non la molesta tanto per fare. Sta per farlo, ma qualcosa le interrompe e Mei potrebbe anche passare sopra la cosa, non fosse che si ritrova a fissare l’altra matricola della Seidou.
Furuya Sayuri è il motivo per cui la prima volta ha discusso con Sawamura, sempre che ignorarla quasi del tutto si possa considerare “discutere”; era interessata a lei e al suo modo di lanciare, di cui tanto aveva sentito parlare. Non ha ben capito quale rapporto abbia con Eiko, se siano solo semplici rivali nella stessa squadra o anche amiche, ma Furuya è davvero bella e Mei non apprezza il pensiero che potrebbe persino condividere la stanza con Eiko. Avrebbe potuto sincerarsi della cosa, ma questo avrebbe significato chiedere a Miyuki e non crede di voler davvero essere in debito con lui.
Furuya la guarda, dall’alto del suo metro e anche-troppo per una ragazza giapponese, i lunghi capelli scuri legati in una coda alta che le danno un’aria matura, nonostante la sua invidiabile poker face rimanga intatta e intellegibile. Senza un cenno del capo o altro saluto passa direttamente a guardare Eiko, e Mei non sa bene come Sawamura colga qualcosa dal viso dell’altra, né se abbia colto il giusto tra l’altro, ma la sente esclamare un: «Cosa vuoi, guarda che non sto fraternizzando con il nemico! Sto solo— cioè lei sta— insomma non sono fatti tuoi!»
Sayuri non fa una piega, sospira impercettibilmente e tira dritta per la sua strada, una comparsa inutile ai fini del piano di Mei – no, in effetti non è stata del tutto inutile.
Gli occhi chiari tornano completamente su Eiko, lei incrocia le mani dietro la schiena e si sporge con il busto verso Sawamura che la fissa e indietreggia di un piccolo passo. E Mei sorride, perché ce l’ha in pugno e lo ha capito, se sia perché Sawamura è più timida di quanto credesse o altro non le è chiaro, ma non importa.
Può avere quello per cui è venuta. Ora lo sa.
«…» non fosse che a ritrovarsi così vicina, l’attenzione scende sulle labbra dell’altra e la cosa la distrae, perché vorrebbe davvero davvero baciarla ma sente già le cinque dita che potrebbero deturpare il suo visino angelico. E quella sua pausa è fatale, tanto basta ad Eiko per sbattere un paio di volte le palpebre e azzardare una domanda: «Che c’è?» il tono burbero e l’imbarazzo in parte scemato, in parte ancora a lì da qualche parte insieme all’espressione imbronciata.
Allunga una mano verso Mei, le scosta la frangia e Narumiya la sente calda contro la propria fronte: «Ti sarai mica presa qualcosa?» domanda guardinga, come se non fosse sicura di doversene preoccupare ma al tempo stesso non potesse evitarlo, più per indole che perché lo vuole.
Ce l’ha in pugno, o meglio ce l’aveva, era sicura di questa cosa; ma mentre sente il calore affluire al viso si dice che no, non può assolutamente dichiararsi in queste condizioni.
È la migliore lanciatrice del Kanto, e si rifiuta di (non) ammaliare Eiko solo per un piccolissimo disguido; perciò si ritrae con l’idea di sembrare stizzita, un intento che non trova alcun riscontro nella realtà: «Sto benissimo.» cerca di darsi un contegno, inutile dire che non riesce nemmeno in questo a giudicare dal mezzo sorrisetto che sta affiorando sul viso dell’altra «E comunque non sono certo venuta qui solo per te!» esclama e gira i tacchi, se ne va come una vera donna di classe, una che si farà desiderare fino a che carpire la preda non sarà un gioco da ragazzi.

Per tutto il viaggio di ritorno sui mezzi, Masatoshi si ritrova con una Mei singhiozzante e molte vecchiette che lo guardano con grande disapprovazione come se fosse colpa sua; non sembra importante per loro che Mei, piagnucolando, pronunci cose come: “Masa-saaaan, Eiko-chan non mi vorrà più vedere!”.  

 

 

 

   
 
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