Obsdian Heart


Hanamiya Makoto guardò l'ennesimo avversario cadere a terra per opera sua e sorrise, soddisfatto di quel che vedeva. Ogni volta che il suo nemico, perché di questo si trattava per lui, di nemici che equivalevano a vermi, cadeva a terra, lui si sentiva completo e potente.
Makoto Hanamiya poteva essere associato all'ossidiana. 
Sì, tutto nasceva da quel senso di superiorità che provava fin dalla nascita. Perfino all'asilo guardava gli altri bambini con sufficienza, avvicinandosi solo a quelli che pensava gli sarebbero serviti, per poi sbarazzarsene quando gli venivano a noia.
Con il tempo, aveva imparato a servirsi dei punti deboli che fin da piccolo vedeva. Non sapeva come, forse era un dono, forse per altri sarebbe stata una maledizione (anche se di certo non lo era per lui), ma riusciva sempre a carpire le debolezze altrui. Così iniziò a sfruttarle fin dalle elementari e continuò alle medie, affinando le sue tecniche, aggiungendo quel lieve bullismo mascherato che considerava solo come dimostrazione della sua superiorità, perché sì, lui era superiore.
Hanamiya si girò sorridendo e guardò i ragazzi che erano davanti a lui, i suoi “compagni di squadra”, come li avrebbe definiti una persona normale. 
La partita finì qualche minuto dopo con la schiacciante vittoria della Kirisaki Daiichi, la sua squadra, come c'era da aspettarsi.

Seduto sul gradino di fronte allo stadio, si godeva la brezza della notte passare sui suoi capelli ancora umidi dopo la doccia nello spogliatoio. Con lentezza esasperante, forse con un che di viscido, più che di sensuale, leccava e assaporava il ghiacciolo. 
Poi lo sentì, dietro di lui. Sorrise, ma di certo non perché era felice. Lui detestava la persona in questione, per lui era un pugno nell'occhio. 
Quel ragazzo poteva essere associato al ferro.
“Kiyoshi Teppei.”, disse.
“Hanamiya-san.”, rispose la voce dolce di Teppei.
“Cosa vuoi da me, Iron Heart? Non ti basta la vittoria? Le mie scuse?”, gli domandò aspramente. 
“Non ti penti di quello che mi hai fatto, Hanamiya-san?”.
“Pentirmene? Non esiste questa parola nel mio dizionario.”
“Il tuo cuore è freddo, ma è solo apparenza. Il tuo complesso di inferiorità è davvero grave.”
“Inferiorità?!”, urlò Makoto alzandosi, pieno di rabbia. “Come osi!”
Come osava, come poteva solo pensare – altro che pronunciare – parole simili nei suoi confronti! Un insulto ci sarebbe stato, gli insulti per lui erano complimenti, bei complimenti che lo rendevano felicissimo, ma insinuare un complesso di inferiorità? No, questo era decisamente troppo.
“Io sono superiore. E non sono un illuso che dà tutto sé stesso per il nulla.”
“Una vita magra, la tua.”, commentò il ragazzo con uno sguardo di sufficienza. Hanamiya dentro vi lesse quasi della... pietà.
“Kiyoshi Teppei, cosa sei venuto a fare qui?”, gli chiese Hanamiya, ritrovando la calma.
“A vedere se eri cambiato, se davvero le tue scuse erano vere, ma non lo erano. Lo sapevo che uno come te non cambia così facilmente. L'umiliazione ti sprona.”
Hanamiya sogghignò. “Ora sono pure un masochista!”.
L'altro ragazzo sbuffo e se ne andò, lasciandolo solo lì.

Sì, Kiyoshi Teppei, Iron Heart, era sempre stato un pugno nell'occhio per Hanamiya Makoto.
Era la tipica persona sognatrice, il ragazzo che dava tutto sé stesso, su cui si poteva contare. Buono, altruista, generoso e forte nella sua debole umanità. 
Semplicemente disgustoso. 
E forse, solo un po', lo invidiava. Ma Hanamiya Makoto non avrebbe mai ammesso questo, con nessuno. 

      E come l'ossidiana, Makoto un giorno avrebbe potuto cambiare il suo colore.