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Autore: Matteo Il Censore    25/11/2014    2 recensioni
Non prendete questa storia troppo sul serio. Queste sono le eroiche imprese di una gomma qualsiasi, un oggetto apparentemente insignificante ma capace di vivere attraverso una penna maldestra. E' stata definita un' Ode alla Cancelleria. L'unico intento di queste pagine, scritte con tono volutamente latineggiante e epicamente altisonante, è quello di strapparvi l'atto d'amore più antico del mondo: il sorriso.
Genere: Avventura, Parodia, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A Ciulla, in occasione del suo settimo compleanno1

Ricordi ancora il viaggio periglioso
o è polvere nella memoria arsa?
Giammai 'l mio scritto fu bieca farsa
se ben narrò il cuore tumultuoso.
E ancora di narrar non ho pace,
la mia Musa che ululava, tace.

Lasciammo Bic, eroico cavalliero, 
in procinto del suo viaggio mordace.
Ai lidi Bottiglietti andò pugnace:
salì su tal fatale vascellero.
Smemorando era 'l suo nome di varo,
fe' suo socio Pentel, che gli era caro.

Il libeccio sulle pagine spira, 
scompare tra i flutti l'antico faro
e s'increspano l'onde del barbaro
mare. A prua, Bic l'orizzonte mira. 
Gli pare strano un novello viaggio,
si stringe nella veste, cerca coraggio.

Quella notte ci fu forte tempesta,
nemmeno un pavido Lunar raggio
a rinnovare degli dei l'oltraggio
a chi alzò contro nubi la testa.
Lui trema nel buio della cabina,
scrivere il fato, ma scrivere prima.

Il Sole saluta il suo mattino
clemente dall'azzurra breve cima:
delle grandi imprese questo è il clima
e del sogno con volo aquilino.
Infatti, scorgon lontana la terra,
vi troveran pace, gloria e guerra.

Affonda il piede armato nella sabbia,
l'armatura scintillante si serra
sui bei corpi, scolpiti di rabbia.
Nessuna città 'l lesto guardo afferra.
Di giungla e natura che conquistare?
Lande deserte da colonizzare.

E incendiate dal sole rovente:
della missione obliata altare
son palme e dune di niuna gente.
Lampi di calore fan tremolare
di questo mondo la remota fine;
corre 'l pensier alle patrie brine.

Ormai il vecchio noto è alle spalle;
passano giorni, come candeline
inquiete agitansi stirpi divine.
Di fronte quella misteriosa valle,
tempo è giunto dell'esplorazione:
vi fosse immortal gloria o 'l leone.

S'inoltrano nei boschi tropicali
e rovine, templi nell'annessione
incontrano con gran ammiratione.
Chiare cascate, serpenti mortali,
segni di civiltà destan stupore.
Tracce morte, remotissimo albore.

Così seguita la speditione,
insegue 'l proprio malo furore.
Il traguardo per or non chiedere
un mondo antiquo svela l'ere
tramontate nel loro clamore,
cui volge la mia acclamatione.






Note

(1) Il Poeta spacciò d'aver scritto questo canto in occasione del compleanno di Ciulla – figura di cui non possediamo note biografiche se non che fu forse un'amica e probabilmente unica recensitrice dell'Autore – dalla quale ottenne in cambio delle caramelle.

 
 
   
 
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