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Autore: Minako_86    30/10/2008    10 recensioni
{ Storia Incompiuta. Motivi Personali. }
Anja incontra Nick in ospedale e rimane stregata dalla forza, la determinazione che gli legge negli occhi. Nasce un'amicizia e poco a poco lei entra a far parte del "mondo Jonas". Del mondo di UN Jonas in particolare, lasciando un'impronta indelebile.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Eh già, a furia di aaaaawwwwww ce l’abbiamo fatta a metterci d’accordo e a far soffrire un po’ i nostri cari Jonas insieme

Eh già, a furia di aaaaawwwwww ce l’abbiamo fatta a metterci d’accordo e a far soffrire un po’ i nostri cari Jonas insieme! Muhuahuahua!!!!!! Non vi anticipo niente, leggete per scoprire! E commentate!

Dedico questa storia a Raissa, ovviamente…e Minako sa perché.

Naturalmente, i Jonas Brothers non ci appartengono e non vogliamo in alcun modo rappresentare la loro vera vita.

 

Temperance

 

 

 

Oddio, sono un po' emozionata... Questa è la mia prima collaborazione. E che collaborazione!** Non potevo sperare di meglio. Tantopiù che ho trovato nella cara Tempe una eccellente dose di sadismo che ben si combina con la mia!XD Quei tre poveri ragazzi sono capitati male stavolta. A dediche e raccomandazioni varie ci ha già pensato la mia socia, quindi non perdo altro tempo utile che vi servirà per leggere e commentare questo primo capitolo. A voi, sperando che piaccia tanto quanto "Gabrielle" e "Hanno rapito i JoBros" insieme!x3

 

(Ok, i Jonas non ci appartengono, ma se Kevin fosse d'accordo, io lui me lo prenderei volentieri!<3)

 

Minako

 

 

-Capitolo Uno-

 

 

 

- Prego, accomodatevi pure in sala d'attesa. - Un'infermiera piuttosto grassottella spuntò il suo nome dalla lista che aveva in mano, indicando il fondo del corridoio con la matita mangiucchiata.

 

Anja seguì sua madre fin nella stanza d'ospedale più asettica che avesse mai visto.

 

E, in vita sua, ne aveva viste davvero, davvero tante.

 

Strinse la cartellina blu che aveva in mano, sedendosi sull'unica poltroncina rimasta libera, proprio accanto alla finestra. C'era davvero troppa gente lì dentro... Una piatta sequela di facce tutte uguali, senza la minima luce nello sguardo.

 

Vinti in partenza.

 

Uomini, donne e perfino qualche bambino. Il dolore non aveva mai rispetto o pietà per nessuno.

 

- Anja, tesoro, vuoi che apra un po'? - Domandò premurosa Florence, scostando la tenda di tessuto anallergico.

 

- No, mamma, sto bene. - Dopo anni di "pratica", era riuscita ad assuefarsi perfino a quell'insopportabile odore di disinfettante. Tanto che quasi non lo avvertiva più.

 

Sbuffò. Che soddisfazione... Ma era giusto quello che si poteva permettere.

 

- Magari qualcosa da bere. Così poi ci passano le prossime due ore di attesa, sparlando della pessima qualità del caffè negli ospedali...! - Scherzò la donna, riuscendo a strappare un sorriso alla figlia.

 

- Ci sto. - Rispose, battendole un cinque. Poi la guardò allontanarsi, scrollando le spalle.

 

Si erano trasferiti in America, perchè un vecchio amico di sua madre, qualcosa come un ex-compagno di college, aveva raccontato storie fantasmagoriche sui grandi specialisti e le cure innovative che il suo paese poteva promettere a chi era condannato ad una vita fuori e dentro gli ospedali.

 

"In & Out" come amava definirla Anja. Se su certe cose non si scherza un po', è la fine... Una buona filosofia di pensiero, che la ragazza aveva adottato per riuscire a convivere con il suo flagello personale.

 

Peccato che il caro Paul avesse tralasciato tutta la parte che riguardava l'assicurazione medica da usura e le code chilometriche.

 

Che poi... Che gli americani fossero un "popolo malato", in realtà, non aveva mai avuto dubbi.

 

Ridacchiò fra sè e sè, nascondendosi dietro le mani aperte. Non sapeva quanti, fra i presenti, avrebbero gradito il suono cristallino della sua risata, in una circostanza come quella.

 

Fece un altro giro di sguardi lungo il perimetro della stanza, passando rapidamente da una fronte stempiata ad un naso spruzzato di lentiggini, fino a che qualcosa di veramente interessante non la bloccò, attirando la sua attenzione. Esattamente di fronte a lei, accanto ad una bella signora dai lunghi capelli neri, era seduto un ragazzo. Probabilmente di qualche anno più giovane rispetto a lei. Una folta zazzera di ricci e due profondi occhi scuri.

 

Carino, senz'ombra di dubbio.

 

Ma non era la prestanza fisica, che la attirava, quanto più il suo sguardo. Non era apatico, come quello degli altri "pazienti".

 

Gli leggeva dentro la determinazione. La voglia di lottare... contro qualunque cosa lo stesse attaccando.

 

Lo guardò sfogliare con aria curiosa una rivista di musica. Divorava le pagine una dopo l'altra, voltandole febbrilmente. Al quinto foglio, forse sentendosi osservato, lui alzò lo sguardo.

 

Ad Anja per poco non venne un accidente. Abbassò gli occhi di scatto, fingendo di aver trovato qualcosa di assolutamente interessantissimo da guardare... sulla punta della sua scarpa.

 

Le ci vollero cinque minuti buoni per trovare il coraggio di sollevare di nuovo la testa. Quando lo fece, con suo leggero disappunto, il ragazzo non c'era più. Si ritrovò a fissare un sedile rivestito di tessuto dal colore discutibile.

 

Non fece in tempo a chiedersi dove fosse finito, che sua madre risbucò dal corridoio, con in mano due bicchierini di plastica.

 

- Ecco, piccola. Ci ho messo parecchio zucchero, come piace a te. - Gliene passò uno, munito di bastoncino per mescolare il tutto.

 

Riuscì giusto a prendere il primo sorso, prima che una voce squillante chiamasse il suo nome da dentro lo studio medico. Abbandonò senza troppi rimorsi quella sottospecie di intruglio su uno dei tavolini e sparì oltre la porta assegnata al dottor Walsh.

 

Fu decisamente sorpresa, quando, entrando nella stanza insieme a sua madre, si trovò davanti il misterioso ricciolino di poco prima.

 

- Avanti, avanti. - Un giovanotto con dei buffi occhialetti rotondi si fece loro incontro, invitandole ad accomodarsi. - Il nostro Nick sta solamente aspettando i suoi referti, noi intanto possiamo procedere con la visita a questa bella signorina. - Anja arricciò il naso, cercando di trattenere il moto di fastidio che l'essere chiamata "bella signorina" da un perfetto sconosciuto le aveva provocato. Sfoggiò un ottimo sorriso di cortesia, sedendosi sulla sedia vuota accanto a quella del ragazzo, che la stava osservando con aria piuttosto incuriosita.

 

- Siamo qui per un esame del sangue. - Cominciò sua madre, aprendo la cartellina. Frugò tra i mille documenti che vi aveva accuratamente riposto, per cercare quello che le serviva.

 

- Oh no, lasci, non serve. - Sorrise il medico, agitando le mani. - Possiamo passare direttamente al prelievo. - Si avvicinò alla ragazza, che si sfilò il maglione che aveva addosso e allungò il braccio destro con fare titubante. Non riuscì ad impedirsi di lanciare uno sguardo preoccupato verso i due insoliti "ospiti".

 

- Non preoccuparti, cara. - A parlare, questa volta, fu la donna dai capelli neri. - E' una cosa che anche Nick ha fatto milioni di volte. - Anja sorrise sempre più riluttante.

 

Rimasero tutti in religioso silenzio, mentre il dottor Walsh le infilzava la siringa nella vena e prelevava due provette di sangue.

 

- Ecco fatto. - Tappò anche l'ultima e le applicò un batuffolo di bambagia sulla ferita. - Se avete un po' di pazienza, vi posso dare i risultati già oggi. Per questo genere di malattie c'è... una corsia preferenziale, diciamo! - Strizzò l'occhio, sparendo oltre la porta.

 

Dopo qualche minuto di tesissimo silenzio, Florence si alzò e cominciò a chiacchierare sommessamente con l'altra donna. Denise Jonas, si era presentata.

 

Quanto ci sarebbe voluto perchè lei e sua madre cominciassero a scambiarsi lacrimevoli testimonianze sui poveri figli malati?

 

Anja prese a giocherellare con il cotone, spiluccandolo qua e là. Era completamente immersa nei suoi pensieri, quando Nick decise finalmente di rivolgerle la parola.

 

- A cosa ti serve l'analisi del sangue? - Domandò, con lo stesso tono che avrebbe usato per parlarle dell'ultimo film uscito al cinema. Lei sollevò lo sguardo, piuttosto stupita.

 

- Conta dei bianchi. - Snocciolò, senza preoccuparsi di spiegarsi meglio. Dava per scontato che anche lui avesse una certa dimestichezza col gergo ospedaliero. Bianchi uguale globuli bianchi, leucociti. Non era difficile.

 

- Glicemia. Io e gli zuccheri non andiamo molto d'accordo. - Rispose Nick, spingendo la sedia più vicino a quella di lei.

 

- A-ah. Bella rottura. Che cos'hai? - Le piaceva quel ragazzino, era forse il primo che avesse incontrato, capace di sdrammatizzare. Dote assai pregevole.

 

- Diabete di primo tipo. - La fissò, aspettando la sua reazione.

 

- Ah, allora vinco io. - Rispose lei con aria trionfante. - Leucemia. - Nick stava per ribattere qualcosa, ma venne interrotto dal dottore, che rientrò con due grandi buste marroncine. Ne diede una a Florence e l'altra a Denise.

 

- Bene. - Cominciò, aprendo una vecchia agenda con la copertina consumata. - Direi che con Nick ci vediamo tra una settimana, signora Jonas. E anche con Anja, se pensate che possa andare come data. - Florence annuì, sistemando la busta nella cartellina. - Alla nostra principessina, però, prescriviamo anche un paio di pilloline, eh? - Ina, ine... ma non era capace di parlare normalmente quell'uomo?

 

Si morsicò la lingua, per evitare di trascendere in risposte poco educate.  

Aspettò che sua madre ritirasse anche le due ricette e poi la seguì nel corridoio. Denise e Nick le stavano aspettando appena fuori dallo studio.

 

- Sembra che ci rivedremo presto. - Cominciò lui, cercando di sovrastare il rumorio provocato dalle chiacchiere febbricitanti delle due donne. - E poi mia madre già adora la tua... Non ci crede, di aver finalmente trovato qualcuno con cui condividere le sue tragiche esperienze. - Anja si lasciò scappare un'altra risatina.

 

- Non me lo dire... - Si infilò le mani in tasca, scrollando le spalle.

 

Florence strinse la mano della sua nuova compagna di sfortune, le baciò gentilmente entrambe le guance e poi appoggiò una mano sulla spalla della figlia, facendole cenno di seguirla.

 

- Ci si vede, allora. - Lo salutò con un sorriso. - Ah, comunque io sono Anja. - Gli tese la mano, prima di voltarsi per lasciarselo alle spalle. -

 

- Nick. Ma l'avrai anche intuito. - Scherzò lui, stringendola con delicatezza.

 

Si guardarono silenziosamente negli occhi per un secondo, poi lei si sciolse dalla sua stretta e seguì la madre verso l'uscita.

 

I was tired of hurting.

So tired of searching,

till you walked into my life…

(You’re My Best Friend - Tim McGraw)

  
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