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Autore: Zoichi Kuronin    28/11/2014    1 recensioni
"La mente che vaga in quel passato poco lontano riporta a galla ferite che credevo fossero ormai cicatrizzate …"
Questa è la mia prima fic su Psycho pass, mi auguro che possa suscitarvi curiosità!
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Shogo Makishima, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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La schiena si inarca di poco. Guardo il soffitto bianco distogliendo lo sguardo dallo schermo proiettato a mezz’aria davanti ai miei occhi chiari.
Passo lo sguardo dalla parete a Kagari. I suoi capelli sembrano brillare di luce propria, gli occhi castani sono allegri come al solito fini e pieni di conforto nonostante non dimostri volentieri di essere sempre una persona dolce e gentile.
Si alza dalla sedia pallida avvicina le mani fine, calde alle mie spalle. Lo lascio fare. I suoi massaggi mi raddrizzano la colonna vertebrale.
Yayoi continua a far volare le dita sulla tastiera. I tasti si illuminano al contatto, velocemente come se si stessero premendo tutti insieme allo stesso momento.
- Ah Orihime che ne dici di venire a casa nostra ?- mi chiede il ragazzo.
So bene che quei due vivono quasi assieme anche se non si sopportano, sono come cane e gatto che condividono la stessa cuccia.
- Shusei se non ti conoscessi direi che mi stai invitando a prendere un tè … scusa ma non posso oggi - affermo sorridendo. Lui sembra deluso, sospirando dice di accettare il rifiuto.
Lo guardo tornare a sedersi un po’ sconsolato, ma con lo solito sguardo contento e compiaciuto di chi ha ottenuto quello che voleva.
- Forse tra una settimana se sei paziente -faccio tornando a scrivere sulla tastiera. La mia schiena si è ormai dimenticata dei massaggi.
- Se vuoi possiamo invitare anche Gino- scherza inducendomi con la coda dell’occhio a guardarlo.
- E perché no se ti piacciono gli uomini -ironizzo rispondendo al suo sguardo provocatorio.
Il rossetto che mi ero messa è già stato tolto qualche ora fa, ma sto attenta a leccarmi le labbra, per pura abitudine.
In quel momento entra Nobuchika Ginoza l’ispettore mio superiore, dannato occhialuto. Il suo fare serio e diligente mi fa letteralmente impazzire, non so se in senso buono o cattivo però. Lo saluto con un cenno della mano. Mi mette la sua sulla spalla. Per un po’ non ci faccio caso però sono costretta a rispondere a quella specie di richiamo.
I suoi occhi castani incontrano i miei. Ha un lavoro per me, lo si vede dallo sguardo che ha: sicuro e forse anche un po’ troppo pieno di sé.
- Ho capito capo … mandami i dettagli in auto okay? -taglio corto alzandomi e iniziando la strada verso la porta del grande ufficio.
- Ti sarà affiancato un nuovo agente -
Mi fermo prima di mettere il piede in corridoio. Le mani si appoggiano sui fianchi e stringono.
- Eh ?- replico voltandomi con una punta di amarezza. Sento che le mani si serrano in un pugno frementi, la rabbia mi fa pizzicare la gola.
- Ho capito … è uno sche … - mi blocco fissando i suoi occhi dietro gli occhiali.
- No ! Io non lavoro con nessun nuovo arrivato! Nossignore - esclamo uscendo e urtando qualcuno, ma non mi importa anzi non mi volto nemmeno a vedere chi è. L’ascensore è occupato. Urlo un’imprecazione ai quattro venti fregandomi di chi sta ascoltando. Decido di prendere le scale accanto. Non voglio che qualcuno stia tra i piedi a combinare casini.
Kagari fischia sorridendo alla mia reazione esagerata.
- Lo sai che non ama le novità -dice facendo spallucce in direzione di Gino. L’altro annuisce stringendo i denti. Un uomo è fermo davanti alla porta.
- La tua superiore è quella furia che è appena scesa -informa facendo segno con il mento di andare a seguirmi.
- Lo avevo immaginato -
Non dice altro, trova l’ascensore libero e preme il pulsante del parcheggio interno.
Infuriata sono al pianterreno. Faccio l’ultima rampa di scale. Un gradino in più è un ricordo delle partite vinte da Gino per farmi infuriare. Le trova sempre tutte. Mi chiedo se un giorno avrò la possibilità di vincere.
Ho ancora i pugni e i denti serrati quando metto piede nel parcheggio interrato. Diviso in otto settori mi è difficile capire come faccia a contenere tutte le auto dei dipendenti. Sono sotto dodici piani di ferro e calcinacci, l’odore di olio per motori è più penetrante di quello di un’officina da meccanico. Individuo la mia auto in mezzo ad una rossa e una nera. Tra tutte quelle che ci sono lì, la mia è l’unica grigio perla.
Sbatto la portiera con violenza e metto dei fogli che erano sul mio sedile dietro, assieme alla borsa, la pochette con dentro -credo- i miei trucchi, incurante di ciò che ci sia veramente all’interno.
Rimango con la testa appoggiata agli avambracci schiacciati dal volante. Aspetto che la rabbia mi passi respirando lentamente. Sento tre colpetti di nocche sul vetro della parte del passeggero. Guardo in quella direzione. Per un po’ rimango ferma a contemplare degli occhi dorati che mi fissano poi capisco. Impreco a denti stretti.
Apro la portiera e lo faccio entrare. Mi becco un dolce sorriso. Sbatto la fronte sul volante per la disperazione.
- Quindi sei tu la famosa Orihime Murakawa … -detto questo mi prende la mano e la avvicina alle labbra dandole un bacio con un “piacere”.
Respiro profondamente per non staccargli il collo. Mi è capitato un gentiluomo fantastico. Gino non poteva scegliere meglio. Sto per disperare però mi riprendo per non fare una strage degli innocenti.
I suoi occhi hanno una luce particolare. Lui è un esempio di persona della quale non mi fiderei mai, oh dejà’vu.
Partiamo e dopo pochi chilometri mi rendo conto che mi sono dimenticata di cosa contenesse la piccola pochette. Guardo il nuovo arrivato. Il suo sguardo e perso nel paesaggio metropolitano. Lo risveglio dai suoi pensieri e slaccio la cintura a tutti e due. Inizialmente non capisce cosa sto facendo poi quando mi vede sgusciare dal sedile a dietro afferra il volante prendendo il mio posto riallacciandosi la cintura.
- Allora vuoi farci morire?- chiede guardandomi con la coda dell’occhio. Per una volta sento la sua voce così dolce all’inizio, frustrata. Sghignazzo silenziosamente.
- Devo cercare una cosa … - mi scuso fredda. Le mie mani rovistano nella confusione di carte. Il polso vibra. Trasferisco i dati del caso alla macchina. Il display dietro di me si illumina e mostra lo stemma della Pubblica Sicurezza. Deve essere una specie di incantesimo perché ritrovo la pochette. La insulto, ma poi la appoggio sul cruscotto aggrappandomi al nuovo arrivato.
Prendo posto nel sedile del passeggero davanti. Prendo il pacchetto di sigarette da dentro il borsellino. Non chiedo nemmeno il permesso all’uomo accanto a me e ne accendo una. Il fumo prende posto dell’aria. Apro i finestrini tenendo stretta tra i denti la sigaretta.
Premo lo schermo davanti a me. Ha una luce azzurra.
- Il nostro obbiettivo è un cretino di nome Nobuo Okura, individuato dagli scanner risultava che lo Psycho Pass raggiungeva il … uhuh il 180, si è rifiutato di fare un controllo e ora è ricercato … guarda te i casi della vita, non fai un solo controllo e sei già latitante -affermo facendomi capire a denti stretti. Le immagini del ricercato si sono impresse nella mia mente. Leggo i dettagli che di certo non mi serviranno se devo farlo fuori.
Sistemo la gonna troppo corta.
- Solo questo ?- chiede. Ha una voce molto mascolina, adatta al suo aspetto.
- Qual è il tuo nome? - chiedo socchiudendo gli occhi.
- Shogo Makishima … -
- Bene Shogo-chan, preparati perché non è finita - avverto - ha fatto un ostaggio, una giovane donna dai testimoni, si è rifugiato in un quartiere abbandonato -.
Noto un sorrisetto sotto la sua aria seria.
- Mi chiedo se troveremo la ragazza in buono stato - fa dando mostra di un sorriso che mi fa ridere.
- Di certo non gli serviva qualcuno con cui giocare a carte - scherzo imitando il suo sorriso.
Arriviamo alle dieci. La folla è addossata davanti all’entrata di un vicolo. Posso distinguere i passanti curiosi dai testimoni. C’è tensione e un ronzio provocato dalla loro voce, mi entra nella testa. Apro il bagagliaio e lancio una casacca turchese con scritto “Pubblica Sicurezza” a Shogo. La sua mano la afferra velocemente. Con la stessa velocità la infila. Finisco di fumare gettando il mozzicone a terra, una pioggia di piccole scintille appare per poi spegnersi immediatamente.
Attendo che i robot della polizia ci raggiungano, con loro c’è un cubo di ferro e altri materiali. Una luce celeste lo percorre per lungo. Attendo che la procedura abbia fine, all’interno è tutto azzurro, luminescente, accecante.
Afferro un Dominator che inizia con la sua solfa: riconoscimento, livello, tonalità…
Davanti ai miei occhi appare il massimo della tecnologia, la realtà aumentata. Se puntato posso guardare lo Psycho Pass e uccidere chi risulta di una tonalità troppo alta, facile non sembra? E pensare che mi è costato solo una laurea.
Shogo fa lo stesso procedimento, non fa una piega. Di solito uno che ha il suo primo incontro col Dominator si ferma un attimo a contemplare tutto ciò che consegue.

Il sole sta tramontando e non abbiamo combinato niente. Il novellino ed io ci eravamo divisi per permetterci un po’ di aiuto e sostegno nel caso di problemi, ma quel maledetto Okura non si vuole far trovare. Sto per imprecare quando la tasca comincia a vibrare. Afferro il telefono e rispondo.
- Hey stramaledetto tesoro come va ?- chiedo tagliando da subito la conversazione.
- Bene tra poco io, Kagari e … -
- Yayoi andrete a casa di Okura, giusto? Ah stai per dire anche tenetevi pronti per caso?- continuo pensando ad un’intera giornata di lavoro con quell’albino scialbo, il lato positivo era però che il “paparino” sarebbe stato con noi.
Sospiro chiudendo la conversazione. E’ proprio da Gino andare a casa dei ricercati a me tocca sempre l’azione. Dato che sono la testa calda di turno sono quella che deve uccidere e basta, manco fossi un esecutore. In tutta sincerità mi piace il mio lavoro.
Salgo in auto e aspetto fino a che Shogo non entra, lo scorto in ufficio e me ne torno a casa aspettando ordini.

Gino entra nel palazzo. Kagari lo segue andando poi avanti. Yayoi fa scivolare la sua lunga figura per il muro come un ombra silenziosa. La solita coda risalta gli occhi talmente grigi da sembrare provenienti dal più freddo dei ghiacciai. Sentono delle urla. Kagari sale per primo, senza alcun rumore piomba accanto alla porta. Il dominator è puntato in alto. Dà una sbirciata.
La povera donna ha dei lividi neri sulla pelle candida. Ha addosso solo la biancheria, di un colore rosa zucchero filato. Il fisico è magnifico.
Il ragazzo avverte quello che vede definendo Nobuo Okura “caricato come una molla”. Si alza dall’angolo puntando l’arma contro l’obbiettivo. Capendo di essere in pericolo Okura scappa dal tetto portandosi dietro la ragazza che non ha più le lacrime per poter piangere, né voce per urlare.
Sul posto arrivano anche gli altri due.
- Gino come ispettore fai proprio schifo -commenta Shusei fissando l’obbiettivo che sta scappando velocemente, ma trattenuto dall’ostaggio.
- Attaccalo dici? Se non ti avessi dato ascolto sarebbe stato meglio -.
Ginoza lo fulmina da dietro le lenti spostandosi una ciocca di capelli dall’occhio destro.
- Un esecutore dovrebbe solo tacere e uccidere l’obbiettivo -
Kagari per poco non gli salta addosso. Yayoi lo tiene fermo mettendogli una mano sulla spalla. Ringhia però poi si calma ritornando al cellulare, aspettando che io e Makishima facciamo la prossima mossa.

Okura si ferma a guardare il suo Psycho Pass, è di una tonalità decisamente torbida, anche quello della ragazza ha raggiunte dei brutti livelli.
Sta per tornare all’appartamento di poco prima, ma si ferma e si dirige nell’opposta direzione tenendo ormai quello che era uno straccio.

Suono due volte il campanello. Nessuna risposta. Guardo il bigliettino che avevo in tasca cinque secondi fa. La scrittura chiara ed elegante di Shogo mi detta i numeri. 1435.
La porta si apre con un suono secco. Il palazzo alto mi da le vertigini. Ci sono solo venti piani tra me e il tetto però sembra toccare il cielo, fino a sbucare fuori dall’atmosfera.
Aspetto che l’ascensore arrivi e salgo. In questo palazzo ogni serratura degli appartamenti ha un suo codice. Ce ne erano due sul biglietto, per azzeccare il primo ho dovuto usare un po‘di logica. Una volta sbagliato il codice non è più utilizzabile.
Apro anche la porta della stanza numero 879. Codice: 9785.
Sospirando entro. Niente Holo-arredamenti, la stanza principale è enorme e calda, rilassante. Sento il tepore del fuoco sulla pelle, una stufa a legna vecchio stile campa addossata al muro.
Urlo che sono qui, sento un rubinetto che si chiude. Dalle scale scende una voce pacata e cordiale. Quando mi volto trovo Shogo con solo un asciugamano. Stranamente non ha solo una pancia piatta come mi era parso ieri. Anzi. Gli addominali scolpiti, le braccia muscolose e il tutto messo insieme ad un viso bello come il suo mi fanno dimenticare perché sono lì. Sto per balbettare, freno la lingua.
Sogghigno e vado a sedermi senza tanti complimenti sul bel divano con vista città. Non voglio apparirgli debole, a nessuno voglio apparire in quel modo. Non tollero essere ignorata o sottovalutata.
Guardo il mio pallido riflesso alla finestra, mi accorgo che da lì si gode di una vista straordinaria e vedo anche il luogo in cui dobbiamo dirigerci. Il quartiere abbandonato dà uno strano effetto su tutta la metropoli che lo circonda. Mi sento piccola, torno a sedermi e attendendo l’albino.
Ritorna con una giacca bianca. Fischietto.
- Perché … non vuoi venire in asciugamano? - lo canzono mostrando un sorrisetto malizioso e provocatorio. A volte quando faccio così mi aspetto che qualcuno abbassi lo sguardo perché non sa reggere lo scherzo. Questa volta, per la prima volta una persona mi tiene testa dall’inizio, senza abitudine come Gino o Masaoka.
- Potrei sì … però se vieni con me -risponde fissando i miei occhi.
Entrambi sembriamo sapere cosa farà l’altro. Quasi telepaticamente riusciamo a parlare trovando tanti modi per zittirci. Non sono ancora riuscita a terminare la discussione dell’andare in giro con l’asciugamano che un cellulare si affianca a noi.
- Paparino ci sta accanto - avverto salutando l’autista son la mano. Siamo in macchina di Shogo. Non posso fumare e questa cosa mi dà su i nervi. Non resisto insultandolo sorbendomi un pacato silenzio.
Arriviamo davanti ad un cantiere edile, dietro il quale c’è un vecchio parcheggio abbandonato con anche un magazzino. Fu chiuso quando uscì la notizia di sostanze illegali all’interno. Scendo dall’auto e corro ad accendere una sigaretta disperata. Paparino Masaoka mi saluta con la mano.
- Hey signorinella, lo sai che il fumo fa male ?- sogghigna porgendomi la mano. Il segno che significa “fa fumare anche me ragazzina”. Sorrido passando gli occhi sulla cicatrice che gli occupa le labbra. Una colpa che mi fece piuttosto riflettere al tempo. Sento la mia testa riempirsi di un grido di tre anni fa. Scaccio i brutti pensieri.
La pioggia comincia a battermi sulla testa quando presento “paparino” a Shogo.
Quel nome se lo era beccato perché è un veterano. Un criminale latente, come vengono chiamato coloro che hanno lo Psycho Pass troppo alto. Alcuni di loro, come ad esempio Yayoi Kunizuka e Shusei Kagari, i miei due migliori amici a lavoro hanno deciso di entrare nella Pubblica Sicurezza in veste di esecutori, o sarebbe meglio dire “cani da caccia”. Fino a ieri gli unici a tenerli d’occhio eravamo io e Gino, ora c’è anche Shogo. Gli esecutori non possono uscire dall’ufficio se non accompagnati. Ai piani inferiori ci sono le loro stanze anche se sarebbe meglio chiamarle celle di svago. Sono stata lì dentro molte volte che ormai è quasi una seconda casa.
Scendo dalla nuvola dei ricordi e ritorno al punto. Arriviamo nel parcheggio. Masaoka se ne va da solo passando dietro un container. Ci incontreremo e metà strada, a noi lascia l’obbiettivo mentre salva l’ostaggio.
- Sei troppo vecchio per lei - sottolineo tenendo stretto il dominator.
Makishima sorride. Lo tengo dietro di me. Mi appoggio alla parete e guardo Okura Nobuo. Ha un accendino in mano. Noto che la ragazza è in pessime condizioni. Annuisco da lontano al paparino. Lui fa dei segni con la mano.
*
Tengo il dominator rivolto verso l’alto appoggiato sulla spalla. Sento il peso dell’arma nella mano, l’adrenalina che mi scorre in corpo. Lo punto contro la donna davanti a me, da dietro. Il mirino la centra. Lo vedo solo io. Guardo il suo Psycho Pass e sorrido. La voce nega al dominator di cambiare forma in eliminator.
Abbonata? penso sogghignando.
*
Mi volto verso l’albino, sta guardando il luogo. Annuisce facendo trasparire dai suoi occhi il piano. Le pupille spiegano che sarebbe meglio attaccare di nascosto e portare in salvo l’ostaggio. Capisco tutto dalle mosse nette e precise dei suoi occhi. Mi indica i punti. Non sono d’accordo con la terza mossa e la correggo mostrandogliela senza l’uso di parole.
Faccio segno a Masaoka di andare avanti tranquillo. Lui esegue.
I tacchi delle scarpe eleganti risuonano in un eco pazzesco. Sento chiaramente ogni suo muscolo che si contrae per farlo camminare.
Okura si spaventa, lascia cadere la donna lì dov’è adesso, davanti ad alcune scale di ferro simili alle antincendio.
Urla di mettere le mani in alto. Parlo alla ricetrasmittente. Il mio è un sibilo.
Paparino alza le mani. Una è normale, l’altra invece è artificiale. Quella invece non è colpa mia, ci mancherebbe altro. Se lo fosse sarebbe stato tutto il braccio!
Aspetto che Okura agguanti il dominator gettato a terra. Punto la mia arma contro quel maniaco. La voce del dominator avverte che sta entrando in funzione eliminator. Sorrido e bisbiglio un freddo “sbrigati”. La procedura richiede qualche minuto.
Nobuo non può utilizzare un’arma del genere. Non è un esecutore o ispettore. Tenta di sparare. Nulla.
- Le mie più sentite condoglianze - ironizzo quando il mio dito spinge il grilletto all’indietro. Il mio braccio teso riesce a sopportare lo sparo. Un lungo raggio azzurro, luminoso, segna l’obbiettivo.
All’inizio non c’è nessuna reazione.
- Tre … due … uno … - faccio senza alcun segno di rammarico.
Il corpo di Nobuo Okura si ingrossa fino ad esplodere in un mare di sangue. Gli organi interni si sparpagliano, il rosso investe anche la donna. I suoi occhi sono il terrore allo stato puro.
-Yes - esulto stringendo un pugno, mi avvicinano a Masaoka.
Il paparino prende il dominator dall’unica mano ancora integra di Okura. Lo punta contro la giovane. Gli afferro il braccio con le unghie puntate nella carne. Fisso il profondo dei suoi occhi.
- Lei non è l’obbiettivo … è ancora in tempo a … -.
Mi sto assicurando che lei stia in vita, e scappa. Bella riconoscenza. La scia di sangue è evidentemente sua.
Scendo le scale. Un tacco della scarpa si conficca in un buco. Impreco. Tolgo entrambe le scarpe sporche di cadavere.

Makishima si avvicina alla ragazza. Lei ha fatto cadere della benzina e ora tiene in mano un accendino acceso minacciando di incendiare tutto. Shogo sta per sparare con l‘eliminator. Avrebbe risolto il suo primo caso prendendo due piccioni con una fava.
- Shogo non lo fare … lei è ancora in tempo ad entrare in terapia- affermo, o meglio prego, ansimando per la corsa.
Sono irritata, ho i piedi gelati e ho qualcuno un po’ depresso a casa che mi aspetta. L’albino non vuole saperne, ringhio e digito il codice che mi insegnò una persona un po’ di tempo fa. Si trovano sul fianco del dominator, sono piccoli tasti. Un numero dietro l’altro è un’agonia.
La tonalità di Shogo è troppo perfetta per essere colpito. Punto l’arma.
- Scusami - faccio con pochissima convinzione.
Ancora quel raggio. Adesso però la reazione è immediata rispetto a prima. Fermo l’uomo sparando alla spina dorsale. Mi lancia uno sguardo di rimprovero. Cade in ginocchio, poi a terra disteso.
- E adesso … lascia quell’accendino … - mi rivolgo alla donna. Lei lo lascia cadere sulla benzina, spento, come dovrebbe essere stato fin dall’inizio.

Ho riportato Shogo in spalla fino all’ambulanza fuori. Il tramonto rosa sull’orizzonte ha preso il posto della pioggia. Mi siedo in auto di quel tizio. Voglio riportargliela a casa. Mi fermerò da lui magari. Quando si riprenderà lo distruggerò per le sue idee stupide. Mi sento bene come mai in vita mia. Per la seconda volta, qualcuno, mi tiene testa. Guardo la barella che entra nell’ambulanza. Sospiro. Sento che finalmente c’è qualcosa a cui inizio ad appassionarmi.

ANGOLO DI ZOICHI:
*entra imbarazzata* salve... è la mia prima ff su questo FANTASTICO anime quindi siate clementi con gli insulti (se non ne fate sarebbe anche meglio ^-^"per favore! XD questo primo capitolo è troppo lungo lo so,ma è una storia che sto progettando da troppo molto tempo e rimandare mi sembra fuori discussione! Kyah spero che vi piaccia bye un bacione! *sparisce in una nuvola di fumo!
   
 
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