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Autore: wwwww    28/11/2014    2 recensioni
Makoto, Rin e più o meno imbarazzanti tentativi di fare i fidanzati.
Collegata ma non necessariamente a "Like a bug in a web, I'm trapped and so are you".
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Makoto Tachibana, Rin Matsuoka
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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1: Denti



Quello che molti non si aspettano da Makoto è che, se dipendesse da lui, rimarrebbe a crogiolarsi nel letto fino a mezzogiorno, soprattutto negli ultimi tempi in cui agli occupanti del letto si è aggiunto Rin. Quello che lui stesso non si aspettava, quella domenica mattina, era di svegliarsi alle sei e mezza. Fissò la sveglia intontito, chiedendosi dove fosse finita la lancetta delle ore per una ventina di secondi prima di capire. Risprofondò la testa nel cuscino, deluso da se stesso. Tremò tutto quando sentì il respiro di Rin sul collo. Era avviluppato alla sua schiena, un braccio sotto il cuscino e l’altro attorno alla sua vita, le gambe tra le sue. Non aveva modo di alzarsi senza tirarselo dietro - non che avesse intenzione di farlo. Non si svegliava mai per primo, intendeva approfittare dell’occasione. Spostò delicatamente il braccio sulla sua vita e si voltò verso di lui.
Era così carino. Vicino com’era, Makoto poteva vedere tutto: le sopracciglia fini, la crosticina di un brufolo sulla fronte, qualche punto nero sul naso, i quattro peli di barba che aveva più lunghi del solito. Una ciocca di capelli rimasta sotto la testa ondeggiava al ritmo del suo respiro. Era perfetto.
Voleva toccarlo, ma si sentiva in soggezione. Iniziò con il rimboccargli la coperta, perché Rin era in canottiera e fuori era novembre. Davvero, sembrava che il suo guardaroba casalingo fosse composto solo da quelle e pantaloni della tuta, più qualche felpa se faceva freddo e, in caso di caldo eccezionale come quell’estate, pantaloncini corti al limite del legale. Sopravvivere all’estate era stato parecchio duro. Makoto si imbarazzò per i suoi stessi pensieri e tornò a concentrarsi sul presente.
Sullo zigomo di Rin c’era un piccolo triangolino di luce grigiastra, proiettato dalla finestra socchiusa. Si fece coraggio e lo sfiorò appena, rimanendo incantato da come la luce passava dalla pelle di Rin alle sue dita. Seguì lo zigomo con riverenza, toccandolo appena con solo la punta del medio, tracciò piano la linea del naso. Arrivato alla punta, Rin arricciò il naso e sbuffò. Il cuore di Makoto perse un battito. Era così carino. No, non era carino, era bello, bellissimo, e ancora non credeva davvero di essere davvero lì con lui, di poterlo toccare. Moriva dalla voglia di fargli rifare quello sbuffo adorabile, ma si trattenne per non svegliarlo. Voleva ammirarlo ancora per un po’, e se avesse provato a toccarlo così quando era sveglio sarebbero entrambi morti dall’imbarazzo. Disegnò una spirale sulla sua guancia, poi un triangolo. Avrebbe passato giorni a disegnare figure invisibili sulla sua pelle, a scriverci sopra quello che non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli. Seguì di nuovo lo zigomo fino alla fine delle sopracciglia, e si divertì a scompigliarle e rimetterle in ordine. Percorse piano la fronte e affondò la mano nei suoi capelli. Gli piacevano da impazzire. Avevano qualcosa che lo spingeva ad accarezzarli, affondarci le dita, stringerli per portarsi il viso di Rin vicino e baciarlo finché aveva fiato nei polmoni.
Rin espirò forte. Forse era stato troppo brusco? Gli guardò le labbra.
Non doveva farlo. Erano rosse, e invitanti, e ne era distratto in modo indegno. Lasciò i capelli e seguì la linea della mascella verso la bocca; con timore la sfiorò appena. Era appena umida, e soffice. Ne tracciò il contorno incantato.
Makoto non si era mai considerato una persona particolarmente curiosa, anzi. Però adesso, con il pollice sulla bocca socchiusa di Rin, all’improvviso era più curioso di quanto fosse mai stato in vita sua e l’incoscienza di dell’altro lo rendeva audace. Premette piano il pollice sulle labbra, separandole. La parte morbida della mucosa lo avvolse accogliente. Seguì il profilo dei denti, aguzzo come montagne stilizzate, e aggiunse l’indice, per arrivare ai molari. Erano appuntiti sul serio. Lo sapeva, li aveva sentiti – sulla bocca, la lingua, la pelle -, ma continuava a non capacitarsene. Forse, se avesse continuato a toccarli, avrebbe trovato una risposta. Avvicinò il viso, in pieno estro scientifico.
 
Gou doveva sposarsi. Con nessuno in particolare, a dire il vero, però lui era suo fratello e doveva arrivare in tempo e portare le fedi, che non erano anelli ma biglie di vetro con le stelle dentro. Era in ritardo, e all’improvviso la marea era salita e doveva arrivare al luogo della cerimonia, che era casa sua ma insieme la chiesetta all’angolo del quartiere di Sidney dove viveva e anche un po’ la sala comune del dormitorio della Samezuka. Il posto era oltre l’orizzonte segnato dall’oceano blu, lontanissimo, ma non poteva arrendersi e allora si era immerso, con smoking bianco e tutto. Non nuotava, però, balzava sul fondo e avanzava in due dimensioni come nei livelli sottomarini di Super Mario, evitando meduse luminose e alghe. Era sottacqua ma non si era bagnato né vestiti né capelli, che però fluttuavano lo stesso. Le fedi, che non erano più biglie ma due conchiglie a ventaglio, iniziarono a fremere per indicargli un’enorme ostrica dall’interno rosa e morbido come un divano. Dentro l’ostrica, gli dissero le conchiglie dal modo in cui vibravano, c’era una scorciatoia, quindi si divincolò dalle alghe malvage che lo volevano trattenere e ci si buttò dentro. Era morbido e caldo e accogliente; l’ostrica lo coccolava, diventando sempre più comoda e morbida. Scivolò comunque verso il tunnel, che lo trasportò velocissimo grazie a una corrente dritto dritto fino in città, insieme a un branco di tartarughine. Gou era in divisa scolastica, solo bianca, e aveva il suo primo paio di scarpe col tacco, che avevano comprato insieme. Lo aspettava assieme a Nagisa vestito da damigella e carico di fiori di ibisco rosa.
«Fratellone, finalmente sei arrivato! Stavi per perderti la torta!»
La torta. Come aveva potuto scordare la torta? Non potevano iniziare se non mangiava la torta. Nagisa gliene porse un pezzo. Sembrava finta, tutta meringa e panna montata e decorazioni rosa, stesso colore del pan di spagna. Detestava le cose troppo dolci, non la voleva. Avrebbe dovuto correre una settimana per smaltire tutti quei grassi e zuccheri e chissà che altro. Gou, però, lo fissava implorante. Non poteva deludere la sua sorellina.
La torta non era soffice per niente, anzi, sembrava avesse le ossa. Soprattutto non si aspettava urlasse “Ahi!”.
Sbatté gli occhi confuso. Quando li aveva chiusi? Mise a fuoco Makoto. Dov’era finita Gou? Con uno sforzo immane focalizzò meglio Makoto, la loro camera, e si rese conto che sua sorella era ancora a Iwatobi e ben lontana da ogni genere di matrimonio. Quindi, il problema ora era: perché Makoto si stringeva la mano guardandola con enormi occhi sgranati da cucciolo traumatizzato?
«Che succede?» sussurrò roco. Che cavolo di ore erano?
«Mi hai morso!» guaì Makoto.
La prima reazione di Rin fu un edificante «Eh?». Poi registrò l’informazione, con la lentezza di un bradipo sedato, e cambiò domanda in un più adatto «Come?»
«I-io… volevo toccare i tuoi denti e…»
«Ma sei scemo?» non riuscì a trattenersi. Makoto arrossì e boccheggiò senza riuscire a ribattere, mortificato.
«Makoto, scusami, io… perché cavolo mi stavi palpando i denti, prima di tutto?»
«Scusami tu, Rin, non so cosa mi sia preso…»
Rin sbuffò e gli adagiò la testa sul petto. Stava morendo di sonno.
«È tutto a posto, scusa se ti ho morso. Non farlo più mentre dormo, però.»
Makoto gli accarezzò la testa con la mano ferita. Aveva i segni dei denti rossi e ben evidenti su metà delle dita.
«Va bene, scusami…»
Gli prese la mano offesa e gli baciò le dita piano, falange per falange. Poi se le sistemò tra i capelli e richiuse gli occhi sbuffando. Makoto rimase immobile, il respiro di Rin sul suo avambraccio.
«Vuoi dire che se sei sveglio posso continuare?»
«Dopo le otto del mattino, sì. Adesso lasciami dormire, sei comodo.»



 
  
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