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Autore: Shadow writer    28/11/2014    2 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
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Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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La penna si solleva sobbalzando.
Mantengo lo sguardo fisso su di essa, concentrata come non lo sono mai stata.
Ogni cellula del mio corpo è occupata su quella penna che resta sospesa in aria.
Sento una goccia di sudore formarsi sulla mia fronte per lo sforzo.
«Leach!»
La penna cade a terra con un ticchettio.
«Di cosa stavamo parlando?» chiede il professore con un'espressione arcigna.
Cerco un volto amico nell'aula, ma ricordo che nella classe di matematica non ho mai cercato di socializzare con nessuno.
«Io...» comincio «Ho perso l'ultimo passaggio»
«Non eri attenta!» replica lui come se stesse pronunciando la mia sentenza.
Resto in silenzio con lo sguardo vacuo fisso davanti a me.
«Per questa volta non prendo provvedimenti perché sei sempre stata attenta» continua il professore «Ma che non capiti mai più»
«Sì» rispondo annuendo decisa.
Quando lui si volta rimando immobile, consapevole delle occhiate che i miei compagni mi rivolgono.
Non rispondo a nessuna di queste e cerco di seguire l'attenzione per quanto possibile.
All'ora di pranzo vedo che Clare sta chiacchierando con un ragazzo, ma appena mi scorge si allontana per venire da me.
«Non volevo disturbarti» dico sorridendo ammiccante.
Lei scrolla le spalle:
«Non è un problema ci siamo scambiati solo due parole»
«Allora, chi è?» ammicco ancora.
Clare sbuffa, ma vedo le sue guance arrossarsi leggermente.
«L'ho conosciuto alla festa» spiega brevemente mentre ci mettiamo in cosa per il pranzo.
«E...?» la incito.
«Niente, abbiamo parlato un po' del più e del meno. A proposito, tu dove eri scappata?»
«Ti ho mandato un messaggio» replico stupita «Pensavo ti fosse arrivato»
«Certo che mi è arrivato, ma voglio sapere con chi te ne sei andata» ribatte prendendo lo stesso sguardo malizioso che le ho rivolto poco fa.
«Non farti film mentali. Era solo Greg.» rispondo con un sorriso.
«L'amico di Lennox?» domanda lei mentre posa il vassoio per riempirlo di cibo.
«Sì, lui» 
Resta in silenzio un istante, ma l'unico commento che le esce poco dopo è:
«Stai attenta»
Poi si preoccupa del pranzo e la conversazione cade, lasciandomi una sensazione spiacevole nelle ossa.
Dopo aver mangiato, Clare sfugge per risolvere una questione che non riesco a cogliere nelle sue veloci parole, così rimango sola e per ingannare il tempo decido di  passeggiare per il giardino.
Trovo una panchina vuota  e mi siedo, facendo vagare lo sguardo per il cortile zeppo di studenti.
L'aria è fredda e pungente, ma brilla un flebile sole che scivolando sulla pelle riscalda quanto necessario per percepire una temperatura ideale.
D'un tratto sento dei passi avvicinarsi, così mi volto, certa che si tratti della presenza ormai immancabile di Greg.
Quando riconosco il volto di Simon devo sbattere due volte le palpebre per accertarmi di aver visto giusto.
«Ciao» dice lui mentre tento di sciogliere le mie labbra dalla paralisi in cui sono cadute.
Si siede sulla panchina senza essere invitato, ma qualcosa nel suo atteggiamento lascia intendere che è teso.
«Cosa c'è?» chiedo cercando di tranquillizzarlo.
Si passa la lingua sulle labbra, come un tic nervoso, poi risponde:
«Per la festa di sabato, volevo scusarmi. Io...penso di essermi comportato male, ho bevuto qualcosa e non ero lucido»
«Di questo me ne sono accorta» replico tentando di mantenere un tono freddo.
«Mi dispiace» aggiunge lui in imbarazzo.
Alla vista di Simon con quello sguardo così tormentato non posso far altro che sentirmi il cuore sciogliere.
"Non volevi essere cattiva?"
Voce! Voce! Sei tornata! Voce! 
«Non preoccuparti» dico rivolta verso il ragazzo, mentre nella mia mente continuo a cercare di invocare la vecchia compagna di avventura che invece sta ritornando a fare un indignato sciopero del silenzio.
«È tutto okay tra noi due, allora?» chiede Simon. Leggo l'incertezza nei suoi occhi nocciola screziati di intarsi color smeraldo.
Alzo le spalle:
«Direi di sì»
Il suo volto si apre in un grande sorriso:
«Bene, bene. Grazie di avermi ascoltato Luna»
«Figurati...» replico senza grande convinzione.
Continuando a sorridere, si alza in piedi e se ne va, inspiegabilmente allegro.
«Okay, anche Simon Cox è un tipo strano» dico tra me e me.
"Così disse quella che parlava da sola" 
Voce! Lo sai che mi sei quasi mancata?
Nessuna risposta.
Rassegnata, lascio la panchina e ritorno verso altre ore di lezioni, nonostante la mia mente implori di fuggire da quel luogo per andare a fare qualsiasi altra cosa.
 
«Bene Luna, molto brava»
Dischiudo lentamente le palpebre, rivelando la figura di Jim in piedi davanti a me, con le mani dietro la schiena.
I suoi occhi sorridono, tersi e come al solito le sue rughe si distendono quando è sereno.
«Mi sono sentita più padrona del vento, in effetti» ammetto e sciolgo la mia schiena dalla rigida tensione in cui è rimasta a lungo.
«L'ho sentito» concorda l'uomo «Il tuo potere si percepisce nello spazio, più consistente»
Annuisco, soddisfatta dall'obiettivo raggiunto.
«Può andare per oggi, Luna, hai faticato abbastanza»
«Grazie per avermi dedicato tempo» sorrido mentre mi alzo in piedi.
Jim si volta leggermente, mostrandomi il suo profilo.
«Mi stai per offrire un tè?» chiedo divertita.
Vedo le punte delle sue labbra tendersi verso l'alto.
«Sono così previdente?» è il commento che sfugge dalla sua bocca.
Sorridendo lo seguo all'interno della casa.
 
Il grande giorno arriva.
Martedì 31 ottobre trascorre nella trepidante eccitazione di ciò che accadrà nella serata. Ogni avvenimento della giornata pare sfumato nell'impazienza se confrontato all'evento che sto aspettando.
Dopo scuola mi chiudo in casa, misurando l'ambiente ad ampi passi, sempre più nervosa.
Quando sento squillare il mio cellulare, scatto, tesa, e solo dopo qualche minuto riesco a realizzare che devo rispondere.
«Luna!» esclama la voce di Will dall'altro capo.
«Ciao» rispondo «Perché mi chiami?»
«Non ricordi che stasera sei invitata a cena da me?» replica lui senza perdere allegria.
«Certo, certo. Non pensavo mi chiamassi»
«Mio papà passa alle 18.30, va bene?»
«Certo» ripeto ancora, tormentandomi una ciocca di capelli.
«Tutto bene?» chiede lui.
Esito un istante, quanto necessario per far intuire al ragazzo che la risposta alla sua domanda non è del tutto positiva.
«Sei preoccupata per stasera?» domanda ancora, con un sospiro.
«Un po' sì» ammetto, sollevata che se ne sia accorto senza farmi parlare.
«Non dovresti. Ti ho già detto che i miei genitori sono a posto, sul serio. Sono persone molto tranquille»
«Allora può dirmi che genere di abiti devo mettere?»
Dall'altro capo Will sbuffa sonoramente:
«Non ho mai capito il problema femminile del vestirsi. Tanto ti sta bene tutto»
Sento le mie guance scaldarsi:
«Vestirsi bene è segno di rispetto»
«Ti assicuro che non ti caccerò di casa se sei vestita con i colori scoordinati»
Will mi strappa un piccolo sorriso nervoso.
«Va bene, allora vado a prepararmi» dico lanciando uno sguardo all'orologio.
Il ragazzo scoppia a ridere:
«Luna, sono solo le 16»
«Ho bisogno di tempo! Quindi ti saluto. Ciao, a stasera!»
Lui ride ancora, provocando una fitta nel mio petto.
«A stasera» mi saluta allegro e solo quando sento riagganciare, allontano il cellulare dall'orecchio.
Ascolto il cuore battere all'impazzata per qualche istante, come persa nell'assurda contemplazione di qualcosa di molto più meraviglioso di ciò che la mente umana possa concepire.
Okay, mi dico, devi smetterla di ragionare come una ragazzina follemente cotta di un idolo.
Decido che è meglio mettersi a fare qualcosa, prima di impazzire per tutta questa tensione.
Faccio qualche compito, riordino la casa, rispondo frettolosamente ai messaggi dei miei genitori che chiedono come vada la scuola, senza accennare al fatto che non li sento da quasi due settimane.
Alla fine decido di indossare camicia con maglione e semplici jeans, per non sembrare né troppo elegante né troppo sciatta.
Sono pronta in anticipo, ma continuo a specchiarmi per controllare che vada tutto bene, così quando arriva l'ora, sono ancora in bagno per rifinire il trucco che ho deciso all'ultimo di applicare.
Sento qualcuno bussare alla porta e il mio cuore accelera ancora all'improvviso. 
Torturandomi nervosamente una ciocca di capelli, mi avvio verso l'ingresso.
Quando apro, sulla soglia compare un uomo alto, dagli zigomi affilati sormontati da occhi blu.
Sembra la versione più giovane e gentile di Benedict Lennox, a giudicare dal sorriso caloroso che mi rivolge.
«Luna?» chiede. Anche la sua voce è piacevole e suadente.
«Sono io» replico con un sorriso smagliante.
«Sei anche più bella di quanto mi immaginassi. Mi chiamo George»
«Piacere...» comincio, ma interrompe con un gentilezza:
«Nessuna formalità, sono solo il padre di un tuo amico. Andiamo?»
Annuisco e dopo aver chiuso la casa, lo seguo lungo la via principale del campus.
Sul fondo è parcheggiata una Jaguar nera d'epoca.
«Prego» dice George aprendo la portiera del passeggero.
«Grazie» 
L'uomo prende posto al mio fianco, poi mette in moto e parte con velocità.
Sobbalzo sul sedile, tesa in un silenzio imbarazzato.
«Allora...» comincia lui per sciogliere la situazione «Sei inglese, vero?»
«Sì, so che anche la madre di Will lo è»
Sorride con tenerezza:
«Sì, l'ho conosciuta durante un viaggio ed è stato un colpo di fulmine...ma tu probabilmente non avrai voglia di sentire i vecchi ricordi di un vecchio uomo»
«In realtà mi piace ascoltare le persone parlare» ammetto più rilassata.
«Ti piace solo il suono che producono o ascolti anche le parole?» chiede ironico.
Mi sciolgo in una risata leggera:
«La seconda»
All'improvviso George fa una svolta brusca e vengo schiacciata contro il finestrino dell'auto.
«Scusa!» esclama lui dispiaciuto «La mia delicatezza è quasi peggiore di quella di Will»
«È un così pessimo guidatore?» chiedo incuriosita, massaggiandomi la guancia che ha colpito il vetro.
«Ha a malapena fatto in tempo a prendere la patente che si è fatto rinchiudere nel Centro Rieducativo» commenta George tranquillo.
«Si è fatto rinchiudere?» ripeto tra me e me, con gli occhi persi sul paesaggio esterno.
Ci stiamo allontanando dalla cittadina, così cominciano a comparire lunghi campi più o meno incolti.
«Poteva scegliere tra quello e il rinunciare a fare la guerra contro mio fratello, porgendogli pubblicamente le sue scuse. Will è sempre stato un tipo orgoglioso che non accetta di essere sconfitto»
Rimango in silenzio, temendo di suscitare ricordi spiacevoli, e continuo a far scorrere gli occhi sul paesaggio campestre.
D'un tratto l'auto svolta e supera una cancellata che non avevo notato.
Ci immettiamo in un viale che serpeggia attraverso un giardino disseminato di alberi elegantemente curati come se fossero sculture artistiche.
Sotto all'auto scricchiola la ghiaia di un bianco splendente, in contrasto con il color smeraldo dell'erba.
Superiamo una serie alti pioppi e finalmente compare la fine del viale.
Davanti a noi si staglia un'imponente villa bianco sporco, stile Liberty, alta parecchi piani e resa ancora più maestosa dagli archi raffinatamente decorati che compongono la facciata anteriore.
Intorno alla costruzione si stende un giardino splendente, come se ogni filo d'erba fosse stato lucidato a mano e ogni foglia degli alberi fosse stata ritagliata con cura.
George si ferma sulla fine del viale, a qualche metro dalla scalinata che conduce alla porta d'ingresso.
«Vai pure, io intanto parcheggio»
Annuisco, senza parole, e scendo dall'auto.
Sento gli scricchiolii della ghiaia sotto la suola delle scarpe, mentre avanzo, strabiliata dal capolavoro di architettura.
Salgo impacciata i gradoni e trovo il portone aperto.
Sulla soglia sta un uomo con un papillon nero.
«Benvenuta signorina Luna» mi saluta appena entro «Eravamo tutti in attesa del vostro arrivo»
Ancora senza fiato, faccio scorrere gli occhi per l'ingresso.
Mi trovo in un locale ampio, su cui scende una scalinata, proprio davanti a me.
Il soffitto è affrescato, come se si trattasse di una chiesa del Rinascimento, e contrasta con il bianco delle pareti.
«Ciao» una voce riecheggia nell'ampio spazio.
Ne cerco la provenienza.
Sopra alla scalinata c'è una figura familiare. 
Will, scalzo, con addosso dei pantaloni sformati e una felpa troppo larga, mi guarda,.
«Ciao» dico tutto d'un fiato, continuando a guardarmi attorno:«Perché non me lo hai detto?»
Lui infila le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Dirti cosa?» replica «Che sono ricco sfondato? Pensavo ci fossi arrivata da sola.»
«Io...» comincio, senza fiato. Ogni angolo della costruzione catalizza la mia attenzione su di sé.
«Eccola qui, la nostra ragazza!» esclama una voce squillante, amplificata dall'eco dell'ingresso.
Dalla porta alla mia destra compare una donna alta, dai voluminosi capelli corvini e dal sorriso smagliante.
Il suo viso ha dei lineamenti che attirano subito l'attenzione, molto raffinati e simili a quelli di Will.
«Io sono Keira» mi saluta gioiosa «Sono così contenta che tu sia potuta venire!»
Finalmente la riconosco. È la donna che ho visto uscire dal Centro settimana scorsa.
«È un piacere mio essere stata invitata» rispondo gentile.
Keira mi si avvicina e mi abbraccia calorosamente.
«Non mi piacciono le formalità» sussurra allegra.
«Mamma, è appena arrivata, lasciala respirare» commenta Will scendendo dalle scale.
La donna mi lascia libera, ma continua a sorridere gongolante.
Poi mette a fuoco il figlio, avvicinato a noi:
«Aspetta, tu pensi di venire a cena conciato così? Anche se è Halloween nessuno ha detto che devi sembrare un mostro!»
Will sbuffa e fa roteare gli occhi, ma Keira gli tira uno  schiaffetto sul braccio:
«Corri a cambiarti! Veloce!»
Il ragazzo fa una smorfia, poi si volta e sale con svogliatezza le scale.
«Vieni Luna, andiamo in una stanza più confortevole» dice Keira con un sorriso e prende a braccetto.
M'irrigidisco leggermente, ma la donna non se ne accorge e mi conduce tranquillamene lontano dall'ingresso. Giungiamo in una sala arredata con colori più caldi, che pare essere una sala da pranzo.
Le lunghe finestre sono addobbate con voluminose tende scarlatte e i mobili sono in legno scuro, forse ebano.
Al centro c'è un lungo tavolo già apparecchiato per quattro solo in un angolo, ma Keira prosegue verso il fondo della stanza, dove sono sistemate alcune poltrone.
«Non è gentile sedersi a tavola quando non ci sono tutti i convitati e non è gentile far attendere in piedi un'ospite. Questo concilia le due cose» dice, invitandomi con un cenno a prendere posto sulla poltrona. Lei si siede su quella a fianco.
«Grazie per l'invito, prima di tutto» rispondo nervosamente. 
La donna sorride:
«Quando ti ho vista uscire dal Centro, ho subito pensato che fossi una brava ragazza e non ho saputo resistere alla tentazione di chiedere a Will di te. Lui ha solo confermato i miei sospetti»
«Davvero?» domando incuriosita, con le guance che si scaldano: «Posso chiedere cosa ha risposto, se non è indiscreto?»
Keira sorride ancora. Il suo sorriso è uguale a quello del figlio, contagioso e colmo di gioia sincera:
«Ti ha descritta con ammirazione ed interesse. Crede che tu sia intelligente, ma non saccente, bella, ma non arrogante»
«Sul serio?» esclamo sorpresa, ma soddisfatta dalla sua risposta.
La donna annuisce.
Il silenzio tra noi due non dura a lungo, perché si sente la porta della sala spalancarsi e dei passi rapidi avvicinarsi.
Io e Keira tendiamo il collo, per vedere George che ci viene incontro.
«Eccovi qui!» saluta l'uomo sfregandosi le mani «Dov'è Will?»
«L'ho mandato a cambiarsi, era impresentabile!» risponde la moglie con un leggero sbuffo.
Lui si china per lasciarle un bacio sulla guancia, poi prende posto sulla poltrona rimasta libera.
«Sembri nervosa, Luna» dice George guardandomi.
«Un po' lo sono. Non vi conosco e sono ospite nella vostra meravigliosa casa, quindi...» la mia voce si perde nell'imbarazzo.
L'uomo fa un sorriso rassicurante:
«La nostra casa mette in soggezione molte persone in effetti. È stato mio fratello a convincermi di costruirla così. Se Will ti ha detto anche solo poche parole su di lui, puoi ben immaginare che tipo di persona sia.»
«Will, si è...diciamo...lasciato molto trascinare nel descriverlo» commento, suscitando i sorrisi dei due.
«E dire che sono stato anche gentile» dice la voce nitida del ragazzo.
Ci voltiamo tutti e lo vediamo in piedi, davanti al tavolo.
Ha indossato una camicia e dei pantaloni più eleganti, anche se i capelli sembrano anche più arruffati di prima.
«Il meglio di te lo hai dato in tribunale, infatti» replica suo padre alzandosi in piedi: «Aspetta, com'è che avevi detto...ah, già: "insormontabile porco capitalista privo di una qualsiasi moralità dedito solo alla salvaguardia del proprio culo bastardo". Lì hai raggiunto proprio l'apice»
«Ho scelto con cura le parole, grazie» ribatte ironico Will, con un sorriso divertito stampato sulle labbra.
George ci invita a prendere posto a tavola e tutti obbediamo con entusiasmo.
«Ti avevo avvertito che dopo questa cena non vorrai mai più vedere qualcosa alla zucca, vero?» mi dice Will, sedendosi al mio fianco.
Keira, dall'altra parte del tavolo, gli scocca un'occhiataccia:
«Mio caro, se la cena non è di tuo gradimento,  puoi sempre portare il tuo sedere ribelle fuori da questa stanza.»
«Stavo scherzando!» ride lui.
«Sarà meglio per te» ribatte la donna, ma poi scoppia anche lei a ridere.
La cena comincia con allegria e semplicità, come non mi sarei aspettata.
George e Keira mi fanno domande gentili, ma non invadenti.
 «Sei inglese, giusto?» domanda la donna.
Annuisco.
«Dall'accento si direbbe del sud»
«Sì, casa mia si trova poco distante da Londra» rispondo con un sorriso.
Io e Keira chiacchieriamo della nostra patria, scambiando pareri entusiasti, come se fossimo sorelle ritrovate dopo lunghi anni.
«La cena è squisita, comunque» dico immergendo il formaggio sulla forchetta nella salsa di zucca.
«Visto?» la donna di rivolge a Will.
Lui sbuffa, poi commenta:
«Io e papà abbiamo un altro parere»
George annuisce, ma quando la moglie si volta a guardarlo, si paralizza e le rivolge un sorriso smagliante.
«Ti ho visto!» esclama Keira «Non puoi mentirmi!»
Lui addolcisce lo sguardo e la fissa negli occhi:
«Zollettina mia, sai che tutti noi amiamo la tua cucina, ma una cena intera, a base di zucca...»
«Da domani digiunerete allora, ingrati che non siete altro!» esclama la donna concitata.
Mi lascio sfuggire una risatina soffocata dal tovagliolo.
«Non ridere delle nostre disgrazie!» esclama Will con un'espressione tragica.
«Credo che ognuno sia artefice delle proprie disgrazie» commento.
«Vuoi zittirmi con una frase colta, signorina Leach?» replica con un sorriso sornione.
«So perfettamente che in quanto a cultura, ho poche possibilità di vincere» 
«Non sottovalutarti così» dice Will sorridendo.
Rigiro la forchetta sul piatto: «Non mi sono sottovalutata, ho detto che non vincerei, ma non che non raggiungerei il tuo livello»
«Acuta la signorina»
Alzo distrattamente lo sguardo su Keira e George. Si stanno lanciando occhiate complici e ammiccanti.
Mi raddrizzo, con le guance arrossate e riprendo a mangiare lasciando cadere la conversazione con Will.
«Potete continuare, non fate caso a noi!» dice la donna zuccherosa.
«Anche se seguissi il tuo consiglio resterebbe il fatto che tu ci sei, mamma, e non posso ignorarti del tutto» ribatte il ragazzo.
Lei sorride e la cena prosegue nel più piacevole dei modi.
Il piatto finale è una crostata di zucca, che nonostante le previsioni dei due uomini di casa, è molto buona. 
«Andate pure ragazzi» dice Keira alla fine «Così potete chiacchierare tranquillamente tra di voi» 
Il suo sorriso sembra ammiccare.
Will non risponde, ma mi prende per un braccio dicendo:
«Forza, togliamo il disturbo!»
«E Luna, mi raccomando: controlla che il mio bambino non si metta a fumare!» grida Keira dalla sala da pranzo, mentre noi siamo già tornati all'ingresso.
«Se solo ci provi, William, stanotte dormi in giardino!» si aggiunge la voce minacciosa di George.
Il ragazzo scoppia a ridere e continua a tirarmi su dalle scale.
Qualche minuto più tardi ci troviamo all'ultimo piano dell'enorme, in una grande stanza che sembra essere la camera da letto di Will.
La maggior parte dello spazio è vuoto e tutti i mobili sono concentrati in un angolo, composti essenzialmente da letto, libreria, armadio e una lunga scrivania.
Io e il ragazzo ci troviamo dalla parte opposta rispetto alla porta d'ingresso, affacciati al davanzale della finestra aperta.
Will tiene tra le dita sottili una sigaretta accesa.
«Ho completamente fallito nel mio compito» commento sporgendomi all'esterno.
Scorgo una tettoia coperta da tegole qualche metro più in basso e ancora più in giù il giardino scuro.
«Se non era tua intenzione impedirmi di fumare allora non devi sentirti delusa» ribatte Will espirando una nuvola di fumo. La osservo perdersi nel buio della notte, poi rimango immobile a fissare il ragazzo.
È tranquillo, ma comunque nella sua espressione si percepisce una perenne tensione, manifestata dagli angoli della bocca tirati.
Tiene le maniche risvoltate di qualche centimetro sopra i polsi, così da rivelare i tatuaggi che poi si arrampicano sotto la stoffa leggera della camicia.
«Mi stai fissando» dice con un sorriso tirato.
«Ti sto analizzando, è diverso» lo correggo senza riuscire a trattenere una punta di divertimento nella voce.
«E cosa hai dedotto, signorina Leach?»
Mi sollevo, per poterlo guardare meglio.
«Ho capito che non sei rilassato, o almeno non del tutto. Ma il tuo sorriso è strano, così...» m'interrompo un istante, concentrata «Così autentico...e non capisco perché»
Will sbuffa, liberando il fumo che gli era rimasto tra i denti.
«Perché il mondo mi diverte» è la risposta «Mi fa ridere, la gente, nel suo modo di atteggiarsi all'interno di un mondo così assurdamente adattato ai propri scopi che tentano di influenzare le scelte degli altri»
«Io...» cerco di concentrarmi sulle sue parole, per elaborarle.
Will sorride:
«Credo che tu ce la possa fare, Luna»
«Fare che cosa?»
«Staccarti dagli altri e decidere di testa tua. So che può sembrare una banalità, ma ci ho impiegato quasi diciotto anni per imparare a farlo»
Sorrido:
«Mi piace il tuo modo di pensare»
«Mi piace che ti piaccia» ribatte lui ridendo «Gli altri dicono che sono fuori di testa»
«Sono solo invidiosi» commento divertita.
Will si volta verso di me e i suoi occhi brillano contro il nero della notte.
Sento il suo respiro che sa di fumo accarezzarmi il viso.
Trattengo il fiato.
Dei colpi secchi sulla porta della camera fanno sobbalzare entrambi.
Il ragazzo spegne in fretta la sigaretta e chiude la finestra, mentre io vado ad aprire.
«Ciao Luna, anche tu guardi un film horror con noi?» saluta Greg sorridente sulla soglia.
Sgrano gli occhi e mi volto verso Will.
«Potrei aver omesso un dettaglio» commenta lui sfuggente.
Sollevo le sopracciglia: «Un dettaglio inconsistente, se non fosse per il fatto che non ho la minima intenzione di guardare un horror»
Will fa un sorrisetto: «Hai paura?»
Poso le mani sui fianchi: «Sissignore e tu non potrai convincermi!»
«Tu credi?»
«Non ho motivi per supporre il contrario» 
Greg fa saltare lo sguardo tra me e il ragazzo, come se non capisse da che parte penda questa battaglia verbale.
Will si avvicina rapido, ma senza fretta.
«Ti assicuro che non avrai paura» mi dice con tono solenne «Ti proteggeremo io e Greg»
Sollevo ancora le sopracciglia.
«Il ragazzo che mi ha aggredita con una pistola e quello che lo ha mandato, adesso sì che non ho nulla da temere» commento sarcastica.
Will si porta una mano sul cuore e sgrana gli occhi del colore dei lapislazzuli.
«Così mi ferisci, signorina Leach!»
«Non cederò!» informo risoluta.
Il ragazzo spalanca i suoi occhioni.
Le ginocchia mi si fanno molli. Il mio cuore accelera di colpo.
E qualche minuto più tardi mi ritrovo schiacciata tra Greg e Will, su un divanetto in una piccola sala, mentre dallo schermo del televisore compare il titolo del terrificante film che i due hanno deciso di vedere.
Mi è stato concesso di tenere una coperta, forse nel tentativo di sedare il mio broncio, e ho ferreamente deciso di non lasciarla, anche se qui sotto c'è un caldo soffocante.
I suoni del film mi giungono ovattati, così dopo un po' comincio ad assopirmi.
«Toc toc» mi sussurra una voce sul volto.
Spalanco gli occhi all'improvviso e trovo il viso di Will nella penombra sotto la coperta.
«Cosa ci fai qui?» chiedo con gli occhi sbarrati.
«Mi assicuro che tu non ti addormenti» risponde e le sue labbra si tirano verso l'alto.
Il suo volto è così vicino! Nel suo fiato c'è un vago sentore di fumo che si sta affievolendo. Mi basterebbe avanzare di due centimetri e le nostre labbra si abbraccerebbero.
Resisti! m'impongo con tutte le forze.
«Fallirai allora» commento con un sorriso tirato.
Will sorride, poi sento le sue dita colpirmi sullo stomaco.
Scoppio in una risata isterica, dimenandomi sul divano. 
«Proprio adesso dovevate giocare a farvi il solletico!» brontola Greg «Hanno beccato l'assassino»
«No! Voglio tornare sotto la coperta!» grido, ma una nuova risata mi scoppia dal petto.
Cerco di replicare al solletico, ma perdiamo l'equilibrio e rotoliamo giù dal divano, sul tappeto.
Greg sbuffa vistosamente.
Riesco a bloccare il ragazzo per un polso, ma lui continua ad attaccarmi sui fianchi.
Con l'altra mano tento di colpirlo e anche lui scoppia a ridere.
Rotoliamo l'uno sopra l'altra fino a scontrarci con il mobile che sorregge il televisore.
Will si lascia sfuggire un gemito e io ne approfitto per bloccargli anche l'altra mano.
«Arrenditi!» grido vittoriosa.
Lui ride ancora, col fiato corto.
Solo ora mi rendo conto che sono praticamente sdraiata sul ragazzo,con la guancia premura sul suo collo.
«Se volete esco, non c'è problema» commenta Greg sarcastico.
Balzo in piedi col volto infuocato.
«No, no!» esclamo con voce forse troppo squillante.
Will rimane sdraiato per terra, sorridendo tranquillo.
Non riesco a resistere e scoppio ancora a ridere.
 
«Ti sei divertita?»
Alzo lo sguardo su Will appoggiato al davanzale della finestra spalancata.
Ormai è passata la mezzanotte e l'aria che entra nella stanza è fredda e pungente.
«Sì, molto. Forse Greg un po' meno» dico sorridendo.
«Anche a lui è piaciuta la serata, non preoccuparti»
Faccio correre lo sguardo intorno a me: «È meglio che torni a casa adesso»
Will mi guarda stupito.
«Be', è tardi e non voglio disturbare ancora...» tento di spiegarmi.
«Luna, pensavo avessi capito. C'è una stanza libera per te, non è necessario che tu torni a casa ora»
Rimango immobile, interdetta.
«Se tu solo provassi a lasciare questa casa, mia mamma ti inseguirebbe e ti segregherebbe qui dentro.»
«Will...» comincio.
«Tranquilla, non verrò a disturbare i tuoi sogni stanotte» dice in un sussurro.
Come improvvisamente attratta dalla sua voce, avanzo verso di lui.
«Devo interpretarla come una cosa figurata o più concreta?» chiedo, ormai di fronte alla finestra.
«Quello che ti piace di più»
Sorrido, poi succede.
Il ragazzo mi prende per i fianchi e mi attira verso di sé.
Sento le sue labbra premere contro le mie e tutto sparisce, tutto perde importanza.
 
«Ragazzi?» chiama la voce di Keira fuori dalla porta.
Sobbalzo leggermente, ma sento Will posarmi una mano sui capelli.
Sono appoggiata al petto del ragazzo, sul suo letto e stiamo sfogliando un album di famiglia.
«Entra pure» risponde il ragazzo.
Mi metto seduta e continuiamo a sfogliare le foto distanti almeno mezzo metro l'uno dall'altra.
«Ciao» dice la donna entrando «Che carini, state guardando Will quando ancora non pensava a conformismi e ribellioni»
«Era un bambino bellissimo» replico con un sorriso.
«Non pensi che lo sia anche ora?» chiede Keira affettuosa.
«Un bambino? Forse sì» rispondo e la donna scoppia a ridere.
Il soggetto della nostra conversazione pare non gradire di esserne escluso, così ci interrompe:
«Mamma, hai un pigiama e dei vestiti per Luna? Non sapeva di essere costretta a dormire qui»
Keira sorride: «Certo, vieni con me»
Lascio il letto, poi la stanza e seguo la donna fino al piano inferiore.
Attraversiamo un corridoio infinito, fino a giungere in una camera da letto grande quanto quella di Will, ma molto più elegante e raffinata.
C'è un letto a baldacchino, di fronte ad un caminetto spento e molti mobili in legno scuro sparsi qua e là in modo accorto.
Keira apre una porta di fronte a quella da cui siamo entrate e  fa cenno che mi avvicini.
«Credo che abbiamo la stessa taglia, quindi prendi quello che vuoi»
Avanzo titubante e quando lancio uno sguardo nella stanza successiva, rimango strabiliata.
Si tratta di una cabina-armadio, che più che altro è una sala-armadio.
Sulla parete destra sono appesi in ordine di colore numerosi abiti, mentre su quella sinistra sono piegati su lunghe mensole.
Rimango incerta sulla porta, ma la donna mi esorta a scegliere quello che voglio.
Opto per un pigiama comporto da pantaloni stretti e maglia larga, e un cambio per domani di jeans e maglione.
«Sei una persona molto semplice» commenta Keira «Mi piaci»
Arrossendo, faccio un leggero cenno di ringraziamento.
Una decina di minuti più tardi, ritorno nella camera di Will, con addosso il pigiama.
«Ehi» mi saluta lui aprendo la porta «Sentivi già la mia mancanza?»
«Avevo voglia di chiacchierare un po' con te» rispondo sorridendo.
Lui mi fa entrare e ci sediamo ancora sul suo letto.
«Sei felice, Luna?» chiede d'un tratto.
Scruto i suoi occhi blu. Paiono tersi, come se non nascondano nulla, o meglio siano bravi a farlo credere.
«Sono dell'idea» comincio nervosa «Che la felicità sia un attimo effimero, che l'uomo tenterà per tutta la vita di raggiungere, ma senza poterne godere a pieno»
«Allora perché provare a cercarla?» domanda lui.
È interessato, lo si capisce dalla posa che ha assunto: ritto, pronto a captare ogni suono.
«Perché...perché questa ricerca è lo scopo della vita, senza il quale non avrebbe senso.» faccio un istante, cercando una sua reazione, ma ad eccezione del leggero sorriso perenne, non lascia trasparire nulla.
«E tu cosa ne pensi?» chiedo allora.
Will non risponde subito. Prende tempo, rigira le parole sulla punta della lingua, come assaporandole. Quando capisce di aver creato la giusta composizione, dice:
«Il mio parere personale è che la vita sia intrisa di felicità, in ogni suo istante e che stia nella capacità di ogni uomo, riuscire a coglierla sempre. Difficile, no?»
«Secondo il tuo ragionamento, quindi, anche ora c'è della felicità, giusto?»
Il ragazzo annuisce: «Certo, ma solo per chi sa coglierla»
«E come si fa a trovarla?» lo incalzo incuriosita.
Will abbozza un sorriso divertito: «Bisogna sentire la sofferenza e ricavarne una capacità di amare la vita ancora più grande. È per questo che dico che è difficile , non tutti lo sanno fare»
Incrocio le gambe vicino a me, sulle coperte del letto, pensierosa.
«Sei triste, Luna?» 
Lo guardo ancora. Ha un volto incredibilmente serio.
«C'è sempre e irrimediabilmente della tristezza nell'animo umano.»
Sorride e i suoi occhi brillano.
«Da cosa è data la tua tristezza?» mi chiede.
«Dal passato» rispondo senza esitazione.
«Da ciò che hai vissuto?» domanda ancora.
Annuisco.
«Però in ogni cosa rimane un briciolo di consolazione. Adesso non sei del tutto felice, ma pensa a ciò che hai, qui e oltreoceano»
Faccio una smorfia: «In Inghilterra c'è solo la mia famiglia, con cui non mi trovo comunque bene»
Will sbuffa: «Avrai pur degli amici...»
Stringo gli occhi e scuoto il capo, mentre mi si forma un groppo alla gola.
«Migliore amica?» ritenta lui..
Faccio ancora cenno di no.
«Mi stai dicendo che non hai mai avuto una migliore amica?» 
«L'avevo» rispondo con voce flebile e lo sguardo basso.
Will sospira, come se si fosse accorto dell'aria pesante che è piombata su di noi.
«Mi interessa la faccenda, ma non voglio che tu ti senta costretta a parlare. Se vuoi sono pronto ad ascoltarti»
Mi torco le mani nervosamente.
«Se vuoi sopportarmi posso parlarne» mormoro nervosa.
«Va bene, ma procediamo con cautela, okay?»
Annuisco: «Fai tu le domande»
«Quando è stata l'ultima volta che le hai parlato?» chiede Will con circospezione.
Abbasso le palpebre.
«Tre anni fa»
Il ragazzo pare sorpreso dalla risposta, ma tenta di non darlo a vedere.
«Perché avete smesso? Di chi è stata la colpa?»
«Di nessuna di noi due» rispondo e chiudo gli occhi caldi di lacrime.
«Non è stato a causa di un litigio?»
Scuoto il capo.
«È qualcosa di irrimediabile?» la voce di Will si fa stranamente esitante.
Annuisco e una lacrima mi riga il volto: «Sì, se n'è andata per sempre»
 
 
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Ciao a tutti! Mi scuso, prima di tutto, per il ritardo assurdo con cui pubblico il capitolo. Spero che vi sia piaciuto, ma per saperlo ho bisogno delle recensioni, quindi recensite!
Cercherò di aggiornare il prima possibile:)
Alla prossima
Lux
   
 
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