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Autore: Nightkey    29/11/2014    0 recensioni
GERZA!
Dal capitolo uno: E quando giunse sulle sponde di un limpido fiumiciattolo fu allora che la vide.
Gerard sbatté più volte le palpebre, come a volersi assicurare che ciò che stava guardando fosse reale. Ad un tratto tutte quelle leggende che circolavano sulla foresta gli parvero vere. Davanti lui c’era una donna. [...]. Una lunga cascata di boccoli scarlatti le ricadeva fin sotto le spalle, sulla schiena da cui spuntavano fuori due grandi ali piumate.L’archeologo fece per fare una fotografia quando lei parlò.
- Non lo farei se fossi in te. – lo rimproverò la donna continuando ad esaminare il terreno sotto i suoi piedi.
Erza e Gerard, un angelo e un semplice archeologo, legati da un tremendo destino. Cosa accadrà quando i due, provenienti da due mondi così diversi, si ritroveranno a combattere fianco a fianco una minaccia che vuole distruggere il mondo così come noi lo conosciamo? E se i due si innamorassero, Erza rinuncerà alla sua natura angelica per stare con un comune mortale?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wendy affondò il viso bagnato fra le sue due mani e cominciò a ridere istericamente. Gettò la testa indietro e si strinse fra le braccia ridendo ancora più forte, più nevroticamente chiedendosi per la ventesima volta quella giornata come fosse finita in quel posto, in quella situazione: chiusa in una lurida cella, incatenata ad un angolo della stanza con delle catene speciali che la bruciavano, lì dove entravano in contatto con la sua pelle angelica, col viso sporco di sangue e bagnato dalle sue lacrime, con le sue ali piumate separate dal suo esile corpo. Tutta colpa di quel ragazzo! Se quel giorno non si fosse fermata ad aiutarlo, se solo si fosse accorta delle sue cattive intenzioni in tempo, adesso non si troverebbe in questo pasticcio, avrebbe ancora le sue ali ma… dopotutto che colpa ne aveva? E’ della sua natura aiutare il prossimo, è il suo lavoro.
Smise di ridere, affondo la testa fra le sue ginocchia e ripensò ancora una volta a quel giorno, il giorno in cui tutto per lei mutò.
 
Wendy stava volando alta nel cielo fra le candide nuvole. Le grandi ali piumate sollevavano il suo esile corpo, librandola in aria, sempre più in alto, mentre la gelida brezza d’aria le accarezzava il viso e le scompigliava i lunghi capelli blu. I caldi raggi del sole le scaldavano la morbida pelle color latte.
Nel frattempo stava osservando con i suoi occhi marroni la Terra, osservando le lunghe distese di verde dei boschi, l’azzurro dei mari e fiumi, i variopinti fiori, il marrone dei monti. Adorava ammirare la bellezza della Terra, così pura ed incontaminata… O almeno così pensava prima di incontrare lui.
Sorvolando l’antica foresta, l’attenzione della ragazza era stata attirata da un grido d’aiuto. Un bambino, con le spalle schiacciate contro la corteccia di un albero e le mani alzate davanti al viso in segno di difesa, stava gridando. Davanti lui tre lupi dal mantello nero con i denti digrignati stavano avanzando verso lui, inspirando l’odore del terrore e assaporandone già il dolce gusto.
E quando i tre lupi furono in procinto di saltare ed addentare il collo del ragazzo, Wendy piombò giù dal cielo colpendo i lupi con le sue ali. Atterrò davanti loro, giunse le mani all’altezza del petto e socchiuse gli occhi. Il suo corpo fu rivestito da una luce dorata che ferì gli occhi dei lupi. Quelli, fiutando il pericolo, si diedero alla fuga.
La ragazza poi si voltò a guardare il ragazzo. Poteva avere all’incirca quindici anni, non era molto alto né tanto basso, era abbastanza magro da mostrar, in alcuni tratti del suo fisico, le ossa. Lunghi capelli scuri gli ricadevano scompigliati sugli occhi scuri, la bocca spalancata per lo stupore, le guance ancora arrossate per il precedente terrore. Indossava un paio di pantaloni lunghi fino al ginocchio, in tinta con il gilè blu che portava sopra una canottiera bianca. Al collo, nonostante in quei giorni avesse fatto molto caldo, portava una sciarpa arancio. Il ragazzo stava ansimando.
-Ciao! Qual è il tuo nome? – chiese Wendy. – Adesso calmati, se ne sono andati. Non ti daranno più fastidio.
-R-romeo… - rispose lui sussurrando. Respirò.  – Cosa sei? Perché hai… - il ragazzo indicò lei ali della ragazza- quelle?
Wendy ridacchiò. – Mmh, ti riferisci alle mie ali? Io sono un… - si zittì subito quando vide il ragazzo cadere a terra e stringersi al petto il ginocchio. Una brutta ferita percorreva la gamba di quello. Il suo volto contratto in una smorfia di dolore.
Wendy gli si avvicinò. – Lascia fare a me. – Socchiuse gli occhi e posò delicatamente le mani sulla ferita. Una luce azzurra uscì dalle sue mani e in poco il dolore, assieme al taglio, sparirono.
-Grazie…
-Io sono Wendy, dodicesimo angelo della squadra di Fairy Tail, protettrice della Terra dell’Ovest. Io e i miei compagni siamo angeli guerrieri con una missione: difendere e proteggere la terra da qualunque minaccia.
-A- angeli? S- squadre? Quindi ce ne sono altri come te?
Lei annui.
-Oh… interessante. – Il viso di Romeo si incupì improvvisamente. Wendy cominciava a percepire intorno al ragazzo una strana aura. – E avete tutti dei poteri, giusto?
-Beh… si. – la ragazza fece un passo indietro. C’era qualcosa nell’espressione che il ragazzo aveva assunto che non le piaceva. Il suo volto era contratto in un ghigno che non le piaceva affatto. Nella sua testa stava cominciando a farsi largo l’idea che quel ragazzo forse non fosse del tutto indifeso. Che forse la scena di prima, altro non era una semplice recita per attirarla lì. – Io… devo andare adesso. È stato un piacere conoscerti, Romeo.
-Aspetta io… - Romeo afferrò Wendy per le spalle e la strinse a sé.
Gli occhi di Romeo si tinsero del colore del sangue. Nel punto in cui il ragazzo le stringeva la pelle, la ragazza la sentiva ardere come se le stesse andando a fuoco. Wendy gridò e provò a liberarsi ma la presa era sorprendentemente troppo forte. Continuò allora ad urlare, cercando di attirare l’attenzione di uno dei suoi compagni, gridò finché ne ebbe la forza prima di addormentarsi.
Quando si era svegliata si era ritrovata chiusa in quella fetida cella privata delle sue ali. Aveva gridato al ragazzo di liberarla ma lui aveva risposto che non l’avrebbe fatto, che la sua presenza era necessaria per il piano della sua padrona. La ragazza  aveva chiesto perché, ma lui aveva cominciato a frustarla, intimandole di tacere, con una catena di acciaio nero, la stessa con cui era incatenata, la stessa che le bruciava e corrodeva la pelle, la stessa che le impediva di utilizzare la sua magia.
Da quel momento non aveva più proferito parola. Aveva paura di ricevere alti colpi. Non li avrebbe sopportati.
Tutto quello che le rimaneva adesso non era altro che attendere l’arrivo dei suoi compagni. Si domandava se si fossero già accorti della sua assenza, se sapessero dove cercarla, anche se nemmeno lei sapeva per certo dove si trovava, se e quando fossero arrivati.
Wendy si rannicchiò su se stessa e chiuse gli occhi pregando che qualcuno la venisse a salvare al più presto.
  
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