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Autore: Fiore Blu    29/11/2014    1 recensioni
C'era una luna mezza piena quella notte.
Tremavo,ma non per il freddo.
Poi lo sentii arrivare. Lentamente.
Quando uscì dalla boscaglia,finalmente riuscii a vederlo in volto.
Quel volto.
Tanto familiare,quanto sconosciuto.
Non mi stancavo mai di guardarlo.
La pelle diafana alla luce della luna sembrava fatta d'argento.
Gli occhi turbati, ma sempre profondi,bellissimi.
Era inumanamente stupendo come al solito e anche se sapevo ciò che era realmente, ogni volta, ogni singola volta, la vista delle sue ali era un regalo di cui gli ero profondamente grata.
Si fermò a pochi centimetri da me.
Mi guardava come se sapesse ciò che stavo per dirgli.
Poi parlò.
- volevi vedermi? Sono qui- lo disse in modo freddo come al solito ma gli tremava la voce.
- io ...- non mi uscivano le parole. Ma io dovevo pronunciarle per liberarlo da quella specie di maledizione che lo perseguitava. Dovevo liberarlo da me stessa.
- ... non voglio più essere un peso per te, voglio ...-
mi posò due dita sulle labbra impedendomi di finire.
Poi in silenzio mi baciò,avvolgendo i nostri corpi con le sue ali morbide e argentee.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Salve alle mie amate lettrici e lettori, nel caso ce ne fossero!
volevo informarvi che ho deciso di cominciare a pubblicare qualche cap del seguito di ali d'argento. ora sono all'università per cui non ho molto tempo, però ho già pubblicato il prologo di ali d'argento 1, riscritto, migliorato e corretto... per chi volesse passare... e qui di seguito eccovi il primo capitolo della continuazione.
spero che leggerete numerosi e mi farete sapere cosa ne pensate.
<3 la pubblicazione dei cap rivisti e migliorati del primo libro verranno segnalati nei nuovi cap del secondo libro che posterò, perchè li modificherò soltanto.
un bacione a tutti.
Fiore.
<3




Capitolo 1
Senza di te
 
 
 
 
 
SEIRA
 
 
I miei occhi si spalancarono nella notte, perforando l’oscurità come fari.
Un urlo gutturale e straziante si era liberato dal mio petto, rompendo il silenzio tombale che popolava la mia camera da letto in casa Winter.
Ero infreddolita e sudata, e immagini ancora confuse, ma pur sempre familiari, mi scorrevano nella mente.
Il mio cuore batteva forte, scuotendomi e facendomi ansimare.
Passi.
Frettolosi passi, sempre più vicini e poi una voce familiare e preoccupata: «Seira!» Maria entrò improvvisamente, catapultandosi sul mio letto con un balzo.
«Ancora brutti sogni?» domandò prendendomi tra le braccia forti e sottili.
Mi stringeva come una sorella maggiore, come... una madre.
«Va tutto bene» sussurrò. Poi iniziò a cullarmi, mentre le solite fastidiose lacrime scendevano, calde e silenziose a rivoli.
Di solito piangendo riuscivo a liberare il mio cuore, almeno per un po’, ma in quel momento...
Erano passati quasi due mesi da... e io non facevo altro che perderlo ancora e ancora, ogni notte, senza poter fare nulla di più che guardarlo spegnersi sotto i miei occhi, tra le mie braccia impotenti.
«Seira...» soffiò Maria, dopo un po’, come se stesse per esplicare qualcosa su cui si era fermata a pensare molto tempo «… sei sicura di non volere che ti cancelli i ricordi?» la voce suonava indecisa, come se stesse confessando qualcosa di segreto e inaccettabile.
Mi irrigidii all’istante, innervosita solo dal fatto che avesse pensato una cosa simile.
No.
Scossi il capo, guardandola torva e poi mi scostai debolmente da lei.
«Hai ragione, scusami» asserì e mi accarezzò la testa.
Sorrisi.
Non dovevo arrabbiarmi con lei.
Non potevo arrabbiarmi con lei.
Non sarebbe stato giusto.
Maria nelle ultime settimane si era comportata diversamente con me. Era cambiata, era diventata più gentile e premurosa.
Conoscevo fin troppo bene i suoi sentimenti per il mio angelo, sapevo quale tipo di legame c’era tra loro e perciò comprendevo perfettamente i suoi sentimenti nei miei confronti.
Gelosia, invidia e astio avevano sempre contraddistinto i suoi sguardi silenziosi, mentre i suoi occhi si posavano su me.
L’ultima lacrima rigò la mia guancia destra, e poi caddi di nuovo in un sonno profondo e agitato, popolato dal mio incubo.
Avrei tanto voluto essere in grado di sopravvivere senza dormire, ma sapevo che era davvero un desiderio irrealizzabile.
 
Al mio risveglio, avvenuto comunque di soprassalto, Maria non era più al mio fianco. Aveva lasciato un biglietto sul comodino, vicino alla radiosveglia che segnava ancora le sei del mattino.
 
Vado in ricognizione, torno presto.
 
La sua scrittura spessa ed elegante, troneggiava sul foglio bianco, e ricordi dolorosi, mi affollarono la mente per un secondo.
Mi presi la testa tra le mani.
No.
Non volevo piangere ancora, nonostante il bisogno impellente di farlo fino a non avere più lacrime. Mi segnava profondamente, indebolendomi ogni giorno di più.
Qualcuno bussò alla porta.
«Buongiorno signorina Seira...» Erik entrò nella stanza con un vassoio stracolmo di roba, seguito da Maria, che probabilmente era appena tornata dalla sua “ricognizione”. Lei sorrideva «… spero abbiate appetito, perché credo di aver un po’ esagerato con... ecco... ho cucinato per un reggimento!» sorrise mesto, cercando di non farmi vedere la profonda tristezza mista a disperazione che provava.
Aveva cucinato per due, come d’abitudine, e sapevo perfettamente chi era la persona che non avrebbe potuto mangiare la sua colazione.
«Buongiorno Erik. Grazie, cercherò di mangiarne il più possibile» mentii. Il mio stomaco non toccava nulla di sostanzioso da settimane.
Ma la verità era che non avevo affatto voglia di mangiare, non perché volessi fare la fame, ma perché il mio stomaco si rifiutava di accettare qualsiasi alimento, come se il mio corpo volesse disperatamente appassire.
Anche io volevo appassire.
Ma avevo fatto un promessa, e dovevo mantenerla.
«Come vi sentite stamattina?» domandò premuroso il maggiordomo.
«Meglio» sorrisi, ma era una bugia. Mi sentivo sempre peggio.
«Perché non scendi di sotto? Possiamo guardare insieme la tv!» propose gentilmente Maria «Oppure se te la senti... possiamo andare al mare!».
Sorrisi, poi declinai la sua offerta.
«No, grazie. Credo che leggerò un po’, voglio andare in biblioteca, voglio cercare notizie su...».
«Biblioteca? Sei seria? Se vuoi sapere qualcosa, ti basta chiedere a me!» ammiccò.
«Beh, in realtà, vorrei stare sola» dissi. Lei mi fissò per un po’, poi annuì.
Erik mi aiutò a scendere le scale, e poi mi accompagnò in biblioteca, lasciandomi dopo avermi liberato la scrivania.
Venni avvolta dall’odore della carta, e la sensazione di trovarmi in un luogo in cui lui era stato in passato, mi face sentire un po’ meglio, come se la paura di poter dimenticarlo, un giorno, fosse spazzata via dai luoghi e dalle cose che gli erano appartenute.
Dalla Scrivania, Erik aveva tolto un grosso volume antico, con la copertina amaranto, un po’ consumata dal tempo, su cui vedevo scritto “DUX” capo, re.
Scostai lo sguardo, colta dal dolore.
Prima della sua partenza, stava studiando come essere un buon re, ne ero certa, e pensare a tutto il male che gli era stato fatto...
Presi il libro tra le mani e annusai il suo odore, in cerca di un frammento di lui.
Niente.
Abbracciai il libro, e poi mi accasciai sul tavolo di legno di ciliegio scuro, abbandonandomi al pianto.
Lì almeno ero sola, e nessuno mi avrebbe detto di smettere.


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spero che vi sia piaciuto e che ne vogliate ancora !!! 
fatemi sapere.
buon weekwnd a tutti
<3
  
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