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Autore: germanjj    29/11/2014    5 recensioni
Inizia durante le riprese della quinta stagione di Supernatural. Inizia con Jensen che ha degli incubi e Jared che cerca di essere un buon amico con lui. Inizia con due ragazzi che si ritrovano ad un punto di svolta: con uno che si sente come se la sua vita venisse ribaltata sotto sopra e con l’altro, che non è in grado di fare nulla se non restare a guardare… ma questo non si avvicina minimamente a quello che succederà alla fine.
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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N.d.T

Rieccomi qui, scusate per il tremendo ritardo nel postare il nuovo capitolo. A parte un periodo molto impegnativo sul lavoro che ha fatto allungare molto i tempi, ci si è messo anche il problema di come comporre un capitolo che sarebbe impossibile postare efp per le regole che si riferiscono alle storie che riguardano l’incesto.

Potrei aprire una lunghissima discussione sul fatto che la storia riguarda Jared e Jensen che non sono fratelli, ma è impossibile (anche per come è scritta la parte che segue) non ammettere che si tratta alla stesso tempo di Sam e Dean che invece sono chiaramente fratelli. In questo mondo parallelo non c’è nessun legame di sangue tra di loro, eppure la forza di questa storia è proprio il fatto che Jensen e Jared sono le reincarnazioni dei Winchester e che tutto si basa sul tabù dell’incesto che li teneva bloccati (in modo inconscio) nella vita precedente, così come li ferma (coscientemente) in questa nuova vita.

Potete capire come questo dilemma abbia incasinato alquanto tutta la situazione e quella che poteva essere solo una semplice traduzione, si è trasformata in parziale rimaneggiamento.

Premetto che il capitolo nella sua traduzione integrale (così come tutta la storia postata fino a qui), è stato postato sulla mia pagina di livejournal e che quindi chi lo vorrà potrà comunque leggerlo. Qui su efp invece ho pubblicato una versione epurata, in cui le scene di sesso sono state tolte.

Per rendere scorrevole la scrittura e non lasciare la storia monca, ho aggiunto alcuni paragrafi scritti da me, che facessero da congiunzione tra le parti tagliate. Poche righe che cercano di riportare il contenuto emotivo presente nelle parti eliminate. Questi piccoli paragrafi sono scritti in corsivo e di colore blu in modo che si capisca che non sono parti scritte dall’autrice, ma da me.

Dopo questa doverosa premessa vi lascio al lunghissimo capitolo, sperando che vi piaccia.

Questo è il link per il capitolo tradotto completo: http://thinias.livejournal.com/34119.html

  

 

 

 

Capitolo VII

 

Jared non si era mai considerato una persona che ricorre a misure disperate, ma i giorni si trascinavano, le ore sul set diventavano ancora più pesanti ora che stavano girando il finale di stagione, e non stavano migliorando. Si sentiva come se lui e Jensen fossero bloccati all’interno di una bolla, solo loro due, ma non stavano andando oltre e non ne stavano uscendo.

E c’era questa idea fissa nella sua mente, ed era ridicolo e stupido ed in effetti anche illegale ma, invece che andare via, cresceva diventando sempre più perfetta. Aveva bisogno che facessero una pausa, che andassero avanti e c’era un solo modo per farlo.

Jared aspettò che il giorno finisse, rimase indietro quando Jensen tornò a casa e seguì il suo piano.

Parcheggiò la macchina di fronte alla loro casa, appena dietro la macchina del maggiore, suonò il clacson e uscì dall’abitacolo. Guardava la porta di ingresso quando Jensen uscì.

Jared poté vedere l’esatto momento in cui gli occhi dell’altro caddero sulla macchina e tutti i suoi sforzi di mantenere le distanze tra di loro, scivolarono via.

“Hai rubato l’Impala?” Jensen fece alcuni passi nel giardino di fronte a casa, il suo sguardo si spostava tra il minore e la Chevy.

L’altro alzò le spalle. “Tu l’hai rubata prima che lo facessi io.”

Jensen lo guardò con sospetto, poi sbuffò. “Beh, tu non dovresti fare quello che faccio io.”

“Tu sei mio fratello maggiore.” Jared sghignazzò. “Non posso farci nulla.”

Jensen si irrigidì per un momento, lo studiò, ma poi i suoi occhi tornarono sulla macchina e Jared lo guardò rilassarsi.

“Ho pensato di prenderla per fare un giro.” Suggerì il minore cautamente, preoccupato che Jensen potesse ancora voltarsi ed andarsene. “Il cielo è abbastanza sereno stasera.”

Quello che ottenne fu uno sguardo sorpreso e qualcos’altro, qualcosa di simile alla speranza, che lampeggiò sul volto di Jensen.

“Hai letto lo script, amico, so che te lo ricordi.” Jared rise.

Aveva visto Jensen leggere lo script dell’ultimo episodio della stagione, lo aveva visto librarsi sopra le piccole scene di flashback di Sam e Dean che passano il loro tempo nell’Impala, o di loro due seduti su di lei, sotto le stelle. Sapeva che Jensen ricordava, proprio come lui.

“Avremmo dovuto farlo più spesso, allora.” Disse Jared piano. “E dovremmo decisamente farlo ora.”

Jensen lo guardò cautamente, ma non poteva ingannarlo, non poteva nascondere la scintilla che aveva negli occhi. “Tu sei pazzo.”

“Me lo hanno detto.” Jared alzò di nuovo le spalle, ma sapeva di averlo in pugno e sorrise quando l’altro si mosse finalmente verso di lui.

“Guido io, stronzo.” Disse Jensen e Jared rise gettandogli le chiavi.

“Non mi aspettavo nulla di diverso, coglione.”

E così, semplicemente, furono di nuovo sulla strada giusta.

Trovarono un posticino silenzioso e solitario, poche miglia fuori Vancouver; una piccola collina, circondata solo su due lati da pochi alberi, che lasciavano arrivare fino a loro la luce della luna e delle stelle.

Jared poté vedere Jensen lottare con se stesso per decidere se fare un commento sarcastico, ma i vecchi ricordi ovviamente vinsero e l’altro rimase silenzioso.

Il maggiore rise forte quando Jared aprì il bagagliaio e tirò fuori alcune bottiglie di birra dal frigo che vi aveva messo dentro; gliene porse una e percepì il grande sorriso che aveva sul viso. E fu probabilmente la prima volta che credette a se stesso quando pensò che sarebbero stati bene.

Era freddo fuori, il vento soffiava e Jared continuava a sentirsi meglio di quanto non ricordasse di essere stato da molto tempo. Il cofano era ancora caldo sotto di loro quando si sedettero silenziosamente uno vicino all’altro, sorseggiando le loro birre e guardando le stelle.

Si sentiva un po’ sdolcinato, ma molto come ai vecchi tempi, quando erano solo loro due, con Bobby e Castiel che li guardavano da bordo campo. Tanto quanto Jared amava la sua vita e le persone che ne facevano parte, doveva ammettere che questo gli era mancato.

Che gli era mancato avere Dean tutto per sé.

“Mi hai chiesto se mi sei mai mancato.” Iniziò a parlare nel silenzio e sentì suo fratello irrigidirsi vicino a lui, sentì l’immediato cambiamento nell’aria.

“Si e no.” Continuò, perché c’erano parole che andavano dette e Jared sentì che avrebbe dovuto farlo da molto tempo.

Quasi se ne pentì comunque, quando catturò lo sguardo negli occhi dell’altro. Vide un dolore così profondo riflettersi in essi e non riuscì a credere che lo stava facendo di nuovo, che poteva ancora ferire suo fratello più profondamente di ogni altra persona sul pianeta.

“Quello che mi è mancato… la persona che mi è mancata era il Dean che mi conosceva.” Si affrettò a spiegare. “Il Dean che è cresciuto con me, quello che è stato lì per ogni passo importante della mia vita. Mi è mancato il Dean che avrebbe fatto qualsiasi cosa per me, che mi amava più di ogni altra cosa al mondo.”

Jared cercò di deglutire per mandare giù il groppo che aveva in gola, se la schiarì prima di continuare. “Ma sapevo che questo era egoista, sapevo che era solo per me. Perché volevo tu avessi tutto quello che hai sempre desiderato, Dean. Avevi la possibilità di avere una vita normale e anche se io volevo disperatamente che tu sapessi chi ero, volevo di più che tu avessi un’altra chance.”

C’era una frase che non stava dicendo, qualcosa che non era necessario dire ad alta voce e quando Jensen incontrò il suo sguardo per un breve momento, seppe che l’aveva sentita comunque.

‘È quello che tu avresti fatto per me.’

“C’è mai stato un momento in cui avrei voluto dirtelo?” Il respiro di Jared si spezzò. “Si, Dean, naturalmente c’è stato.”

La testa di Jensen sussultò girandosi verso di lui, i suoi occhi erano curiosi e sorpresi. “Quando?”

“La prima volta che ci siamo incontrati.” Jared chiuse brevemente gli occhi quando, ripensando a quel momento, le emozioni aggredirono il suo cuore. Ne ricordava ogni secondo. Ricordò quanto Jensen gli fosse sembrato famigliare e quanto fosse come Dean, tanto che aveva avuto paura che potesse leggere tutto dall’espressione del suo viso. Mai prima di allora e nemmeno dopo, aveva sentito il suo cuore andare in pezzi ed essere completo allo stesso tempo. “Tu mi guardavi come… come se non mi conoscessi per niente, come se non ti importasse nulla di me.”

“Perché non lo hai fatto?” Chiese Jensen quando l’altro non continuò. “Cos’è cambiato?”

Jared esitò, sapendo come sarebbero suonate le sue successive parole. E subito si chiese se fosse mai davvero stato sorpreso da tutto quello che era successo tra di loro. Si chiese se davvero non avesse sempre saputo quello che Jensen sentiva per lui. Se davvero non avesse visto dove, qualunque cosa ci fosse tra di loro, fosse rimasta nascosta per tutto il tempo.

C’era qualcosa di caldo che si stava diffondendo nella sua pancia quando rispose e il suo primo istinto fu di combatterlo, ma non poteva. Non in quel momento, non quel giorno.

“Il modo in cui mi ha i guardato.”

 

****

 

Era tardi, dopo mezzanotte, quando tornarono a casa. Gli restavano solo quattro ore di sonno, ma quando Jared vide l’espressione rilassata sul viso di Jensen, pensò ancora che ne fosse valsa la pena.

Non si erano detti una parola per tutto il tragitto fino a casa, Jensen gli aveva fatto solo un piccolo sorriso e aveva annuito prima che Jared salisse per le scale, entrambi pronti per andare a letto. 

Sorrise quando sentì l’altro al piano di sotto. Erano suoni famigliari: il rumore del calpestio dei piedi nudi sulle piastrelle, l’acqua che colpisce il lavandino quando viene aperto il rubinetto. Jared trovò un profondo appagamento nell’ascoltarli, nel sapere che l’uomo che li stava producendo era suo fratello e il suo migliore amico e molto più di questo.

Si perse nei suoi pensieri, nella noiosa ripetizione della propria routine serale, senza più ascoltare quello che lo circondava.

Ecco perché quasi saltò quando un corpo caldo si appoggiò improvvisamente contro la sua schiena.

“Devi fermarmi, Jared.” Sussurrò Jensen e il suo respiro colpì il collo del minore, facendolo boccheggiare e rabbrividire all’improvvisa intrusione.

Jensen sapeva che lì era sensibile.

Aveva la lingua aggrovigliata in bocca e le mani aggrappate al lavandino, ma una voce distante, dentro di lui, continuava a sperare che si trattasse di un sogno, o di un caso, e che Jensen si sarebbe fatto indietro da un momento all’altro.

Ma il maggiore non si mosse e Jared rimase congelato sul posto. Il suo cuore batteva rapidamente e lui sapeva, sapeva quello che avrebbe dovuto fare, ma non poteva.

“Fermami, Jared.” Mormorò Jensen contro la pelle del suo collo; le sue labbra bruciavano e le sue mani circondavano la vita di Jared tirandolo vicino.

Il minore sentì un brivido corrergli lungo la schiena, chiuse gli occhi a quella sensazione. Dimenticò come braccia e gambe lavorassero, dimenticò come dare forma alle parole nella sua bocca.

“Dio, cazzo, fermami.” Sussurrò di nuovo Jensen; gemette e, quando Jared si rigirò, catturò uno scintillio negli occhi del maggiore. I suoi occhi erano scuri e famelici e confusi.

“Jared...” I denti di Jensen strisciarono debolmente sulla pelle soffice della sua clavicola, muovendosi sempre più verso il basso; le sue mani tirarono la camicia di Jared verso l’alto, scivolando sotto di essa, mentre la sua bocca leccava e mordeva ogni centimetro di pelle che riusciva a trovare.

Jared ebbe le vertigini, sentì la voglia crescere dentro di lui così velocemente da spingere fuori il suo respiro. Non poteva farlo. Non poteva lasciare che Jensen lo facesse.

“Jared, fermami.” Lo supplicò Jensen piano, le sue dita lavoravano per aprire i pantaloni dell’altro e sembrava disperato e allo stesso tempo incapace di resistere.

“Sam.” La parola sgorgò fuori dalla bocca di Jensen e lo colpì direttamente nella pancia. Il maggiore lo morse sulla pelle morbida proprio sotto l’ombelico e Jared poté sentire il gemito che questa volta lasciò la sua bocca; cercò di raggiungere la superficie più vicina per tenersi in equilibrio, quando le sue ginocchia si piegarono sotto di lui.

“No, non farlo.” Rantolò Jared e cercò di raggiungerlo, tirò la sua camicia per averlo più vicino. Non sapeva nemmeno quello che stava dicendo.

Jensen lo guardò, già quasi in ginocchio, mentre già gli stava tirando giù i pantaloni. “Cazzo... fermami, Sam!” Disse, la sua voce bassa e gutturale in un modo che Jared non aveva mai sentito prima, ma che era sorprendentemente chiaro, e il maggiore doveva sapere cosa gli avrebbe fatto quel nome questa volta.

Jared poté sentire i suoi occhi rivoltarsi nella sua testa e i suoi fianchi spingersi impotenti contro l’uomo di fronte a sé.

“No...” Gracchiò, e fu una risposta non un ordine e sapeva cosa questo significasse. Fu l’ultimo pensiero coerente che ebbe per diverso tempo.

 

Lasciò che Jensen lo guidasse all’inseguimento di un piacere che ora voleva anche lui, e che non poteva più contrastare. Il maggiore lo accompagnò oltre il baratro e quando Jared lo guardò, attraverso occhi che faticava a tenere aperti, con i muscoli che ancora si contraevano dopo lo shock dell’orgasmo, non poté credere a quello che avevano fatto.

E sembrò che anche Jensen lo stesse realizzando.

Lanciò a Jared uno sguardo scioccato. I suoi occhi corsero lungo il corpo del più giovane che teneva tra le mani le lenzuola strappate; aveva i pantaloni e i boxer intorno alle caviglie. Jared poté solo immaginare cosa Jensen, cosa Dean, stesse vedendo: il suo fratellino che giaceva arruffato ed appagato sul letto, e del quale, probabilmente, il maggiore poteva ancora sentire il sapore in bocca.

Il suono della porta che si chiudeva con uno schianto, quando Jensen fuggì dalla stanza, fu il suono più forte che Jared avesse mai sentito. Poteva ancora sentirlo risuonare nelle sue orecchie il mattino successivo quando si fece la doccia e, con indosso vestiti puliti, in qualche modo poteva ancora sentire l’odore del fratello sul proprio corpo.

 

***

 

Jared voleva quasi gridare ‘cut’ e mollare tutto. Prendere suo fratello e andarsene senza più guardarsi indietro.

Perché era suo fratello che stava rivivendo il periodo peggiore della sua vita. Era il dolore di suo fratello quello che traspariva dal viso di Jensen ed erano le lacrime di suo fratello che brillavano nei suoi occhi.

Era la prima volta che Jared poteva pensare a qualcos’altro quando lo guardava, che poteva allontanare l’immagine dell’altro uomo sudato, con gli occhi dilatati dall’eccitazione. Che riusciva pensare a qualcos’altro che non fosse la sensazione del suo membro nella gola di suo fratello. Che poteva provare qualcos’altro, oltre al miscuglio di orrore, bisogno, shock e puro, profondo desiderio.

Si sarebbe dovuto sentire imbarazzato per se stesso, se solo la vista di suo fratello che veniva fatto a pezzi da un vecchio dolore non lo stesse uccidendo.

Era strana e differente, quella scena. Sdraiato sul pavimento, gli occhi chiusi, sapendo che Mark era sdraiato lì vicino, l’unico suono che sentiva era Jensen sopra di sé, non stava nemmeno dicendo qualcosa, era solo lacerato, con le lacrime agli occhi. Jared sapeva tutto questo perché aveva letto lo script e sapeva come Jensen avrebbe interpretato il ruolo. Non lo aveva visto nemmeno allora ma qualcosa, dell’essere solo con soltanto il rumore, lo rendeva diverso. In momenti come quello la sua mente sembrava andarsene, sembrava dimenticarsi che questo, tutto questo, era finito e se ne era andato da molto tempo. Che non erano più le stesse persone.

Qualcosa nella sua mente gli aveva fatto scordare che tutto ciò non stava accadendo in quel momento.

C’erano stati giorni peggiori, scene peggiori da interpretare. E non importava quanto spesso Jared avesse letto le battute, ancora e ancora, lottando dentro sé per andare contro di esse; niente lo aveva preparato al giacere in un letto in una casa abbandonata, fingendosi morto, e sentire suo fratello che parlava con lui. Gli aveva fatto molto male sapere che una volta Dean gli aveva detto le stesse esatte parole, quando era morto, ed era sembrato così aperto, così crudo, spogliato e scorticato fin dentro l’anima. Jared avrebbe ricordato per sempre di essere stato sdraiato su quel letto, mentre realmente una parte dentro di lui moriva.

Questa scena però, era diversa. Perché questa volta, c’era anche Dean.

 

****

 

“È incredibile.” Sussurrò Jared, scuotendo la testa; chiuse le mani a pugno e guardò Jensen voltarsi e lanciargli uno sguardo innocente.

Avrebbe funzionato molto meglio se solo Jensen lo avesse guardato almeno una volta nelle ultime ore.

“Cosa?” Aveva avuto le palle di chiedere, come se non ci fosse nulla che non andasse. Come se Jared non si sentisse come se gli mancasse un arto.

“Tu!” Lo derise Jared immediatamente, facendo cambiare all’istante l’espressione sulla faccia di suo fratello.

Erano esausti, fisicamente ed emotivamente drenati e la giornata non aveva aiutato, li aveva solo portati al limite; la lotta esplose tra di loro fin troppo facilmente, a quel punto era solo l’ultima goccia in un vaso già pieno fino al limite.

“Cosa diavolo ho fatto adesso?!” Urlò Jensen, infastidito e incazzato. Jared avrebbe anche potuto lamentarsi solamente della bottiglia del latte lasciata aperta (o del tempo) e loro sarebbero comunque stati esattamente dove si trovavano ora, a fissarsi l’un l’altro, con l’aria che ronzava per la tensione.

“Non mi hai nemmeno guardato, per tutto il giorno!”

“Oh, andiamo!” Disse Jensen, schernendolo e agendo come se l’altro fosse solo un bambino capriccioso. “Ero impegnato a lavorare, se non te ne fossi accorto. E anche ad alcune scene del cazzo molto pesanti.”

“Gesù, non mi parlare in quel modo, Jensen!” Jared seguiva ogni passo del maggiore, silenziosamente, sapeva che l’altro non aveva davvero una destinazione in mente. Stava solo camminando attraverso la casa, allontanandosi da lui.

“In che modo?”

“Come se fossi il fratellino minore, troppo stupido per comprendere.”

In effetti questa sembrava degna come risposta; Jensen si fermò e incontrò gli occhi di Jared con uno sguardo vacuo. “Beh, se la scarpa calza…”

“Fottuto…” Jared si fermò, guardò il pavimento e prese un respiro profondo. Era la famigliarità di tutto questo che lo spaventava in un modo in cui non avrebbe dovuto. Nonostante tutti i danni che stava facendo, c’era una piccola parte dentro di lui che stava godendo di quello, godendo di essere in grado di lottare di nuovo contro Dean.

“Vuoi farti da parte, Padalecki?”

Jared alzò di nuovo lo sguardo, rendendosi conto di bloccare la porta tra la cucina e il soggiorno e fece un passo indietro prima di rendersene conto. Era una nuova cosa che Jensen, Dean, faceva. Lo chiamava ‘Padalecki’ tutte le volte che cominciavano a litigare e Jared sapeva anche perché lo faceva. Teneva Jared a distanza. Lo faceva diventare solo un amico. Non era nient’altro per Dean.

“Cazzo, vuoi fermarti almeno per un secondo?”

Avrebbe voluto ridere quando Jensen lo fece, avrebbe voluto fargli notare quanto questo fosse ridicolo.

Jared era ai piedi delle scale che guardava in alto verso il maggiore, che si era fermato in cima. E come avevano fatto a finire lì? In ogni caso non c’era nulla al piano di sopra che avesse a che fare con Jensen, era il piano del minore.

“Cosa vuoi che faccia, huh?” Jensen gesticolò violentemente. “Ci sto provando, cazzo. Ci sto provando davvero, amico. Sono ancora qui, non è vero? Sto rivivendo ogni singolo errore della mia vita, per poi girarmi e sorridere alla telecamera! Ma cazzo, sono ancora qui!”

Qualcosa si chiuse nella gola di Jared. “Si, grazie a Dio lo sei.” Avrebbe voluto dirlo. Ma non poteva.

“Ma non posso solo girare l’interruttore ed essere chi tu vuoi che io sia!” Continuò l’altro.

“Jensen, io non voglio che tu sia nessuno, se non te stesso.” Disse il più giovane, e sapeva che suonava come un lamento.

Jensen lo guardò. “Pensaci ancora, genio. Cosa è successo ieri?”

Jared chiuse le palpebre per un attimo, fece una smorfia, le immagini di calore e di pelle e di voglia, passarono davanti ai suoi occhi.

“Questo sono io, ora. È quello che sono e non importa quello che io faccia, non posso fermarlo. Non andrà via.”

“Jensen.” Iniziò Jared, anche se non aveva idea di quello che voleva dire, voleva solo che l’altro si fermasse, voleva che il dolore lasciasse la voce di Jensen.

“Mi ricordo di come sei caduto… prima.” Jared sentì Jensen deglutire pesantemente perfino da dove si trovava.

“È stato sopportabile, allora. Andava… bene, convivere con quella cosa. Ma ora? Sam, tu sei già così… cazzo, tu sei già entrato così in profondità sotto la mia pelle, che non c’è modo in cui possa ignorarlo adesso. Non c’è modo in cui possa ignorare quello che provo per te, adesso.” Ripeté Jensen, a bassa voce, chiaramente non avvezzo a dire cose come quella ad alta voce, ad essere così aperto su quello che provava.

Questo incrinò il cuore di Jared.

“Io ho solo bisogno che torni.” Confessò il minore, fanculo all’atteggiamento virile e alla regola del non-si-parla-dei-propri-sentimenti. Erano andati troppo oltre, troppo in profondità.

“Dean, tutto quello che abbiamo fatto da quando sei tornato è staccarci la testa uno con l’altro! Litighiamo costantemente e io non posso continuare! Non quando l’unica cosa che vorrei è stringere le braccia intorno a te ed essere felice che tu sia qui.”

Jared chiuse gli occhi per un attimo, prese un respiro tremante.

“Ci stiamo facendo a pezzi. Come abbiamo fatto allora... e io non so se posso sopravvivere a questo una seconda volta.”

Osservò Jensen scrollare le spalle impotente. “Te l’ho detto. Non so cosa vuoi da me.”

Rimasero in silenzio per un momento, come se stessero galleggiando nell’occhio di un ciclone e Jensen era già pronto a girarsi ed andarsene quando, improvvisamente, era tornato indietro con un profondo cipiglio sul volto.

“Sai cosa? Con tutto il dannato parlare di me e dei miei cazzo di sentimenti per te – quando inizieremo a parlare di te, tanto per cambiare, huh? E di come non ti sei esattamente sentito così tanto diverso da me!”

“Di cosa stai parlando?” Chiese Jared, reagendo in modo esagerato.

Tornarono di nuovo punto e a capo, con una tensione rabbiosa tra di loro, come un elastico teso.

“Oh, andiamo! Almeno abbi la decenza di non mentirmi guardandomi in faccia, Jared!” Gridò Jensen. “Quando parleremo del fatto che tu non mi hai immediatamente spinto via, quando ti ho baciato in cucina? Che ai risposto al mio bacio, cazzo! E non come ho fatto io, tu sapevi dannatamente bene chi io fossi!”

“Cosa?” Gracchiò Jared, sentendo il calore risalire al suo volto.

“In ogni momento in cui ho incasinato tutto, tu non hai esattamente detto di no, Sam. Ti conosco. Ti conoscevo allora e ti conosco ora. E quello non eri tu che dicevi no. Quello eri tu che dicevi: ‘non sono sicuro’.”

Il respiro di Jared si fece affannoso, non sapeva cosa dire, non sapeva come rispondere a quelle parole. ‘Non è vero!’, voleva gridarlo, ma non lo fece, dalla sua bocca non uscì una parola.

“Cazzo, lo immaginavo.” Disse Jensen cupamente, girò sui tacchi e andò fuori dalla sua vista e Jared avrebbe voluto ridere, avrebbe voluto gridare: ‘Dove stai andando lassù?’. Ma non aveva voglia di ridere. Sentiva di più il bisogno di piangere.

 

****

 

Jared scattò di nuovo, proprio il giorno successivo.

Jensen evitò ogni contatto, non lo toccò, non parlò, non lo guardò nemmeno quando poteva farlo e Jared scoppiò. Se quello era uno stupido gioco da polli, su chi gettava la spugna per primo e diceva di farla finita, allora che fosse così. Jensen poteva vincere, per quello che importava a Jared. Lui non poteva mantenere così a lungo il rancore dentro di sé, non poteva vivere a lungo in quella stupida versione di litigio e aveva bisogno che il suo Jensen tornasse da lui, aveva bisogno di non svegliarsi con un nodo nella pancia, sapendo che c’era qualcosa di così sbagliato tra lui e la persona che più amava nella sua vita.

“Dobbiamo parlare.” Annunciò Jared, più sicuro di quello che davvero provava. Chiuse la porta del trailer di Jensen dietro di sé, avevano finito per quel giorno, dovevano solo farsi una doccia, cambiarsi di abito e aspettare che Clif li andasse a prendere. Quello era un buon momento come un altro, quindi Jared si infilò direttamente nel trailer del suo amico, affrontandolo.

Jensen gli gettò solo uno sguardo e, per un secondo, Jared credette di riuscire a sentire i denti dell’altro che si serravano.

“Vuoi cominciare questa cosa di nuovo?” Chiese il maggiore, mortalmente calmo.

“Voglio che tu… voglio che tu sappia che ti amo, ma non… non in quel modo.” Disse Jared con voce tremante, e Dio, si sentì di merda, sentì che era tutto sbagliato. Non sapeva nemmeno questo da dove fosse uscito, continuò solo a parlare. Come un disastro ferroviario, non poteva fermarsi. “E voglio che tu… che ci provi e che ti riprendi la tua vita, okay? Hai una bellissima ragazza che ami molto ed io ho la mia, ed entrambi ci sposeremo e avremo una vita felice, una vita normale, okay?”

Jared sentì tremare le mani quando guardò Jensen e vide quanto fosse diventato pallido il suo viso.

“È questo il tuo sogno?” Chiese il maggiore, ed in effetti sembrava curioso come se volesse davvero saperlo. “È questo il motivo per cui ti sei aggrappato così tenacemente a questa cosa? Tu ed io, con mogli e figli e cani e la dannata staccionata bianca, che viviamo uno vicino all’altro e facciamo i barbeques la domenica? È questo che vuoi davvero?”

Jared deglutì, si sentiva come se Jensen lo avesse appena inchiodato. “È il motivo per cui l’ho fatto! Ventisette anni fa ho detto sì a quel fottuto Arcangelo e ho desiderato questo. E non posso… Dean, non posso semplicemente rinunciare. Non quando io...”

“Quando tu cosa?”

Jared alzò di nuovo lo sguardo, i suoi occhi incontrarono quelli del fratello. “Quando io ho sacrificato te per questo.”

Jensen annuì tre volte e si strofinò la mano sulla bocca. “Allora dimmi, Sam, quando ti ho baciato, non lo volevi? Quando ti ho fatto un pompino, non volevi nemmeno quello?”

La sua voce aveva un suono pericoloso, qualcosa che Jared riuscì a leggere. L’altro si fece più vicino, aveva uno sguardo determinato sul volto.

“Fammi vedere.” Sbottò facendo un altro passo verso di lui. “Fammi vedere come non sei stato in grado di spingermi via, come non hai avuto la possibilità di dire di no.”

“Non ho mai detto…” iniziò Jared, voleva dire a Jensen che non lo avrebbe mai accusato di averlo forzato in questa situazione. Che solo l’idea che Jensen, che Dean, fosse capace di fare una cosa simile, era così ridicola che avrebbe voluto ridere.

Ma poteva vedere negli occhi del fratello che quello era esattamente il problema.

Qualcosa scattò nella testa di Jared e finalmente acquistò un senso. Tutta la rabbia, tutte le urla e i litigi. Jensen, Dean, non era da solo in questo, non era l’unico che sentiva tutto questo e non aveva forzato nulla in lui, non gli aveva fatto fare nulla che non volesse.

E lui disperatamente, disperatamente, voleva che il minore lo ammettesse.

Ed era qualcosa per cui Jared non sapeva se fosse pronto. Qualcosa che stava combattendo fin da prima di Dean… fin da prima.

“Jensen...” Iniziò, senza nemmeno sapere quale sarebbero state le sue successive parole, mentre Jensen continuava a spingere, a colpire la sua spalla, ad invadere il suo spazio.

“Non sei abbastanza forte da tenermi lontano? Davvero? Se davvero lo volessi?”

“Fermati!” Sussurrò Jared, ma Jensen continuò ad avvicinarsi; si stavano toccando ora, dalle cosce alle spalle. Jensen alzò lo sguardo su di lui con il calore negli occhi, pieno di rabbia e…

“Allora fermami adesso, Jared.” Rispose, la sua voce divenne ancora più bassa, sempre più tesa. “Fermami, se non è davvero quello che vuoi.”

E fu quello che fece.

Jared chiuse le mani intorno alle braccia di Jensen, appena sotto le spalle, e lo sollevò a fatica, lo tirò su e lo spinse contro il muro più vicino, usando il suo corpo per spingerlo con le spalle contro di esso.

Jensen gemette, sollevò le mani per trovare un appoggio su Jared, avvolgendo i suoi gomiti. Jared vide l’espressione sul viso di Jensen, lo vide mordersi il labbro e pensò ‘merda, merda’, prima che il suo corpo si facesse ancora più vicino all’altro uomo, completamente alla sua mercé.

Avrebbe dovuto far smettere Jensen, avrebbe dovuto fermarlo o respingerlo.

Invece, Jared si trovò a fare esattamente quello che Jensen voleva. Forse, quello che volevano entrambi.

Erano solo a pochi centimetri uno dall’altro. Entrambi ansimanti, si fissavano, i loro respiri si mischiavano.tàn"cedeva sempre, proprio come aveva continuato a fare negli ultimi giorni

Jared iniziò a tremare per lo sforzo di trattenerlo, l’adrenalina che aveva un momento prima e che gli aveva permesso di tenerlo premuto contro il muro, lo stava lentamente abbandonando. Si morse le labbra quando sentì le gambe di Jensen avvolgersi intorno alla sua vita.

Gli occhi del maggiore erano scuri e brucianti, saettavano dagli occhi di Jared alla sua bocca e viceversa; lo guardò leccarsi le labbra, più e più volte e questo lo face impazzire.

Erano molto oltre la necessità di usare le parole.

Non ci fu più nulla da dire quando Jensen strinse la presa sui fianchi di Jared, quando si spinsero più vicino e strofinarono i loro bacini uno contro l’atro; ma il minore continuò a non lasciarsi andare.

Jensen mosse in avanti la testa, solo un centimetro, appena percettibile, ma Jared si tirò indietro, continuando a mantenere la distanza che ancora li separava. Sentì il ringhio di Jensen attraverso il suo stesso corpo.

Jared sentì i propri occhi saettare verso la bocca di Jensen, li sentì focalizzarsi completamente su quelle labbra peccaminose e, questa volta, fu lui a sporgersi in avanti, senza sapere nemmeno cosa stesse facendo, solo voglioso di assaggiare quelle labbra.

Jensen tirò indietro la testa, i suoi occhi quasi neri incontrarono quelli dell’altro sfidandoli e, con improvvisa chiarezza, Jared seppe quello che voleva. Quello di cui aveva bisogno.

Lui.

Tutto di lui. Ogni parte che era suo fratello ed ogni parte che era Jensen. Voleva tutto e niente di meno. Ed era più importante di sogni a lungo dimenticati, di desideri fatti molto tempo prima. Tutto quello che aveva sempre voluto era l’uomo di fronte a sé e questo non sembrava essere mai cambiato.

Jared tenne lo sguardo inchiodato in quello di Jensen questa volta, mentre si muoveva in avanti, guardando la voglia crescere negli occhi dell’altro. Entrambi sapevano cosa sarebbe successo e i loro corpi stavano urlando per andare in quella direzione.

“Ok, ragazzi. Pronti ad andare?”

L’urlo venne da fuori dalla porta ed entrambi si spaventarono alla voce di Clif. Cautamente, lentamente, Jared lasciò scendere Jensen, lasciò andare la presa su di lui e face un passo indietro, i loro sguardi rimasero bloccati uno nell’altro.

Il movimento spezzò il momento tra di loro, ma non la tensione, e Jared poté sentire i brividi sulla pelle per tutto il tragitto fino alla macchina.

 

****

 

Per tutto il viaggio verso casa, Jared si sentì come se stesse per esplodere fuori dalla sua stessa pelle. L’adrenalina correva attraverso di lui, calda e forte e riusciva a malapena ad impedire alle sue mani di tremare.

Poteva vedere, nella tensione della linea della mascella di Jensen e nella flessione dell’avambraccio, che anche lui provava la stessa cosa. Diavolo, sapeva che perfino Clif poteva sentirla, dal modo in cui manteneva il silenzio, con gli occhi fissi sulla strada di fronte a sé, senza guardare nello specchietto retrovisore nemmeno una volta per incontrare i loro occhi.

Non si scambiarono una singola parola o uno sguardo quando la macchina si fermò di fronte alla casa. Saltarono semplicemente fuori, afferrarono le loro cose e si mantennero a distanza, camminando verso la porta di ingresso, mentre Cliff se ne andava alle loro spalle.

Quando Jared aprì la porta, con Jensen dietro di lui, che canticchiava in tensione, sapeva che era solo questione di tempo. Era solo questione di chi si sarebbe spezzato prima.

Quel pensiero mandò un brivido lungo la sua schiena, facendogli girare la testa per l’aspettativa. Era stato arduo fin da quando aveva sbattuto Jensen contro il muro del trailer.

Fu un silenzio folle quello che cadde tra di loro quando la porta si chiuse, lasciando il mondo completamente chiuso fuori; era senza fiato e allo stesso tempo carico, Jared non sapeva cosa fare di se stesso, intrappolato tra l’idea di fuggire, compiendo un ultimo atto di normalità, e il girarsi per continuare, verso quello che voleva veramente.

Si girò. Finalmente, quella fu la scelta che fece e trovò suo fratello immobile vicino alla porta, con uno sguardo duro fisso su di lui. Jared poté vederlo mentre deglutiva; da dov’era poteva perfino udire i veloci respiri che l’altro stava prendendo e, quando i suoi occhi si spostarono verso il basso, poté vedere il rigonfiamento che si stava formando nei jeans di Jensen, uguale a quello che stava crescendo nei suoi.

Un brivido lo attraversò e chiuse gli occhi per un momento.

Quando li riaprì di nuovo, Jensen si stava lentamente togliendo la giacca, la lasciò cadere sul pavimento con un tonfo sordo. Senza distogliere lo sguardo, proseguì con il maglione, lo levò con un movimento fluido e quando sollevò le braccia, un pezzetto di soffice pelle nuda, dove la maglietta si era sollevata, fece spostare lo sguardo di Jared dal viso di Jensen.

Sentì la bocca seccarsi.

Fu quando anche la maglietta fu andata e Jensen rimase lì mezzo nudo, mettendo in mostra ampie distese di pelle che fecero contrarre le dita di Jared, che anche lui cominciò a togliersi i vestiti. Tolse il maglione e la maglietta in un colpo solo.

Vide gli occhi di suo fratello farsi più scuri e i denti iniziare a mordere il suo labbro inferiore, ma Jensen non disse nulla. Invece, la sua mano abbassò la cerniera dei jeans, il bottone aperto dava già uno scorcio della sottile striscia di peluria che immediatamente Jared non vedeva l’ora di seguire con i suoi occhi, le sue dita e la sua lingua.

“Ultima possibilità.” Disse Jensen con voce graffiante quando rimasero entrambi in boxer, e il suo tono fece esplodere qualcosa dentro Jared. Il minore rimase tranquillo e sembrò tutto quello di cui Jensen aveva bisogno; piano, e con attenzione, camminò fino a Jared.

Lui non poté muoversi, sentiva il cuore battere in gola, si sentì di nuovo nervoso e piccolo, ancora come se fosse il fratellino, con Dean a dettare legge.

“Jared.” Disse Jensen e suonò come una domanda, Jared annuì, senza incontrare lo sguardo dell’altro, troppo nervoso per focalizzarsi su qualsiasi cosa, quando tutto quello che poteva sentire era il calore di un altro corpo che carezzava la sua pelle.

“Sammy.” Jensen disse di nuovo il suo nome e gli occhi di Jared si alzarono di scatto, incontrando quelli di suo fratello e poté vedere lo stesso nervosismo, la stessa paura di oltrepassare una linea che avevano oltrepassato così tante volte, ormai, ma questa volta, realmente. Per davvero.

Jared annuì di nuovo e i suoi occhi non lasciarono quelli del maggiore questa volta.

Entrambe le mani di Jensen si alzarono, una gli circondò il collo, l’altra affondò nei suoi capelli tirandoli dolcemente.

Jared lo seguì spontaneamente, seguì Jensen dove lo stava portando e scivolò nel bacio naturalmente, incontrò le labbra di suo fratello come ci si aspettava che facesse.

Fu il Paradiso.

La bocca di Jensen era morbida contro la sua, si muoveva gentilmente, proprio come Jared lo aveva visto baciare una sequenza infinita di donne nella loro vita passata e in quella presente. Jared insinuò le mani intorno alla vita dell’altro, appoggiandole solamente sui suoi fianchi, ma Jensen sussultò sotto il suo tocco e un gemito viaggiò dalla sua bocca dentro quella del minore.

Era ancora nervoso, insicuro di quello che doveva fare con un uomo, con suo fratello, ma non poteva non toccarlo, non poteva non premere più forte e cedere al soffice sondaggio della lingua di Jensen contro le sue labbra, lasciando la bocca socchiusa per lasciarlo entrare.

Era il Paradiso ed era l’Inferno, ed era sbagliato ed era giusto e Jared ne amò ogni secondo. Amò sentire il sapore di Jensen sulla sua lingua, amò spingere il naso contro la guancia del fratello e sentire la sua mano tra i capelli, che tremava e tirava.

Si separarono infine, bisognosi di aria e, quando si divisero, stavano entrambi ansimando, tremando per la forza di quello che stavano facendo.

Jared catturò lo sguardo di suo fratello e fu colpito da un misto di bramosia e amore, ma più in profondità di quello, più evidente, era la paura nei suoi occhi, il tremolio del suo labbro inferiore, che dissero al minore che l’altro stava ancora aspettando che tutto crollasse; stava ancora aspettando che Jared lo spingesse via e, nel profondo, forse stava ancora sperando accadesse.

Era il suo nuovo modo di fare, pensò Jared. Non lo lasciava più da solo davanti al problema, come era solito fare allora, ma lo forzava, lo portava ad esplodere e costringeva il minore a fare delle scelte, non importava quanto sbagliate potessero essere prese nella foga del momento.

Jared voleva dire a suo fratello quale idiota fosse, che questo suo nuovo modo di risolvere i problemi non era migliore di quello vecchio. Voleva dirgli che poteva anche smettere di provare a volere quello che era meglio per Sam, Jared, perché non li avrebbe portati da nessuna parte. Finivano sempre, prima o dopo, col volere comunque la stessa cosa, e forse, solo forse, avrebbero dovuto imparare ad arrendersi.

“Ho finito di lottare.” Jared sussurrò, cercando disperatamente di incontrare gli occhi di Jensen. “Ho finito, ok? Ho finito.” Si accertò che l’altro lo avesse sentito, si assicurò che avesse compreso quello che stava dicendo.

Ci volle un momento, un momento senza respiro e pieno di tensione, poi qualcosa tornò al suo posto dentro Jared con uno schianto, il significato delle sue stesse parole lo colpì rompendo tutte le ultime inibizioni rimaste. Fu lui a muoversi in avanti questa volta, raggiungendo suo fratello e annullando la distanza tra di loro. Il suo bacio non fu per niente come quello di Jensen, fu tutto disperazione e fame, ma Jensen corrispose immediatamente, come se avesse solo aspettato il permesso.

Jared fu colpito dallo spigolo della credenza dietro di lui e gemette nella bocca di Jensen, senza sapere se fosse stato lui a tirarlo verso di sé o se fosse stato l’altro a spingerlo contro il mobile. Ma non aveva importanza, era troppo occupato a trovare la sua strada attraverso le labbra del maggiore, artigliando la sua pelle.

Era una corsa, che esplose dentro la sua testa, era come sentiva Jensen contro di lui, il gusto che aveva, forte e flessibile, morbido e duro. Sapeva di familiare e di nuovo, e i suoni che emetteva, Jared li bevve tutti, avrebbe voluto annegare in essi.

“Jensen.” Disse in un soffio tra loro e il maggiore emise un ringhio e infilò la coscia tra le gambe di Jared costringendolo ad emettere un gemito dalla gola.

Inciamparono nel corridoio, avvinghiati l’uno all’altro. Sbatterono contro i mobili e la parete fin troppe volte, fino a che finalmente attraversarono la porta della stanza di Jensen; il giorno dopo avrebbero trovato il corridoio a soqquadro, con vestiti abbandonati dappertutto, con le cornici appese alle pareti inclinate in angoli strani, ma ora, ora c’erano solo loro, Sam e Dean, Jensen e Jared, e nessun altro al mondo.

 

Fecero l’amore, consapevoli di volerlo entrambi, bisognosi di appartenersi. In quel momento, tutte le ragioni per cui Jared aveva combattuto sembrarono ridicole e insignificanti in confronto. Quando raggiunsero l’apice del piacere, l’orgasmo li colpì con piena forza, e Jared si sentì prosciugato e privo di forze.

Il minore non tornò in sé immediatamente, galleggiò in luogo tranquillo dove la sua mente era felicemente vuota. Ma quando tornò, sentì forti braccia intorno a sé che lo tenevano stretto e solo allora realizzò che si stava agitando, che stava tremando e che il suono ansimante che sentiva, proveniva dalla sua stessa gola.

“Schhh.” Jensen mormorò vicino al suo orecchio e continuò a mantenere la stretta che aveva su di lui. Non accarezzò Jared, non lo cullò, ma continuò a tenerlo abbastanza stretto da farlo sentire al sicuro e quello era tutto ciò di cui l’altro aveva bisogno.

Qualcosa dentro Jared si stava spezzando, poteva sentire ogni singolo pezzo che si rompeva, che tagliava attraverso di lui, ma Jensen era lì, suo fratello era lì, a tenerlo fino a che non fosse finita.

Non pianse, ma non respirò nemmeno, prese delle boccate fino a quando il peggio non fu passato, fino a che il suo cuore lentamente si calmò e la sua gola fece meno male.

Le braccia di Jensen lo avvolsero fino a che smise di tremare, fino a che il calore del suo corpo e l’odore della sua pelle non furono le uniche cose che lo tennero in vita; era solo bello e meraviglioso e qualcosa che amava.

"Non ti addormentare su di me." Lo mise in guardia il maggiore, scese da letto ed immediatamente Jared sentì così freddo, che non aveva idea di come avrebbe potuto addormentarsi. Poi Jensen tornò, un asciugamano umido venne strofinato dolcemente sulla sua pelle, pulendolo.

Quando Jensen tornò a letto con lui, lo tirò vicino, in uno stretto abbraccio, Jared non poté combattere contro il peso delle palpebre che si chiudevano, non poteva combattere contro il bisogno di addormentarsi tra le braccia dell'uomo che amava.



****

 

Quando Jared si svegliò la mattina successiva, poté finalmente respirare di nuovo. Come se un enorme peso fosse stato tirato via dalle sue spalle, dai suoi polmoni, e si ritrovò a sorridere quando sbatté le palpebre contro la luce del sole che filtrava dalla tenda aperta. Il letto brontolò, le coperte erano buttate tutte intorno, ma il posto accanto a lui era ancora caldo, toccò le lenzuola e inalò il profumo di Jensen che ancora le impregnava.

Ne godette, per un momento si immerse nella sensazione calda che lo riempì, ma quando senti dei deboli rumori provenienti dalla cucina e i segni rivelatori dei suoi cani che picchiettavano con le zampe sul duro pavimento di legno, immediatamente non volle stare più solo.

Trovò Jensen sulla porta della cucina, aveva appena lasciato uscire i cani nel cortile e Jared arrossì quando lo guardò, come se stesse guardando qualcosa di nuovo e sconosciuto, qualcuno di cui si era innamorato solo il giorno prima e non una vita fa. Ma la sensazione sottostante che percepì, quando Jensen si girò e lo guardò, era sempre stata parte di lui.

Jared poté vedere il rossore anche sul viso del maggiore e non poté combattere il sorriso che apparve sulle sue labbra. Si stavano comportando come delle ragazzine, quando erano davvero molto, molto più vecchi di così.

“Ho fatto il caffè.” Disse Jensen piano e il timbro basso della sua voce mandò dei brividi lungo la schiena di Jared. Il maggiore si mosse verso il piano della cucina, dove si trovavano due tazze fumanti.

Jared annuì silenziosamente e lo guardò prendere la sua tazza voltandosi di spalle. Il minore fece alcuni passi, dritto fino a Jensen, sovrastandolo. Quasi lo toccò quando si sporse per prender la propria tazza; quasi, ma non del tutto.

Lo sentì tendersi sotto di lui, lo sentì bloccarsi per un secondo, poi Jensen lasciò andare il respiro e si rilassò. Un altro brivido gli corse lungo la schiena quando Jared vide che l’altro aveva gli occhi chiusi, come se stesse godendo della sua vicinanza, come se stesse respirando il suo odore.

Gli si fece più vicino e i capelli di Jensen gli solleticarono il naso.

Il maggiore rabbrividì di fronte a lui, si schiarì la voce e si allontanò, ma il più giovane sentì qualcosa di caldo e di bello diffondersi dentro di sé, quando vide che Jensen non era distante più di un passo e si aggirava vicino a lui.

Sorseggiarono i loro caffè in un confortevole silenzio, appoggiati al bancone della cucina e guardando fuori dalla finestra, osservando i cani che giocavano in cortile.

Era tranquillo intorno a loro, come se la tempesta delle ultime settimane fosse finalmente finita. Come se avessero continuato a lottare per stare lontano dal luogo a cui appartenevano. Ed ora che si erano entrambi arresi, il sole era sorto dopo una notte difficile e stava dando loro una bellissima e pacifica mattinata.

Quando Jensen finì il caffè, trafficò intorno alla cucina mettendo via le cose e Jared rimase a guardarlo silenziosamente. Non si sentiva inquietante, ma amava il fatto di essere finalmente in grado di farlo. Solo restare lì e guardare. Ogni tanto Jensen alzava lo sguardo su di lui e gli faceva un piccolo sorriso, commentavano una cosa o l’altra e così la loro mattina volò via in fretta, dolce e tranquilla.

Era come se avessero condiviso due vite, come se si conoscessero dentro e fuori. E allo stesso tempo, quella cosa tremante tra di loro, era qualcosa di nuovo e fresco. Vecchi sentimenti erano finalmente stati trascinati alla luce, e si erano aggiunti a quelli che avevano accumulato in questa vita.

Jared si sentì nervoso, sentì lo stomaco salirgli in gola quando lo guardò mentre gli si avvicinava, dopo aver finito di sistemare.

Ma Jensen fece un altro passo, si spinse il più vicino possibile senza tuttavia toccarlo, proprio come aveva fatto lui in precedenza, e Jared respirò il suo odore, sentì il calore del suo corpo e si calmò istantaneamente. Erano attratti l’uno dall’altro come due magneti e questo non era niente di nuovo, solo… ora era qualcosa di più.

Entrambi gli uomini si rilassarono appoggiati al piano della cucina, le loro braccia si sfioravano ad ogni movimento.

“Dove andremo da qui?” Jared sussurrò infine dopo aver giocato con quel pensiero nella sua mente per l’ultima ora, e le parole fecero male quando lasciarono la sua gola. Era troppo spaventato della risposta, anche se pensava, nel profondo, che poteva essercene una sola.

Jensen non lo guardò, ma girò il viso verso di lui e il suo naso quasi strusciò contro il collo di Jared. Era inconscio, il minore lo avrebbe giurato, ma gli disse tutto quello che aveva bisogno di sapere. “Dobbiamo decidere.” L’altro disse piano, più a se stesso che a Jared. “Dobbiamo scegliere tra noi… e loro.”

Jared lo guardò, vide come Jensen aveva chiuso gli occhi per un momento e qualcosa come il dolore fluttuò sui suoi bellissimi lineamenti. Era lo stesso sentimento che stava provando lui, perché entrambi amavano le loro fidanzate, entrambi erano stati pronti a passare le proprie vite con loro. Ma quando Jensen alzò lo sguardo e incontrò quello di Jared, lì e in quel momento, entrambi seppero che nessuno dei due, in nessun mondo, avrebbe potuto scegliere qualcuno di diverso dall’altro.

   
 
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