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Autore: Adeia Di Elferas    29/11/2014    6 recensioni
Tutti noi sappiamo che tra Finnick e Johanna esiste una profonda comprensione e una grande amicizia, ma raramente questa relazione viene analizzata apertamente. Ecco in questa fanfiction i due Vincitori condividere alcuni momenti delle prime ore di un'edizione che li vede come Mentori e non come Tributi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '...finché rimarrà un solo e unico vincitore.'
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 Quando Finnick arriva, vedo che sta ancora ridendo per qualche battuta che deve avergli detto qualche altro Mentore. Chaff, magari. Anche questa mattina ho visto che ridevano tutti compiaciuti chissà di cosa poi...
 “Che hai tanto da ridere, tu?” gli chiedo, appena si accorge di me. Mi saluta con un segno della mano e si cerca qualcosa in tasca. Quando mi arriva accanto, spezza ciò che ha recuperato dalle grandi tasche della felpa e mi allunga un pezzo di pane alle noci: “Tieni, l'ho preso per te in mensa...”
 Si siede al mio fianco e comincia a mangiare il suo pezzo, guardando dritto davanti a sé, con ancora un'ombra di sorriso sulle labbra.
 “Allora? Mi rispondi o no? Che hai da ridere?” sono aggressiva, con lui, me ne rendo conto, ma non posso sopportare l'ansia che mi sta salendo nello stomaco e vedere lui che ride mi fa scoppiare di rabbia.
 “Niente... Chaff...” fa Finnick, scuotendo il capo e mordendo il pane: “Le sue battute stupide... Poi, sai, lui e Abernathy erano andati insieme a bere e quindi...”
 I suoi occhi chiari si imbattono nei miei, che, immagino, saranno cerchiati da pensati occhiaie. “Qualcosa ti preoccupa?” mi chiede, facendosi finalmente serio.
 Scuoto la testa, perchè non ho voglia di parlarne, anche se forse dovrei.
 “Questa edizione è partita col botto, eh?” Fa Finnick, finendo il suo pezzo di pane. Sollevo un sopracciglio: “Una vera meraviglia.”
 “Perchè non stai mai con quelli del tuo Distretto?” chiede Finnick, corrucciandosi: “Ho visto prima di là gli altri del 7, anche i vostri truccatori e stilisti... Tu con loro non ci sei mai. Al massimo scambi due parole con Blight, ma nulla di più... Dovresti godertela.”
 “Godermela?!” esclamo, smettendo subito di mangiare il pane alle noci: “Ma ti senti quando parli?! Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?!” Adesso Finnick mi sta fissando con serietà, con una sorta di avvertimento che luccica nelle sue iridi: “Certo. Me ne rendo conto benissimo. E tu?”
 Abbasso subito gli occhi e capisco che ha ragione lui. Mi metto a criticare Capitol proprio qui, nel centro d'addestramento? Ma quanto sono stupida? Tutte le lezioni che mi hanno dato non mi sono bastate...
 “Adesso è meglio che vai a riposarti.” mi dice Finnick, appoggiandomi una mano sulla spalla: “Ci aspettano giornate lunghe.” “No, voglio vedere come va la serata del mio Tributo.” Dico io: “Ho visto la ragazza morire nel bagno di sangue iniziale, non posso perdermi la fine del maschio...” C'è una sorta di ironia nella mia voce che vorrei poter cancellare, ma non ci riesco. È il secondo anno che faccio da Mentore e mi sembra già di essere arrivata al limite della sopportazione. Ho diciannove anni, ma è come se ne avessi novanta. 
 Finnick annuisce: “Come preferisci, ma comunque, fossi in te, cercherei di starmene tranquilla.” Annuisco, poco convinta: “Va bene. Tu? Stasera non guardi i Giochi?”
 Finnick si alza e si ripulisce dalle briciole di pane: “No. Ho un impegno. Passo a salutare Mags e poi mi portano a casa di uno... Non so...”
 Lo guardo in silenzio, sperando che la pietà che provo non trapeli dal mio sguardo. Forse, invece, lo fa, perchè Finnick evita improvvisamente i miei occhi e dice, cercando di sorridere, mentre invece gli trema la voce: “Non mi giudicare. Faccio solo quello che devo.”
 “Non ti giudico, Finn.” dico io, rigirando il pane di noci che mi resta tra le dita: “Solo...” “Non credere che mi piaccia.” adesso il suo tono è più ruvido e l'ombra del sorriso è scomparso: “È una cosa che odio, ma...” abbassa la voce, guardandosi attorno, di colpo impaurito dal fatto che qualcuno potrebbe ascoltarci. Si avvicina a me e mi bisbiglia nell'orecchio: “Ho capito che più ti ostini a dargli contro, più loro ti fanno del male.”
 L'ho capito anche io, questo. Due anni dalla vittoria, e ho già assaggiato il loro morso dorato. Non deve certo venire lui a dirmelo.
 “Stai attenta, Johanna.” chiude Finnick: “Ci vediamo dopo, va bene?” “Ti aspetto sveglia.” dico. Finnick sorride, solo con le labbra, e il suo profilo attraente sparisce dalla mia vista.
 Mi alzo anche io e sfilo proprio davanti allo staff del mio Distretto. A parte Blight, li detesto tutti, senza eccezioni. Un paio di loro mi dice qualcosa, ma li ignoro.
 Con un velo di cattiveria che mi vergogno di sentire, mi ritrovo a sperare che tra due anni, quando ci sarà l'Edizione della Memoria, a sorpresa verranno mandati nell'Arena stilisti e preparatori di Capitol e non i ragazzi dei Distretti. Sì, una bella edizione con Tributi di Capitol, ecco cosa vorrei vedere almeno una volta nella vita.

 Ho lo stomaco sotto sopra, perchè la prima notte dei Giochi è stata terribile. Tre caduti in poche ore e due alleanze rotte. I ritmi adesso si sono un po' ridotti, ma sarà comunque un'edizione molto complicata.
 Sono seduta sul mio letto, con le coperte tirate sulle gambe e le mani sul volto. Non oso guardare come quell'orribile ragazzino del 2 sta cercando le tracce della ragazza del 10. Mi sembra di essere di nuovo là. E di essere contemporaneamente anche qua a chiedermi che ne è stato di...
 “Johanna? Sono io... Posso?” la voce di Finnick, appena un sussurro da dietro la porta, mi fa sobbalzare.
 “Entra, Finn.” gli dico io. Ho la voce roca, forse perchè da quando lui è uscito, non ho più aperto bocca con nessuno.
 Sblocco la porta schiacciando sul pulsante che tengo sempre a portata di mano e appena la serratura scatta, Finnick entra in camera. Si riuchiude la porta alle spalle e si appoggia un attimo alla parete.
 Sembra stanchissimo e moralmente a pezzi. Per non trovarmi mai nelle sue condizioni, io ho perso tutta la mia famiglia. Guardandomi indietro non so ancora adesso dire se quello che ho fatto è stato un bene o meno. Avrebbero per sempre usato la mia famiglia e quelli che amavo contro di me. Li avrebbero fatti vivere nella paura costante. Però almeno sarebbero stati vivi...
 “Finn...?” provo a chiamarlo. È ancora appoggiato al muro, ad occhi chiusi e sembra incapace di muoversi. Alla fine agita una mano e dice: “Tutto a posto... Devo solo...” “Fai con calma.” lo rassicuro io.
 Devo ammettere che è una vera meraviglia, anche adesso, anche così. È snello e forte e i vestiti elegantissimi che gli hanno messo addosso sembrano – anzi, di certo sono – fatti su misura per lui. Ha la schiena drittissima, le spalle larghe ed è agile, veloce, letale quando serve. I capelli scompigliati ricadono in ciocche biondo rame sulle fronte e le sue labbra formano un arco perfetto. Se non ci fosse così tanta sofferenza su quel volto perfetto, sarebbe uno spettacolo imperdibile.
 Si slaccia la cravatta e i primi bottoni della camicia bianca: “Senti... Vado un attimo... Mi serve una doccia.”
 Gli indico la porta del bagno: “Come fossi a casa tua.” Mi ringrazia con un gesto stremato della mano e sparisce in bagno. Sento l'acqua che comincia a scorrere e ritorno a guardare i Giochi.
 Adesso sembra tutto tranquillo. Quello del 2 ha smesso di correre e tutti stanno cercando di riposare un po' prima che arrivi l'alba. A parte che al massimo un paio d'ore e il sole sorgerà.
 Finnick esce dal bagno dopo circa venti minuti. Indossa l'accappatoio bianco fresco di lavanderia che una Senzavoce mi aveva portato questa sera. Mi chiedo dove abbia messo i vestiti, ma mi risponde prima che io possa chiederglielo.
 “Ho buttato via tutto. Giacca, cravatta, pantaloni...” dice, scrollandosi i capelli ancora umidi. “Hai fatto bene.” dico io: “Tanto quelli non hanno bisogno di vestiti già messi una volta.” Quelli sono, ovviamente, gli abitanti di Capitol. Per loro non è uno spreco così grave, buttare dei vestiti nuovi di pacca.
 “Posso?” mi chiede Finnick, indicando il letto. Mi faccio un po' da parte e picchietto sul materasso: “A tua disposizione.”
 Finnick si lascia cadere sulle lenzuola a peso morto, stringendosi nell'accappatoio, preda di un improvviso brivido di freddo.
 “Copriti, se hai freddo.” gli dico, dandogli un lembo della coperta. Ringrazia con un cenno del capo e si copre, mentre si mette a sedere accanto a me.
 Profuma di gelsomino e menta. Usa spesso questo bagnoschiuma. Mi piace.
 “Che cosa mi sono perso?” mi chiede, indicando lo schermo. Mi stringo nelle spalle: “Quelli del 12, tutti e due.” “Oh, povero Haymitch... Sarà distrutto...” commenta piano Finnick. “Sono stati trovati da quelli dell'1.” preciso, senza però indugiare sui dettagli che, ammettiamolo, sono superflui in questi casi: “E poi il maschio dell'8. Ha avuto la grande idea di accendersi un bel falò nella notte più buia dei tempi... Praticamente ha cercato il suicidio, per come la vedo io.” Sospiro: “Il mio è ancora vivo, e anche i tuoi due.”
 Finnick sporge in fuori il labbro e si mette a fissare le immagini che scorrono: “Il tuo ha qualche possibilità di arrivare in fondo?” Inarco un sopracciglio: “Tra lui e la ragazza, avrei puntato su di lei, ma...” tirò a me le ginocchia e concludo, abbattuta: “Ma l'hanno uccisa nel bagno di sangue. Le avevo detto io di cercare di prendere qualcosa alla Cornucopia. Blight le aveva detto di non farlo. Lei ha dato retta a me, perchè si fidava e adesso è morta.”
 Finnick si mette coricato, ignorando deliberatamente lo schermo su cui è appena stato inquadrato il tributo maschio del 4. Si mette le mani in grembo e per un momento sembra morto.
 “Comunque tra i tuoi due potrebbe davvero esserci il vincitore di quest'anno. Sono forti.” dico, per rompere il silenzio.
 Finnick chiude gli occhi: “Spero di no.” “Come?” “Spero che non vincano.” Questa sua affermazione, detta con questo tono piatto, mi fa rabbrividire: “Ma che dici, Finn?” faccio io, coricandomi accanto a lui e guardando il suo naso dritto.
 Deglutisce, il suo pomo d'Adamo sale e scende e poi dice: “Spero che non vincano.” Apre gli occhi e li intreccia coi miei: “Se uno di loro vincesse, sai a cosa andrebbe incontro.”
 Distolgo lo sguardo e mormoro: “Ma almeno sarebbe vivo.” Finnick sbuffa, scuotendo piano il capo: “È vita, questa?” “Se non ti sta bene, puoi sempre ammazzarti, chi te lo impedisce?” faccio io, prendendomela.
 “Annie ne morirebbe.” risponde subito Finnick.
 Annie, la ragazza impazzita nei suoi Hunger Games, la ragazza che è sopravvissuta, ma a che prezzo... La ragazza che Finnick ama più di se stesso.
 Dallo schermo arrivano i suoni ovattati dell'Arena, mentre né io né Finnick facciamo il minimo rumore. Non si sentono nemmeno i nostri respiri.
 “Avevo trovato un ragazzo.” dico, piano. Finnick torna a fissarmi. È da quando siamo qui che voglio parlargliene, ma non ho mai trovato il coraggio per farlo. Ho paura che parlarne con qualcuno renderà il tutto più vero.
 “Era... Non era bello, ma...” cerco di trovare le parole e mi sento una stupida, mentre arrossisco: “Era un tipo, ecco. Ha un paio d'anni più di me e sai, fa il boscaiolo...” Già, che originalità un boscaiolo nel Distretto 7... “Ha la barba bionda e le braccia forti. Mi piacevano i suoi occhi... Non aveva nulla a che fare con me, eppure...” Finnick fa un sorriso triste: “Già. L'amore è una cosa strana.” si liscia il colletto risvoltato dell'accappatoio bianco, assorto.
 Ci metto un momento a rimettermi a raccontare e quando lo faccio, è ancora più difficile di quel che credevo: “Lui sapeva benissimo chi ero io e quindi ci stava attento. Siamo usciti di nascosto qualche volta. Mi faceva ridere... Poi un giorno sono arrivati due inviati del Presidente che mi hanno chiesto di fare... Una cosa. Era da un po' che non mi cercavano più, pensavo che mi avessero lasciata perdere, che non mi calcolassero più per certe cose, non avevano più nessuno con sui ricattarmi...” mi metto una mano davanti alla bocca. La mia voce cominciava a tremare, ma io non voglio piangere.
 “L'hanno preso?” chiede Finnick, puntellandosi sui gomiti. Annuisco.
 Abbassa lo sguardo e respra lentamente: “Sai cosa gli hanno fatto?” Faccio segno di no con la testa e comincio a pianger silenziosamente. Finnick alza un sopracciglio: “Se lui per te era così importante, non potevi dire di sì agli uomini di Capitol?”
 Mi chiudo gli occhi con le mani, così forte da farmi male, e bisbiglio, indifesa e ancora piena di terrore: “L'avrebbero preso comunque, prima o poi... Sono troppo scostante, per loro... Prima o poi avrei detto la frase sbagliata davanti alle telecamere e allora lo avrebbero preso comunque...”
 Sento Finnick chiudere con forza il morso. Non condivide il mio modo di vedere questa cosa. So perchè: lui farebbe di tutto per Annie. Io non sono come lui. Questo mi fa sentire piccola e meschina in confronto a lui.
 Sto ancora piangendo, quando sento la menta e il gelsomino farsi più vicini e poi le braccia di Finnick stringersi attorno a me e le sue labbra sfiorare le mie orecchie mentre dice: “Lo so.” Sento che anche dai suoi occhi scivolano delle lacrime, che cadono sul mio volto, mescolandosi alle mie.
 Con la voce spezzata, Finnick mi sussurra nell'orecchio: “Prima o poi prenderanno tutti. Lo so. Lo so...”
 Continua a stringermi e sullo schermo continuano a inseguirsi le immagini dei Tributi di quest'anno, che non si sono ancora resi conto della macchina infernale su cui sono saliti. Uno di loro se ne accorgerà, quando uscirà dall'Arena.
 Uno di loro imparerà quanto è difficile sopravvivere. Uno di loro dovrà fare scelte ancora più spaventose di quelle già inumane che si devono prendere nell'Arena.
 Uno di loro capirà cosa significa essere il Vincitore degli Hunger Games.

   
 
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