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Autore: __larry5sos__    29/11/2014    0 recensioni
Da quando suo padre se ne è andato di casa, Michael è diventato un ragazzo strano. C'è qualcosa di misterioso in lui e la gente lo capisce, quindi gli sta alla larga e non si fida.
Michael è solo.
D'altra parte, chi mai potrebbe amare uno come lui?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Figlio della pioggia.


 

 



Michael ha sette anni. I genitori stanno litigando furiosamente per un futile motivo che lui non riesce ricordare. Michael c'entra di sicuro, perché è un bambino cattivo.
'È colpa mia, è colpa mia.' sussurra, arrotolato nelle lenzuola del suo letto, al piano di sopra. È sera. La porta di legno della sua cameretta non riesce a insonorizzare abbastanza il piccolo locale, tanto che il piccolo riesce a distinguere tutte le orribili parole che la madre e il padre si stanno scagliando addosso, incuranti del fatto che invece di ferirsi a vicenda stanno ferendo Michael.
È sera tardi e il temporale si è impadronito del cielo, Michael piange da quasi un'ora ormai e vorrebbe smettere, ma non ci riesce. Si sente così in colpa. I suoi genitori sono così arrabbiati perché lui è sbagliato, ne è sicuro. Loro non fanno niente per impedirgli di pensarlo, perché vogliono fargli capire che è colpa sua. Li fa spesso arrabbiare, non ubbidisce sempre e non mangia mai le verdure. Non riesce a essere bravo a scuola, nonostante ci provi con tutte le sue forze. Chissà che delusione dev'essere, avere un figlio così. Potrebbe farsi aiutare a studiare da un compagno, ma si vergogna di essere stupido e vorrebbe tanto chiederlo a Luke, ma lui è così bravo, così intelligente, così perbene che non vorrà mai nemmeno mettere piede in una casa incasinata come la sua. Sicuramente lo odia, proprio come tutti gli altri. Tutte le bambine della loro classe amano Luke e dicono che Michael è brutto. Anche Michael ama Luke, ma nessuno lo sa.
Il povero bambino è disperato. Ha nel petto un nodo enorme, e piangere così a lungo in silenzio gli ha provocato dei forti bruciori ai polmoni. Il bambino riesce a udire dal piano di sotto il rumore della porta d'entrata sbattere, e le grida cessare. Poi i singhiozzi della madre, e mille cose in pezzi.
Michael sa che non vedrà più il suo papà, perché la mamma lo ha buttato fuori.
Michael sa che la mamma sta distruggendo tutto dalla rabbia.
Michael sa che è colpa sua.

Tre ore dopo si sveglia con le guance incrostate di lacrime ormai secche e gli occhi gonfi e arrossati. Sa che è così, anche se a causa del buio non può scorgere la sua immagine nello specchio appeso di fronte al suo letto, perché prova la sensazione di quando si ha appena smesso di piangere. Non capisce cosa ha interrotto il suo sonno, finché un altro lampo spacca in due la miscela eterogenea di nuvole e vento che ancora oscura le stelle. È una questione di secondi, prima che ci si senta il tuono rombare nelle viscere.
Ecco.
Come per miracolo, una falce di luna si apre un varco nel grigio scuro e appare brillando candida, per lui, attraversando anche la rada nebbia opaca che si prepara per confondere la città il mattino imminente. Michael la vede dalla finestra che dà sul balcone. C'è un'energia strana, nell'aria. Il vetro lo attira, lo invita a oltrepassarlo, così il bambino si avvolge nel piumone ed esce, a piedi nudi. Fa freddo. Il vento gli sferza il viso, e l'acqua piovana gli punge le guance e impregna le maniche di cotone del suo pigiama. Si aggrappa alla ringhiera di metallo gelato.
Un fulmine, ancora. Più vicino.
Michael si accorge di non avere più nessuna paura. Prova amore.
Il bambino prende una decisione importante, dalla quale non tornerà indietro mai più, poi si addormenta un'altra volta, disteso sul cemento ruvido, cullato da ciò che disfa e distrugge tutto il resto.


Ora Michael ha diciassette anni. Ha i capelli rosso acceso e il piercing al sopracciglio. In questo momento è a lezione. Prova a stare concentrato il più possibile. Prende appunti più velocemente che può, ma il professore deve essere preoccupato dall'idea di essere indietro rispetto al programma scolastico, perché parla in modo sempre più rapido. O forse lo fa solo per fargli un dispetto.
Michael viene rispettato da tutti i suoi coetanei, ma sa che non può fidarsi, perché tutti sono gentili con lui solo perché percepiscono che è strano. Lo temono.
Un'amica ce l'ha, una speciale, che nessuno ha mai visto. Alcuni credono che sia la sua ragazza, ma se fossero a conoscenza del segreto più grande che essa custodisce gelosamente, cambierebbero opinione immediatamente.
A un tratto la porta dell'aula si apre, senza preavviso, e appare il direttore. È l'unico che non bussa mai, perché si sente troppo importante per farlo. Michael lo odia, ma deve fare il bravo con lui, perché se viene espulso non potra più studiare e trovarsi un lavoro decente.
L'intera classe si alza in piedi.
-Mi servono gli studenti che frequentano il corso opzionale di francese.-
Michael e altre due ragazze si fanno avanti e, in seguito alle scuse del direttore verso il professore per aver disturbato la lezione, lasciano l'aula. Fuori c'é l'intera classe di francese, che si dirige verso la direzione. C'è anche Luke, ovviamente. Michael vorrebbe essere suo amico, perché lo trova simpatico e intelligente, ma non si sono mai scambiati più di due parole. Anche se non si direbbe, entrambi sono troppo timidi.
Si siedono tutti in cerchio, sulle rigide sedie di legno scadente piazzate sicuramente dalla segretaria tarchiatella che si aggira di continuo per i corridoi, e colui che li ha convocati, dalla sua comodissima poltrona in pelle nera, apre le danze.
-Giovedì scorso, alle ore diciotto, il bagno dei maschi del secondo piano dell'edificio ovest è stato danneggiato. L'unica lezione svoltasi nei paraggi era la vostra. Parlate, o sarete puniti tutti.-
Il silenzio si fa sempre più denso, man mano che i minuti passano. Michael sa che sono stati i casinisti, Calum e Ashton, ma non è il tipo da fare la spia. Una delle secchione della B alza la mano e, dopo aver ricevuto il permesso, esprime la sua opinione. Crede sia ingiusto che le ragazze, non avendo fatto nulla, stiano perdendo tempo inutilmente, così, dopo aver affemato una dopo l'altra di non sapere nulla, vengono congedate. Ai maschi, invece, viene appioppato il compito di pulire la scuola fuori dagli orari scolastici, per tre volte.


Michael e Luke sono soli, nell'aula di arte, a strofinare con un prodotto al limone le macchie di colore rimaste sui banchi.
Gli alunni puniti vengono sempre accoppiati con chi non conoscono bene, in modo da non divertirsi nelle ore di lavoro supplementari. Per tutte e tre le sere, Luke e Michael avrebbero scontato la pena insieme. In teoria ci dovrebbe essere la bidella Alda a sorvegliarli, ma li conosce bene tutti e due e sa che non smetterebbero di pulire se lei si prendesse una pausa, così li ha lasciati soli.
Michael sa che Alda è andata a prendersi un caffè, quindi è lontana. Prende tutto il suo coraggio e rompe il ghiaccio. Si chiede perché trova più difficile parlare con lui che con gli altri ragazzi. Il suo cuore una risposta ce l'ha, ma il cervello la nasconde.

Quella sera stessa Michael fa dei sogni stranissimi. Piacevoli, però. Alla fine si è lasciato andare, con Luke, ed è riuscito a farlo ridere. Più volte, anche. Non è uno che ride spesso, quindi Michael è fiero di sé. Pensa di essergli simpatico.
Non vede l'ora di tornare a scuola, per vederlo ancora.

Luke e Michael sono molto amici. Hanno parlato per ore. Si scrivono quasi tutti i giorni e passano spesso la ricreazione insieme.
Al termine della terza serata passata a pulire, Luke chiede a Michael di uscire. Quest'ultimo acconsente sorridendo, come se fosse una cosa normale per lui, ma nel suo cranio si forma una confusione enorme, che schiaccia il cervello e gli impedisce di pensare con lucidità.
Dopo essersi salutati, si voltano la schiena, camminando ognuno nella direzione della sua dimora, e Michael si schiarisce le idee. Il cielo è terso, e sta scurendosi sempre più, passando dall'arancione appena accennato al colore del mare d'inverno.
Non pioverà.
Delle domande tormentano il ragazzo con gli occhi anneriti dalla matita, ma la sua amica non è presente. Dovrà cavarsela da solo.
Quando uscirà con Luke saranno soli? È un appuntamento? Fino a dove può spingersi, con lui?
La paura di perderlo gli si fa pesante nel petto.
Non sa che anche Luke è spaventato da questo.


Michael cammina con un aria distaccata e scorge la figura longilinea di Luke che dondola dolcemente sull'altalena cigolante. Si siede accanto a lui.
Luke sorride, sollevato. Forse temeva che Michael non si sarebbe presentato.
Non fanno nulla di concreto, all'inizio. Parlano e basta.
Michael ha portato della vodka. La sua speranza è che con un po' d'alcol in corpo sarà più facile dire a Luke quello che gli deve dire.
Sua madre urla quando lui torna a casa ubriaco, ma non gliene frega un accidente. Non gli ha mai voluto bene. Non è mai stata una madre.
Gli occhi di Luke, alla vista della bottiglia, sorridono.

Michael non si ricorda come ci è arrivato, ma è sdraiato sull'erba, con il viso rivolto verso il cielo. Anche quella sera, le nuvole sono molto rade. I due sono davvero soli, allora.
Luke si alza in piedi, aiutandosi catena dell'altalena, e si sdraia al suo fianco. Ride. Michael si volta a guardarlo, mentre un'emozione sale dallo stomaco verso il cuore, inebriando i suoi sensi ancora più del liquido trasparente che gli ha ormai ingrossato le vene e annebbiato il cervello. Si chiede come faccia a essere così bello.
Il ragazzo con i capelli rossi si sbagliava. Non dice proprio niente, di quello che prova.
Lo bacia direttamente.
Sente le labbra di Luke tendersi in un sorriso e il cuore gli scoppia dalla felicità. Poi si separano, e vede il sorriso trasformarsi in un'espressione seria. Gli occhi chiudersi.
Luke si addormenta, come se per lui non avesse significato niente.

La mattina dopo, Michael sente ancora la delusione bruciargli le costole. Sta solo aspettando che Luke si svegli: lui è già vestito e si è steso un nuovo strato di matita sotto le ciglia. La notte prima ha portato Luke in camera sua e gli ha ceduto il suo letto, dormendo sul pavimento e facendo a meno perfino del cuscino. Non si era neanche accorto di essere scomodo, poiché era troppo occupato a cercare di non svegliare Luke con il suo pianto.
Il ragazzo biondo apre gli occhi. È sorpreso. Quando si accorge di Michael seduto sul pavimento a gambe incrociate, bofonchia in tono tranquillo qualcosa sul padre che sicuramente lo ammazzerà, ma l'amico lo tranquillizza spiegando che la sera prima gli ha inviato un messaggio da parte sua dicendo che si fermava a dormire da lui.
Luke chiede se hanno dormito nello stesso letto, e alla risposta mantiene la sua espressione indecifrabile da sbornia finché non viene aiutato da Michael a vomitare anche l'anima nella tazza del gabinetto.
-Scusami, pensavo che reggessi meglio l'alcol.-
Michael si sente in colpa. Pensa di aver rovinato tutto, e che Luke non vorrà più essere suo amico.
Non sa che anche l'altro condivide gli stessi pensieri.

Il lunedì seguente, durante la pausa del mattino, Michael si siede sugli scalini davanti all'entrata principale. Apre il volume che ha in mano e comincia a leggere. I bordi delle pagine sono neri, come il suo umore. Ha deciso di non cercare Luke, per non dargli fastidio. Se non vuole più stare con lui può capirlo.
Quando alza gli occhi, deve soffocare un singhiozzo in gola, perché Luke e i suoi compagni gli stanno camminando davanti.
Luke non lo degna di uno sguardo, e questo fa male. Il mondo diventa sfocato, anche se Michael non lo ammetterà mai, perché sta per piangere. Di nuovo. Si asciuga l'unica lacrima fuggita dalla prigione di smeraldo in cui aveva cercato di rinchiuderla e riprende a controllarsi.
Sta talmente male che non si accorge nemmeno che sta per piovere.

Dopo mezz'ora di lezione di francese non ce la fa più. Luke è seduto pochi posti più in là, ma Michael non può guardarlo, altrimenti non riuscirà a trattenersi.
Chiede il permesso di andare in bagno.

Luke è preoccupato. Michael è via da venticinque minuti, ormai. Non ha potuto fare a meno di contarli.
Ottiene l'approvazione del professore, quando decide di andarlo a cercare, così varca la porta dell'aula e in seguito quella del bagno dei maschi dove si trova Michael.
Nella stanza rivestita di lucide piastrelle bianche regna il silenzio.
Il ragazzo nota che il lavandino è macchiato di nero. Leggero e sbavato. Si accorge che sono lacrime, come se una ragazza si fosse spremuta la depressione attraverso ciglia impiastricciate di mascara, per lasciarla colare sullo smalto bianco che ricopre il lavabo.
Ma Luke sa che non è andata così.
Solo una delle numerose cabine è chiusa a chiave. Lo si capisce dalla striscia rossa sulla serratura. Luke si mette in piedi davanti a essa e parla. Parla di tutto quello che pensa, senza freni; le parole scorrono come la pioggia che sta battendo il cemento fuori dalla finestra sporca.
Spiega che non voleva addormentarsi, ma era così stanco e si trovava così bene accanto a lui, poi la vodka aveva fatto il resto. Spiega che non voleva renderlo triste, che ora ha capito. Quando Michael gli ha detto, la mattina dopo il bacio, che non aveva dormito con lui, pensava che fosse perché si schifava di lui. Si sentiva un impiccio. Aveva aspettato una sua telefonata per tutto il giorno e tutta la notte, senza chiudere occhio, ma non avendola ricevuta aveva pensato di aver sbagliato tutto.
Era stato malissimo.
La serratura scatta, e una figura con il viso arrossato si rivela. Luke scopre che sotto tutta la matita nera di infima qualità che Michael si ostina ad applicare quotidianamente ci sono due begli occhi puliti, contornati da ciglia lunghe e fitte quanto basta. Sono occhi fini, di classe, che starebbero bene a una regina anche se, in fondo, anche su un ragazzo punk facevano il grande effetto da cui Luke era rimasto colpito.
-Hai pianto tanto.- nota questi, con la voce che trema.
-È solo pioggia.- si giustifica l'altro, e non è completamente una bugia, perché è di pioggia che sono fatte le sue lacrime.

La campanella della fine della mattinata trilla e il suo eco rimbomba nel bagno. Michael non si sciaqua il viso, semplicemente sorride e esce in corridoio, dando a Luke la possibilità di scegliere se seguirlo o meno.
Camminano insieme, l'uno accanto all'altro, fino a superare il portico. Luke tentenna un attimo, ma poi torna al fianco dell'altro, borbottando qualcosa a proposito dei capelli che si afflosciano con l'acqua.
Michael lo prende per mano e gli assicura che è bellissimo anche con i capelli piatti, strappandogli un altro sorriso.
La pioggia lo calma. Lo fa sentire a casa. Dalla notte in cui suo padre se ne era andato, non si era più sentito accettato da nessuna parte, se non nella pioggia. A lei confida i segreti, a lei racconta com'è andata la giornata e dalle sue gelide carezze si fa consolare quando non riesce più a sopportare la vita. Quando la mattina si sveglia con il ticchettio delle gocce sulle tegole, non può fare a meno di sorridere. La pioggia lo fa stare bene. È la madre che non ha mai avuto.
Michael era stato davvero solo. Non avendo nessun amico, se ne era creata una, ed erano diventati inseparabili. Aveva cominciato a ritrovarsi nelle mille goccioline finissime, nei diluvi incessanti, nel profumo e nell'elettricità che alleggiano nell'aria precedendo una tempesta. Lui e la pioggia si assomigliano. Entrambi possono essere tanto leggeri e delicati, quanto violenti e scatenati. Entrambi sono freddi e liberi. Entrambi non sono amati da molti.
Aveva deciso, la notte dell'ultimo litigio tra i suoi genitori, che la pioggia sarebbe diventata la sua casa, e così era stato.

Il ragazzo biondo fa incontrare le loro labbra inumidite dall'acquazzone un'altra volta e, senza interrompere il contatto, lo abbraccia forte. Erano anni che nessuno abbracciava Michael.

Luke era l'unico che, invece di avere paura di lui, lo aveva reso una persona importante. Michael gli avrebbe dato tutto, perché solo un ragazzo puro e sincero avrebbe potuto amare uno come lui.

Lui, figlio della pioggia.

 

 

  
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