Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Ness    30/11/2014    6 recensioni
Gent.ma sig.na Higurashi
La nostra accademia è lieta di comunicarle che è stata ammessa a sostenere l’esame di ammissione per accedere al nostro prestigioso istituto.
Qualora lei fosse ancora interessata a partecipare alle selezioni, la invitiamo a presentarsi il giorno 15 luglio, corrente anno, alle ore 8.30 presso la segreteria del nostro istituto per la registrazione, dove le verranno date ulteriori indicazioni.
Ringraziandola per averci scelto, le porgiamo i nostri saluti.
Kunitachi College of Music.
Un'allieva. Il suo Maestro. Un solo Destino.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Koga | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Aspetta seduto qui piccolo, la mamma torna subito”.

“Sì mamy”.

Con paura e timore mi avvicino alla porta della stanza. Piano la apro. All’interno solo il lento bip del monitor rompe il silenzio. Poi lo vedo. Lì, steso sul quel bianco letto. La mascherina dell’ossigeno gli copre il bel volto che, nonostante gli anni trascorsi, è ancora come lo ricordo. I folti capelli neri hanno ceduto il posto ad una chioma bianca. Sorrido appena. Dorme. Mi avvicino silenziosa e con delicatezza poggio la mia mano sulla sua, come quella volta. Quell’unica volta.

Apre gli occhi.

“Kagome…”

“Sì Maestro…”.

 

 

 

Capitolo 1.

Le radici del passato

 

“Allora Kagome? Ti ha chiesto di uscire?”.

Cercare di tenere nascosta qualcosa alle mie amiche è un’impresa ardua. Mi leggono come un libro aperto. Io, Sango e Kagura andiamo a scuola insieme praticamente dall’asilo e non ci siamo mai separate fino ad ora. Stiamo tutte e tre per entrare nelle scuole superiori, ma io non sarò con loro. Ho deciso di andare al conservatorio per studiare musica.

Fin da bambina la musica è stata la mia passione. Ho ricevuto il primo violino all’età di sei anni ma, a parte usarlo come una chitarra all’epoca non ero riuscita a fare un granché. Solo più tardi iniziai a capire come impugnarlo correttamente e suonare i primi accordi, stonatissimi. Adesso, dopo anni di esercizio, di lezioni private e ore e ore di studio, sono riuscita ad imparare a suonarlo. Mia madre avrebbe voluto che proseguissi gli studi classici insieme alle mie amiche, ma io sono stata irremovibile. Volevo diventare una musicista completa e per nulla al mondo avrei rinunciato al mio sogno.

“No, no e poi ancora no, mamma! Io non voglio studiare lettere solo perché piace a te!”.

“Ma Kagome, mia cara, sarà più facile trovare un lavoro se studi lettere, e poi avrai molte più opportunità anche con l’università! Cerca di ragionare!”.

“Ti ho detto che non se ne parla! Io diventerò una musicista! Ed è solo colpa tua se non sono ancora andata al conservatorio!”

“Non dire questo! – ribattè mia madre – Lo sai, la retta è elevata e non possiamo permettercela!”.

“Non mi importa! Studierò sodo ed otterrò una borsa di studio – le urlai – L’ho promesso a papà prima che morisse! Io diventerò musicista!”.

Quando nominai mio padre, nei suoi occhi vidi la resa, ma non mi diede nessuna soddisfazione. Mi disse solo: “Se riuscirai a pagarti le lezioni private ed ottenere la borsa di studio, senza che questo vada ad intaccare il tuo rendimento scolastico, potrai andare al conservatorio. Ricorda: un solo voto negativo e quel vecchio violino sparirà dalla tua vista”.

“E sia!” risposi.

 

Da allora mi misi di impegno. Feci subito una scaletta delle priorità per realizzare il mio sogno.

- scuola

- compiti

- lavoro

- lezioni private

- esercizio, esercizio e ancora tanto esercizio.

Sì, questo divenne il mio piano d’attacco. Avrei dato priorità alla scuola. I patti erano quelli: non un voto negativo. Così, la mattina andavo a scuola, subito dopo a casa dove mi rinchiudevo nella mia stanza a studiare per il giorno dopo e quelli avvenire, in modo da non accumulare compiti arretrati. Ero anche  riuscita a trovare un lavoretto in una gelateria vicino casa, per il fine settimana. Certo, essendo minorenne non potevo lavorare molto, ma come aiutante riuscivo ad ottenere i soldi necessari per pagarmi da sola le lezioni private di violino, che frequentavo tutti i giovedì pomeriggio.

Dopo tre anni sono riuscita a migliorare tanto da potermi iscrivere al concorso che si terrà tra pochi mesi, dove, se i Kami vorranno, otterrò la tanto agognata borsa di studio. Se ci riuscirò dovrò abbandonare la scuola per entrare di diritto nel conservatorio. Mi dispiacerà cambiare, ma per il mio sogno farò questo ed altro!

“Kagome??? Insomma vuoi rispondermi?” insiste Sango.

“Scusa Sango, ero sovrappensiero” mi giustifico.

“Sì certo, come no! – dice maliziosa Kagura – Stava pensando al suo bel Koga…”.

“Ma smettetela!” rispondo piccata.

“Insomma, uscirete o no?” Sango inizia a perdere la pazienza quando lei si arrabbia è meglio non farsi trovare nei paraggi.

“… Sì…” dico imbarazzatissima.

“Aaaaahhhh lo sapevo!!” urla lei eccitata, mentre insieme a Kagura si abbracciano e saltano come se avessero vinto alla lotteria.

“Dai su, racconta! – dice Kagura facendosi attenta e curiosa – Come te lo ha chiesto? Come ti senti? Dove andrete?? Gli dirai cosa provi? Lo bacerai?”.

Kagura mi tempesta di domande a non finire e a me quasi gira la testa, per questo terzo grado.

“Ma insomma, saranno pure fatti miei, no?” ribatto, oramai del colore di un pomodoro maturo.

“Eh no, Kagome! E’ da quando andiamo all’asilo che sei innamorata di Koga e lui non ti ha mai considerata! Adesso che finalmente ti ha chiesto di uscire non puoi non dirci come te lo ha proposto!” dice Sango.

Era vero. Ero innamorata di Koga fin dal primo giorno di asilo. Certo, all’asilo non ci si può innamorare. A quell’età si hanno “forti simpatie”. Ricordo perfettamente che il primo giorno che lo vidi, con quella divisa dello stesso colore dei suoi occhi, gli chiesi se voleva sposarmi. Lui anziché rispondere iniziò a piangere e a nascondersi dietro la maestra. Chissà se lo ricorda.

Siamo cresciute insieme anche con Koga, Miroku e Naraku. Una strana combriccola. Ma i miei sentimenti per Koga li ho sempre tenuti nascosti per evitare che il nostro gruppetto ben affiatato si sciogliesse. Mai mi sarei aspettata che Koga venisse a chiedermi di uscire.

 

Era appena finita la lezione di chimica, ed io avevo fatto esplodere qualcosa in aula. Non so bene cosa avessi combinato. Pur essendo sempre attenta, quel giorno, forse troppo stanca per aver studiato fino a tardi, non capii cosa disse il professore, così invertii l’ordine degli elementi e Boom! All’improvviso mi ritrovai il viso tutto sporco di qualcosa che sembrava fuliggine. Da dove era arrivata?

“Higurashi! Cosa ha combinato! – urlò il professore – si rende conto che poteva rimanere ferita? Eppure sono stato chiaro con l’ordine degli elementi!”.

“Mi scusi professore… mi sono… ecco, mi sono distratta!”

“Va bene, per questa volta non la mando in presidenza, ma è meglio che vada in infermeria. Le daranno qualcosa per togliersi di dosso quella roba”.

“Grazie professore!” risposi mortificata, raccogliendo le mie cose.

“Prof scusi? Non è il caso che qualcuno la accompagni? Potrebbe aver inalato qualcosa che può farle male” disse ad un tratto Koga.

“Si Yoro, ha ragione. Qualcuno vuole…”

“La accompagno io!”.

Il professore non fece in tempo a far la domanda che lui si era già proposto.

 

Così ci dirigemmo verso l’infermiera.

“Sei un disastro Kagome, te l’hanno mai detto?”.

“Sì Koga, me lo ripeti ogni giorno, tre volte al giorno da otto anni oramai… fa un po' tu il conto…” risposi piccata, ma allo stesso tempo vergognandomi.

“Sì lo so” rispose sorridendo.

Per tutti i Kami che bel sorriso che ha. Quando sorride non lo fa solo con le labbra, ma con tutto il viso. Anche gli occhi sorridono ed è bellissimo – ero rimasta fissa a pensare questo quando lui si fermò un attimo prima di giungere alla porta dell’infermiera.

“Kagome…”

“Dimmi…” sentii in quel momento il cuore che voleva esplodere. Iniziò a battere freneticamente, quasi volesse uscire dal petto.

Mi si avvicinò e prendendo un fazzoletto tentò, con una dolcezza mai vista prima, di ripulirmi il viso.

Lo sapevo. Lo sapevo io che era un ragazzo dolcissimo – pensai.

“Ti andrebbe di uscire con me sabato pomeriggio?”

Io chiusi gli occhi. Avevo atteso tantissimi anni che mi facesse quella proposta e mi trovai costretta a rifiutare perché dovevo lavorare. Mi sentii morire. Non avrei mai più avuto un’altra occasione con lui.

“E la sera? Ecco vedi… avevo pensato di passare il pomeriggio al luna park, ma se per te va bene possiamo andarci anche la sera… ecco… sempre se ti va…”

Cosa? Me lo richiede? E perché? Lui ha la fama del ragazzo che non deve mai chiedere più di due volte. Ne basta una. E con me cosa fa? – mille pensieri invasero la mia mente. Ma lo chiese in un modo così impacciato e tenero che non ebbi altra scelta che rispondere “Sì”. Anche se, sinceramente, avrei accettato anche se me lo avesse chiesto con un sms.

 

“Ecco: è andata così!”.

“Cavoli… Kagome! E come ti senti?” chiede nuovamente Sango.

“Non lo so… è come se avessi la nausea…”

“Dai non ti preoccupare – dice sorridendo Kagura – ti passerà appena verrà a prenderti a casa! Con Naraku è stato così!”.

Lei e Naraku facevano coppia fissa da qualche mese e anche Sango stava per cedere alle continue avances di Miroku.

Cavoli… e se mi avesse chiesto di uscire solo perché i suoi amici si stanno trovando una ragazza e non volesse restare solo? -  penso triste, abbassando lo sguardo.

“A che ora viene a prenderti?” mi chiedono.

“Ah, non ve l’ho detto! Non viene a prendermi. Ci vediamo direttamente all’ingresso del luna park. Se dovessi prima tornare a casa, mi ci vorrebbe più tempo”.

“Va bene lo stesso! Quindi adesso, spese folli! Dobbiamo trovare l’abito giusto per te!”.

 

Ci ho messo una vita a convincerle che non avrei indossato nulla di strano. Comunque avrò indosso la divisa della gelateria e quindi non posso vestirmi elegante. Cavolo sto andando al luna park, mica in un ristorate di lusso!

 

 

“Sono tornata!” dico rientrando in casa e dirigendomi verso la mia stanza.

“Kagome aspetta” mi ferma mia madre.

“Sì?”.

“Oggi è arrivata questa per te” dice porgendomi una lettera.

 

Gent.ma sig.na Higurashi

La nostra accademia è lieta di comunicarle che è stata ammessa a sostenere l’esame di ammissione per accedere al nostro prestigioso istituto.

Qualora lei fosse ancora interessata a partecipare alle selezioni, la invitiamo a presentarsi il giorno 15 luglio, corrente anno, alle ore 8.30 presso la segreteria del nostro istituto per la registrazione, dove le verranno date ulteriori indicazioni.

Ringraziandola per averci scelto, le porgiamo i nostri saluti.

Kunitachi College of Music (*)

 

Non è possibile. La conferma scritta è arrivata. Certo mi era già stato anticipato telefonicamente, ma questo pezzo di carta è il biglietto per il mio futuro.

Solo due mesi ed il mio sogno inizierà ad avverarsi.

 

 

E finalmente il sabato dell’appuntamento con Koga è arrivato. Mi sveglio di prima mattina per fare un bagno caldo e rilassante. Non scendo nemmeno a fare colazione. Mia madre e mio fratello sono usciti di buon'ora con il nonno ed io sono rimasta sola in casa. Userò questa mattina per rilassarmi un po' e magari per fare ancora un po' di esercizio. Mancano ancora due mesi all'audizione, ma voglio che il mio pezzo sia assolutamente perfetto.

Mentre sono immersa nell’acqua calda penso inevitabilmente a Koga.

Vorrà veramente uscire con me oppure lo fa solo per occupare il tempo… eppure ha me lo ha chiesto per due volte. Forse non voleva passare il sabato da solo, visto che gli altri saranno impegnati. Si forse è solo quello. Compagnia. Non illuderti Kagome – sospiro – e poi tu hai la tua musica.

Faccio per uscire dalla vasca quando sento il cellulare suonare.

Cavolo, proprio adesso?

Rischiando di finire a terra e di rompermi una gamba, esco gettandomi addosso il telo e cercando freneticamente il telefono. Quando lo trovo sembra stia per esalare l’ultimo respiro.

“Ciao Kagome!” è Koga!

“Ciao!” esclamo felice di essere riuscita a prendere la chiamata in tempo.

“Senti, a che ora finisci in gelateria? Perché pensavo che magari potremmo fare una passeggiata prima…”

Una passeggiata? Ma se dobbiamo vederci direttamente al luna park!?

“Finisco alle 18.30, Koga. Mi ci vuole circa mezz’ora per arrivare!”.

“18.30? Perfetto, allora abbiamo tutto il tempo! A stasera, Kagome, non vedo l’ora!” e chiude la telefonata.

Che ha detto? Non vede l’ora? 

 

Ripeto all’infinito il mio pezzo per l’audizione, fino a quando non credo sia perfetto. Poi guardo l’ora.

“Oh Kami sono in ritardo!”

Così ripongo il violino nella custodia, torno in bagno dove metto un velo di trucco sugli occhi ed un leggero lucidalabbra alla fragola, anche se non durerà fino al mio appuntamento con Koga. Prendo un giubbino leggero e volo verso la gelateria.

Arrivo giusto in tempo.

“Scusate il ritardo! Vado a cambiarmi!”.

Vado nel retro, tolgo la camicetta ed i jeans ed indosso la divisa, il grembiule ed il berrettino. Lego i lunghi capelli corvini in una coda alta, che incastro nel berretto e vado alla mia postazione.

Oggi pomeriggio il locale è pieno di gente. Meno male, almeno non avrò il tempo di pensare al mio appuntamento.

“Benvenuto!” dico accogliendo ogni cliente con un sorriso, cercando di dar loro ciò chedesiderano.

Metà del pomeriggio è quasi andato quando vedo dalla vetrina uno strano tipo intento a fissarmi come se già mi conoscesse. Non sarà per caso un maniaco? Fingo di non notarlo continuando a fare il mio lavoro, quando sento la porta della gelateria aprirsi.

“Benvenuto – dico, con il solito sorriso – in cosa posso esserle utile?”.

Davanti a me i appare l’uomo che fino a pochi istanti prima sembrava mi stesse osservando dalla strada. Non saprei dire se sia più curioso o più sconvolto.

Non avendo lui risposto al mio invito glielo richiedo.

“Posso aiutarla a scegliere, se non sa cosa prendere” sempre con il sorriso sulle labbra.

Accipicchia, il modo in cui mi guarda mi mette soggezione. E se fosse veramente un maniaco?

Avrà sicuro sui quarant’anni, a giudicare dall’aspetto. Alto, spalle larghe, fisico asciutto e folti capelli neri impreziositi da alcuni fili d’argento. Anche se, a giudicare da alcune rughe che segnano il suo volto, forse, è più grande. Gli occhi, azzurri come il cielo, mi scrutano.

O Kami santissimi, questo è veramente un maniaco. – deglutisco – Forse dovrei chiamare il titolare che è nel retro del negozio.

Indietreggio leggermente, e da questo gesto, forse l’uomo si accorge del mio disagio.

Si avvicina al bancone e mette una mano sotto il mento, come a voler scegliere qualcosa. Le sue mani, lunghe e affusolate, ricordano quelle di un pianista.

Cavolo però, da vicino è un bell’uomo. Chissà com’era alla mia età. Doveva essere un figo pazzesco. – arrossisco –. Ma che cavolo vai a pensare Kagome!

“Ecco signorina, non saprei veramente cosa scegliere” dice con una voce calda e profonda.

Diamine che voce.

“Beh, dipende dai suoi gusti! Preferisce creme o frutta?” sorrido.

“Oh, non ne mangio uno da tanto. Lei cosa mi consiglierebbe?” dice, sorridendomi a sua volta.

Sì, da giovane doveva essere bellissimo. Lo è adesso, figuriamoci alla mia età.

“Oh beh, io prenderei un cono gelato con cioccolato, fragola e tanta panna montata. Ma non è detto che a lei possa piacere”.

“Allora cioccolato, fragola e tanta panna montata sia!”.

“Ne è sicuro? Non sono accostamenti che piacciono molto insieme di solito” domando.

“Non sono tanto inusuali. Conosco qualcuno che ha i suoi stessi gusti, quindi, vada per quelli”.

Quando me lo dice un velo di tristezza copre il suo sguardo subito celato da con un sorriso di circostanza.

Così gli porgo il suo cono gelato, che lui paga lasciandomi una mancia e, salutandomi, esce dal negozio.

“Arrivederci e torni presto a trovarci” dico, con un inchino.

Quando mi rialzo, con mia grande sorpresa, vedo Koga fuori dalla gelateria che mi saluta. Esco e gli vado incontro.

“Che ci fai tu qui?” chiedo sorpresa e felice di venderlo.

“Che domande, sono venuto a prenderti! Dai cambiati che andiamo!” dice posando, senza che me lo aspettassi, un delicato bacio sulla guancia destra, che immediatamente prende fuoco.

Torno dentro e corro nei camerini a cambiarmi.

Il mio primo appuntamento con Koga!

 

***

 

Non avrei mai immaginato che un giorno avrei rimesso piede in Giappone. Eppure, come mi diceva sempre lei “Non dare nulla per scontato”. Ed aveva ragione.

Ho passato gli ultimi vent'anni della mia vita in America ad insegnare a New York, presso la Julliard School (**). Il mio sogno è da sempre stato quello di diventare un grandissimo musicista. La musica è tutta la mia vita. Da quando l’ho incontrata ho vissuto solo per lei, ho respirato solo per lei. Quando avevo lei con me, non avevo bisogno di altro.

Il primo violino l’ho ricevuto all’età di dieci anni. Un regalo di mio padre, che sperava che uno strumento delicato come quello placasse la mia indole ribelle. Non avevo ancora compiuto otto anni che già mi avevano espulso da due scuole diverse per aver picchiato un compagno di classe. E ancora oggi, se ripenso al motivo per cui l’ho fatto, non me ne pento. Avevano insultato mia madre, definendola una poco di buono, solo perché se ne era andata di casa.

Non potevano certo sapere che mia madre era stata rinchiusa in un centro di salute mentale, dopo aver perso la ragione a seguito della morte di mio fratello. Un banalissimo incidente in bicicletta ce lo aveva portato via per sempre. Incidente capitato proprio davanti ai suoi occhi. Povero fratello mio! Aveva da poco compiuto undici anni.

Con mio padre andavamo sempre a trovarla, ed io attendevo con ansia il giorno della visita a mia madre. Avevo solo quattro anni quando lei sparì dalla mia vita e quindi potevo solo desiderarla al mio fianco. Purtroppo tutte le nostre visite settimanali si concludevano allo stesso modo.

“Oh Sesshomaru, bambino mio! Sei tornato da me!”.

Ed io, pur di ricevere il suo affetto, non le dicevo mai di non essere lui.

 

Questo suo annullare me stesso, per riavere mio fratello, mi aveva portato a diventare un bambino violento. Oggi sorrido al pensiero dei danni che ho fatto. Se ripenso come ero allora e come sono adesso, nessuno direbbe mai che io sia stato quel bambino tanto violento e ribelle.

La musica mi ha salvato.

La musica mi salva tutte le volte.

 

E’ passato un mese da quando ho ricevuto la chiamata di Kaede, sorella minore di mia moglie, quando mi comunicò che il rettore del Kunitachi College of Music era andato a trovarla, pregandola di metterci in contatto.

Sapevo cosa voleva da me. Fin da quando eravamo giovani che aveva tentato di farmi restare al suo fianco. Bankotsu Banryu, mio compagno di liceo e poi di università, era diventato il rettore di uno dei più prestigiosi conservatori di Tokyo. Persino il giorno del mio matrimonio, insieme a me sull’altare, mi disse: “Come tuo testimone sono in dovere di offrirti un posto prestigioso, per mantenere decorosamente la magnifica donna che stai per sposare”.

Ma niente, non ho mai ceduto alle sue offerte. Eppure questa volta qualcosa mi diceva che dovevo tornare e così, dopo aver dato le dimissioni alla Julliard, salutato gli studenti ed organizzato il viaggio, eccomi di ritorno. Da quanto non passeggiavo per le strade della mia città! Non sembra più neanche il luogo che ho abbandonato quando sono fuggito via da qui.

Il taxi mi lascia davanti a quella che una volta era la mia casa. Un villino circondato da un bel prato verde, e la siepe che lo recinta crea un ambiente fuori da comune. Poco o nulla è cambiato in questi vent'anni. Sono solo aumentate le case nel vicinato, gli alberi sono cresciuti, ma i suoni e gli odori sono quelli di un tempo. Mi avvio verso l’entrata della mia vecchia casa guardandomi attorno. Sulla destra il grande gazebo bianco è ancora lì, con le poltrone ricoperte da soffici e candidi cuscini.

 

                Bentornato amore mio...

                Amore guarda, le rose sono fiorite questa mattina!

                Tesoro che ne dici se qui piantassimo un ciliegio? Sarebbe stupendo vederne la fioritura dal nostro soggiorno

                Ci pensi, amore? Questa è la casa dove invecchieremo insieme! Sono così felice!

 

Sorrido. Nonostante gli anni trascorsi lei è ancora qui, dove l’ho lasciata vent'anni fa, seduta sotto quel gazebo, a leggere un libro.

 

“InuYasha!” una voce mi ridesta dai miei pensieri.

“Kaede cara!”

Corro incontro a mia cognata. Ci abbracciamo senza dir nulla. Gli anni sono passati anche per lei, in questa casa che non ho venduto solo per far sì che lei avesse un posto dove vivere. Così è rimasta qui, ad accudirla, ed è qui che è venuta a vivere con suo marito, Myoga, un avvocato di successo.

“Quanto tempo è passato, fratello!” dice con la voce rotta dall’emozione.

“Lo so, piccola Kaede, perdonami se non sono tornato prima” rispondo, mortificato per non esser più tornato.

“Non importa, sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato!” dice sorridendo e facendomi strada verso l’ingresso.

“Vedo che non hai toccato nulla” dico stupito del fatto che ogni cosa fosse esattamente come la ricordavo.

“Certo che ho lasciato tutto intatto – dice prendendo il mio soprabito – questa è pur sempre casa tua. Vieni che ti accompagno nella tua camera così ti rinfreschi e ti riposi. Mio marito sarà a casa per ora di cena, quindi hai tutto il tempo per riprenderti dal lungo viaggio”.

“Ma… Kaede… questa è…”

“Certo fratello, questa è la vostra stanza. Non mi sono permessa di usarla. Io e mio marito in questi anni abbiamo usato quella che era la mia vecchia camera, mentre per nostro figlio, Shippo, abbiamo allestito la camera degli ospiti – sorride. Mi è mancato il suo sorriso. Era poco più che adolescente quando sono andato via, e sono felice della donna che è diventata – Adesso ti lascio riposare” e mi lascia solo in quella che, un tempo, è stata la testimone di ogni mia gioia e dolore. Ha ragione Kaede. Questa è la mia stanza. La nostra stanza. Ed io avrei potuto andare anche in capo al mondo, ma alla fine dovevo tornare qui da lei.

Disfo la valigia, sistemando i vari abiti nell’armadio e le maglie nei cassetti. Apro la mia valigia porta documenti e da lì tolgo la cornice che sempre mi segue in ogni viaggio. La poso sul comodino. Quanto è bella questa fotografia. L’unica che io abbia mai scattato in tutta la mia vita.

                Ti prego InuYasha, lo sai che non sono fotogenica

                Ma che dici, sei assolutamente stupenda, amore mio

                Clic.

Il sorriso in questa foto è così spontaneo. Non l’ho più vista con questo sorriso. Le ho rubato un istante e me lo sono tenuto per me, come il più dolce dei ricordi. Un sospiro e decido di uscire. Tutto insieme non riesco a sopportarlo. Lei è ancora qui, tra queste mura, ed io non sono ancora pronto.

Avviso Kaede che non sono stanco e che vado a fare una passeggiata.

“Mi raccomando, InuYasha, cerca di non perderti. In questi vent'anni il quartiere è stato stravolto”.

Le sorrido, rassicurandola, ed esco.

 

Passeggio sovrappensiero, ripensando alla mia vita in questi venti anni lontano da qui: il viaggio in America, l’arrivo alla Julliard, l’amore e l’affetto degli studenti. Senza accorgermene mi ritrovo in una nuova zona, che una volta non era abitata.

“Ma guarda quante case e negozi. Il progresso e la civiltà vanno avanti!”.

Mi trovo a passare davanti ad una gelateria. Dò un rapido sguardo all’interno, per tornare poi a riprendere il mio cammino. Non è possibile – penso. E torno indietro per guardare meglio all’interno.

Dalla vetrata vedo una ragazza che sorride mentre serve i clienti. Forse gli occhi mi stanno giocando un brutto scherzo, ma somiglia tanto a lei. La vedo accorgersi di me, e così mi decido ad entrare.

“Benvenuto! In cosa posso esserle utile?” mi chiede con un sorriso, ma io non l'ascolto. Sono troppo preso ad osservarla. I lunghi capelli corvini, gli occhi color nocciola, la forma del viso. Possibile che me la ricordi tanto? Somiglia a lei quando era poco più di una ragazzina. La osservo meglio, avvicinandomi cautamente. No, non le somiglia. Sorrido. Mi sono sbagliato, lasciandomi suggestionare dal suo ricordo.

La ricorda, ma non è lei.

 

“Posso aiutarla a scegliere, se non sa cosa prendere” mi dice nuovamente, sempre con il sorriso sulle labbra. Questa volta noto che non è più spontaneo come prima. Forse l’ho spaventata.

Mi avvicino al bancone a guardare tutti i gusti presenti. Non immaginavo che in tutti questi anni i gelati triplicassero i loro gusti. Metto una mano sotto il mento, come a voler raccogliere le idee.

Puffo? Ma che gusto è il puffo? – penso. Forse è meglio chiedere consiglio.

“Ecco signorina, non saprei veramente cosa scegliere”.

“Beh, dipende dai suoi gusti! Preferisce creme o frutta?” sorride.

“Oh, non ne mangio uno da tanto. Lei cosa mi consiglierebbe?” rispondo sorridendo nuovamente. Temo si sia spaventata prima, quando mi sono messo a fissarla, e non voglio pensi che sia un maniaco.

“Oh beh, io prenderei un cono gelato con cioccolato, fragola e tanta panna montata. Ma non è detto che a lei possa piacere”.

Non posso credere che anche a lei piaccia questo accostamento assurdo – penso.

“Allora cioccolato, fragola e tanta panna montata sia!” dico, facendo la mia scelta.

“Ne è sicuro? Non sono accostamenti che piacciono molto insieme di solito” domanda stupita.

“Non sono tanto inusuali. Conosco qualcuno che ha i suoi stessi gusti, quindi, vada per quelli”.

E’ inevitabile che pensi a lei. Anche lei amava questi due gusti messi insieme. E più panna c’era, meglio era. Sorrido nuovamente alla ragazza, ricacciando via i pensieri tristi.

Mi prepara il gelato, mi fa lo scontrino, la pago e la saluto.

“Arrivederci e torni presto a trovarci” dice, con un inchino.

 

Fuori dalla gelateria c’è un ragazzo che l’aspetta. Mi volto a guardarli: lui le lascia un bacio sulla guancia e lei arrossisce. Sorrido nuovamente e proseguo per la mia strada, con in mano questo bizzarro gelato. Mi siedo su una panchina e lo assaporo.

Sì, fa decisamente schifo (***).

Mi sto rilassando, quando mi sento chiamare.

“Maestro Taisho? Maestro Taisho?”.

Un ragazzo di circa sedici anni mi si avvicina. Non molto alto, capelli rossicci e brillanti occhi verdi.

“Sì? Sono io”.

“Buona sera maestro Taisho – e fa un inchino – Io sono Shippo, il figlio di Kaede e Myoga. Sono venuto a prenderla per accompagnarla a casa per la cena”.

“Oh bene ragazzo! Grazie! Non credo che sarei riuscito a tornare presto. Credo di essermi perso nel paese dove sono cresciuto!”.

Sorride ed insieme ci avviamo verso casa, mentre il giorno inizia a lasciare il posto alle prime luci della sera.

 

 

 

 

 

I pensieri di Ness

Ciao a tutti!

E così eccomi qui con questa fan fiction sui personaggi di InuYasha. Inizio con il chiedervi umilmente perdono se mi sono permessa, ma, quando ho immaginato la storia ho inevitabilmente pensato a loro!

Ci tengo a farvi sapere che l’idea è nata da una canzone del grande Domenico Modugno. Il titolo è “Il maestro di Violino”. Potete cercarla tranquillamente in rete e troverete che c’è un film con questo titolo.

Della trama del film ho solo usato la differenza di età, e il viaggio in America del Maestro. Tutto il resto è frutto della mia fantasia. Nel caso in cui dovessero esserci altre somiglianze ve lo farò sapere. Ad oggi non ho ancora potuto vedere il film, essendo un film del 1976.

Spero che la storia vi piaccia, che non deluda le vostre aspettative e che un InuYasha più maturo e posato non vi faccia fuggire a gambe levate. ^_^

Ness

Ps. Sesshomaru amore mio perdonami se ti ho ucciso in un modo così indegno… ma dovevo… ti amo lo stesso però!

 

(*)La Kunitachi College of Music (国立音楽 Kunitachi Ongaku Daigaku ) è una scuola di musica privata di Totyo. E 'stata fondata nel 1926 come la Tokyo Conservatorio di Musica. (fonte. Wikipedia). Non ho la più pallida idea di come ci si possa accedere in quanto l’unico sito che ho trovato era scritto in giapponese e, non so voi, ma ancora ho difficoltà a leggerlo. ^_<

(**)La Juilliard School (spesso chiamata semplicemente la Juilliard) è una delle principali scuole di arti, musica e spettacolo del mondo. Situata a New York, nell'edificio del Lincoln Center, offre corsi di danza, teatro e musica a più di 800 studenti. (fonte. Wikipedia).

(***)Questa è una bugia bella e buona! Quelli sono i miei gusti preferiti e li adoro messi insieme! Ma ho pensato che sarebbe stato più carino che a lui non piacessero.

  
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