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Autore: M4RT1    30/11/2014    5 recensioni
Perfino la sua descrizione ti appare così, come se parlasse di quando eri molto piccolo ma eri tu. Non uno sconosciuto che ti sembra di non aver mai incontrato, ma lo stesso ammasso di pelle e sangue e ossa che ti senti ora. E il tuo colore preferito era l’arancione e adoravi allacciarti le scarpe due volte. E l’amavi.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I wanna start by letting you know this.

Because of you, my life has a purpose.

You helped me who I am today

I see myself in every word you say.

 
“You’re a painter. You’re a baker. You like to sleep with the windows open. You never take sugar in your tea. And you always double-knot your shoelaces”.
[Katniss Everdeen, “Mockingjay”]

 
È quasi buio quando senti riemergere il vecchio Peeta – o comunque, quello che tutti dicono essere il vero te.

È quasi buio e lei è lì – ragazza, poi ibrido, poi di nuovo ragazza. E i suoi occhi sono vicini ai tuoi e sono davvero occhi – non fessure, non buchi neri; e le sue labbra si muovono veloci e tremano, ma sono davvero labbra – non serpenti, non sangue; e i suoi capelli, quella massa disordinata raccolta in una treccia, ti sembrano quasi familiari.

Perfino la sua descrizione ti appare così, come se parlasse di quando eri molto piccolo ma eri tu. Non uno sconosciuto che ti sembra di non aver mai incontrato, ma lo stesso ammasso di pelle e sangue e ossa che ti senti ora. E il tuo colore preferito era l’arancione e adoravi allacciarti le scarpe due volte. E l’amavi.

 
Sometimes I feel like nobody gets me.

Trapped in a world where everyone hates me.

There’s so much that I’m going through

I wouldn’t be here if it wasn’t for you.

 
E ti sembra quasi ovvio che siano loro i buoni – e non Snow con quegli scienziati che vi torturavano. Perché i buoni non feriscono, quelli sono gli Hunger Games. Sono i Giochi a uccidere – se ti va bene, lo fanno fuori; altrimenti, dentro, mangiando emozioni e amore e ingenuità.

E ti sembra scontato che i Ribelli non ti odiassero – non del tutto, almeno. Che la voce che ti parlava mentre eri in cella mentisse, perché non è possibile che non ti abbiano ancora fatto fuori– non se avessero voluto farlo. 

Ed è assolutamente certo, certo come il fatto di chiamarti Peeta (è sicuro almeno quello, vero?), che sono stati loro a salvarti. Che è stata lei, con la sua testardaggine e le urla e, forse, anche la forza. Perché lei è forte, lo sai, l’hai sempre saputo. Forte dentro. Tanto da continuare a starti vicino.

 
I was broken

I was choking

I was lost

This song saved my life

 
Eppure, sembravi non capirlo fino a poco fa – forse non lo fai nemmeno adesso, non del tutto.

Perché Katniss era un mostro, nei tuoi sogni, quando si confondeva ad animali spaventosi e macchine senz’anima. Quando era un’arma tra le mani dei Ribelli.

Perché era colpa sua se tu eri in balia di Capitol City, se non ti avevano salvato. Era colpa sua se ogni giorno venivi trascinato fuori dalla cella per sederti sulla Poltrona, quella su cui a turno finivate tutti. Ed era colpa sua se le vostre urla venivano assorbite dalle mura insonorizzate per svanire, nessuna traccia a parlare agli altri del vostro dolore.

Era colpa sua, solamente sua, se anche al Tredici eri in una stanza bianca.

Eppure, non puoi fare a meno di riconoscere che è stato merito suo se hai cominciato a ritornare in te – o in quello che tutti dicono essere te.

Perché la canzone l’ha cantata lei, ne sei sicuro. L’ha cantata lei a sei anni, forse sette. L’ha cantata lei quando hai cominciato ad amarla.

 
“I must have loved you a lot”.
[Peeta Mellark, “Mockingjay”]

 
I was bleeding

Stopped believing

Could have died

This song saved my life.

 
Ed è stata sempre lei (almeno stando alle testimonianze degli altri) a salvarti due volte, nell’Arena. È stata lei a trovarti quando provò ad ucciderti – no, non voleva ammazzarti, ti salvò.

Lei ti salvò.

Ripetilo in silenzio, i polsi che sfregano contro le manette fredde, la luce che sfuma nel buio notturno.

Ripetilo, mentre la mente ti si annebbia.

Ripetilo, fissando intensamente il fuoco.

Lei ti ha salvato. Non il Presidente. Lei.

 
I was down,

I was drowning

But it came all just in time

This song saved my life

 
È stata lei, con il suo coraggio, a farti prelevare dai Ribelli.

Te la ricordi, quella notte, mentre giacevi con le spalle al muro e il sangue che macchiava il camice bianco che indossavi. Te le ricordi, le luci al
neon che illuminavano tutto di un pallore mortale. Te la ricordi, la porta imbottita contro cui non ti era concesso nemmeno farti male.

Te lo ricordi, quel rumore?

L’elicottero che veniva a salvarti.

Te le ricordi, quelle urla?

Le urla della tua vicina di cella prima che si rendesse conto che erano i buoni.

Te le ricordi, le tue urla?

Quelle che emettesti quando capisti che erano loro.

 
Sometimes I feel like you’ve known me forever

You always know how to make me feel better

[…]

You let me know like no one else

That’s okay to be myself.

 
E poi te la ritrovasti di fronte e le tue mani scattarono, automatiche, non dissimili dalle armi della Capitale.

E il suo collo sembrava così diverso da come te lo aspettavi – caldo, non freddo e metallico. Non un collo da belva, non un collo da mostro. Un
collo da umano, uno uguale al tuo – era lì che ti iniettavano il siero degli Aghi Inseguitori, e faceva male.

Lei, invece, non sembrava farti male. Non sentivi dolore a toccarla, mentre lei sembrava soffrire molto. E sapevi (no, lo vedevi) che non era
solo per la mancanza d’aria. Che era perché tu non la stavi abbracciando, baciando. Perché tu non la amavi come prima.

Avevi ragione. No, avevi torto.

Lei ti ha salvato, ricordalo. Ti ha salvato.

Ripetilo, mentre i soldati si danno il cambio.

Ti ha salvato.

 
[…]

You’ll never know

What it means to me.

I’m not alone

And I’ll never have to be.

 
E tu l’hai delusa – o è lei ad aver deluso te?

No, è colpa tua.

Le hai dato della stronza – se lo meritava? No, non lo meritava affatto.

Lei ti ha salvato, imparerai a ricordarlo.

Ripetilo ancora, mentre spunta l’alba.



N.d.A.: niente. Non sono brava a scrivere Katniss/Peeta (sono più una tipa da Finnick/Annie <3) ma questa dovevo scriverla. Ce l'avevo in mente da un sacco di tempo (seriamente, credo fosse quasi un anno).
La canzone, che è stato lo spunto per la storia, è "This song saved my life" dei Simple Plan - è molto bella, ve la consiglio U_U 

 
  
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