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Autore: King Of My World    01/12/2014    1 recensioni
Ho deciso di pubblicare un tributo ai gay, il protagonista della storia sarò io stesso. E' una storia nata per gioco, perché io e la mia migliore amica appoggiamo il mondo gay, così, mi chiese se ne potevo scrivere una storia con un personaggio famoso: la scelta è caduta così, su Robert Pattinson. Vi prego, non vi arrabbiate perché è solo un tributo e visto che alla mia amica piace molto questo personaggio, ho deciso di pubblicare qui. Spero vi piacerà, buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9

Incomprensioni 


Mi ero disperso nel vuoto. Forse non sarei mai riuscito a credere ai miei occhi, Robert e Brigitte ebbero una storia in questa casa? Non riuscivo a stare al mio agio, non sapevo cosa pensare. Ero davvero in crisi con me stesso, eppure lui non si faceva tutti questi problemi: era tranquillo quanto un leone addormentato. Io no, ero come la preda preoccupante; non mi sentivo al sicuro con questa situazione alle spalle. Mi giravo e rigiravo nel letto, ero in difficoltà con me stesso.
Forse era per via della mia fantasia irreale. Era tutto inesistente, pure se fosse stato vero, l’avrei saputo di certo!
Invece no. Quanto avrei voluto piangere e mettermi in un angolo. Sentivo il profumo provenire dal suo cuscino, un’essenza davvero confusionaria. Mi faceva confondere le cose, mi dimenticavo dei cattivi pensieri; era una realtà ben diversa, perché alla fine Robert era una persona importante per me, era il mio Dio. Bello, specialmente con i capelli arruffati. Mi sarebbe piaciuto perdere il mio viso tra i suoi capelli: questi erano momenti di pure perversione. Ma anche se lo avessi fatto, quale male me lo avrebbe impedito? Lui era il mio ragazzo, quindi potevo farlo. I giudizi altri non vallerebbero nemmeno la metà del mio sentimento, io lo amavo punto.
Fuori era mal tempo, Yara dormiva beata nella sua culla. Io andai giù per fare colazione e vidi un biglietto con scritto: “Preparati! Ritornerò prima di pranzo. E porterò via te e Yara”
-Forse vuole farsi perdonare per ieri!-. Pensai tra me e me.
 
Era carina come idea. Un uomo veramente perfetto, tutte lo donne lo desideravano. In effetti, pensandoci, a tutti credevano che avesse una donna al suo fianco e invece aveva me. Anche se mi sentivo un po’ escluso, perché non c’entravo con lui.
Non volevo andare a scuola oggi, in realtà, non ero dell’umore giusto. La mia rabbia consisteva su questa sera, non riuscivo a controllare i nervi per via di quella Brigitte, io non mi fidavo.
Mi sedetti a tavola, mettendomi le mani sulla fronte per non pensare troppo. Presi un cornetto e lo mangiai facendo finta che fosse la testa di Brigitte, lo terminai in un paio di secondi e bevvi un po’ di arancia rossa.
Pochi minuti dopo, sentii Yara piangere così andai sopra a prenderla e consolarla dal pianto. Poi scendemmo giù e le preparai un po’ di letto, giustamente aveva fame anche lei.
La domestica oggi era assente, si era presa un po’ di ferie perché il marito non stava bene… Era un giustificazione abbastanza seria. Ecco perché Robert le aveva concesso qualche giorno. Fece bene, anche perché quando stava qui, lavorava sempre e faceva anche un ottimo lavoro.
Passato un po’ di tempo, presi Yara e andammo di sopra a vestirci. Esattamente mi misi un cardigan blu con una camicia bianca e con un paio di jeans e a Yara una tutina alla Hello Kitty, mi piaceva un sacco come le stava. Di scarpe indossai delle Nike Air di colore blu oceano, invece a Yara le misi delle bamboline rosse per spezzare con la tuta.
Scendemmo di nuovo giù e aspettammo entrambi Robert sul divano di pelli, e prima del suo arrivo mi misi a giocare con la mia piccola riccioli d’oro.
Fuori era grigio, il tempo sembrava non promettere nulla di buono, ma con il mio Robert andrà tutto bene. Ci mise un bel po’, ma alla fine venne. Entrò dalla porta tutto bagnato, specialmente i capelli: erano tutti bagnati e gli donavano. Amavo Robert con i capelli bagnati, lo ammiravo ad ogni suo movimento. Era un Dio per me, soprattutto in giacca e cravatta. Di fretta si tolse le scarpe e la giacca di dosso.
 
-Farò subito e andremo via, ma dobbiamo ricordarci di prendere l’ombrello per arrivare alla macchina.-. Disse frettoloso e mi diede un bacio.
 
Andò subito di sopra a cambiarsi, io vidi Yara che sorrideva ed io rimasi perplesso guardandola. Sembrava diverso. Non sapevo che pensare così, mi avvicinai alla finestra con la bambina in braccio e guardai la cosiddetta “Tempesta Perfetta”: la natura delle volte giocava dei brutti scherzi.
 
-Mi sa di strano oggi questo tempo, su tante giornate soleggiate dovevamo scegliere proprio la peggiore!-. Mormorai.
-Scusami in ritardo, sono qui!-. Gridò soddisfatto per la sua velocità super sonica. Mentre io mi girai e gli sorridi.
-Allora, dove andiamo?-. Domandai curioso.
-Ci andiamo a fare un giro al centro commerciale, faremo un po’ di compere. Ti va?-. Mi implorò nel “Ti va?” con una faccia abbastanza triste ed io annuii per farlo felice.
 
Prendemmo l’ombrello, altrimenti ci saremmo potuti bagnare per via del tempaccio. Incappucciai bene Yara, non volevo farle prendere un accidente.
Durante la guida, mi stetti zitto. Non avevo proprio voglia di parlare con lui. Lo guardai attentamente, indossava un jeans e una felpa rossa. Non avevo fatto caso al suo abbigliamento sportivo, mi sembrava strano vederlo vestito in quel modo: aveva sempre indossato indumenti eleganti. Anche i capelli sembravano molto disordinati.
-Perché mi fissi?-. Mi guardò dubbioso, forse sapeva che stessi pensando a lui.
-Niente, hai sempre indossato roba elegante. Anche i capelli sono disordinati. Sembra che abbia fatto un guerra!-. Esclamai divertito.
-Ti diverto conciato così, vero?-. Rise. –E allora mi vestirò spesso in questo modo.-. Continuò.
-Bene. Mi piaci in versione selvaggio!-. Risposi, allungandogli la mano sulla sua.
 
A lui faceva piacere. Yara si era addormentata ancora, quando si viaggiava in auto per lei era un sogno a trecentosessanta gradi.
 
-La piccola si è addormentata.-. Dissi, com’era bella. Sembrava davvero una piccola principessa.
-Beh, altri venti minuti e siamo arrivati-.
 
Tutto d’un tratto divenni serio. Volevo fargli una domanda molto importante, con la speranza che dicesse di no.
 
-R-Robert, ma questa sera, andrai a cena con quella Brigitte?-. Gli chiesi balbettando.
-Sì, te l’avevo già detto ieri.-. Rispose secco.
-Va bene.-. Mi arrabbiai, senza nemmeno accorgermene.
-Non fare così!-. Cominciò a lamentarsi.
-Io non sto dicendo nulla.-. Balbettai ancora.
-Infatti, nulla devi dire!-. Disse brusco. Ma si era reso conto di avermi offeso.
 
Restai zitto tutto il tempo, non avevo la minima intenzione di parlargli. Fu davvero uno stupido, un cretino. Per quale ragione mi aveva risposto in quel modo? Perché voleva ferire i miei sentimenti? In quel momento, sarebbe stato molto meglio un bel calcio nello stomaco, lo avrei sopportato più delle sue parole affilanti come rasoio. Detestavo quel lato di Robert.
 
-Scusami. Non volevo.-. Mi implorò, io lo fissai pieno di rabbia.
-Scusa, eh? Grazie. Sei solo un dannato cretino, fai come vuoi per stasera. Io non ho la minima intenzione di parlarti, voglio che sparisca dalla mia vista e non solo. Vorrei solo che tu svolgessi il tuo ruolo da tutore per ora, non mi parlare di altro e devi lasciarmi in pace e farmi riflettere. Ho una vita davanti a me, quindi non dovrei soffermarmi a te!-. Ero furioso.
-Cosa intendi?-. Era perplesso.
-Intendo fare altre esperienze con altre persone al momento, quindi tu pensa alle tue cose!-. Dissi freddo, ero davvero stufo di quelle situazione.
-Rifiuto la cena?-. Propose.
-Non m’interessa, sei libero di fare quello che vuoi da questo momento. Adesso scendiamo da qui ed entriamo in questo maledetto centro commerciale?-. Gli consigliai di fare.
 
Lui inorridito, senza forze, o meglio, senza più speranza. Si spense per qualche minuto: non riusciva più a riflettere. Forse ero stato troppo duro, ma comunque me ne fregai, quindi presi Yara e scesi dalla macchina all’istante e corsi via per il centro commerciale. Lui, invece, di corsa scese con cautela, chiuse la macchina e mi corse dietro. Non avevo intenzione di ascoltarlo, volevo essere lasciato in pace; ero esausto delle improvvise cazzate. Le quali mi ferivano dentro il petto, lo sentivo battere sempre più veloce: purtroppo stavo davvero male. Ma comunque lui doveva smetterla e queste saranno le lezioni. Forse dovrei essere meno duro, o meglio, forse sarebbe stato meglio così. Era libero. Io, però, dovrei dargli delle risposte meno cattive, perché quella era davvero pessima. Ridevo al solo pensiero, ma forse avrebbe imparato la lezione. Ed ora mi correva dietro, poverino!
Un po’ mi dispiacque, ma meritava questo tipo di lezione. Mi stava inseguendo, allora significava qualcosa, il mio amore contava ancora per lui. Feci un sorriso e scomparvi entrando in un negozio d’abbigliamento e lo aspettai lì.
Arrivo poco dopo, era furioso. Anch’io lo ero, quindi stavamo sulla stessa lunghezza d’onda con la differenza che lui era sudato fradicio, io no. Yara si svegliò e pianse. Mentre lui mi si avvicinò, cauto, tranquillo.
 
-Io ti amo-. Disse in semplice parole.
 
Era affannoso, stanco. Ed io mi sciolsi con quelle semplici parole. Cosa potevo mai fare? Anch’io lo amavo.
 
-E spero che tu stia scherzando del fatto che voglia vedere altri ragazzi!-. Mi guardò torvo, ma serio.
-Sì, stavo scherzando. Non riuscirei a sopportare una cosa simile.-. E alla fine dissi la verità.
 
Lui mi sorrise e prese Yara in braccio per non farla piangere e mi prese la mano andando a spasso per il centro commerciale. Non provava nemmeno un minimo di vergogna, ero felice di questo, molto. Avevamo girato di negozio in negozio facendo compere una dopo l’altra, specialmente per la nostra piccola Yara.


 
   
 
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