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Autore: Adeia Di Elferas    02/12/2014    5 recensioni
In realtà i personaggi non sono inventati da me, sono personaggi storicamente esistiti. Forse l'argomento non è molto comune, ma spero che questa fanfiction vi faccia riappacificare (nel caso ce ne sia bisogno), o almeno , riaccostare alla figura di Giacomo Leopardi. In questo mio breve componimento, mi permetto di immaginare uno dei tanti momenti di studio interrotti alla vista di Teresa (che poi ispirerà la famosa poesia A Silvia). Buona lettura!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
- Questa storia fa parte della serie 'Giacomo'
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~~ “Giacomo, cerca di stare dritto.” disse Carlo, passando accanto al fratello. Giacomo sorrise placido, pur sapendo già che non avrebbe ascoltato il consiglio. Doveva avvicinarsi sempre di più a quello che leggeva, era un dato di fatto. Col tempo, la sua vista peggiorava sempre di più.
 Da lontano, ancora se la cavava discretamente, mentre leggere diventava ogni giorno più complicato. Ah, che bello scherzo del destino. Lui che non aveva altro, se non quelle parole che si rincorrevano sulla carta...
 Tuttavia, visto che il fratello gli lanciava ancora qualche occhiata preoccupata, Giacomo si raddrizzò come riuscì sulla sedia.
 Anche Paolina ogni tanto lo osservava come se avesse paura per lui. Cosa temevano tutti? Non era atletico come altri, lo doveva ammettere, e la sua schiena... La sua schiena cominciava a curvarsi, se ne rendeva conto. Vedeva come suo padre lo squadrava ogni volta che lo vedeva arrivare in una stanza.
 Sorrise ai fratelli e al loro maestro, che stava sonnecchiando seduto in un angolo della biblioteca. Per la cura che ci metteva, certi giorni, era un miracolo che i tre figli del conte Leopardi non fossero degli analfabeti.
 Come avrebbero potuto, comunque, essere analfabeti, stando rinchiusi in una casa piena di libri? Di libri e basta...
 Giacomo trattenne un sospiro e tornò a leggere il testo in greco antico con cui si stava cimentando da qualche tempo. Gli piaceva, quella storia. Parlava di avventure e leggende, era un pezzo pieno di vita e lo portava lontano.
 Suo padre preferiva per lui letture più consone, come letture religiose o i grandi classici, ma quando sapeva di non essere a rischio, Giacomo leggeva anche opere minori e meno serie. Suo padre quel giorno non sarebbe rientrato fino a sera, e il loro istruttore aveva più sonno che non voglia di sorvegliare i ragazzi. Era l'occasione giusta per leggere qualcosa che lo divertisse.
 Mentre girava pagina, sentì una piccola fitta alla schiena. Tentò di trovare una posizione più comoda, e, nel farlo, alzò lo sguardo verso la finestra. Gli piaceva mettersi accanto alla finestra a studiare. C'era più luce e si poteva vedere il mondo. O almeno, una piccola parte di mondo. Il suo natio borgo selvaggio.
 Se solo avesse potuto avere le ali, come il colombo che si stava librando in volo poprio lì, a pochi metri da lui...
 Stava per riabbassare lentamente lo sguardo sul suo lavoro, quando intravide un certo movimento nel cortile. Il loro cocchiere stava uscendo di casa, salutando la famiglia. Teresa.
 Giacomo deglutì e si passò lentamente una mano sul colletto. Teresa, con il sorriso più dolce del mondo dipinto sul volto, salutava il padre con la mano e rientrava in casa.
 Con un calore strano che lo pervadeva, salendo al collo e alle guance, Giacomo si sforzò, chinò il capo e fece del suo meglio per concentrarsi di nuovo sulle carte che si affollavano sulla sua piccola scrivania.
 Fu tutto inutile.
 Tornò a cercare Teresa in cortile. Non c'era, lo sapeva, l'aveva vista, mentre entrava di nuovo in casa. Allora passò in rassegna tutte le finestre.
 Finalmente la trovò. Era lì, con i vetri spalancati, per lasciar entrare l'aria di primavera che riempiva tutta Recanati come le risate dei bambini ricolmano i cuori dei genitori.
 La vide mentre sollevava le lenzuola dal letto e faceva loro prendere un po' di sole, appoggiandole al davanzale. Vide che muoveva le labbra, mentre con allegria si spostava da una stanza all'altra, restando sempre sotto la sua vista. Oh, benedette finestre che lasciavano i suoi occhi liberi di seguire Teresa durante i suoi lavori...
 Con il cuore che cominciava a battere sempre più forte, Giacomo si guardò sopra la spalla. Carlo era immerso nella lettura di un grosso tomo, mentre Paolina stava scrivendo rapida e presa dalle sue stesse parole. In quanto al tutore, russava piano nel suo angolo, come l'uomo più a posto del mondo.
 Giacomo allora azzardò un movimento cauto verso la finestra. Aprì piano il vetro e lasciò che il profumo fragrante e ridondante di promesse e dolcezza lo colpisse in pieno volto come una verità accecante.
 E subito si sentì la voce di Teresa che cantava accorata delle rime popolari. Giacomo ci mise qualche momento per cogliere il senso delle parole che aleggiavano nell'aere. Era una storia di amore, di affetto e di speranza. C'erano vita e gioia mescolate insieme in una danza frenetica e traquilla allo stesso tempo.
 Giacomo diede un ultimo sguardo a Teresa, che stava recuperando le lenzuola dal davanzale, prima di celarsi alla sua vista per adempire ad altri compiti.
 La ragazza, tuttavia, continuò a cantare, come se avesse sentito il desiderio silenzioso di Giacomo, che desiderava sopra ogni cosa continuare a sentire la sua voce leggera, come se l'avesse avuta al suo fianco.
 Giacomo sospirò, annusando con rinnovata spensieratezza l'aria di primavera che seguitava a entrare dalla finestra. C'era profumo di fiori, nel suo alito fresco, e di sole e di serate piene di musica e balli.
 Con il sorriso sulle labbra, Giacomo si rimise a leggere il poema greco, lasciandosi cullare dalla voce della giovane.
 Ciò che gli apriva il petto rendendolo così felice da farlo quasi piangere... Era quello ciò che gli autori che lui tanto stimava chiamavano amore?
   
 
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