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Autore: Bei e Feng    02/12/2014    0 recensioni
Una raccolta di one-shot incentrate sul tema di Halloween e della paura, con una buona dose di demenzialità pariodica.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusateci per il CLAMOROSO ritardo, ma ci sono stati una marea di contrattempi scolastici di ogni genere. Speriamo che, con questa storia, possiamo farci perdonare!

Sembrerebbe un gioco da ragazzi fare fuori uno come Fran, no? Chiedetelo a Bel, l'unico che è riuscito nell'impresa.
Ma lui non vi dirà MAI cosa successe dopo...
Buona lettura :)



23 ottobre. Ore 16:30.
Bel se ne stava disteso sul letto della sua camera, preso dall'occupazione principale di tutti i monarchi del suo rango: l'ozio. Di recente aveva però trascurato quest'occupazione per pensare; il che richiedeva un notevole sforzo da parte del suo cervellino geniale. Ma quel che sorprende, più dell'azione in sé, è l'oggetto di quei profondi pensieri: un modo per uccidere Fran.
Perché mai?, direte voi. Be', ve lo spieghiamo subito: negli ultimi mesi il novellino dei Varia (si fa per dire, dato che il francese era ormai nella Squadra Assassina da più di tre anni) non stava più al gioco del Sempai, ovvero schivava i suoi coltelli e smontava completamente ogni affermazione di Bel con commenti più affilati di una lama.
Il principe aveva tentato di porre rimedio alla situazione, senza successo. E dato che, se non si può aggiustare un giocattolo, lo si butta via, Bel stava riflettendo, ormai da diverse settimane, su come liberarsi di quell'odioso giocattolo rotto che Fran era diventato. Però quella, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non era una scelta semplice, in quanto al principe non bastava liberarsi di lui, ma voleva farlo nel modo che meglio si addiceva ad un genio del suo rango. Aveva perciò bisogno di tempo e organizzazione per pianificare un omicidio ad arte. Del resto uno come lui non poteva cadere nella banalità di uccidere qualcuno con una semplice pugnalata...
Improvvisamente la porta si aprì, e la faccia annoiata di Fran fece capolino nella stanza.
- Lussuria dice che è pronto il pranzo, Sua Pigrizia. - annunciò, atono, schivando un coltello e poi una pallina antistress, scagliate, ovviamente, dal principe. - Mettici quanto più tempo puoi, per scendere, così non vedrò la tua brutta faccia mentre mangio. -
E detto così, l'illusionista se ne andò.
- Ingrato popolano! - borbottò Bel, facendo una smorfia verso la porta, prima di tornare a fissare il soffitto e a pensare con maggiore intensità.
Improvvisamente giunsero alle sue orecchie una serie di tonfi, che sembravano correre giù per le scale, seguiti da un un urlo femminile.
"Bene, Levi è caduto giù per le scale e Lussuria si è spaventato. Come al solito, del resto... Ma perché quell'inutile leccapiedi non sbatte la testa?" si disse tra sé e sé il principe. "Forse questa è la volta buona..."
- Bel-chan!!! Corri, presto!!! - strillò Lussuria dal piano inferiore.
"No, questa volta no. E per giunta lo devo pure aiutare a rimettersi in piedi!" imprecò mentalmente. Poi il suo volto si illuminò. "Ma prima lo calpesto per bene!"
 E presa questa decisione si alzò dal letto e uscì dalla sua stanza, scendendo con fare deciso giù per la grande scalinata di marmo che conduceva al piano inferiore.
Poi, all'improvviso, si fermò. Lì, sul gradino davanti a lui, stava il cappello da rana di Fran.
Un orribile sospetto s'insinuò nella sua mente, e il principe si precipitò giù per le scale per averne una conferma o una smentita. Pochi gradini dopo trovò una grande macchia di sangue. Ancora più preoccupato, Bel accelerò la sua corsa, e quando fu alla fine delle scale riscontrò, con amarezza e con un certo sconcerto, che i suoi sospetti erano veri.
Lussuria, il volto pietrificato dal terrore, fissava, pallido, il corpo di Fran, riverso sul pavimento.
Dopo un breve attimo di incredulità, Bel lo scavalcò e s'inginocchiò, sollevando il capo dell'illusionista per verificare se fosse ancora vivo. Dubitava, però, che lo potesse essere, dato il grande spacco che aveva sulla fronte.
Ma si sbagliava. Il francese, infatti, rivolse lentamente i suoi occhi verdi verso il principe.
- Lussuria, - disse Belphegor, grave e preoccupato. - Chiama un'ambulanza, sbrigati! -
- Subito, Bel-chan! - rispose Luss, inorridito, correndo verso il telefono ma senza riuscire, allo stesso tempo, a togliere gli occhi da Fran.
 In quel momento, con uno sforzo notevole per la situazione disperata in cui si trovava, Fran afferrò la manica della maglia di Bel, riportando la sua attenzione verso di lui.
- Mi vendicherò! - mormorò con un filo di voce, prima che il verde dei suoi occhi sparisse sotto le palpebre, che non si aprirono più.
- Ma... com'è possibile? - domandò Bel, attonito per l'accaduto, cercando di capire la dinamica dei fatti e la sua responsabilità nell'accaduto.
Gli fu tutto chiaro non appena si voltò verso l'ingresso della magione per dire a Lussuria che ormai era inutile chiamare un'ambulanza, e che avrebbe fatto meglio a chiamare le pompe funebri. Là stava la pallina antistress che Bel aveva tirato a Fran poco prima. L'illusionista doveva esserci inciampato scendendo le scale... No! Non era vero! Questo era solamente ciò che Fran voleva fargli credere!... Era tutta un'illusione! Un'illusione per prendersi gioco di Bel!
Il principe lasciò Fran e corse al piano di sopra, setacciando ogni camera alla disperata ricerca dell'illusionista. Poi passò al piano inferiore. Ma non c'era alcuna traccia del giovane.
- Non ci posso credere!... - mormorò Bel, sedendosi in un angolo dell'ingresso con la testa tra le mani, gli occhi verso il corpo esanime di Fran e la mente altrove. - Dovevo essere io ad ucciderlo! Non una pallina!!! -

- Era un bravo ragazzo! - commentò Ken, soffiandosi il naso per l'ennesima volta. - Non si lamentava mai quando il capo lo infilzava con il forcone... -
Chrome, seduta tra lui e Chikusa sul divano di casa Varia, gli porse il ventesimo fazzoletto di carta di quella giornata.
Prendendolo, Ken rispose con un 'grazie' strozzato, prima di continuare il suo necrologio con un guaito pieno di tristezza:
- Era un ragazzo solare!... Sempre con il sorriso in volto! -
Seduti tutti in cerchio intorno alla bara aperta contenente il corpo di Fran, tutti i membri delle famiglie legate in qualche modo ai Varia, ovvero Vongola, Kokuyo, Arcobaleno, Millefiore e Simon, vestiti di nero in segno di lutto, ascoltavano in silenzio le parole di Ken, con aria contrita.
- Un fulmine a ciel sereno! - commentò Lussuria, piangendo come una fontanella. - Era il più bravo dei miei bambini! -
- Sono sempre i migliori che se ne vanno. - commentò Yamamoto, sorridendo ma scuotendo il capo, dispiaciuto.
- Hai ragione, - assentì Ryohei. - Sarebbe stato un degno candidato del club di boxe. -
Il povero Gokudera, seduto tra i due sopracitati, per poco non tentò di accopparli entrambi.
- Tsuna, dovresti recitare un discorso in sua memoria. - propose Reborn al suo allievo.
- Eh? - rispose Tsuna, gli occhi strabuzzati, voltandosi verso il suo tutor. - Ma io non ho preparato nessun discorso. -
- Vallo a fare subito, allora! - sorrise l'Arcobaleno, puntandogli contro la pistola e guidandolo nella stanza accanto.
Bel assisteva alla scena da un angolo, fissando la bara a braccia conserte, senza riuscire a pronunciare una singola parola, o a scollare gli occhi dalla salma del giovane. Nel più profondo della sua anima sognava che il suo fastidioso popolano aprisse gli occhi e si risvegliasse, lo guardasse con i suoi fastidiosi occhi verdi, dicesse qualcosa di oltraggioso nei confronti del principe, e poi, dopo aver ricevuto un coltello nel cappello, fuggisse.
Ma ciò non accadde, e non sarebbe mai accaduto. Il principe sapeva di doversi rassegnare, ma non ci riusciva. Non riusciva a mandare giù il fatto di aver ucciso quell'odiosa ranocchia in un modo tanto stupido.
- Di' la verità, sei stato tu. Vero? -
Bel si voltò verso destra, incontrando lo sguardo serio di Rokudo Mukuro che, in abito nero come gli altri, lo stava osservando già da un po'di tempo.
- A fare cosa? - domandò il principe, confuso.
- A farlo fuori. - spiegò l'illusionista.
- No, purtroppo. - rispose Bel a denti stretti, sospirando.
- Peccato! - borbottò Mukuro, deluso.
- Bel! Ananas! - li chiamò improvvisamente Mammon, avvicinandosi svolazzando. - Devo parlarvi in privato. -
- Non chiamarmi Ananas, sgorbio! - ringhiò sommessamente Rokudo, irritato.
- Di che si tratta, Mammon? - domandò Belphegor, senza prendere in considerazione Mukuro.
- Delle ultime volontà di Fran. - spiegò lei. - Mentre smistavo la roba della sua stanza per vedere se c'era qualcosa su cui poter guadagnare, ho trovato il suo testamento: vuole essere sepolto in un cimitero in Francia. -
- E con ciò? - domandò il principe. - Che c'entriamo noi con il luogo della sua sepoltura? -
- Ha espresso il desiderio che siate Rokudo e tu a portare la sua salma là. - rispose Mammon.
Belphegor e Mukuro si guardarono, perplessi e confusi.
- Sei sicura? - le chiesero, all'unisono.
- Leggete qua. - disse l'illusionista, porgendo loro un plico di fogli di carta.
I due si misero a leggere, e dopo aver constatato che la scrittura era, senza dubbio, quella di Fran, si misero a leggere il testamento, trovandovi conferma delle parole di Mammon.
- No, non ci andrò! - obiettò Bel. - Non ho la minima intenzione di portare quella rana in Francia, e per di più con questo qua! -
- A chi lo dici! - ribatté Mukuro. - Non è mica un piacere farsi vedere in compagnia di qualcuno che va in giro con dei capelli come i tuoi! -
- Dovete imparare in fretta ad andare d'accordo, ragazzi... - li rimproverò Mammon. - ...dato che la partenza è fissata per domani. -
- DOMANIII??? - esclamarono Mukuro e Bel, all'unisono, fissandosi poi in cagnesco.

Il giorno seguente, in mattinata, si svolse il funerale di Fran.
Dato che la generosissima Mammon non voleva che i due viaggiatori spendessero più del necessario, fornì all'illusionista e al principe un mezzo di trasporto e un posto dove dormire. Su questi punti, però, non si era sbottonata più di tanto, e i due capirono che avrebbero dovuto scoprire da soli quello che la spilorcia Arcobaleno dei Varia aveva preparato loro.
Scoprirono così che il mezzo di trasporto promesso altro non era che una vecchia carriola di dubbia provenienza che andava ancora a manovella e che li abbandonò più o meno al confine francese, costringendoli a proseguire con mezzi di fortuna. Una cosa tipicamente da Mammon, insomma.
Per quanto riguardava il secondo punto, invece, Mukuro e Bel ebbero una spiacevole sorpresa...
- Finalmente eccoci arrivati! - sospirò Rokudo, sfinito dal lungo e travagliato viaggio, una volta arrivati a destinazione. - Mettiamolo da qualche parte e poi andiamocene. -
- Che c'è, Rokudo? - sghignazzò Bel. - Hai paura dei cimiteri? -
- Sta per tramontare il sole, scemo! I cimiteri chiudono al tramonto - rispose Mukuro, irritato. - E la tua cara illusionista non ha neanche voluto assoldare qualcuno che lo inumasse al posto nostro. - Poi imitò Mammon. - Pagare qualcuno specializzato per seppellire quello là è soltanto una perdita di denaro! Potete fare benissimo voi il lavoro! Risparmieremo un sacco! -
- Penseremo a lei quando ritorneremo in Italia. - disse il principe, facendo una breve pausa. - Per quanto riguarda il posto dove metterlo, invece, lo chiederemo al becchino. -
- Buona idea. -
E così andarono nella casa del custode che, cosa inusuale e quasi d'altri tempi, abitava in un piccolo angolo del cimitero stesso.
La sua casa era semplice, bassa, piccola e sobria. Il suo proprietario, quasi intonato alla casa, era un distinto uomo di mezz'età, alto e asciutto, con i capelli brizzolati. Quando i due gli chiesero indicazioni, lui si rivelò molto gentile e disponibile, e si offrì di aiutarli nel seppellire il giovane, al quale fu riservato un posto in piena terra, con solo una semplice croce ad identificare il luogo della sepoltura e chi vi era sepolto.
Terminata la cerimonia, il custode invitò Bel e Mukuro ad entrare in casa e offrì loro qualcosa da bere.
- Grazie dell'aiuto, signore. - sorrise Mukuro. - Non avremmo saputo come fare senza di lei. -
- Figuratevi, ragazzi! - rispose l'uomo, ricambiando il sorriso. - Sono io a dovervi ringraziare: avevo proprio bisogno di una vacanza! -
- Vacanza? - ripeterono i due ragazzi, sentendo puzza di bruciato.
- Sì, sulla Costa Azzurra. - sorrise il custode. - Era il mio sogno nel cassetto!... -
- Siamo felici per lei, ma cosa c'entriamo noi con la sua vacanza? - domandò l'illusionista, perplesso, mentre avvertiva, allo stesso tempo, una pessima sensazione.
- Ma come? Non ricordate? - chiese l'uomo, sorpreso. - Prima di partire mi avete telefonato, dicendomi che, se vi avessi pagato la benzina per il viaggio, voi in cambio avreste preso il mio posto per la prossima settimana. Così io mi sono organizzato per fare una bella vacanza. -
Mukuro e Belphegor appoggiarono violentemente i loro bicchieri sul tavolo, guardandosi, torvi e furiosi.
- Mammon! - esclamarono, quasi all'unisono, indovinando l'autrice di tutta quella messa in scena.
- No, guarda che... - cercò di obiettare Bel, rivolto al custode, prima che Mukuro gli tappasse la bocca, scuotendo il capo.
Non valeva la pena rovinare la vacanza del povero custode: meglio prendere il suo posto per qualche giorno e fare a pezzi Mammon una volta rientrati in Italia.
- Credo sia venuta l'ora di riposarci. - disse quindi Belphegor, cambiando argomento. - Potresti mostrarci le nostre camere? -
L'uomo rispose prontamente di sì, e li condusse attraverso un breve e stretto corridoio, arrivando infine davanti a una porticina.
I due ospiti entrarono così in una piccola stanza con un letto matrimoniale.
- Bene, questa stanza sarà del principe: ho il diritto ad avere il letto più largo. - disse Bel, entrando nella stanza e passeggiando, guardandosi attorno. - Anche se, certamente, non è quella che propriamente si definisce la stanza adatta ad uno del mio rango. -
- A dire il vero, ragazzo, - sorrise il custode. - Ho solamente due stanze: una è questa, e l'altra è generalmente per gli ospiti, e questa è l'unica ad avere abbastanza spazio per due persone. Pensavo infatti di lasciare questa a voi e di prendere per me quella degli ospiti, che ha un letto soltanto. -
- Sinceramente, buon uomo, io non vedo dove possano entrare due persone, in questa stanza. - ribatté Bel, scettico.
- Il letto è un matrimoniale, principe cieco. - rispose Mukuro, indicando il letto. - Dovremmo dormirci insieme. -
- COOOSA??? - urlò il principe, facendo un balzo indietro, inorridito. - Questo mai! Mai! Mai! Mai! -

E invece, alla fine, i due dovettero dormire insieme.
Il giorno seguente, dopo aver illustrato a Bel e Mukuro i loro compiti per quella settimana, il custode prese le proprie valigie, salì in macchina e partì alla volta della Costa Azzurra, con il sorriso più grande del mondo sul volto.
Quel giorno i nostri due novelli custodi cominciarono a prendere la mano con i vari compiti che l'uomo aveva menzionato loro, ed entrambi si trovarono a concordare sul fatto di poter prendere in considerazione l'idea di restare lì a vita, lontano da ex scuole fatiscenti e illusionisti tirchi. Del resto, il lavoro era poco e anche leggero, e proprio per questo Mukuro non si era lamentato quando Bel aveva rifilato tutti i lavori a lui, passando le giornate intere stravaccato sul letto o a girare di tomba in tomba per cercare spunti al fine di rendere il proprio loculo migliore di quello degli uomini più ricchi del luogo.
Ma dietro questa parvenza di rose e fiori, a dire il vero, nei cuori dell'illusionista e del principe c'era un profondo sconcerto: capitava spesso loro di avvertire delle presenze poco rassicuranti, specialmente quando si trovavano a pulire delle tombe nei pressi di quella di Fran, o a passarci accanto. Non sapevano spiegarsi neanche loro di cosa si trattasse; ma nonostante ciò, Mukuro e Belphegor le cacciavano rapidamente via dalle loro menti, identificandole semplicemente come suggestioni dovute al fatto di trovarsi in un cimitero da soli, e continuavano a svolgere le loro mansioni come se niente fosse.
Il sesto giorno della loro permanenza in Francia, però, quelle vaghe presenze si fecero sempre più forti...
Fin da quando si svegliarono, intorno alle quattro di notte.
- Ehi, Ananas, - borbottò Bel, il volto schiacciato contro il cuscino. - Che cos'è questo rumore? -
Mukuro si svegliò lentamente, e si guardò attorno, spaesato.
- Cosa? - domandò, stropicciandosi gli occhi.
- Cos'è questo gnaaa bum! gnaaa bum!? -
- Gna che? -
- Somiglia ad una porta che sbatte e si riapre. -
- Ah, gnaaa bum! gnaaa bum!, insomma. -
- E che cosa ho detto io? - borbottò il principe, sarcastico.
- Ma ieri l'ho chiusa la porta. -
- Sembra di no, invece. -
Sospirando, Mukuro si alzò e, indossate le pantofole, si trascinò con passi lenti verso l'ingresso, dove constatò, con un certo smarrimento, che la porta d'ingresso era effettivamente aperta.
- Avevi ragione, - disse, una volta rientrato in camera e messosi a sedere su letto. - Era proprio aperta. -
- L'hai chiusa? - domandò Bel, la voce ancora impastata dal sonno.
- Ma che domande! Certo che l'ho chiusa, non sono mica un cretino!... -
Gnaaa... bum!
Gnaaa... bum!
Gnaaa... bum!
Gnaaa... bum!
- E questo tu lo chiami 'chiudere le porte'? - chiese il principe, scettico.
- Ma... ma... ma... - cercò di spiegare Mukuro, certo di aver fatto ciò che doveva.
- Ho capito, hai bisogno dell'ingegno del principe. - concluse Belphegor, con una certa aria di superiorità, mettendosi a sedere e alzandosi. - Andiamo! -
E così si diressero verso l'ingresso, dove chiusero per la seconda volta la porta, e per sicurezza la fermarono con un vaso di terracotta vuoto trovato nel ripostiglio della casa.
Rendendosi poi conto che non sarebbero più riusciti a prendere sonno per quel giorno, l'illusionista e il principe decisero di fare colazione.
- Mi passi i biscotti? - domandò Mukuro a Bel, seduto davanti a lui.
- Eccoli. - bofonchiò il principe, spingendoli verso l'illusionista. - Versami un po'di latte. - e gli porse il proprio bicchiere.
- Ok. - rispose l'altro, mentre il Varia osservava attentamente uno dei suoi coltelli, sul quale c'era una strana macchia della quale non sapeva spiegarsi l'origine. Pochi attimi dopo sentì il suono del latte che veniva versato nel bicchiere.
- Basta così! - ordinò, facendo per levare il bicchiere.
- Basta così? - ripeté l'altro, perplesso.
Bel si voltò, scoprendo che il suo bicchiere era vuoto, e che Mukuro non aveva ancora aperto la bottiglia del latte.
- E il mio latte? - domandò il principe, confuso.
- Non te l'ho ancora versato! - rispose Rokudo, ovvio.
- Ma io credevo di aver... - cercò di spiegare Bel. - No, niente. Il principe scherzava. -
- Sì, come no! - rise Mukuro. - Che ne dici di aiutarmi con i lavori nel cimitero? -
Il principe gli lanciò uno sguardo scettico, che fece subito intendere all'altro la gioia con cui lo avrebbe aiutato. L'illusionista gli sorrise, rendendosi conto di aver appena formulato una richiesta dalla risposta ovvia, e uscì congedandosi dall'altro con un rapido cenno della mano. Bel, invece, se ne tornò in camera a schiacciare un pisolino.
Non si rividero fino all'ora di pranzo, quando si ritrovarono nuovamente al tavolo della cucina. Discussero a lungo sulle strane vicende che erano accadute quella mattina, e ascoltandosi reciprocamente, si accorsero che, dopo l'episodio del latte, non era più successo nulla di inspiegabile, il che li rassicurò notevolmente, anche se nessuno dei due, per orgoglio personale, lo dette chiaramente a vedere all'altro.   
- Va bene. - disse l'illusionista, al termine del pasto, alzandosi. - Sbrigati a finire, così posso lavare i piatti. -
Così Bel terminò con tutta tranquillità e portò piatti e posate nell'acquaio, dove Mukuro, da brava massaia quale si era dovuto improvvisare data la scarsa attitudine del principe a fare qualsiasi genere di lavoro, aveva già preparato il flacone del detersivo per i piatti. Infine Belphegor fece per uscire a fare una passeggiata, quando la voce preoccupata dell'illusionista lo raggiunse:
- Ehi! Il lavello si comporta in modo strano... -
- Perché? - domandò il principe, annoiato, voltandosi.
- Ho girato le manopole, ma l'acqua non esce. -
- Che quel popolano di custode non abbia pagato l'ultima bolletta? -
- Se così fosse non vale la pena continuare ad insistere. - concluse Mukuro, allontanandosi dal lavello e tirandosi giù le maniche. - Certo che però poteva anche dirlo, quel...! -
Ed ecco che, come per magia, un violento getto d'acqua schizzò fuori dal rubinetto, investendo in pieno il volto dell'illusionista, che cercò invano di chiudere le manopole per fermare l'acqua. Solo l'intervento di Bel riuscì ad arrestare il getto improvviso.
- Molto strano... - commentò Mukuro, asciugandosi il volto e i capelli con un asciugamano. - Mai visto un rubinetto così lunatico. -
- Saranno i rubinetti dei popolani... - ipotizzò Bel, stringendosi nelle spalle.
- Temo di no. - ammise l'altro, pensieroso.
- Rubinetti pazzi o no, il principe va a fare una passeggiata. - concluse Belphegor, uscendo fischiettando.
Mukuro, pur non essendo del tutto convinto né rassicurato dalle parole del Varia, decise comunque di continuare come se nulla fosse.

Be'... più o meno.
Per tutto il promeriggio, infatti, i due si guardarono spesso alle spalle ed evitarono  accuratamente di passare nei pressi della tomba di Fran. Avevano infatti la terribile impressione che lo spirito del defunto si stesse vendicando di tutti i soprusi subiti facendo accadere cose inspiegabili, che non sarebbero finite presto. Quando giunse l'ora del tramonto, infine, Mukuro e Belphegor si affrettarono a rientrare rapidamente nella casa del custode, mentre tra le lapidi e le siepi ombre sinistre si muovevano furtive, occhi attenti seguivano ogni loro movimento, e strane voci sembravano chiamare i due giovani per nome.
Insomma, non si trovarono a loro agio se non quando rientrarono in casa, accesero tutte le luci e cominciarono a mangiare.
- Oggi è Halloween. - annunciò Bel, semisdraiato sulla sedia, sogghignando.
- E con ciò? - rispose Mukuro, continuando a mangiare tranquillamente.
Belphegor sospirò, chiudendo gli occhi e restando un attimo in silenzio.
- Sai, Rokudo, - disse allora, irritato. - Certe volte, con la tua stupidità, mi fai proprio cadere le braccia...! -
La voce di Bel che si spense rapidamente e un tonfo attirarono l'attenzione di Mukuro, che alzò gli occhi dal piatto per sporgersi verso il posto occupato fino ad un momento prima da Belphegor, e sorrise.
- Smettila di ridere, bicromo, e vieni a rimettere in piedi il principe! - ringhiò il Varia, caduto inspiegabilmente a terra.
- Vi siete sporcato il colletto della camicia con il sugo, mio principe. - rise Mukuro, con tono di presa in giro.
Bel lanciò un'occhiata al colletto della sua camicia, constatando la verità delle parole dell'altro. Poi si alzò in piedi.
- Vado in bagno a lavare via questa macchia. - annunciò.
Senza rispondere, Mukuro annuì, mentre Bel era già in corridoio. Un corridoio che non ricordava fosse così lungo e buio. Sembrava anche più largo del solito, e i passi del principe riecheggiavano al suo interno con la cadenza di una marcia funebre.
Non era ancora arrivato a metà strada quando sentì qualcuno ridacchiare, e si fermò di scatto, in cerca della fonte di quella risata, senza successo. Convincendosi che fosse solo frutto delle sue suggestioni, riprese a camminare.

Mukuro, intento a lavare i piatti, avvertì dei passi provenienti dal corridoio alle sue spalle, ma non si voltò, credendo si trattasse sicuramente di Belphegor. Infatti, di lì a poco, udì la sedia del principe spostarsi e qualcuno sedercisi sopra.
- Passami il tuo piatto e le posate, - disse l'illusionista, alzandosi e rivolgendo lo sguardo verso Bel. - Così li lavo... -
Ma la sedia era vuota.
- Cosa...? - balbettò Mukuro, dicendosi che forse aveva solamente immaginato quei rumori.
E invece sembrava proprio di no, dato che la sedia si spostò nuovamente, e il piatto di Bel, insieme alle sue posate, si alzò a mezz'aria come se qualcuno li avesse sollevati improvvisamente.

In quel momento la voce di Rokudo raggiunse un Belphegor con i nervi a fior di pelle per l'ansia:
- Ehi, va tutto bene? -
- Sì, certo. - rispose l'altro. - E tu? -
- A meraviglia. - rispose l'illusionista, la schiena contro una parete della cucina, mentre cercava di schivare le posate, i piatti e i bicchieri che gli venivano scagliati addosso da quell'essere invisibile.
Ottenuta quella rincuorante e falsa risposta da parte dell'illusionista, Bel proseguì a camminare con una certa tranquillità, ma...
- Cosa c'è? Non mi vedi? -
Il principe gelò da capo a piedi. Stavolta quella voce l'aveva sentita sul serio, ed era quella di Fran.
- AHAHAHAHAHAH!!! - rise ancor più forte il fantasma, mentre Bel si fiondava in bagno.
Il Varia chiuse la porta e ci si appoggiò contro, come se avesse paura che quella voce potesse raggiungerlo fin lì.
In effetti, si disse il giovane, quella era solo una voce, e lui non aveva ancora visto nessuno... Ma ecco che la luce si spense d'un tratto, facendo sprofondare il bagno nella più assoluta oscurità per i due minuti più lunghi di tutta la vita del Varia. Immobile come un pezzo di legno per la paura, il principe pregava senza proferir parola affinché la luce tornasse. Quando però questa tornò, Bel avrebbe preferito di gran lunga che non fosse mai più tornata.
Davanti a lui, sullo specchio del bagno, campeggiava una frase in caratteri rossi: 'SEMPAI, SONO VENUTO A PRENDERTI'

- AAAAAAAAHHHHHHHH!!! - le urla di Bel scossero l'intera casa da capo a piedi, arrivando anche alle orecchie di Mukuro, ancora impegnato a fronteggiare il fantasma invisibile.
Preferendo raggiungere l'altro, piuttosto che restare lì in cucina da solo, l'illusionista scattò verso il corridoio, rincorso da un paio di coltelli e una forchetta, che si conficcarono nella porta del bagno, non appena Rokudo entrò e se la chiuse dietro. Lì trovò Belphegor seduto in un angolo della stanza, con un cappotto di sudore addosso e gli occhi sbarrati. L'indice della mano destra, tremante, indicava lo specchio sopra il lavandino.
- Cos'è successo qui? - domandò Mukuro, dopo aver dato una rapida occhiata alla scritta, che non lo turbò più di tanto, dato che era ancora stravolto da ciò che aveva visto in cucina.
- Fa'sparire quell'affare, illusionista dei miei stivali! - ordinò Belphegor, furioso, non appena si accorse dell'altro.
- Le mie illusioni non c'entrano niente! - rispose Mukuro, seccato.
Bel tacque, mentre il suo sguardo si spostava verso le spalle di Rokudo, di nuovo in direzione dello specchio.
- Ok, ora ti credo. - ammise, dopo una breve pausa, continuando a fissare lo specchio.
Preoccupato, l'illusionista si voltò, scoprendo che la scritta era cambiata, ed ora recitava: 'DOV'È IL TUO FORCONE, MAESTRO? SENTO UN GRAN BISOGNO DI INFILZARTI'.
Tremante, Mukuro tornò a guardare Bel.
- Ed ora che si fa? - domandò, gli occhi sbarrati.
- Propongo una sana dormita. - rispose il principe.
- Non possiamo dormire entrambi. - obiettò Mukuro. - Uno di noi due deve fare la guardia, e proseguire poi a turno. -
- Bene, - concluse Bel. - Allora armati di forcone e fai il giro della casa, mentre il principe va a fare una dormita. -
- Perfetto, ci vediamo tra due ore, quando mi darai il cambio. -

Mukuro, con il suo fedele forcone in mano e la luce rigorosamente accesa, dopo aver ispezionato la casa da capo a piedi, si posizionò al centro della cucina, su una sedia, in attesa che accadesse qualcosa, pur sperando che, in realtà, non succedesse niente.
Fuori era così tranquillo che tutto quello avvenuto fino a quel momento sembrava non essere mai accaduto. Nella stanza stessa regnava il silenzio totale, fatta eccezione per il rumore cadenzato delle gocce che cadevano dal rubinetto del lavello chiuso male, che faceva compagnia alla sentinella.
Dopo tutto quello che avevano passato, sia lui che Bel avevano l'impressione che dovesse succedere qualcosa di ancor più spiacevole e di inevitabile, ma contrariamente a ciò, la stanza era tranquilla, e Mukuro non avvertiva strane presenze moleste.
Ma per Belpehgor non fu così.
Chiuso nella camera da letto, con le finestre sbarrate e il cuscino stretto tra le braccia, il principe si guardava intorno con aria di preda braccata, teorrorizzato che lo spettro di Fran potesse presentarsi nuovamente. Come potete ben immaginare, non aveva chiuso occhio.
E non si sbagliava affatto ad essere preoccupato: di lì a poco, sotto gli occhi attoniti del principe, il cuscino di Mukuro si sollevò.
- Tieni! - disse una voce apatica, dando una cuscinata al regale volto di Belphegor.
- Che cosa...? - ringhiò il principe, a metà tra il terrorizzato e l'indignato.
- Non hai sentito bene? - domandò la voce, mentre il cuscino di Rokudo si alzò nuovamente per colpire ancora.
Stavolta, però, il principe fu abbastanza svelto da saltare giù dal letto appena in tempo. E con il cuscino ancora in mano si precipitò verso la porta. Ma proprio mentre stava per abbassare la maniglia, fu raggiunto da un'altra cuscinata. Al che il principe cominciò a rispondere ai colpi con il suo cuscino, intimando al fantasma di andarsene.
Quegli schiamazzi attirarono l'attenzione di Mukuro, che si precipitò in camera, spalancò la porta con un calcio ed entrò dentro con il forcone davanti a sé. Peccato non sapesse che il principe si era fermato proprio dietro la porta, e quindi ora stava riverso a terra con un cuscino in mano, mentre il suoi coltelli erano sparpagliati in tutta la stanza.
- Ma... - cercò di chiedere l'illusionista, prima di essere investito da una cuscinata inferta da un fantomatico spettro.
- Ehi! - ruggì, dopo essersi ripreso da quel colpo a sorpresa. - Quello è il mio cuscino!!! -
E si lanciò sul cuscino volante, riuscendo a strapparlo di mano al suo fantomatico proprietario. Ma nello stesso momento tutti i coltelli che erano caduti si alzarono da soli, e puntarono all'unisono verso i due malcapitati, che si precipitarono fuori dalla camera e chiusero la porta appena in tempo per sentire il rumore e la forza con cui i coltelli si conficcarono nel legno della porta.
Mukuro e Belphegor, paralizzati dal terrore, sospirarono, pensando a ciò a cui erano appena scampati.
- Questa faccenda si sta facendo troppo grande: dobbiamo affrontarla con delle armi più utili. - osservò l'illusionista.

Chiusi nella camera dove il custode aveva dormito la notte che Belphegor e Mukuro erano arrivati là, i due disseminarono la stanza di 'armi' che potessero tenere lontano lo spettro di Fran: cosparsero l'ingresso di sale, appesero agli su tutto il soffitto e croci su tutte e quattro le pareti, poi, a luce rigorosamente accesa, si sedettero a terra per decidere chi avrebbe fatto la guardia. Alla fine decisero che stavolta Bel avrebbe preso il posto di Mukuro, così da permettere all'illusionista di riposarsi un po'.
Ma probabilmente non era destino che Rokudo avesse qualche attimo di pace, perché di lì a poco Belphegor udì un urlo proveniente dal letto dove Mukuro stava dormendo, e subito si precipitò da lui.
- M-ma... ma che diavolo ti è successo? - esclamò il principe, notando che nella stanza non c'era niente di anormale.
Mukuro non rispose, pallido come un lenzuolo, lo sguardo fisso verso l'armadio.
- Si può sapere che c'è? - insistette Bel.
- Io... le manopole... mi fissavano! - balbettò Rokudo, pietrificato.
- Non posso credere che uno come te sia così suggestionabile. -
- Non è stato il panico, credimi! - disse Mukuro, mentre riacquistava il suo colore naturale.
In quel momento uno strano rumore proveniente da fuori attirò la loro attenzione. Quasi immediatamente, i due si precipitarono verso la finestra, le armi in pugno e gli occhi incollati al vetro, nel tentativo di guardare il più lontano possibile nell'oscurità della notte. E così restarono per due minuti, che parvero loro più di due secoli. Poi accadde quello che non avrebbero mai voluto vedere, neanche nei loro incubi peggiori.
Lentamente, da ogni parte del cimitero, le zolle di terra cominciarono a smuoversi sotto i loro occhi, e uno dopo l'altro, braccia scheletriche uscirono dalle loro tombe.
Pallidi e terrorizzati, mentre lentamente le loro gambe sembravano sciogliersi dalla paura, i due boccheggiavano parole mute, increduli di fronte ai loro occhi, fissi a guardare quel terribile spettacolo.
- Le finestre sono chiuse? - domandò Mukuro, preoccupato., riprendendosi dallo spavento.
Belphegor non rispose. Si limitò a rivolgere il capo verso l'illusionista, con la bocca socchiusa, senza proferir parola. Rokudo capì immediatamente che la risposta del principe era negativa, e si precipitò all'ingresso per assicurarsi che le finestre fossero sbarrate. E arrivò appena in tempo, dato che gli zombie si erano già affollati davanti alla casa, e premevano contro la porta, le finestre e le pareti per entrare. Fatto sì che gli zombie avessero qualche difficoltà ad entrare grazie a qualche piccolo ostacolo come il tavolo, le sedie, un mobile e la credenza, Mukuro corse in camera e si chiuse lì con Bel.
- Sono arrivati. - annunciò l'illusionista, cupo.
- Li ho visti. -  rispose il principe, facendo una pausa. - Ma non ci sto capendo più niente. -
Mukuro scosse il capo, ancora stravolto:
- Sembra tutto così irreale. Stento a credere che sia vero... -
D'un tratto si bloccò, attratto da qualcosa di inaspettato:
- Che cos'è? -
Improvvisamente un rumore cadenzato, simile a quello di una pallina che rimbalza, cominciò ad avvicinarsi alla loro stanza. I ricordi della morte di Fran e di tutti quei fenomeni paranormali avvenuti fino ad allora riaffiorarono nella mente di Belphegor, nitidi come parte di un presente in corso di svolgimento. Digrignando i denti dalla rabbia per quell'omicidio malriuscito, il principe estrasse quanti più coltelli poté dalle tasche.
Mukuro si precipitò vicino alla porta, il forcone in pugno, pronto a colpire chiunque fosse riuscito ad entrare.
E infatti, pochi attimi dopo, mentre il rimbalzare di quella fantomatica palla si faceva sempre più vicino, la porta si aprì come se fosse stata appena socchiusa, e una sagoma entrò.
Il tridente si abbatté sull'intruso e una folla di coltelli volò dalla mano di Bel nella stessa direzione Lo sconosciuto se ne accorse appena in tempo per evitare entrambi gli attacchi. E Mukuro, riconoscendolo, trasalì.
- Ma è il custode! - esclamò.
- Come ti è saltato in mente di lasciare il principe alla mercé dei morti viventi, dannato popolano? - urlò Bel, scattando verso il collo del custode, che lo evitò con un'agilità inaspettata.
- Ma come ha fatto ad evitare gli zombie? - domandò Rokudo, sorpreso.
L'uomo li guardò, perplesso.
- 'Zombie'? - rispose, sorridendo con aria malinconica.  - Certo che io non vi capisco più, ragazzi di oggi: usate tutti termini che io non capisco... -
- Ci dica solo com'è riuscito ad entrare. - tagliò corto Mukuro.
- Sono passato dalla cantina: la finestra era aperta. - rispose l'uomo, ovvio.
Mukuro e Belphegor si guardarono, terrorizzati: non avevano la minima idea che vi fosse una cantina in quella casa, e tantomeno che la finestra fosse aperta. E se la finestra era aperta questo voleva dire che...
Improvvisamente i tre udirono dei versi gutturali e dei passi cadenzati provenire dall'ingresso.  Proprio come temevano: erano riusciti ad entrare.
- Sono qui. - mormorò Bel, estraendo una manciata di coltelli e preparandosi all'attacco.
- Mi dica, - disse Mukuro, sarcastico, rivolto al custode. - È normale che qui i morti riprendano vita? -
- Oh, no, no, - rispose il custode, ridendo. - Quelle sono cose che succedono solamente nelle storie di paura per bambini! -
Ma le voci e i passi si facevano sempre più vicini, e ora sembravano quasi venire dall'interno della stanza stessa.
- Ci deve pur essere un modo per farli fuori... - borbottò Bel, agitato.
- Che io sappia non c'è. - rispose Mukuro, serio, avvicinandosi alla finestra per vedere se vi era la possibilità di scappare da lì, ma gli zombie erano anche lì dietro. - Sono dappertutto!... -
- Io avrei un suggerimento - fischiettò il custode, tranquillo come una vecchietta a casa di un'amica all'ora del tè.
- E sarebbe? - domandarono i due, sentendo gli zombie avvicinarsi.
 Così l'uomo si avvicinò al letto, lo spostò e scoprì una botola sul pavimento.
- Venite con me. - sorrise l'uomo, aprendo la pesante porta di legno e sparendo sottoterra, seguito subito dai due giovani.
Entrarono così in una stanza piccola, angusta e buia, dal pavimento di legno scricchiolante.
- Mi raccomando: chiudete la botola. - li avvertì il custode. - Non devono trovarla per alcun motivo. -
Dopo aver chiuso la botola, Mukuro e Bel cercarono di guardarsi attorno a dispetto dell'oscurità, senza successo.
- Non c'è un interruttore? - domandò il principe.
- No, non c'è. - rispose l'uomo. - Però ho dei fiammiferi. -
E così detto accese un fiammifero, che illuminò il suo volto di un piccolo caldo chiarore giallo-arancio. Belphegor non si era mai accorto del particolare colore smeraldino degli occhi del custode. Anzi, a dirla tutta, ricordava che l'uomo li avesse castani.
- Mi scusi - domandò Mukuro, sospettoso, dopo aver esaminato attentamente la stanza alla fievole luce del fiammifero. - Ma non è, per un certo verso, un suicidio chiudersi in una stanza senza vie d'uscita? -
Il custode sorrise. Ma il suo non era un sorriso di divertimento o di rassicurazione, bensì un sorriso di soddisfazione.
- Affatto. - rispose il custode, con una certa nota nella voce atona che non sfuggì a nessuno dei due giovani.
- Cosa intendi dire? - ringhiò Bel, minaccioso.
Sopra le loro teste potevano distintamente udire il rumore dei passi cadenzati e disordinati degli zombie, ormai riusciti ad entrare anche in camera.
- Allora? - incalzò Mukuro, agitato.
- Se non c'è bisogno di un'uscita, dicci almeno quando potremmo uscire. - insistette Belphegor.
L'uomo ridacchiò, abbassando il capo.
- Sappiate, miei cari, che voi non uscirete più da qui. Né vivi né morti. - disse, rialzando il capo repentinamente.
Alla vista di quel volto che aveva inspiegabilmente perso ogni caratteristica umana vi fosse stata fino ad un minuto prima, i due giovani non poterono fare a meno di lasciarsi sfuggire un breve urlo di sorpresa. E allo stesso modo non poterono fare a meno di distogliere gli occhi da quell'orrida figura: la testa, piccola e scheletrica, aveva perso ogni lembo di pelle, e i tendini stessi e i muscoli facciali si stavano lentamente staccando dal cranio, lasciando solo un ammasso di ossa simile a quello di un cadavere. In tutto questo orripilante spettacolo spiccavano il ghigno della bocca, gli occhi smeraldini dell'uomo e i capelli, divenuti improvvisamente del medesimo colore.
Improvvisamente, Mukuro e Bel realizzarono, con un terrore incontenibile, che quello era lo scheletro di Fran.
Strillarono con tutta la voce che avevano in corpo, avvinghiandosi l'uno all'altro, terrorizzati, prima di riprendersi da quell'orrenda vista e mettersi in posizione di difesa per un ultimo e disperato tentativo di salvezza.
Ma ecco che il mostro lasciò cadere il fiammifero sul pavimento, che prese rapidamente fuoco. Non potendo uscire da dove erano entrati a causa degli zombie, Mukuro e Belphegor si guardarono attorno in cerca di qualcosa per spegnere le fiamme, ma la stanza era completamente vuota.
Il fuoco aveva già invaso un quarto della stanza, e anche lo stesso custode, che rideva come un pazzo, incurante, o forse insensibile, alle fiamme che lo divoravano. In più, i due giovani si accorsero che gli zombie avevano individuato il loro nascondiglio, e stavano colpendo e graffiando la botola nel tentativo di aprirla.
Erano in trappola. Ormai restava loro solo da decidere se morire per mano dei morti viventi o del fuoco, che aveva già incenerito il mostro.
Poi, nel tempo di un lampo, il pavimento sopra le loro teste scricchiolò, annunciando il suo immanente cedimento, e infatti, di lì a pochi attimi, precipitò sopra di loro e li seppellì completamente, senza che Mukuro e Bel potessero far altro per scongiurare il peggio, se non urlare.

- Ehi, Sempai, - disse una calma voce apatica, che risuonò odiosa e allo stesso tempo rassicurante alle orecchie di Belphegor. - Hai dormito bene? -
Lentamente il principe ricominciò a prendere coscienza del mondo attorno a lui: sentiva un lenzuolo soffice attorno al suo corpo, un cuscino comodo sotto la testa, la pallina antistress ancora in mano e un piacevole odore di casa. Solo allora aprì faticosamente gli occhi, e tra le nebbie del sonno e l'ombra della frangetta riconobbe una sagoma che non avrebbe mai più pensato di vedere.
- Che c'è? Non mi riconosci? - rise Fran, seduto sul bordo del letto di Bel, notando l'espressione sbalordita dell'altro.
- Dove... dove...? -
- Questa è la tua stanza. -
- Ma... io... tu... come... - balbettò il principe, mettendosi a sedere.
- Andiamo, Sempai, la faccia spaventata non ti si addice per niente! - esclamò l'illusionista.
- Le rane non commentano! - e tre coltelli si infilarono nel cappello di Fran. - Come hai fatto a tornare dal mondo dei morti, si può sapere? -
- Gradirei non ricevere altri coltelli, se non ti spiace. -
- Cosa ci...? -
- Che cosa ci faccio qui? - domandò Fran, sorridendo alla vista ancor più esterrefatta del sempai, mentre si alzava in piedi e si metteva a passeggiare per la stanza. - Lasciami spiegare com'è andata... -

Mukuro aprì gli occhi, ritrovandosi sul divano della palestra della ex scuola di Kokuyo, con impresse nella memoria delle macchie rosse e nella testa dei versi strani accompagnati da una voce atona.
- Che cosa... ? - borbottò, la vista offuscata, sentendo improvvisamente qualcuno che si stava sedendo accanto a lui.
- Ti sei fatto una bella dormita, eh... ? - disse una voce familiare. L'illusionista scattò a sedere, il tridente in pugno.
- Non stai impazzendo - si fece sentire ancora la voce.
A Mukuro sembrò di vedere accanto a sé un essere dagli occhi verdi. Era da lui che proveniva la voce.
Ancora terrorizzato dagli eventi surreali appena trascorsi, scagliò il forcone in direzione del mostro. Non appena riacquistò totalmente la vista, Rokudo vide che l'arma era andata a conficcarsi esattamente sopra gli occhi del misterioso essere, in un cappello a forma di rana, per esattezza.
- Ciao, maestro - disse la voce atona di Fran, seduto là dove sarebbe dovuto esserci il mostro.
- Ma tu... -
- Fammi spiegare tutto... -

Due mesi prima, casa Varia...
- Ehi, ameba, - chiamò Mammon, entrando nella camera di Fran.
- Mh? - rispose Fran, sdraiato sul letto con le mani incrociate dietro il capo.
- Ho una proposta da farti. - continuò l'illusionista, saltando sull'addome del nuovo membro del gruppo.
- Di che si tratta? -
- Sei l'unico illusionista di questa banda di deficienti, senza contare me, ovviamente. E ho bisogno che tu ti finga morto per il tempo che basta a riscuotere i soldi dell'assicurazione sulla vita che ti ho fatto qualche mese fa. Allora, accetti? -
- Mi sembra molto interessante. - disse, facendo una breve pausa. - E dimmi, hai qualche particolare richiesta per la modalità della morte? -
- Nessuna. Hai carta bianca su tutto. -
- E avrò qualche ricompensa? -
Mammon lo fissò a lungo, pensierosa.
- Il venti per cento? - propose.
- Ci sto. - sorrise l'illusionista.
- Bene, buon lavoro. - si congendò Mammon, stringendogli la mano destra per suggellare il loro accordo. - E mi raccomando: deve sembrare una morte a tutti, nessuno escluso! -
- Non ti preoccupare: ti stupirai tu stessa di quello che sono in grado di fare. - rise l'altro, mentre l'illusionista usciva dalla camera.

- Sai, non è stato poi così male fare il mostro. - commentò Fran, atono.
- E quindi tutto quello che abbiamo vissuto sono state solo delle illusioni? - domandò Bel, irritato per nascondere il proprio stupore, sfoderando il suo famigerato ghigno e quattordici coltelli.

- Molto carino da parte tua questo scherzetto, mio caro. - disse Mukuro, riprendendosi il forcone e puntandolo verso il suo allievo con aria minacciosa.
- Mi dispiace di non poter giocare con te, maestro, ma ho un appuntamento all'areoporto per le cinque, e manca appena un'ora. - disse Fran, indifferente. - Ma non ti preoccupare: ti invierò una cartolina. -
E così detto incominciò a svanire lentamente.

- Non avere tanta fretta! Fermati, dannata rana! - sbraitò il principe, afferrando l'altro per un braccio. - Prima voglio strangolare te e quel rospo di nano da giardino della tua socia! -
- Non mi interessa. - rispose la voce annoiata di Fran, incominciando a svanire. - Ci vediamo! -

Qualche chilometro più a est (nei Caraibi, per l'esattezza), qualche ora più tardi...
- Le tue illusioni sono davvero migliorate, complimenti! - commentò Mammon, appoggiando il suo cocktail sul tavolino accanto alla sdraia su cui era seduta.
- Già. - rispose Fran, seduto accanto a lei in costume da bagno, mangiando un gelato. - L'avevo detto che ti avrei stupito. -
- E quando pensi di tornare? -
Il ragazzo ci pensò su per un breve attimo, prima di rispondere con una risata:
- Facciamo tra sei mesi? -
- Ci sto! - concordò Mammon, porgendo al suo vicino il bicchiere che poco prima aveva appoggiato sul tavolo, come per proporre un brindisi, al quale il ragazzo rispose con l'unica cosa che aveva a portata di mano: la coppa del gelato.
  
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