Questa è una storia che ho postato tempo fa, un po’
migliorata , il primo capitolo è praticamente
uguale, ma ho cambiato un poco la trama generale. Spero possa piacervi. Aki_Penn
Capitolo
Uno:Fobie
“Allora
Nash!Sono cieco ma non scemo!”cinguettò allegro zio Felix brancolando tra
le lenzuola del suo letto e attorcigliandosi nella flebo. “Zio Felix...”cercò di dire lui.
Felix
tirò una gomitata sul naso al nipote che cercava di sistemare la flebo. Ci fu un po’ di baruffa, ma poi tutto
tornò al suo posto.
“Non
cominciare a dire che sei cieco, i dottori hanno detto che c’è una
possibilità che torni a vedere!”
“I medici di questo ospedale sono tutti
degli incompetenti! E poi non
mi interessa riprendere la vista, ho visto così tante cose che nulla
potrà stupirmi,quindi se andasse così
non ne rimarrei più di tanto scottato...”. La cosa bella di zio
Felix era che ,qualsiasi cosa succedesse non perdeva
mai il suo graffiante ottimismo.
Nash
era seduto sullo sgabello accanto al letto d’ospedale dello zio,che si massaggiava il naso arrossato dalla botta, e
l’uomo seduto composto nel
suo giaciglio.
“Quindi
Nash .. dicevi..” continuò lui cercando
di aprire un bussolotto di budino al contrario. “Zio, lo devi girare”.
Certe cose le aveva sempre fatte,anche quando ci vedeva
bene. Lo si vedeva lambiccare per ore su una scatola per poi scoprire che
l’apertura era della parte opposta.
“Oh,
sì..”commentò “come sta tua madre?”. Nash
alzò le spalle “Come al solito..non
c’è male, io mi sono iscritto alla squadra di rugby...”. Zio
Felix sbuffò.
“Ti
ammazzeranno... diciamo la verità...Nash.. non
hai il fisico! Ti schiacceranno.. andrebbe meglio tuo
fratello.. a proposito... come sta Aaron?Perché non si iscrive lui?”
“Zio,
Aaron ha una figlia a cui badare...è già
tanto se trova il tempo di fare due lavoretti e di studiare allo stesso
tempo...”annotò Nash
con aria scocciata.
“Giusto
è vero.. è buffo avere un gemello che ha
una figlia a diciassette anni?”
“Più che altro ringrazio il
cielo di non essere io il padre... a diciassette anni credo di avere ancora una
gran voglia di godermi la mia vita.. da
diciassettenne.. credo di averne il diritto...”
“Che
buffo.. due gemelli che non si somigliano per nulla..
tuo fratello è un orso, e ha decisamente un discreto successo con le
ragazze, tuo sei una scopa..”
“...
e tra le due opzioni potrei interessare di più ai maschi...”concluse amaramente Nash.
“Non
è colpa tua se hai un viso femmineo...no?”.
Nash sbuffò. Non era carino che gli venissero ricordate sempre le sue
caratteristiche fisiche che non apprezzava.
“C’è
solo una cosa che mi preoccupa del rugby...”
“Di
essere sepolto vivo da un branco di ragazzi grandi il triplo di te?Hai ragione
a preoccuparti...”
“No,
sono le ragazze pom-pon...”. Zio Felix smise di
mangiare il suo budino e lo sbatte sul tavolo.
“Santo cielo Nash, basta con queste
americanate! Le ragazze
pom-pon non ci sono! E non ci saranno mai.. e poi
dovresti proprio finirla con queste tue paure irrazionali...questa è una
paura IRRAZIONALE!”. Scandì lo zio alterato.
“Oh...quei maledetti pom-pon sono terrificanti!!!”commentò
mogio,quasi rabbrividendo.
Zio
Felix sbuffò esasperato.
Per un secondo Nash si vide inseguito da
una mandria di ragazze Pom-pon.
“Dov’è
ora tuo padre?”
Nash
alzò le spalle “...Machu-pichu,
Pechino.. Amsterdam,Venezia...chissà...tre settimane fa si è
ricordato di avere anche una famiglia e ci ha mandato un sombrero...non mi
interessano regali esotici, sarebbe bello se stesse un po’ con noi.. lo
sai che non ha ancora visto Lily Rose?”.
“Non
te la prendere... è sempre stato così..
non lo fa con cattiveria...quando sei nato tu lui era in Vietnam; te l’ho
dato io il nome sai? Perché sei nato a Nashville...”la
storia del nome gliela aveva raccontata un sacco di volte.
Lui
e la mamma stavano pressappoco inseguendo suo padre,fratello
di zio Felix,per il mondo,e alla fine mentre lui scappava in Vietnam per
chissà quale articolo lui e Aaron erano nati a Nashville. Quello che non
sapeva era se per caso c’era un senso anche nel nome di suo fratello.
“E
Aaron?”
“Era
il nome del barista che quella mattina ci aveva servito il caffè...”
“Perché
proprio io Nash?”
“Perché è giusto così
...non ti piace? Dai sparisci
e lasciaci la nostra intimità.. a me e al
budino!”
“Ciao
zio Felix...”salutò defilandosi ,neanche
tanto sconvolto dal modo di fare dello zio,era ordinario così.
Scese
le scale saltellando fino ad arrivare al parcheggio,dove
aveva lasciato la bici;ecco:non aveva nemmeno un motorino,doveva accontentarsi
della bici. Ma perché doveva essere lui il fratello sfigato? E la cosa
brutta era che ,tutti bene o male glielo ricordavano
continuamente.
Ecco
gli avevano anche rubato la bicicletta. Stupida bici!
Rimase
per un secondo attonito a guardare il palo dove l’aveva lasciata,i ladri,avevano abbandonato una ruota attaccata al catenaccio
e si erano portati via tutto il resto. Se era fortunato avrebbero cercato di
rivendergliela per pochi soldi qualche giorno dopo:gli
era già successo.
Pestò
i piedi e si arrese ad andare a casa a piedi.
Nash
aveva diciassette anni,non era tanto alto, e nemmeno
particolarmente robusto,il viso era delicato e senza barba, cosa che lo faceva
sempre assomigliare a una donna,e che non gli faceva particolare piacere,i
capelli erano di un castano chiaro con venature bionde,e gli occhi verde
prato,non molto accesi. Un ottimo mix per essere poco popolare dalle ragazze,e avere un nome geografico come “Nash” non aiutava.
Fortunatamente
per lui ,non abitava molto lontano
dall’ospedale,stava in una di quelle villette a schiera tutte piene di
fiori e giardini verdi senza recinzione. C’era una quercia nel suo cortile;qualcuno
l’aveva chiamata Ami, “Amico”
in francese. Si supponeva fosse stato zio Felix;per
colpa sua un sacco di cose in casa avevano un nome,anche il tubo della
doccia,si chiamava Byron.
Piegato
sotto il peso dell’enorme zaino di scuola attraversò il giardino a
passo di marcia. Si fermò però davanti a un cespuglio di alloro
che non c’era mai stato, sotto il quale stava un libro aperto,come se qualcuno ce lo avesse nascosto.
Afferrò
un ramo superficiale del cespuglio e lo scosse un po’. Dopo pochi secondi
la sua mano si trovava sulla testa di una ragazza che lo fissava imbronciata,e non più sul cespuglio.
“Come
facevi a sapere che ero io?” chiese togliendosi dalla testa la mano di
Nash.
“Sai
com’è non sono molti i cespugli che leggono i grandi classici
della letteratura,Daphne!”replicò
sardonico, indicando il libro a terra ancora aperto, il cespuglio non
c’era più. Daphne alzò le spalle,effettivamente il ragazzo aveva ragione.
“L’amica
di mamma e sua figlia sono arrivate mezz’ora fa...”continuò
lei pacata,indicando un furgoncino arrugginito.
“La
figlia mi sembra carina...secondo me con te ci
potrebbe stare!”
Nash
arrossì di colpo “MA TI SEMBRO COSÌ DISPERATO?”
domandò lui quasi urlando. Daphne annuì
imperturbabile.
“Come
si chiama?” chiese mogio.
“Non lo so!”rispose “Ero qui in forma cespuglio che leggevo, non mi
hanno notata e non mi sono presentata! Allora entriamo?”
Daphne
aveva un’età indecifrabile,avrebbe potuto
avere trent’anni come quindici,ed era sempre stata così,da quando
Nash se la ricordava. Non gli era mai stato ben chiaro che ruolo avesse in
famiglia, e quale legame di parentela li legasse. Era di poco più bassa
di lui, aveva i capelli castano topo tagliati in un baschetto corto, gli occhi erano
verdi, della stessa tonalità di quelli di Nash,il
naso a punta e lo sguardo furbo.
Eterno come la sua età, era anche
il suo fidanzato, che a volte spuntava. Era un biondino esile e fortemente
meteoropatico, quando pioveva Nash cercava di evitarlo,era
proprio una furia in quei giorni.
Poi
da tre o quattro anni si vociferava dell’imminente venuta di un figlio,quando si entrava nell’argomento lei diceva sempre
orgogliosa”Si,lo aspettiamo tra un paio di mesi”. Ma nonostante
tutto non si era mai visto niente. E dal di fuori
della famiglia nessuno si era mai accorto di nulla. Ma d’altronde,cosa ci si poteva aspettare da una che si trasformava a
comando in un cespuglio di alloro.
Nash
raccolse il libro da terra e seguì Daphne che
nel frattempo aveva già aperto la porta. Sgattaiolò dietro alla donna-cespuglio e si ritrovò in
una cucina rustica in legno di ciliegio,sua madre
l’aveva arredata con fiori secchi e cappellini di paglia,il sombrero che
gli aveva mandato suo padre era abbandonato su una sedia,su quella accanto stava
invece una ragazza che non aveva mai visto.
Era
seduta, ma già da così si poteva capire che non era molto alta,aveva i capelli biondo cenere legati in una coda di
cavallo,abbastanza magra, con poco seno e i fianchi abbastanza larghi,il naso alla
francese,le labbra sottili e occhi nocciola,che guardavano fuori dalla
finestra. Portava delle scarpe bianche con rifiniture rosa,una
gonna dello stesso colore,aveva poi una maglietta con su scritto “Hai le
chiavi del mio cuore?”anch’essa rosa. L’insieme era una
specie di macchia monocolor all’interno della
cucina,che nonostante tutto non era malissimo.
Lei
si accorse finalmente dei due “Oh!” fece presa alla sprovvista.
Guardò
Nash e poi Daphne che subito le porse la mano
presentandosi “Piacere Daphne”
“Sono
Phoenix!” replicò lei allegramente stringendo forte la mano della ragazza-alloro.
Il
suo sguardo tornò subito a Nash e con un sorriso a cinque chili di denti
disse “Credo che le ragazze con i capelli corti siano molto chic!”.
Era palesemente un tentativo di complimento.
Nash
la guardò con sguardo omicida “Ehm...io
sono un maschio”esclamò. Allora: gli avevano sempre detto che era
abbastanza femmineo, ma scambiarlo per una ragazza era veramente eccessivo.
“Guarda!Guarda!Non ho seno! Non c’è niente!Sono piatto!”
strillava saltellando in un eccesso di isteria mentre si batteva le mani sul
petto per far vedere che non vi era nulla oppure per imitare un gorilla,chi avrebbe potuto dirlo!?!
Phoenix
era arrossita e stava cercando di scusarsi ma Nash era troppo isterico perfino
per ascoltarla. Daphne soffocò una risatina
fingendo di tossire.
Come
inizio era piuttosto infausto, ma forse si poteva ancora migliorare...