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Autore: angelo_nero    03/12/2014    1 recensioni
Una scelta a prima vista insignificante, una porta semi aperta e un mare di ricordi. Un passo avanti, una vita di certezze, di amore ma con piccole rinunce. Un passo indietro, l'oblio, il nulla, vuoto. Post Cell-Game, a pochi mesi dalla fine del gioco. 894 parole.
Questa storia partecipa al contest "Il giorno che ha cambiato la mia vita" indetto da Fabi_Fabi
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: bulma97 (forum), angelo_nero (sito)

Titolo: Door

Fandom scelto: Dragonball

Introduzione: Una scelta a prima vista insignificante, una porta semi aperta e un mare di ricordi. Un passo avanti, una vita di certezze, di amore ma con piccole rinunce. Un passo indietro, l'oblio, il nulla, vuoto.

Note dell'autore: Post Cell-Game, a pochi mesi dalla fine del gioco. 894 parole.

 

 

Door.

 

 

Nella penombra del corridoio sostava davanti a una porta semi-chiusa, chiedendosi se era il caso di aprirla del tutto o di girare i tacchi e tornare indietro.

Erano giorni che si arrovellava su quel fottutissimo pensiero, tanto da non riuscire a dormire, figuriamoci allenarsi, era fuori discussione. A niente era servito massacrarsi di fatica, chiudersi nella camera gravitazionale fino a notte fonda, digiunando addirittura.

Aggrottò le sopracciglia rendendosi conto di quanto quel pensiero fosse costante nella sua mente, persino durante la notte, quando dovrebbe essere in un sonno profondo, quell'immagine gli girava nel cervello impedendogli di chiudere occhio. Inutile i tentativi del proprio orgoglio di sopprimere quel sentimento che si era fatto strada tra le spesse pareti che, da anni, circondavano il proprio cuore; inutile provare a pensare ad altro, il suo cervello faceva in modo che quell'immagine, quel pensiero fosse sempre presente in qualunque cosa facesse.

Si era ridotto a chiudersi in camera tutto il giorno, pur di evitare quegli occhi azzurri che tanto amava, quello sguardo inquisitore che chiedevano risposte, quei sorrisi caldi che lo invitavano a rimanere, quella voce petulante quanto dolce che adorava sentire invocare il suo nome all'apice del piacere, quegli abbracci che da ormai mesi non riceveva più, quella bocca che aveva baciato tante volte.

Perché si era cacciato in quel guaio? Perché non poteva semplicemente dimenticare e mandare tutto a fanculo? Perché non poteva essere stata solo la storia di una notte? Perché era dovuto incappare in quel casino? Perché non prendeva semplicemente la prima navicella disponibile e partiva per lo spazio?

-Cazzo!- disse mettendosi le mani nei capelli. Altro che storia di una notte, aveva la sensazione che non si sarebbe mai liberato di quella donna. La stessa che più di tre anni fa aveva avuto la sfacciataggine di invitarlo a stare da lei, la stessa che lo aveva insultato apertamente, l'unica che non aveva mai avuto paura di lui, l'unica che era entrata nel suo letto di sua spontanea volontà, l'unica che gli era entrata sotto pelle infilandosi prepotentemente nei suoi pensieri, l'unica che era riuscita ad abbattere qualcuna di quelle barriere che circondavano il suo cuore. L'unica che non voleva se ne andasse.

Si passò le mani sulla faccia capendo di essere ormai fregato, forse non aveva mai avuto una via d'uscita. Anzi molto probabilmente quella maledetta via d'uscita lui non l'aveva mai veramente cercata o voluta. Cominciò a pensare che la mancanza di sonno, che andava avanti da ormai due settimane, gli aveva dato alla testa. Non dormiva da due settimane! Quindici fottutissimi giorni, trecentosessanta ore, ventunomilaseicento minuti, un milioneduecentonovantaseimila secondi.

Tutto perché quella stupida gli aveva dato un ultimatum: “o ti decidi cosa fare o sparisci, non ho bisogno di un uomo che non sa cosa vuole e mio figlio non ha bisogno di un padre che non vuole essere tale”. Si era appoggiato al muro di fianco la porta e aveva cominciato a sbattere la testa contro il muro alle sue spalle. Lui sapeva cosa fare, ma non aveva il coraggio di farlo. Il grande Pirncipe dei Saiyan aveva paura di essere un padre e un marito. Marito. Non un semplice compagno, non un convivente, ma un marito. Aveva già deciso che se fosse tornato e lei lo avrebbe perdonato l'avrebbe sposata, con tutti i fronzoli annessi. Non che l'idea di dichiararsi amore eterno davanti a una marea di gente vestito come un comune essere umano lo entusiasmasse, ma lo avrebbe fatto. Quale altra donna, dopo che l'hai usata, messa incinta, abbandonata e insultata, ti riaccoglie a braccia aperte? Come se nulla fosse.

Non era stupido, sapeva benissimo che Bulma faceva tutto ciò perché lo amava. Ci aveva messo tempo ad accettarlo ma era così.

Si posizionò davanti alla porta, indeciso ancora se entrare o no. Se entrata lo aspettava lei, che lo amava e lo rispettava, che lo avrebbe accolto a braccia aperte, perdonato e amato per l'eternità. Però doveva sforzarsi si mettere da parte la sua testardagine e il suo maledetto orgoglio, almeno un minimo. E non sapeva se ne sarebbe stato in grado. Lo aspettava anche un bambino di poco più di un anno, che già lo amava incondizionatamente nonostante lo avesse visto un paio di volte. Sapeva benissimo chi era, dato che, l'ultima volta che gli si era avvicinato abbastanza da sentirne il battito del cuore, lo aveva chiamato “papà”. Un po' titubante e balbettato, ma quel suono gli aveva scaldato l'anima.

Se tornava indietro non doveva a rinunciare a nulla, poteva continuare ad essere l'uomo che era sempre stato fino a quel momento ma non aveva niente di certo. Non sapeva dove avrebbe vissuto, cosa avrebbe mangiato, se sarebbe rimasto vivo o fosse morto. Nulla, il vuoto più assoluto.

Appoggiò la mano sulla maniglia della porta, ancora titubante. In un attimo gli tornarono in mente tutte le litigate, le frecciatine, le provocazioni, i silenzi forzati, le sfuriate di lei con tanto di lancio di stoviglie, le volte che avevano fatto l'amore. Da quanto tempo non sentiva la sua pelle nuda? E la sua voce che gli chiedeva di più o sussurrava il suo nome? Da quanto non si perdeva nei suoi occhi azzurri mentre le regalava sensazioni stupende? Troppo tempo.

-Oh al diavolo.- spinse la porta ed entrò chiudendosela poi alle spalle. Non sapeva però che quella sarebbe stata la scelta migliore che avesse fatto.

  
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