Prologo
Mi trovo in quel periodo della vita in cui non ti va bene nulla.
Non sopporti gli altri.
Non ti piaci mai.
Vuoi cambiare e non ne sai il perché.
“Sfigata”, sono tanti gli scemi che mi sbattono in faccia questa parola.
“Quattrocchi”, ma che si guardino loro, ne hanno solo due e pure brutti.    
Ma, non so perché, le loro parole mi sembrano quasi veritiere. E pesanti.                  
Fanno male e mi corrodono pian piano, come un tumore incurabile.             
Suicidio? Autolesionismo? No.
Non voglio farla finita. Mi piace la mia vita. Il karma deve ancora vendicarmi del
tutto, e quando le persone che mi deridono riceveranno la loro punizione, oooh, io
voglio essere lì, in un angolino, per gustarmi la scena. E ferirmi? Puah, per quei
quattro scarti di cervello non voglio sprecare nemmeno una goccia di sangue.                     
Io voglio solo cambiare. Diventare qualcun altro, anche se temporaneamente.
Sto fissando il mio riflesso nello specchio del bagno: nel mio viso ovale e chiaro
sono incastonati due occhi grigio cupo, bleah, sono di un colore così insignificante…
La bocca fine è contorta in una smorfia pensierosa; quasi senza accorgermene, sto
dondolando le mani, sbattendole sui fianchi a mo’ di orologio a pendolo.
Mi abbiglio solamente di una canottiera grigia, che ricopre il mio fisico sottile, fin
troppo sottile. “Insetto stecco: di nome e di fatto” , è uno dei miei tanti appellativi.   
I capelli, di un biondo-castano, sono spettinati, mi ricadono lungo i fianchi come un’
aggrovigliata matassa di lana. I miei fedeli occhiali neri sono poggiati sul davanzale di marmo accanto al rubinetto.
Cambiati. Modificati. Sii una nuova te. Non avere limiti. Plasma ciò che vorresti
essere.
Afferro in volata la forbice e lo scotch da pacchi: so già cosa fare alla perfezione.