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Autore: biberon    05/12/2014    0 recensioni
Dal testo:
"Di solito, quando si vuole dipingere qualcosa, è perché lo si trova così bello o così significativo che lasciare che passi e che non ne resti traccia se non nel ricordo sembrerebbe orribile. E di conseguenza si è talmente attratti da quella cosa che il cervello ci dice solo di fermarci e godere della sua vista e delle emozioni che ci trasmette, mentre un’altra parte imprecisata di noi ci dice che dobbiamo assolutamente catturarla e dipingerla. Il pittore ama osservare, e per lui è sofferenza dover smettere di farlo anche solo per quel secondo che gli occorre per tracciare un altro segno sulla tela."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole stamattina è davvero bellissimo.
Non è ancora sorto del tutto, ma, piano piano, sta facendo capolino dall’altro lato della caldera, e sembra impaziente di toccare il cielo chiaro e di tuffarcisi dentro.
Come ogni giorno provo quel piccolo brivido, terribile e piacevole al tempo stesso. Ho paura, come sempre, di non riuscire a coglierne tutta la bellezza di quel disco luminoso, di perderne la traccia, di essere incapace di trattenerlo sulla tela anche solo per pochi secondi.
Ho paura che mi sfugga e scivoli nel cielo prima che io possa carpirne le infinite sfumature.
E così faccio tutto più in fretta che posso: con una mano mi tengo saldamente attaccata alla ringhiera del balcone, e con l’altra sistemo a terra il cavalletto ed estraggo i tubetti di colore con la tavolozza di legno. Per catturare questo sole del 18 novembre 2014, delle ore 5:00 del mattino, ho scelto otto tubetti dalla mia collezione: ho un grigio, un bianco, un giallo, un giallo senape, un rosso, un arancione, un marrone e un’arancione più chiaro, più un piccolo tubetto scarso da pochi euro di rosa stinto, che ho comprato l’altro giorno nel negozio di cinesi sotto casa.
Per quanto la caldera possa essere invitante, coperta di rocce scure, e tutte queste meravigliose vie e case bianche e blu, stamattina voglia dedicarmi solo al sole, perché credo di non averlo mai visto così promettente. Sarà un gran sole quello di oggi, un signor sole. Ci guarderà dall’alto e ci dirà di ricambiare lo sguardo per vedere quanto splende.
Sono rari, i soli così, e comunque la gente non li capisce mai.
 
Sposto il piccolo cavalletto davanti a me, in bilico sulla ringhiera in marmo. Ho preso la tela più piccola, grande quasi come un foglio da disegno. È l’unica che ci sta su questo micro-cavalletto, e questo cavalletto è l’unico che riesce a mantenersi in perfetto equilibrio sulla ringhiera.
Avrei potuto usare una tela più grande e stare più comoda, ma amo stare seduta quassù. Ogni tanto mi spingo anche fino al cornicione, ed è amore a prima vista. Da lì vedo la caldera come non si potrebbe mai vedere dal balcone, o ancor peggio, dalle strade di marmo bianco di Santorini. Lì, sulla parte più alta del tetto, mi sento leggera e sola, completamente sola. E allora mi si aprono davvero gli occhi e vedo tutto meglio.
Senza contare che l’altezza, mescolata con il mio acuto senso d’osservazione, mi permette di vedere cose di cui gli altri non si accorgono quasi mai.
I balconi delle case sottostanti sono quasi tutti vuoti a quest’ora, fatta eccezione per una signora (o ragazza?) qualche casa più in basso della nostra, che fa tranquillamente il bagno in piscina. In mano stringe un bicchiere pieno di un liquido scuro, probabilmente Coca Cola, sormontato da un ombrellino verde. Indossa un costume intero con una fibbia d’argento coperta di brillantini che riflettono i primi scintillii del sole mattutino. Guarda il sole, come me, perché è davvero, davvero bellissimo.
Svelta estraggo il pennello soffice e mescolo un po’ di giallo tenue con il grigio, in uno spazio cavo e vuoto della tavolozza. Così, da cavo e vuoto, si riempie immediatamente di colore, un colore nuovo che ogni volta che dipingo cambia ed è sempre diverso.
Inizio a stendere la prima base, leggera, con molta acqua, quasi non si deve vedere.
Pennellata, pennellata, muovo il polso con una delicatezza acquisita in quattordici anni e mezzo di esercizio. Più o meno.
Guardo un po’ il sole un po’ la tela, indecisa su cosa sia più importante.
È proprio questo il dilemma dei pittori: le altre persone non lo sanno, ma loro sono sempre in conflitto con se stessi, perché ogni quadro richiede coraggio, il coraggio di una scelta.
Di solito, quando si vuole dipingere qualcosa, è perché lo si trova così bello o così significativo che lasciare che passi e che non ne resti traccia se non nel ricordo sembrerebbe orribile. E di conseguenza si è talmente attratti da quella cosa che il cervello ci dice solo di fermarci e godere della sua vista e delle emozioni che ci trasmette, mentre un’altra parte imprecisata di noi ci dice che dobbiamo assolutamente catturarla e dipingerla. Il pittore ama osservare, e per lui è sofferenza dover smettere di farlo anche solo per quel secondo che gli occorre per tracciare un altro segno sulla tela.
 
Io amo dipingere, fa parte di me. La pittura è sempre stata la mia ancora ed insieme la mia corazza, perché quando dipingo sono come avvolta da una strana luce, ed io amo la luce.
Io amo la luce perché i demoni la temono, e così, quando dipingono, il Demone se ne sta zitto per un po’. Si siede in un angolo e aspetta che io torni nella penombra di una stanza, di uno specchio, di un riflesso.
Io amo stare sola e sola non lo sono mai, perché lui è sempre con me,  tranne quando dipingo.
Quindi, come potrei non amare con tutta me stessa la pittura?
 
Devo muovermi. Le gambe mi tremano un po’ per l’agitazione, ma la mano rimane attenta e vigile come le ho insegnato.
Mi costringo a guardare la tela invece che bearmi della luce, perché se voglio che un po’ di quella luce rimanga con me anche dopo, devo trattenerne almeno un pezzetto, anche piccolo piccolo, così che mi basti guardarla per cacciarlo via per un altro po’.
 
E poi, al di la di tutto questo, non ho mai visto un’alba così bella a Santorini.
 
 
 
   
 
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