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Autore: HimeHime    05/12/2014    1 recensioni
(Clarke e Bellamy sono alle porte della battaglia contro in Grounders. Chi meglio di lui potrebbe confortarla, prendersi cura di lei in un momento come questo?) Ed ecco finalmente la mia primissima fanfict pubblicata! Che dire? sono emozionata anzi super emozionata per questa nuova avventura. Spero tanto che il mio piccolo racconto, scritto tutto in una sera, al calduccio nel mio letto, possa occupare e rasserenare un quarto d'ora della vostra vita. Se come me amate i Bellarke, allora spero di non deludervi troppo con questa prima storia senza pretese, se non sapete di che cosa sto parlando allora vergognaaa!
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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“Ehi”
Bellamy era entrato nella tenda senza fare rumore. Se non l’avesse chiamata non se ne sarebbe accorta.
“Bellamy” Clarke se ne stava raggomitolata nell’angolo in semioscurità, con la schiena rivolta all’entrata “Sta per iniziare..” i suoi occhi erano sondavano il vuoto, inespressivi.
“Sta per iniziare.” Fu l’unica cosa che riuscì a risponderle lui. A conferma di ciò che i corni da guerra dei grounders minacciavano già da ore. La battaglia era alle porte.
“Quando abbiamo dovuto bruciare tutte quelle persone.. pensavo sarebbe stata l’ultima volta”
“Lo speravamo tutti” rispose lui, avvicinandosi a lei e sedendosi in modo da poterla guardare in faccia.
“Mi sono stancata di uccidere persone, di sognare le loro facce..”
“Lo so.”
Silenzio.
Clarke non stava cedendo, questo Bellamy lo sapeva, aveva solo bisogno di parlare con qualcuno, aveva solo bisogno di sicurezza, di una spalla sulla quale appoggiarsi. Lui la capiva più di chiunque altro: per essere un bravo leader, per sostenere gli altri, devi dimenticare le tue debolezze, metterle in secondo piano. Però arriva un momento, la sera, in cui ti ritrovi da solo con te stesso, a farci i conti; in quei momenti  è sempre meglio avere qualcuno al tuo fianco. Bellamy lo sapeva, perché era sempre stato solo.
“E se diventassimo tutti come Finn? Se impazzissimo e scordassimo chi siamo? Se ci piacesse essere degli assassini?”
“Direi che tu puoi stare tranquilla, se sei ancora abbastanza in te da porti queste domande, credo che non avrai problemi..” e per la prima volta il ragazzo accennò un sorriso. Resto con gli occhi fissi sul suo volto ancora un po’, poi si ricordò di avere qualcosa per lei “ti ho portato una cosa. Ho trovato queste, nel rifugio..” disse mostrando alcune armi. Erano soprattutto pistole, qualche fucile, qualche mitra, coltelli.
“Non ce ne sono molte in quel che resta dell’arca, tua madre le sta già distribuendo. Una a testa credo. Ma queste sono nostre. Più proiettili abbiamo, meno possibilità di farci ammazzare. E non hanno pistole di questo genere nell’arca: sono leggere, facili da maneggiare, minor rinculo. Tu e Ottavia ne prenderete una, ti insegnerò ad usarla.”
Clarke stava maneggiando le armi, ma pensava ad altro. Bellamy le aveva portate per lei? Si stava prendendo cura di lei? Preoccupando per lei?
Alzò gli occhi su di lui, che intanto era curvo sul contenuto della sacca che aveva appena svuotato a terra. Stava smontando e rimontando una Beretta, controllando che tutto fosse al suo posto. Le sue mani si muovevano veloci: sapeva come maneggiarla. Non ci aveva mai pensato, ma neanche per lui questa era la normalità. Certo, sull’arca era un custode, aveva una sua pistola, ma non gli era mai capitato davvero di sparare. Non si era mai trovato a dover uccidere delle persone a sangue freddo. Nessuno gli aveva chiesto di provare a portare in salvo 100 ragazzi mandati sulla Terra a morire, eppure lo aveva fatto, ci aveva provato, sebbene in modalità opinabili. Clarke non sempre aveva condiviso le sue scelte, ma rispettava il fatto che le avesse compiute per proteggere la sorella, prima che se stesso.
Dal guardare le sue dita passò ai tendini, poi ai muscoli ben delineati sotto la maglietta aderente. Risalendo le sue braccia arrivò alle spalle, larghe, da uomo. Si accorse lì, in quel momento, di sentirsi un po’ meno sola, di riuscire a sopportare il pensiero di essere nel mezzo di un campo di battaglia. Si sentiva protetta. Sapeva che su quelle spalle poteva fare affidamento. Provò anche un briciolo di invidia per Octavia, per lei che lo aveva sempre avuto al suo fianco sin dall’inzio.
                “grazie, Bellamy” gli disse, sorridendogli.
Lo guardò negli occhi. Lui sostenne il suo sguardo, come sempre. “Non c’è di che, Principessa" .
  
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