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Autore: mikalesonfamily_ale    06/12/2014    0 recensioni
——NO SPOILER——
Da uno dei primi capitoli.
— L'avevi promesso. —
— E manterrò la promessa. Solo non ora. Non così. —
———————————————————————————
E' bastata una telefonata per rovinare la vita di Daisy Fill.
Un incidente stradale quasi mortale manda la vita di Damon Salvatore su un filo.
E' lui, che le promise un per sempre a lieto fine. Lui c'è ancora, lei lo sa, ma adesso che le loro vite sono cambiate radicalmente, sarà possibile un lieto fine?
———NO SPOILER———
Sullo sfondo della cara Mystic Falls, un Damon Salvatore che tutti conosciamo - descrizione fisica e caratteriale che rappresenta per maggior parte la serie, non i libri.
Non ci sono spoiler, comparirà il personaggio di Elena e l'otp Delena (e Stelena) ma LA TRAMA NON SEGUIRA' IL FILO DELLA SERIE NE' DEI LIBRI, MA UN FILO A SE'.
Sarà presente Klaus, rallegratevi.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sua risposta mi giunge all’orecchio con tale violenza che sento un tonfo al cuore. Il telefono è ancora lì, tra le mie fragili dita, che piano piano si allontana dall’orecchio. Con pressione tasto lo schermo e stacco la chiamata. Non oso pensare a cos’altro avrebbe potuto dire. Non voglio saperne di più. Mi chiameranno anche bambina, una bambina che non riesce a sopportare le cose e preferisce non sentire il resto della chiamata del suo migliore amico che l’avverte di un terribile incidente stradale tra il suo ex ragazzo ed un pirata della strada di New York. Che le dice di stare tranquilla, che è tutto okay. Una bambina che avrebbe potuto fingere che non le importasse più nulla, o che avrebbe anche potuto sputar via la verità in semplici parole. Magari in una. E invece non ce l’ho fatta e non ce la faccio faccio, e non posso farci niente. Anche se sbaglio, perché sono passati tanti mesi e non dovrei importarmene. Però è stato qualcosa di forte, e non posso interromperlo così. E poi continuo a volergli bene, e questo conta. Insomma, credo che anche dopo due anni e trecento novantacinque giorni, a chiunque importerebbe la quasi scomparsa della propria ‘vecchia fiamma’. Specialmente se questa è stata importante per te. Ma è inutile parlarne con gli altri. Afferro la borsa e mi precipito giù per le scale del palazzo, quasi inciampando tra le mie stesse gambe. Mi passa davanti la mia vicina, la donnina antiquata che abita il cupo appartamento giù al mio. Avrà sugli ottant’anni, ma si vede che già le è andato a mancare l’udito, e un po’ non vede.
— Buongiorno, Daisy. — mi saluta, agitando la mano e muovendosi a passo lento.
— Buongiorno, signora Fletcher. — Le passo accanto e le prometto di aiutarla con l’albero natalizio, poi esco dall’edificio e schizzo sull’altro marciapiede, di fronte al mio palazzo, dove sorge il bar più stanco ma rilassante di Danville: il Roffie Bar. Dicono che non si può passare per Danville senza mai entrarci almeno una volta, e spesso il proprietario, Rafael, racconta di persone venuteci solo per vedere il Roffie Bar. Ma ovviamente nessuno gli crede.
Spesso io ed altri ragazzi del quartiere o della Ville High lo aiutiamo facendo turni da camerieri o da baristi, e lui ci paga anche abbastanza bene. Stavolta è il turno mio e di Charlotte, che naturalmente mi farà una ramanzina sul mio ennesimo ritardo.
E invece stavolta entro, varco la soglia e non sento né grida né urla, niente di niente. Non sento i passi scattanti della mia amica né la vedo puntarmi un dito contro con fare sbrigativo. Scivolo dietro il bancone e saluto Rafael.
— Charlotte ancora non è arrivata? — domando. Lui sorride: — Stavolta l’hai superata. Mi sa che non ci tiene poi così tanto a mantenere il record di ‘orario a puntino’. Scherzo, avrà avuto qualche imprevisto o l’avrà dimenticato. —
Io scuoto il capo. — Impossibile — Ma ha ragione: se non è ancora qui, sarà successo qualcosa. Accenno un sorrisino e mi sistemo il grembiulino firmato Roffie, di cui Charlotte va fiera. Nel bar ci sono solo due tavoli occupati: mi avvicino al primo fugacemente e cerco di imitare il tono allegro e diretto di Charlotte. — Ciao! Cosa vi porto? —
La signorina, che avrà una venticinquina d’anni, mi sorride e mi chiede un caffè. Invece quello che dev’essere il suo fidanzato preferisce un espresso. Scatto verso il bancone e preparo l’ordinazione, quando sento il campanello della porta trillare rumorosamente. Ed ecco Charlotte, nelle vesti di una camicetta azzurra che rientra nei jeans. Sotto ha delle scarpe da ginnastica, ma non me le ci vedo proprio azzeccate al resto della scelta d’abbigliamento. Ha svariati bracciali neri e i capelli biondi rame raccolti in una simpatica coda di cavallo ribelle, protesa verso destra. Entra portando allegria perfino alla casa d’anziani sette quartieri più avanti, tranne a me.
— Charlotte, finalmente! — fa Rafael, stringendola in un abbraccio. Lei si leva gli occhiali e sistema i pomposi capelli biondi per cui spesso da piccola si faceva problemi. Lo ricordo benissimo. Preferiva i miei. Non che siano chissà che, eh. Anzi, quella chioma bionda me la posso solo sognare. Ma Charlotte è fatta così e così rimane.
— Scusate se vi ho fatto aspettare. Daisy, mi hai colto di sorpresa. Ti aspettavo alle dieci e cinquanta. — ridacchia la ragazza, avvicinandosi. Si protende verso di me in un abbraccio, che stringo con affetto: — Ciao, Charl. In realtà sono qui da un po’. — Non è del tutto vero, ma una bugia in un giorno così buio non può far male.
Lei cambiò subito espressione. — Ti vedo diversa. — Poi abbassò la voce in un sussurro, per non farsi sentire — C’è qualcosa che non va? —
Diglielo, Daisy. Avanti, sputa il rospo. Ti basta pronunciare qualche parola e spiegare quanto vorresti strozzarti nel bel mezzo del Mar Nero.
— Beh ci vedi male, sto benissimo, Charl. —
Lei sorride, ma non abbandona il fare serio. — Bene, allora andiamo. —
Un’ora e cinquantasette minuti non bastano a cambiarmi l’umore. Mentre aspetto che mi diano una cioccolata calda e un caffè da portare al 5, il mio telefono squilla forte e chiaro. E ovviamente non è al mio fianco, ma vicino a Charlotte.
E, ovviamente, è ancora il mio migliore amico Dean che vuole parlare dell’incidente.
La vedo dieci secondi dopo arrivare con l’iPhone in mano, con un’espressione grigia, pallida, il viso completamente sbiancato. Non servono parole. Per la prima volta, non ha organizzato che fare. La afferro per il braccio e la spingo verso Rafael, chiedendogli un quarto d’ora di pausa. Lui è sconcertato, ma le parole «è qualcosa di molto serio» lo convincono. Usciamo fuori al bar, ma lei continua a camminare. Non mi fermo: ha tutto il diritto di avere tempo per ragionare. Continua a tremare, e sento le parole di Dean spiegarle la situazione, o almeno parlare ripetutamente. Lei non ci presta attenzione. Si ferma fuori, con le braccia incrociate, gli occhi rossi, il viso pallido. Charlotte è così: se fosse capitato a qualsiasi altra persona, la sua reazione sarebbe stata uguale.
Invece la mia no, e mi sento una persona schietta e cattiva.
— Perché non me l’hai detto? — chiede in un sussurro. Sono le sue uniche parole. Scuoto il capo lentamente, tenendo lo sguardo fisso per terra. Lei borbotta lentamente qualcosa di incomprensibile, probabilmente non parla con me. La stringo in un abbraccio e vorrei sussurrarle che va tutto bene, ma non voglio dirle bugie. Non va bene. E’ così e basta.
 
— Può ripetere il nome, per piacere? —
— Damon, Damon Salvatore. —
— Demo...? —
— Damon, sì. Salvatore. —
La donna consulta la rubrica con occhi affamati.
— Bene, mi segua, signorina. —
Cammino a passi svelti. La camera 368 è lì di fronte, mi aspetta. Faccio qualche passo dietro all’infermiera, poi mi blocco. Non so se sto facendo qualcosa di giusto o sbagliato, ma se può farmi felice non dev’essere per forza un male... vero?
— Ecco, hai dai cinque ai dieci minuti. Ti chiamo io. —
— Grazie. — Spingo la porta ed entro tenendo gli occhi chiusi. Non so neanche perché lo faccio, ma è come se il non vedere tagliasse il dolore. Poi li apro, sbatto le palpebre. Per un secondo vedo offuscato, non vedo niente, perché li ho aperti troppo violentemente.
Poi capisco. Non vedo niente perché non c’è niente. Mi trovo davanti un letto vuoto. Poi sento un dolore fitto al collo, come se qualcosa mi stesse prosciugando. Lancio uno strillo, una mano mi copre la bocca. Poi vedo un paio di occhi color ghiaccio, i più familiari.
E poi buio. 

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Ciao ragazzi belliii. 
Ecco la mia prima storia a capitoli. Tadan(?). 
Spero vi piaccia. Due cose: c'è un motivo per cui Daisy abita a Danville: spesso questa città è menzionata nella serie, e vedremo infatti differenti accadimenti nei soliti viaggetti di Damon puramente inventati, perciò niente spoiler. Probabilmente solo spoiler della prima stagione, ma in ogni caso non credo. Perciò NSB. No Spoiler Babies. 
LA TRAMA E' DIVERSA DA QUELLA DELLA SERIE, ovvero.. la trasformazione di Damon avviene in modo diverso, e credo si sia anche capito più o meno come. Alcuni personaggi che troveremo: Damon, Elena, Klaus, Caroline, Bonnie, Stefan e forse Elijah.
Spero vi piaccia, non arrivate a insulti e pregiudizi per favore...Se non vi piace non seguitela e basta. Ciaao.

 
   
 
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