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Autore: Ai_1978    06/12/2014    14 recensioni
7 Dicembre... il compleanno di Genzo Wakabayashi.
Una piccola one-shot per dire:
Buon compleanno SGGK!
(rigorosamente ambientata nei primi anni Ottanta)
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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IL REGALO PIÙ BELLO

Il bimbo era concentratissimo mentre giocava col modellino di Mazinga Z alto cinquanta centimetri. Si divertiva un mondo a schiacciare il pulsante dietro la schiena del robot giocattolo e a far schizzare lontano i pugni come proiettili.
Lo rifece, per la trecentesima volta.
Ridendo con gaiezza si alzò in piedi e corse a recuperare le mani del pupazzo.
Tornò a sedersi e afferrò un altro robot che giaceva poco distante.
-Alabarda spaziale!- esclamò con convinzione mentre si apprestava a far lottare i due famosissimi mecha tra loro.
-Nanny? Secondo te è più forte Mazinga o Goldrake?- chiese dubbioso alla tata che lo stava sorvegliando.
L’anziana donna, che sedeva silenziosa su una sedia a dondolo in un angolo della grande stanza dei giochi di Villa Wakabayashi, sorrise con tenerezza. Parlò con voce dolce e misurata: - Non lo so Gen-chan. Tu chi preferisci?-.  Aveva parlato in giapponese, ma il forte accento tradiva prepotentemente l’origine tedesca della balia.
Il piccolo Genzo scattò in piedi: - A me piace Mazinga! Però anche Jeeg perché sconfigge i Mostri Aniba.- disse risoluto. Poi sorrise, contraendo le labbra in un piccolo sorriso un po’ storto. Un lampo furbo attraversò i grandi occhi scuri. Con uno scatto fulmineo corse verso la tata, con il robot preferito in mano e le saltò sulle ginocchia: - Mi piace tantissimo il regalo che mi hai fatto per il mio compleanno, lo sai Nanny? Grazie!-.
La donna gli passò una mano nei capelli scuri e gli diede un bacio sulla guancia: -Prego, piccolo mio.-
Il bimbo fece una smorfia un po’ disgustata e si passò una manina sulla guancia paffuta per pulirsi: - Io non sono piccolo!- replicò contrariato: - Io sono grande! Oggi compio sei anni.-
La donna rise divertita: -Oh, certo. Sei un ometto ormai. E sai cosa fanno gli ometti a quest’ora?-
-Cosa?- chiese Genzo incuriosito.
-Il bagno!- rispose Nanny immobilizzando il bambino con le braccia per tenerlo fermo.
Ignorando completamente le grida di protesta del piccolo Wakabayashi, la donna lo rimbrottò: - Forza, Gen-chan. Fai il bravo bambino. Sai che devi essere bello pulito ed in ordine per stasera. I tuoi genitori tornano a casa appositamente per festeggiare il tuo compleanno. Non vorrai che ti vedano sporco e disubbidiente?-
Il piccolo volto di Genzo si illuminò per un momento: - Mamma e papà? Davvero tornano?-
-Certo.- rispose la tata accarezzandolo.
Il bambino sorrise felice e si fece docilmente scortare nella stanza da bagno per lavarsi.
 
*******
 
Genzo attendeva pazientemente nel grande ingresso della villa l’arrivo dei suoi genitori.
Indossava un maglioncino di lana blu, con scollo a V, una camicia bianca e un paio di pantaloni lunghi color cachi. Si sentiva stranamente a disagio.
Stringeva nervosamente la mano della tata e stropicciava i piedi tra loro. Non riusciva proprio a stare fermo, buono e zitto.
Improvvisamente il portone di casa si spalancò e apparvero i suoi genitori.
Il padre, un uomo alto e distinto in un elegante cappotto color cammello e la madre, una signora affascinante e curata avvolta in una morbida pelliccia di visone.
Il cuore del bambino sussultò e si strinse alle gambe di Nanny, sopraffatto dalla timidezza.
Osservava mamma e papà mentre consegnavano i soprabiti al silenzioso maggiordomo. Poi la donna si chinò e lo guardò sorridendo e spalancando le braccia: - Gen-chan! Non vieni a darmi un bacio?-
Genzo guardò l’anziana balia con occhioni smarriti. Lei lo rincuorò: - Cosa aspetti? Vai a salutare i tuoi genitori come si deve.-
Facendosi coraggio il piccolo si staccò dalla tata e si mosse, con passi timidi ed incerti, verso la madre che lo attendeva a braccia aperte.
Istintivamente accelerò il passo fino a correre verso la donna. In men che non si dica si ritrovò ad abbracciarla stretta. Come era bella la mamma! E come era buono il suo profumo.
Lei gli diede un bacio e poi gli sussurrò: - Ciao tesoro mio. Mi sei mancato tanto.-
Il bimbo la fissò con occhi scuri e serissimi: - Anche tu mamma.-
La donna sorrise, contraendo le labbra in un sorriso un po’ di traverso, tanto simile al suo. Poi aggiunse:
 - Vai a salutare papà, adesso.-
Genzo si staccò dalla madre e si diresse verso l’uomo che gli sorrideva. Il padre lo prese e lo sollevò da terra, portandolo in alto ed esclamando: -Eccolo qua il mio campione! Come sei cresciuto!-
Il bambino rise felice.
Il padre lo rimise a terra e disse: - C’è una sorpresa per te.-
In quel preciso momento dal portone di Villa Wakabayashi entrarono due inservienti che trasportavano… una splendida macchina giocattolo elettrica rossa fiammante.
-Una Ferrari Testarossa!- esclamò il bambino al colmo della gioia: - È mia?-
-Certamente figliolo. Buon compleanno.- rispose il padre mettendogli una mano sulla testa e spettinandogli i corti capelli scuri.
 
*******
 
-C’è un’altra sorpresa per te stasera.- disse il papà mentre si recavano a cenare nella grande sala da pranzo. - Stasera abbiamo un ospite a cena. Una persona importante venuta appositamente per conoscerti.-
-Davvero?- chiese Genzo: - E chi è?-
In quello stesso momento il bambino vide uno sconosciuto seduto in poltrona nel salotto antecedente la sala da pranzo.
L’uomo si alzò in piedi vedendo sopraggiungere i padroni di casa e il figlio. Aveva circa una quarantina d’anni, capelli corti e brizzolati e indossava occhiali con le lenti oscurate.
L’uomo parlò con voce profonda: - Grazie dell’invito, Wakabayashi-san.-
-Grazie a lei di essere venuto, Mikami-san.- rispose il padre di Genzo. Poi afferrò il figlio per le spalle e lo spinse verso il nuovo arrivato: - Genzo, ti presento Tatsuo Mikami, il più grande portiere che la Nazionale giapponese di calcio abbia mai avuto.-
Il bimbo sgranò gli occhi e chiese timidamente al papà: - È davvero  lui?-
-Certo. – confermò il genitore.
Genzo fissò l’ex calciatore con ammirazione e chinò la testa in segno di rispetto: - Molto piacere, Signore.-
L’uomo sorrise: - E così tu saresti il famoso Genzo. Tuo padre mi ha parlato molto di te. È vero che vuoi imparare a giocare a calcio?-
-S-sì.- rispose il bambino timidamente tenendo lo sguardo basso.
Mikami rise di gusto: - Benissimo. Sono nel posto giusto, allora. Sarò felice di insegnarti questo sport.-
Genzo guardò incredulo prima l’ex portiere e poi il padre. Il Signor Wakabayashi decise di dare una spiegazione: - Mikami-san si trasferirà qui da noi. Ho deciso di ingaggiarlo come tuo allenatore personale.-
Il bambino stentava a credere alle proprie orecchie: la vecchia gloria del calcio giapponese sarebbe diventato il suo personal-trainer?
Mikami parlò di nuovo: - Oggi è il tuo compleanno, vero?-
Genzo, senza aprir bocca, annuì.
L’allenatore si chinò a raccogliere un pacco dietro la poltrona e lo porse al bimbo: - Allora tieni: questo è il mio regalo.-
Il piccolo, con mani tremanti, accolse il pacchetto e incominciò a scartarlo.
Apparve una semplice scatola di cartone. La aprì e dentro ci trovò un pallone da calcio in cuoio e un cappello da baseball rosso.
Senza esitare estrasse il berretto e se lo calcò sul capo: era decisamente troppo grande e la visiera gli ricadde sul volto coprendogli completamente gli occhi. Successivamente si dedicò al pallone. Era bellissimo: lucido, bianchissimo e senza neanche un graffio.
Sollevando il cappello dalla faccia guardò Mikami e con una vocina tremante sussurrò: -Grazie.-
L’uomo rispose: - Prego. Vuoi fare due tiri?-
Così dicendo prese la palla dalle mani del bambino. Fece due rapidi palleggi con le ginocchia poi aggiunse:
 - Mettiti là in fondo.-
Genzo ubbidì e si piazzò a qualche metro di distanza nell’enorme salone.
Mikami mise il pallone a terra e calciò, non molto forte. Erano in casa e non voleva rischiare di rompere qualcuno dei costosissimi soprammobili presenti. Sicuramente la signora Wakabayashi non avrebbe gradito.
Il tiro era debole ma un po’ alto.
Il bimbo osservava la sfera che sopraggiungeva e si rese subito conto che non sarebbe mai riuscito a fermarla con i piedi.
Istintivamente si buttò sulla destra e afferrò saldamente il pallone con entrambe le mani, bloccandolo. Il cappellino rosso gli cadde da testa e rotolò in terra.
Col pallone sotto braccio andò a recuperarlo e con fare estremamente serio se lo rimise sul capo.
Mikami, stupito si rivolse al signor Wakabayashi: - Ha fermato il mio tiro come se niente fosse. Non era forte, ma lui ha soltanto sei anni! Ha intuito perfettamente la traiettoria e non ha esitato neanche un momento.-
-Quindi?- chiese il padre di Genzo.
-Il suo ragazzo ha talento, Wakabayashi-san. Per me sarà un onore allenarlo e farne il portiere migliore del mondo.-
I coniugi Wakabayashi si guardarono l’un l’altro, sorridendo compiaciuti.
 
*******
 
Il piccolo Genzo teneva tra le mani il pallone da calcio e lo guardava soddisfatto.
Era bellissimo.
E anche il cappellino rosso che indossava.
Non l’avrebbe mai tolto.
MAI PIÙ.
Quanti regali aveva ricevuto quel giorno? Mazinga da Nanny, la splendida Ferrari dalla mamma e dal papà, una palla e un cappello da Mikami-san.
Ma il regalo più bello di tutti era un altro: i suoi genitori erano tornati e sarebbero stati tutti insieme, come una vera famiglia. Anche se solo per una sera.
Sotto la visiera del berretto rosso, che celava parzialmente il visino dai tratti infantili, comparve un bel sorriso… sghembo.

 
 
NOTA FINALE:
I giocattoli con cui gioca Gen in questa storiella sono tutti tipici dei primissimi anni Ottanta. Chi di voi ha qualche anno in più (come la sottoscritta) li ricorderà di certo. Io li avevo, e adoravo giocarci.
Ovviamente non possedevo la Ferrari Testarossa elettrica.
Ricordo ancora quando vidi quella fantastica automobile fiammante nella vetrina di un famosissimo negozio di giocattoli nel centro della mia città. Era dicembre e passeggiavo con mia madre. Avrò avuto cinque o sei anni al massimo. Ad un tratto mi fermai di fronte alla vetrina riccamente addobbata di quel negozio e la vidi.
Era bellissima.
Costava ovviamente uno sproposito: improponibile che io potessi averla!
Ricordo ancora la frase che mi disse la mamma: “Quello è un giocattolo per bambini ricchi”.
Quindi non per me, figlia di un operaio e di una maestra.
Così ho pensato di realizzare il mio sogno d’infanzia facendola regalare a Genzo.
D’altronde chi, se non lui, è l’archetipo del bimbo ricco sfondato? ;)
Concludo augurando ancora un buon compleanno al caro SGGK che così piccolino e tenero, è simpatico anche a me!
Grazie a tutti coloro che avranno avuto voglia di leggere questa mia ennesima follia.
Bacioni,
Ai
   
 
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