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Autore: Bab1974    06/12/2014    3 recensioni
Au ambientata nel mondo delle Sirene.
Arthur, sopravvissuto in malo modo a un gravissimo incidente, soffre di depressione. In mezzo al mare per tentare di approcciarsi alla sua passione, le immersioni, soccorre un Tritone ferito. E se ne innamora.
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Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Morgana, Principe Artù, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessuna stagione
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I-Un naufrago... particolare

 

 

 

Il ragazzo, appoggiato al parapetto della nave, osservò, con tristezza infinita, la calma tavola blu che si stagliava di fronte a lui. Era circondato, da ogni lato, da chilometri di acque profonde e cristalline. L'ultima volta che Arthur Pendragon era stato in mezzo all'Oceano Atlantico, due anni prima, era convinto di essere la persona più fortunata e felice del mondo, ogni aspetto della sua vita gli arrideva. Era bello, giovane, con un lavoro di successo, una donna che l'amava, amici che l'ammiravano e la sua passione per le immersioni a coronare sapientemente il tutto.

Poi era accaduto l'incidente. Un automobilista ubriaco l'aveva preso in pieno, facendolo volare a qualche metro di distanza, riducendolo su una sedia a rotelle, non prima di aver passato quasi un anno in coma. Della sua vita precedente nulla gli rimaneva, se non l'essenziale per non morire.

Il suo bel volto era ora attraversato da un solco profondo che non si sarebbe mai rimarginato. L'idea di modificare chirurgicamente il suo aspetto lo spaventava, poiché temeva che lo avrebbe reso irriconoscibile e al momento era già abbastanza confuso.

Sua sorella Morgana, nonostante non l'avesse mai desiderato, aveva preso il suo posto come vicepresidente nella Pendragon Inc., la società fondata dal padre Uther.

Gwen, la sua amorevole fidanzata, dopo aver pianto mesi al suo capezzale per mesi, a detta di Morgana, aveva ceduto alla corte di un amico di entrambi, Lancelot, che era sempre stato innamorato di lei e ora erano sposati e in attesa del primo figlio.

La maggior parte dei suoi amici si era liquefatto come neve al sole. Erano rimasti solo quelli più intimi, che lo amavano per quello che era, non per il suo aspetto o il suo potere. Peccato fossero pochi.

Anche il suo amore per l'acqua e le immersioni aveva ricevuto un duro colpo. Ormai si riduceva a sguazzare in una piscina privata, poiché si vergognava a mostrare le sue gambe inferme e il suo volto sfigurato. In acqua bassa, però, e sempre sotto controllo, i suoi familiari temevano che la depressione causata dallo stato in cui era ridotto lo portasse a compiere gesti estremi. Era già accaduto, appena saputo di aver perso tutto e anche quella volta aveva scelto la sua amica acqua, nella vasca del suo bagno personale nell'ala dell'enorme villa di famiglia che era stata adeguata alle sue condizioni, per lasciarsi scivolare nell'oblio. Lo avevano salvato appena in tempo, prima che i suoi polmoni collassassero, aggiungendo danni ai danni. Pure in quel momento, dopo mesi dall'episodio, non si fidavano a lasciarlo da solo se non dopo vari accorgimenti. Infatti la sua vita era saldamente ancorata a una piccola ma pesante sedia a rotelle, costruita su misura per lui. Non c'era stata altra maniera per convincere il padre e la sorella che era pronto per affrontare, in maniera diversa, il suo amato mare.

 

 

 

Morgana si sentì in colpa una volta di più. Lei era l'ultima che si sarebbe dovuta colpevolizzare, non aveva rubato il posto al fratello. Dopo la laurea in economia era scappata di casa per fare l'attrice in un locale di dubbia fama, pur di essere finalmente libera dalla tirannia del padre. Eppure c'era qualcosa nello sguardo abbattuto di Arthur che la rendeva malinconica. Il ragazzo non lo faceva apposta, lei lo sapeva, come pure lui era certo che se la ragazza aveva accettato di prendere il suo posto era solo per tranquillizzare il padre: i Pendragon erano geneticamente portati alla depressione, anche in casi lievi, figurarsi in momenti di tragedia come quelli. Ciò che era accaduto a Arthur, aveva unito la famiglia come non mai, come Uther, il capofamiglia, non si sarebbe mai sognato.

L'idea di quella crociera, cui sarebbero seguite delle immersioni graduali per il fratello, era stata di Morgana. Pensava che cominciare dall'unico punto della sua vita che non sarebbe mai cambiato, potesse essere l'inizio per una nuova, stimolante e serena vita. Certo, mancava l'amore e gli amici che gli erano rimasti al fianco si contavano sulle dita di una mano, ma erano quelli sinceri, che a questo punto non l'avrebbero abbandonato mai. Gwen e Lancelot, nonostante tutto, erano tra quei pochi. La ragazza era stata sempre indecisa fra i due e aveva scelto il fratello dopo varie peripezie sentimentali. Purtroppo, era una di quelle donne fatta per appartenere a un uomo e la mancanza di Arthur l'aveva spinta fra le braccia del rivale numero uno. Morgana non ce l'aveva con lei, forse un pochino con la sua mancanza di carattere, ma al mondo non siamo tutti uguali.

 

 

 

Osservò lo schermo del computer e benedì la tecnologia che le permetteva di stare a chilometri di distanza dal suo ufficio, ma riuscire comunque a partecipare a riunioni, convegni e prendere decisioni importanti. Solo per quello, sulla parte alta del corpo, nonostante fosse un caldo bestiale, portava la giacca di un tailleur. L'immagine era una cosa molto importante nella ditta Pendragon. Morgana cercò di non pensare al volto sfigurato di Arthur e al fatto che suo padre aveva tentato, qualche mese prima, di costringerlo a operarsi in viso. Era stata dura digerire quell'intromissione, una ferita in più nell'animo già malandato del ragazzo. Doveva essere professionale in quel momento. Uther aveva accettato quella follia, loro due immersi nel nulla per mesi, solo perché lei aveva promesso di continuare nel suo lavoro senza interruzioni. In realtà era convinto anche lui che il figlio avesse bisogno di distrazioni e non aveva fatto molte storie. Gli importava che Morgana, essendo a quel punto l'unico famigliare che poteva prendere il suo posto quando avesse voluto ritirarsi, continuasse a seguire l'azienda, anche se a distanza. La stanza era insonorizzata, in maniera che i rumori provenienti dall'esterno non disturbassero il lavoro dei dirigenti.

Morgana sorrise, pensando che nella parte sotto non aveva quasi nulla, se non un perizoma quasi invisibile. Se si fosse dovuta alzare durante la riunione per cercare qualche pratica, avrebbe rischiato di mostrare il suo lato B a tutto il consiglio d'amministrazione della Pendragon Inc e al proprio padre. Era certa che la maggior parte di loro, essendo uomini, avrebbero gradito lo spettacolo. La minoranza, invece, poteva recriminare. Suo padre, probabilmente, avrebbe avuto un infarto fulminante e ci sarebbe rimasto secco. Recitò la parte della perfetta manager in carriera. Era un copione che conosceva a memoria e per fortuna era un'attrice ottima e instancabile. Altri al suo posto si sarebbero stufati da un pezzo di dover dire sempre le stesse battute. Era talmente brava che nemmeno suo padre si era accorto che fingeva. O forse se n'era accorto ed era lui a fingere che tutto andasse bene. In fondo a qualcuno doveva lasciare l'azienda che aveva creato con tanta fatica e, in quel momento, Morgana era l'unica che potesse supportarlo.

 

 

 

Era immersa in una dettagliata descrizione di un nuovo prodotto che a breve avrebbe invaso il mercato, che venne interrotta dall'entrata nella stanza di Vivien, sua segretaria e amante di Arthur. In realtà, in quella relazione, ce n'era ben poco di sentimento, soprattutto dalla parte di Arthur che la usava solo per sfogare i suoi istinti animaleschi, ma lui aveva bisogno anche di quello in quel momento.

“Morgana, c'è un uomo in mare!” esclamò. Tutti corsero con l'immaginazione a Arthur, pensando che avesse di nuovo tentato il suicidio. Sia il padre, che la sorella, fecero il suo nome, sicuri che si trattasse di lui.

“No, Arthur sta bene. Ha tentato di tuffarsi per salvare un ragazzo che è stato colpito da un'elica della barca, ma non ce l'ha fatta a sradicarsi dalla sedia.”

Morgana si scusò con il padre, chiedendogli il permesso di alzarsi. Il padre lo accordò, ma pretese che Vivien gli fax-asse il resto della relazione. Intanto Morgana corse fuori, chiedendosi come era possibile che ci fosse qualcuno in quel punto di mare, poco trafficato, lontano dalle coste e con la certezza che la nave più vicina distava alcune centinaia di miglia marittime.

 

 

 

Era accaduto tutto in un attimo: Arthur era ancora mollemente appoggiato al parapetto, perso nei suoi cupi pensieri, quando vide allargarsi una macchia nell'acqua.

-Potrebbe essere olio o benzina.- pensò senza troppa emozione -La nave potrebbe avere avuto un guasto.-

La pensò così finché non vide un corpo spuntare da sotto lo scafo della nave. Il primo istinto fu quello di buttarsi per salvargli la vita, ma aveva fatto i conti senza la sedia. L'unico risultato che ottenne fu di rovesciarsi, rischiando di rompersi un braccio. Cominciò a urlare, sperando che ci fosse qualcuno nelle vicinanze che potesse sentirlo. Al primo marinaio che apparve gli disse che c'era un uomo in mare. L'uomo accorse, osservò oltre al parapetto e vide un ragazzo immerso a testa giù nell'acqua, e una brutta ferita su un fianco. Suonò l'allarme, per far accorrere più gente possibile, poi si levò gli stivali, prima di buttarsi nelle acque fredde.

Un attimo dopo tutti, esclusa Morgana che non sentiva nulla, si erano radunati. Vivien vide due marinai sollevare di peso Arthur, dopo averlo liberato da quella trappola mortale e metterlo su una banchina. Decise che era il caso d'interrompere la riunione, a costo d'indispettire Uther: Morgana non gliela avrebbe mai perdonata, se non l'avesse avvertita di una faccenda del genere.

 

 

 

Morgana si fiondò immediatamente fuori dal suo ufficio, il tempo di dare a Vivien il compito di spedire la relazione a Uther. Avrebbe spiegato meglio in seguito. Nel frattempo si tolse la giacca del tailleur, che le faceva un caldo infernale.

Giunse che stavano buttando una cima per recuperare il marinaio che si era tuffato. Arthur, seduto ancora sulla panchina del parapetto, stava in fragile equilibrio a causa del rollio della nave. Lo raggiunse, mentre il marinaio da sotto gridava qualcosa.

“Non ci crederete mai, neanche dopo aver visto.” avvertì. “Avete già chiamato la guardia costiera più vicina? Spero di no, non mi sembra il caso.”

“Che cosa vuoi dire?” chiesero stupiti i colleghi.

“Tirateci su.” disse dopo che ebbe assicurato entrambi alla corda che avevano lanciato “Meglio vediate con in vostri occhi.”

I marinai, incuriositi, issarono la corda finché entrambi non furono a bordo. Con stupore si accorsero che il ragazzo, con il torso nudo, aveva al posto delle gambe una lunga coda di pesce.

“Non ci credo! Avevi ragione, Perceval, a dire che è una cosa stupefacente.” esclamò Morgana “Si tratta di un sirenetto.”

“Il termine più giusto credo sia Tritone.” s'intromise Arthur. “Però hai ragione a esserne stupita, in tanti anni che faccio le immersioni non ho mai visto nulla del genere.”

“Sentilo il maestrino! Si vede che hai un sacco di tempo per leggere, ora.” lo canzonò Morgana sorridendo. Lo vedeva interessato come non mai, ed era contenta che, finalmente, qualcosa, o meglio qualcuno, avesse smosso la sua giornata piatta.

Il Tritone era un bel moretto, con le labbra sensuali e un paio di orecchie davvero enormi. La ferita che aveva sul fianco sembrava abbastanza grave e lo depositarono delicatamente su una lettiga dell'infermeria di bordo. A causa di Arthur erano molto attrezzati, i soldi forse non davano la felicità, ma un medico chirurgo e un'infermiera a bordo, sì.

Il dottor Gaius osservò lo squarcio.

“Assomiglia a un intestino umano, anche se modificato. Potrei tentare di ricucirlo, sperando che abbia una resistenza più elevata di un uomo. Abbiamo tutto, ma non mi farebbe male un consulto con un altro medico e l'intervento di una nave ospedale.”

Perceval scosse la testa.

“Datemi ascolto, non ditelo a nessuno, o la maledizione del Dio dei mari si abbatterà su di voi.” sentenziò.

Gli ridevano, o meglio ridacchiavano nervosamente. Se Percalle avesse detto quella frase solo dieci minuti prima, si sarebbero tutti divertiti immensamente, dandogli del pazzo e del vecchio bacucco (almeno a livello di idee). Ora, che avevano trovato un essere che sarebbe dovuto essere leggendario, si chiesero se non esistesse pure il Dio vendicatore.

Mentre gli uomini trasportavano il ferito nella stanza dell'infermeria, altri risollevarono la sedia a rotelle e aiutarono Arthur a sedersi sopra.

“Direi che questo affare ha compiuto il suo lavoro.” commentò Morgana soddisfatta “Non avresti potuto gettarti di sotto per nessun motivo.”

“Ma se ho rischiato di spappolarmi un braccio, se finiva sotto la sedia! Oltretutto, se non ci fosse stato qualcun altro, nessuno avrebbe salvato il ragazzo, o quello che è.” L'accusa era precisa, ma non scalfisse la sorella di un nulla.

“Meglio un braccio rotto che la vita persa! E non ti preoccupare, nessuno ti lascerà più solo per molto tempo a venire, o almeno finché non ci convincerai che non sei un pericolo per te stesso. Convinti davvero.”

Arthur fece una smorfia: sapeva che era colpa sua, come loro sapevano che la depressione era ancorata dentro di lui e che difficilmente sarebbe tornato quello di prima.

-Sarei già contento di essere la metà, invece non sono neppure quello.-

Morgana cercò una scusa per il padre, non era il caso di metterlo a corrente di ciò che stavano vivendo, non ancora.

 

 

 

“Un profugo albanese? In mezzo all'oceano? Non ci credo, non è possibile.” commentò Uther Pendragon, appena ricevuta la notizia. “Avete mandato un SOS?”

Morgana si era preparata una scusa per ogni obiezione del padre, compresa questa.

“No.” la donna scosse la testa “Purtroppo si è ributtato in mare, appena si è reso conto che volevamo chiamare le autorità. Le sue condizioni erano già brutte, lo abbiamo perso. Perceval e gli altri hanno anche cercato di immergersi, per trovarlo, ma la momento non lo hanno trovato. Abbiamo preferito non chiamare nessuno, per non avere problemi, la mente di Arthur è già abbastanza scossa.”

Il padre, che era da solo, convenne con lei che avevano fatto bene e la rassicurò che avrebbe inventato qualcosa con gli altri membri del consiglio di amministrazione, tipo che un delfino moribondo era stato scambiato per la schiena di un uomo. Rimasero d'accordo così. Poi passò ai complimenti, se si potevano chiamare così. Sottolineò tutti i punti deboli della sua relazione e il fatto che fossero molto meno del solito, la rincuorò, ma allo stesso tempo la spaventò: stava entrando nell'ingranaggio e non ne sarebbe uscita facilmente. In realtà, la sua speranza era che il fratello si riprendesse a sufficienza per potere almeno gestire la maggior parte delle faccende dell'azienda. In quel momento, però, quel sogno si faceva sempre più lontano.

 

 

 

 

  
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