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Autore: Sammi_    07/12/2014    1 recensioni
“A volte penso che ti abbiano estratto perchè sapevano che ti avrei amato.”
La storia completa di Annie e Finnick, iniziando con la mietitura di Annie e finendo con Mockingjay.
Annie POV.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso di tradurre questa storia perchè mi ha colpito molto, fa scatenare milioni di emozioni! 
Buona lettura!





LEGAMI

 

Inizia così.

 

Ho le vertigini quando mi siedo sul letto. E’ umido e soffocante dentro casa- nonostante la finestra sia aperta completamente- e mia sorella sta riposando contro di me, la sua pelle calda e umida di sudore. Mi stringo la testa tra le mani e inizio a contare all’indietro finché non sento una parvenza di stabilità.

 

Attraverso la luce pervinca della mia stanza, posso distinguere i vestiti sparpagliati di mia sorella, dopo che probabilmente è tornata a casa tardi e si è intrufolata nel letto. Li fisso per quelli che sembrano tre minuti poi cerco di riaprire la mente a tutti gli altri sensi che combattono per la mia attenzione.

 

Il suono delle onde è un contesto familiare e gentile e posso sentire mio padre conversare con mio fratello al piano di sotto. Sta parlando con fermezza e sta usando parole come “Assolutamente no” e “Mai”. Parole ridicole. E dai rantoli ovattati capisco che il mio fratellino sta piangendo.

 

Il panico si fa strada nel mio cuore e non capisco di tremare fin quando mia sorella mi accarezza leggermente l’avambraccio, ancora mezza addormentata e mormora parole come “E’ tutto okay” e “Non ti preoccupare”.

 

Impugno saldamente la vecchia trapunta del letto e cerco di combattere l’inevitabile ansia che cresce dentro di me. Oggi è il giorno della mietitura. E non posso ignorarlo, non con il suono del pianto di mio fratello che arriva dalle scale. Con la consapevolezza che oggi due persone che probabilmente conosco o con qui avrò parlato almeno una volta saranno pescate e portate al patibolo.

 

Mia sorella si sveglia improvvisamente. Inizia subito un discorso su ciò che andremo a fare oggi, come se fosse sempre stata cosciente. Lei è così. E’ più grande di me di cinque anni e se deve fare qualcosa ci mette tutta se stessa altrimenti lascia perdere. Può legare qualsiasi nodo anche ad occhi chiusi, riesce a convincere qualsiasi ragazzo a portata ovunque e riesce a controllare in maniera eccezionale le sue emozioni. Il suo nome completo è Coral ma ha abbandonato la L quando si è laureata, assieme a sei centimetri di capelli biondo scuro. Lei è ufficialmente fidanzata e tra pochi mesi si sposerà, è la mia migliore amica.

 

“Annie? Annie?” La sue voce è gentile ma ferma, due parole che descrivono perfettamente mia sorella.

 

Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi, molto più blu dei miei, e mi permetto di prendere un respiro profondo. Il sospiro mi riempie i polmoni e fa, piano piano, scemare il panico. Cora sorride e il suo viso s’illumina e volge un braccio in torno a me.

 

“Ecco! Non c’è bisogno di preoccuparsi, vedi?”

 

Mi lascia andare e sposta le coperte dalle nostre gambe. Si spinge oltre me e fa ciondolare le gambe fuori da letto. Aspetta fino a quando io le dia un segno quindi poggio la testa sulla sua spalla. Lei mi passa le dita tra i capelli.

“Per quanto io ami la nostra routine Shell, sono felice che il prossimo sarà l’ultimo. Mi preoccupo per te” 

 

Le sue parole arrivano alle mie orecchie come morbidi petali: delicatamente e con tutto il cuore. Cora non è solita ad esprimere i suoi sentimenti.

 

Sorrido nonostante la preoccupazione. Cora iniziò a chiamarmi Shell quando ero ancora una bambina. Aveva osservato che ero fragile come una conchiglia e non ha mai vacillato su questo suo punto di vista. Il mio hobby di creare gioielli di conchiglie non è servito a scoraggiare questo soprannome.

 

“Sono certa che starò bene” borbotto sulla sua spalla. Ha il profumo di Marv addosso, il suo fidanzato. Lui odora sempre di pesce siccome trascorre la maggior parte del tempo sulla sua barca. E’ uno dei pescatori del distretto. Direi che è dove ha trascorso la nottata. Mi da un po’ fastidio che abbia rotto la nostra tradizione per stare con lui.

Da quando ho ricordi, io e Cora abbiamo trascorso la notte prima della mietitura come fosse quasi una vacanza. Trascorrevamo la giornata sulla spiaggia raccogliendo conchiglie e giocando sulla cresta delle onde del mare. Cenavamo con la zuppa di vongole preparata assieme, poi passavamo ai mirtilli congelati e all’uva come dessert. Trascorrevamo la notte su due sedie traballanti sul retro di casa, cantando stupide canzoni della nostra infanzia. Ci addormentavamo poi nel mio letto- ero troppo apprensiva per dormire sola- e la mattina seguente ci preparavamo assieme.

Cora c’è stata per tutto il giorno in piaggia ma la sera, dopo la frutta congelata, è sgaiottolata via. Non l’ho più vista fino a qualche ora prima che facesse giorno quando si è intrufolata nel mio letto facendo attenzione a non fare rumore il più che potesse.

 

Non dico niente, perchè voglio bene a Cora e non vorrei farla sentire in colpa. Soprattutto non oggi che il pensiero di non rivederci mai più non lascia le nostre menti. Non voglio che viva il resto della sua vita sentendosi in colpa per aver ferito i miei sentimenti l’ultima notte che abbiamo passato assieme. 

 

Mi affretto a parlare, preoccupata che potesse percepire il mio dolore nel silenzio. “Ne sono lieta anche io ma anche spaventata. Ogni anno le probabilità di essere pescata aumentano”

 

Quest’anno ho più schedine nella bolla per la mietitura di quante ne avevo quando avevo dodici anni. Il mio fratellino Arnav ha otto anni  quest’anno e si preoccupa di me più di quanto faccia io.

 

Cora avvolge il suo braccio intorno a me, in un piccolo abbraccio.

 

“Non c’è modo che peschino Annie Cresta. La tua capacità di creare gioielli è la migliore di tutto il distretto. E sappiamo tutti che Capitol non può fare a meno di gioielli fatti a mano provenienti dal distretto 4 Cosa indosserebbero altrimenti durante le loro cene a base di pesce?”

 

Ridacchio insieme a lei, realizzando che parte della mia preoccupazione mi sta lasciando “Sarebbero costretti a indossare i tuoi braccialetti di corda”.

 

Io e Cora non ci guardiamo, ma so che stiamo ancora sorridendo entrambe. Colpisce la mia spalla con la sua.

 

“Non si può! Sai che non c’è luce in quelle corde e sappiamo benissimo quanto Capitol ami lo splendore”

 

Ridiamo ancora per un po’ ma sappiamo entrambe che le donne di Capitol amano i miei gioielli.

 

Ho le stesse probabilità di essere scelta di tutti gli altri, e oggi ci sono più probabilità che scelgano me che altre bambine.

 

Cora e io ci togliamo le camicie da notte e indossiamo i vestiti della mietitura in silenzio.

 

Osservo Cora chiudersi metodicamente attorno al collo la collana che ho fatto per lei molti anni prima. E’ composta da conchiglie e frammenti di vetro del mare blu come il lino del suo vestito. Il suo anello di fidanzamento luccica nella luce fioca che arriva dalla finestra che si infrange sui suoi capelli biondo scuro.

 

Tiro il pizzo del vestito a schiuma di mare verde che mi avvolge sentendomi all’improvviso soffocare. Mi rendo conto che non voglio lasciare mia sorella magiore, non oggi, non domani, mai.

 

“Cora” sussurro. “Ho paura”.

 

Lei si gira e mi guarda. I suoi occhi brillano per le lacrime che non potrà mai lasciar cadere. Le sue mani tremano mentre si passa le dita tra i capelli.

 

“Mi ricordo quando avevi cinque anni Shell. Vidi un gatto, che aveva appena finito di lottare con un altro, zoppicare dopo il panificio. Non era ferito gravemente ma c’era un sacco di sangue. Indossavi un vestitino bianco che papà era riuscito a comprarti. Ti stavo tenendo er mano fin quando non ho sentito più la tua presenza di fianco a me e l’attimo dopo eri a terra con quel gatto, cullandolo al petto. Il suo sangue era sul tuo vestito e tu piangevi istericamente. In un primo momento avevo pensato che stavi piangendo perchè il tuo vestito si era sporcato, ma poi ho capito. Stavi piangendo perchè il gatto stava provando dolore. Mi hai fatto domande su quel gatto per il resto della settimana piangendo per un paio di volte” Cora si gira e giocherella con i gioielli sul comò. Le sue mani stanno ancora tremando. Prende un respiro profondo e quando si ricompone torna a guardarmi. “Questo è tutto ciò a cui riesco a pensare il giorno della mietitura Annie, perchè tu sei la mia conchiglia. Non perchè tu non sia forte ma perchè diventi fragile quando per gli altri qualcosa è difficile. Tu sei gentile nell’anima. E non voglio più vedere i tuoi vestiti coperti dal sangue di qualcun altro”

 

Chiude il coperchio della scatola di scatto e io assaporo l’acqua salata delle mie lacrime. Cora non mi ha mai detto niente di simile il giorno della mietitura prima d’ora.

Lei ha sempre respinto l’idea che io venissi pescata. Mi spaventa che mi dica ciò proprio ora. E’ come se mi stesse dicendo addio.

 

Attraversa la stanza e posa le mani sulle mie spalle. E’ una testa più alta di me e le lacrime si aggrappano alle sue ciglia dorate. Mi sorride.

 

“Non è che penso che succederà Annie. Voglio solo che tu sappia che va bene essere spaventati. Perché sono spaventata anche io. Questo è quello che schede quando si ama qualcuno: Abbiamo paura per loro ma cerchiamo di rimanere composti. Devi ancora assistere al mio matrimonio, giusto?”

 

Annuisco, e lei si accinge ad acconciarmi i capelli lunghi e scuri in uno chignon. Vorrei quasi che non lo facesse. I miei  capelli ormai raggiungono il fondo della mia schiena ed è come avere una guardia che mi protegge da ciò che non voglio avere attorno.

Una piccola parte di me si chiede se anche mia sorella pensi lo stesso, ma vuole che i miei capelli stiano su ne caso venissi pescata. le prime impressioni sono le più importanti ai Giochi e lei vorrebbe che io dia la sensazione di essere forte con lo sguardo altro e incrollabile.

 

Vorrei dirle che io non sono come lei. Mentre Cora è talmente coraggiosa da poter anche solo aver pensato di offrirsi volontaria come tributo, io non lo sarò mai.

 

———————————-

 

 

 

Arnav si aggrappa saldamente alla mia mano mentre camminiamo lungo la strada acciottolata. La brezza del mare è particolarmente aspra oggi, e mi aspetto una tempesta per stasera. Forse sarà abbastanza lontana da poter ammirare assieme ad Arnav i lampi sulla spiaggia. E’ sempre stata una delle cose che preferisco fare, anche se mi spaventa.

 

“Forse non pescheranno neanche una ragazza quest’anno! Non vedo perchè non possono scegliere solamente due ragazzi. Giusto papà? Giusto? Non pensi che potrebbero pescare solo due ragazzi oggi? Così non sara pescata di sicuro Annie. Oppure, oppure ho un’idea papà!”

Arnav saltà su e giù tirando il mio braccio e quello di mio padre mentre si crogiola per la sua nuova idea.

 

Mio padre gli mostra un sorriso forzato “Di che idea si tratta, Nav?”

 

Arnav sorride a mio padre e poi mi guarda, anche se è sorridente posso ancora vedere le rimanenti lacrime nei suoi occhi di stamattina.

 

“Dovrebbero fare un test per vedere chi è il più cattivo e poi si può pescare tra quella gente! Questo si che si può fare!”

 

Mi stringe più forte la mano e alza il suo viso verso di me. Io e lui abbiamo gli occhi di nostra madre, di un verde profondo.

 

“Non prenderebbero ma te Annie. Tu sei troppo brava. Non mi hai nemmeno urlato contro quando ho fatto cadere il vaso della mamma”

 

Le parole di Arnav sono sincere e mi viene nuovamente voglia di piangere. Arnav è l’unica persona di questo mondo di cui mi sono mai presa cura. Tutti gli altri si prendono cura di me. Nostra madre morì quando lui aveva solo un anno per questo ha cercato in me ed in Cora l’affetto materno. Nostro padre ci è caro ma non è a casa la maggior parte del tempo. La Cresta Net è un’azienda abbastanza grande che mio padre gestisce da solo. Io e Cora ci prendiamo cura di Arnav durante il giorno. So che starebbero bene se io venissi pescata. Confido in Cora più di chiunque altro. Lei si prende cura di me quindi so che Arnav starebbe benissimo con solamente lei. Ma so che gli si spezzerebbe il cuore quindi mi trovo per la trentesima volta a sperare che il mio nome non venga estratto.

 

“Questa è un’ idea interessante Arnav, ma noi non vogliamo che nessuno venga estratto, giusto?” chiedo, correggendolo gentilmente.

 

Lui annuisce con fervore “Hai ragione, è brutto quando qualcuno lo è ma comunque spero che sia quella ragazza che lavora nel reparto dei prodotti e non Annie” 

 

La nostra conversazione scema quando raggiungiamo la piazza. Do alla mia famiglia un ultimo sguardo prima di raggiungere tutte le altre ragazze della mia età. 

 

E’ una benedizione essere l’unica a poter essere mietuta della mia famiglia, ma allo stesso tempo è difficile. Darei qualunque cosa per avere la mano di Cora stretta nella mia in questo momento. Il sole picchia forte sulla parte posteriore del mio collo. Traggo la mia forza da lei, e me ne sento a corto oggi.

 

Fisso assente lo schermo su cui proiettano il solito film, senza porre veramente attenzione.

 

Un bagliore di bronzo coglie la mia attenzione e mi ritrovo a fissare il più recente vincitore del distretto 4, Finnick Odair. Sta guardando il film dal palco con gli altri vincitori, ma ho la sensazione che anche lui lo stia guardando per metà. E’ bellissimo eppure mi mette sempre a disagio. Forse è il modo disonesto con cui si presenta. o forse è il sorrisetto che dona a tutti. Oppure il motivo è che ogni volta che lo guardo vedo i muscoli del suo braccio sollevare il tridente e infilzarlo nella carne di una ragazza durante i suoi Hunger Games.

 

La scortatrice del distreto 4, Annora Bellamy, si fa strada sul palco. La moda di Capitol City che si rispecchia sulla sua pelle fluorescente minaccia di  darmi un mal di testa.

Giro lo sguardo e lo fisso nella direzione del punto di ritrovo dei ragazzi. Colgo lo sguardo di uno di un mio compagno di classe, lui mi fa l’occhiolino e io gli sorrido con malavoglia.

 

“Ora estrarrò la fortunata prescelta che rappresenterà il distretto quattro ai 70° Hunger Games, i volontari saranno scelti in basi a chi si offrirà prima. Non ci si può offrire per un altro volontario.

Possa la fortuna sempre essere a vostro favore!”

 

Annora Bellamy fa sempre lo stesso discorso ogni anno, da quando c’è stata una discussione tra tre ragazzi su chi si sarebbe offerto volontario.

 

Le sue dita- con le unghie rivestite di giallo fosforescente, probabilmente finte- si fanno strada nella teca in cui ci sono tanti pezzi di carta. Il mio stomaco è annodato in maniera talmente stretta che neanche Cora potrebbe scioglierlo. Giro disperatamente la testa, guardando la mia famiglia con nostalgia. Fisso Arnav che non distoglie gli occhi da me. Ed è in quel momento che so che sto per essere chiamata. Non so come. E’ la stessa sensazione di quando il mio insegnante assegnava degli incarichi che sarebbero stati valutati e sapevo esattamente quando il mio nome sarebbe stai pronunciato.

 

Non mi sbagliavo mai.

 

Distolgo gli occhi da Arnav solamente quando sento la voce di Annora Bellamy squittire.

 

“Annie Cresta!”

 

I miei occhi si chiudono e posso sentire le urla di Arnav. Non devo aprirli per sapere cosa sta succedendo. Cora è ansimante ed ha Arnav avvolto contro di lei, mio padre è verde in volto e sembra stia per vomitare. So anche cosa stiano facendo le mie compagne di scuola senza guardare. (Guardano il pavimento, con senso di colpa, per il sollievo che provano).

 

Ciò che non so è quello che sto facendo io.

 

Non riesco a muovermi o ad aprire gli occhi. Il mio corpo è talmente teso che è come se dovesse spiccare il volo in qualsiasi momento. So che non posso scappare anche se lo vorrei tanto. Sento che potrei svenire da un momento all’altro, non riesco a respirare e voglio morire adesso.

 

“Vieni su, signorina Annie Cresta!” La voce di Annora Bellamy mi riporta alla realtà. 

 

E in qualche modo sto camminando. Sto anche piangendo. Voglio morire. Non ho mai voluto morire prima d’ora. Ma ora lo voglio così tanto, almeno per salvare la mia famiglia. 

Penso alla confessione di Cora di questa mattina e mi scappa un piccolo singhiozzo. Oh mia sorella. Il mio piccolo fratello e il mio adorato padre.

 

Cado sull’ultimo gradino per raggiungere il palco e Annora mi aiuta a rimettermi in piedi. Non guardo verso il pubblico ma le mie mani. Tocco il braccialetto di corda fissato nel mio polso destro.

Cora lo ha fatto per me cinque anni fa e da allora non l’ho più tolto. Infilo le dita della mano sinistra attorno al bracciale stringendolo. Le lacrime bruciano contro la mia pelle.

 

Non ricordo nemmeno che potrebbero esserci dei volontari, ma sono lieta di non averlo fatto. Perché la prossima cosa di cui mi rendo conto è la voce di Annora Bellamy che chiede se ci sono volontari tra i tributi maschi, ma nessuno si propone. Alzo gli occhi per vedere chi è il mio compagno e sono felice di non conoscerlo. Poi il terrore prevale, anche se non lo conosco si capisce benissimo che è più giovane di me, gli darei quattordici anni.

 

E’ la brutalità dei giochi degli ultimi anni che hanno spinto i ragazzi a non offrirsi come volontari. Dalla vittoria di Finnick Odair, il distretto 4 ha difficilmente superato il primo giorno dei giochi.

 

Ci stringiamo la mano e la sua è così umida sotto la mia. Ha le lacrime agli occhi. E in quell’istante so che sta per diventare quel gatto ferito di tanti anni fa.

 

Mi dispiace tanto, Cora.




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LINK FF ORIGINALE:

https://www.fanfiction.net/s/8126549/1/Where-Soul-Meets-Body 

   
 
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