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Autore: LucyImhome    08/12/2014    3 recensioni
Siccome non sono in grado di scrivere le introduzioni...
Dal testo:
"Gabriel rabbrividì nel frullio di tre paia d’ali, pensando che se fosse caduto dalla Grazia e fosse precipitato in uno di quegli ammassi bianchi e congelati che si vedevano sulla Terra dal Paradiso avrebbe avuto meno freddo di così. Il giovane arcangelo si guardò intorno: per lo meno in Galilea il tempo non era male."
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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DI MESSAGGI IMPORTANTI E COSE DOLCI

Fandom: Supernatural

Personaggi: GABRIEL <3<3<3 (lo amo troppo)

Pairing: nessuno

Genere: comico

Note: ATTENZIONE! Questa storia contiene tematiche religiose. NON mira in nessun modo a parodiare o ridicolizzare la religione, semplicemente contestualizza il personaggio della serie in una vicenda che lo riguarda (sebbene di stampo religioso). Io stessa sono credente e praticante e non intendo in alcun modo con questa storia offendere la religione, ma se qualcuno si sentisse offeso o infastidito dalla tematica, smetta di leggere. DLDR <3

 

Gabriel stiracchiò le braccia e tutte e sei le ali, con un gesto ampio e uno sbadiglio.

Era stato un volo piuttosto lungo e neanche troppo facile, visto che quando tuo Padre ti affida una missione -la missione-, deve per forza attuare quel progetto di temporale con vento forte e grandine a tratti che aveva in agenda da un po’, proprio mentre tu stai volando a consegnare il dannat-- benedetto messaggio.

Gabriel rabbrividì nel frullio di tre paia d’ali, pensando che se fosse caduto dalla Grazia e fosse precipitato in uno di quegli ammassi bianchi e congelati che si vedevano sulla Terra dal Paradiso avrebbe avuto meno freddo di così. Il giovane arcangelo si guardò intorno: per lo meno in Galilea il tempo non era male. C’era un sole grande e bollente, la terra era arsa e calda sotto ai piedi e nemmeno l’ombra di una nuvola all’orizzonte. Si prospettava una giornata… interessante.

Nazareth… così si chiamava la cittadina dove suo Padre l’aveva mandato a consegnare il messaggio più importante dei messaggi mai consegnati nella storia dei messaggi… del mondo. Gabriel gongolò un po’ al pensiero che ai piani alti avessero scelto lui –non quel fessacchiotto di Raph, non quel bacchettone di Mike, non quell’insopportabile spina nel fianco di Uriel- per un compito così importante, così decisivo, così fondamentale, così… santissimamente e benedettamente noioso!

Era appena arrivato e già era stanco di quel Nazaquelcheé. Una normalissimo e banalissimo paesotto della Galilea, nessuna persona di spicco, nessun avvenimento divertente o quantomeno interessante che avrebbe potuto supplire alla noia che stava assalendo l’arcangelo nel suo percorso tra il punto di atterraggio e la casa dove avrebbe dovuto consegnare il messaggio.

Gabriel scrollò le ali, preparandosi a far sì che quel paese -noioso da far cadere l’aureola- passasse alla storia come uno dei punti centrali della Rinnovata Alleanza tra il Paradiso e la Terra.

Attraversando il-paese-che-inizia-per-N pronto a cambiare il corso degli eventi per conto terzi –e che Terzi-, la sua attenzione venne attirata da un piccolo spiazzo, dove alcuni mercanti tenevano le loro bancarelle e strillavano la freschezza dei loro prodotti.

Gabriel rallentò il suo volo e si fermò fluttuando a mezz’aria proprio al centro della piazza a circa una trentina di piedi d’altezza, osservando la scena: c’erano pescivendoli che trattavano sul prezzo, una minuscola bancarella di formaggi di capra circondata da una folla che doveva –a occhio e croce- essere pari a più della metà del paese e perfino una bancale girato di traverso con delle stoffe brutte e dall’aria unticcia. Il proprietario stava ribassando il prezzo di una veste di lana grezza bucata e con una grossa macchia su un fianco. Istintivamente l’arcangelo si lisciò la tunica, soddisfatto di non averla rovinata durante il volo.

Restò a fluttuare nel mezzo del cielo, osservando le creaturine di suo Padre arrabattarsi per un’oncia di farina o una fetta di formaggio, ridacchiando al pensiero che la Terra fosse in mano a loro. Che bestiole bizzarre, pensò Gabriel passandosi una mano sul volto e poi fra i morbidi boccoli dei capelli biondo scuro. Eppure nutriva una grande fiducia negli uomini e nelle potenzialità che suo Padre aveva dato loro…

Con una scrollata di spalle e di ali Gabriel sbuffò, pronto a coprire in fretta l’ultimo tratto di percorso che lo separava dal compimento della sua missione. Tirò su col naso, drizzò la schiena e s’apprestò a ripartire… quando una voce che veniva dal mercato lo deconcentrò di nuovo.

FIIICHIIIII!” sbraitava un commerciante da una bancarella di frutta: “FICHI FRESCHI!” urlava: “BUONISSIMI FICHI! I PIÙ DOLCI DI TUTTA LE REGIONE!”

Gli occhi di Gabriel si illuminarono, donando a quella tinta nocciola delle sue iridi una sfumatura dorata, facendoli somigliare a due pozze di denso miele.

Per un fugace istante la sua mente cercò di ricordargli che non era sceso dal Paradiso per una manciata di fichi, che doveva assolvere ad un importante compito, che lui e nessun altro…

Bah, si disse, l’Annunciazione poteva aspettare un altro giro di clessidra.

E si gettò in picchiata verso l’uomo con la bancarella di frutta.

 

***

 

“Ma non sono stato io!” un pover’uomo dall’aria mortificata cercava di giustificarsi di fronte alle accuse del fruttivendolo.

“Ah no? E io dico di sì.” accusò di nuovo il mercante.

“Ma come avrei potuto essere stato io?!” esclamò l’uomo esasperato.

“E io che ne so!” a quella risposta, l’accusato inarcò le sopracciglia e spalancò le braccia, sottolineando l’evidenza, ma il commerciante riprese: “So solo che prima aveva venti fichi in più e che adesso ne ho venti di meno!”

“E dove li avrei messi, questi venti fichi?”  domandò quello, con ironica curiosità.

“Li avrai mangiati!” abbaiò il mercante.

“Ma…” l’accusato era al limite della sopportazione  e anche della pazienza: “Come avrei potuto mangiare venti fichi in così poco tempo?”

“Ti ripeto che…” riprese il derubato, ignorando la domanda: “… avevo centocinquanta fichi e adesso, senza averli venduti, ne ho centotrenta!”

“AVRAI CONTATO MALE!!” urlò l’uomo accusato prima di girare i tacchi e andarsene, i pugni stretti lungo i fianchi in un moto d’ira.

Gabriel, dal canto suo, si sbellicava dalle risate osservando la scena a pochi piedi dalle loro teste, ingozzandosi dei “fichi più dolci della regione”.

Mentre si godeva la scena causata dal suo esilarante scherzetto, fluttuando a gambe incrociate sopra la testa del mercante, il rigonfiamento della sua tunica dove aveva nascosto il bottino si assottigliava sempre di più. Gli riuscì difficile conciliare le risate con la sua scorpacciata, ma alla fine evitò il soffocamento.

Vecchio mio, pensò leccandosi le labbra e menando una pacca sulla zucca pelata del mercante che però non l’avrebbe percepita, questi fichi sono davvero la cosa più dolce che abbia mai mangiato. Con una sonora risata e la pancia piena, Gabriel riprese il volo.

All’orizzonte si stavano addensando grossi nuvoloni temporaleschi, segno che qualcosa non andava.

L’arcangelo rallentò il volo in prossimità della casa della vergine a cui doveva dare il “lieto annuncio”, chissà come l’avrebbe presa, ridacchiò fra sé.

Le nuvole all’orizzonte rombarono minacciose. Gabriel sollevò le braccia in segno di resa: “Sto andando, sto andando…”

Un nuovo rombo echeggiò cupo dalla linea di nubi che andava ingrossandosi all’orizzonte. Gabriel incassò la testa nelle spalle con aria colpevole: “Sì, ma…” le nuvole tuonarono. “Ma lasciami spiegare…” I cumuli spumosi e grigi furono attraversati da lampi lividi, seguiti subito dall’ennesimo tuono. “Sì, lo so… Ma è stato uno scherzetto innocente… è durato un attimo…” le nuvole gorgogliavano di disapprovazione mentre Gabriel si giustificava: “Non ha compromesso la missione… io non ho fatto male a ness--” un tuono più secco e forte degli altri gli fece capire che era di smetterla di provare a ribattere e l’arcangelo discese mestamente fino all’ingresso della casa.

Diede un nuovo, preoccupato sguardo alle nubi che diventavano sempre più grandi e sempre più scure e si preparò per consegnare finalmente il suo annuncio. Lisciandosi la tunica prima di sparire e materializzarsi nel mezzo del soggiorno di una sconosciuta, notò una macchia che prima non c’era. Prima non c’era proprio nessuna macchia: la tunica era linda e candida come le nuvole del Paradiso.

E invece adesso c’era una macchia. Una brutta, frastagliata, giallastra macchia di succo di fico.

Gabriel digrignò i denti per non essere volgare –dopotutto era pur sempre un arcangelo- e con la mano sinistra ne afferrò un lembo, tirandolo, mentre con l’indice dell’altra iniziò a grattare via il succo appiccicaticcio che imbrattava la sua perfetta tunica da angelo.

Il risultato fu pessimo: sulla punta del dito e anche sull’altra mano doveva avere ancora residui della polpa zuccherina dei fichi rubati, che andarono solo a peggiorare la situazione. Non sarebbe mai riuscito a renderla perfetta come prima, in tempo per la consegna del messaggio.

Le nuvolo all’orizzonte rombavano e si contorcevano, mandando lampi violacei e tuoni roboanti.

Gabriel rizzò la schiena, preoccupato ma deciso, spiegò le ali e assunse la sua miglior espressione da arcangelo messaggero in procinto di cambiare la storia con la tunica pulita che aveva in repertorio. Drappeggiò il tessuto in modo che le macchie venissero coperte dalle pieghe della tela e con un’ultima occhiata al temporale che andava formandosi, ripassò mentalmente le frasi altisonanti che gli avevano ordinato di dire. “Perché un messaggio di questa portata ha bisogno delle parole giuste, va annunciato come si deve, bisogna mantenere un certo tono, resterà nei secoli dei secoli…” amen, aveva pensato Gabriel, sbuffando.

In quel momento la cosa che gl’importava di meno era quello che avrebbe detto alla donna al momento dell’annuncio. Poteva sempre improvvisare, gli riusciva bene: se l’era sempre cavata meglio come attore che come arcangelo…

In quel momento sperava solo che il drappeggio tattico della sua tunica non si sarebbe sciupato quando avesse schioccato le dita per materializzarsi in casa della donna, di modo da mantenere un aspetto dignitoso, e che la tempesta –la seconda della giornata- sarebbe passata prima che lui uscisse dalla casa con una missione compiuta.

Schioccò le dita e sparì in un frullio d’ali.

Entrambe vane speranze.

 

Nda

Aka… l’angolo dello sclero e della richiesta di misericordia.

L’ho già detto che non è un testo parodistico e che non mira a ridicolizzare la religione? No? Lo dico di nuovo?

No, basta. Spero sia chiaro che non voglio in alcun modo offendere la religione cristiana con questa one-shot.

Detto ciò… niente. È la mia prima one-shot comica, ne ho in mente un’altra su questo stampo (non religiosa, ma sempre con Gabriel<3) vediamo quando riuscirò a buttarla giù come verrà.

Grazie alla mia beta e alle sue iniezioni di autostima, che quando ha letto la fic ha pubblicamente dichiarato “L’angst ti viene molto meglio” e si è sbilanciata con un “Sì, dai non è male…” grazie di cuore, solo tu mi rendi così sicura di me! :’’)

L’idea mi è venuta l’altro ieri e ieri sera l’ho finita di scrivere. In teoria non avrei dovuto pubblicarla oggi –né mai visti i commenti della mia beta- perché, per non fare grame figure, sono andata ad informarmi e l’annunciazione ricorre il 25 marzo, non l’8 dicembre (viva la mia ignoranza!) per cui mi ero detta che al massimo avrei aspettato fino a marzo. Poi stamattina a Messa hanno letto proprio il Vangelo dell’annunciazione e il mio ‘io’ da fanfiction-writer si è illuminato: non potevo non sfruttare l’occasione!

Sperando che la one-shot vi piaccia, ringrazio la mia beta, che lo sa che la amo anche se non lo dimostro <3, e anche chiunque leggerà/recensirà ecc ecc…LUV YA <3

Hope you enjoyed,

-Lu<3

 

 

 

   
 
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