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Autore: workingclassheroine    08/12/2014    2 recensioni
Certe cose restano così, a metà, come un libro a cui qualcuno ha strappato l'ultima pagina.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A John,
perchè gira e rigira, scriverò sempre di lui.

Grazie.


 

The show must go on.


 Ti tremano le mani mentre afferri la penna e fai pressione su quel foglio così candido, così pulito.

Caro Johnny,

Fissi quelle parole da ore, Paul, e davvero non sai cos'altro aggiungere. Osservo i tuoi occhi arrossati, le rughe che ti segnano il viso, e so che sei stanco. E va bene, Paul, va bene essere stanchi.
Ne hai tutto il diritto.

So che ti hanno detto che scrivere potrebbe aiutarti, ma preferirei non lo facessi.
Questo dolore non è il tuo, non lo meriti. Ma lo senti, vero? Quattro proiettili piantati nella tua carne, che bruciano e trapassano quel corpo scosso da spasimi di dolore.
Davvero, Paul? Dopo così tanto tempo?
Non ne vale la pena.
Non piangi, ma è solo questione di secondi prima che tu non riesca più a trattenerti. Sei solo e non devi dimostrare a nessuno di essere forte.
Tu sei sempre stato così.
Mostri le spine per nascondere i petali che cadono, avvizziti, sfiorando un terreno brullo e desertico.
Il tuo cuore non è fatto per essere un deserto, Paul. È un giardino dell'Eden, una piccolo posto felice.
Lo vedi? Ci sono delle crepe nella tua armatura di gesso.


Mi manchi così tanto. 



Delle parole così semplici eppure così immensamente grandi.
Questa è una montagna che non puoi scalare.


Mi manchi da morire.


No, Paul. Cosa hai fatto?
Perché piangi? Quelle guance soffici rigate di lacrime, davvero un peccato.
Rigate è una parola così giusta. Fa pensare a qualcosa che ferisce fino alle ossa, a delle unghie nere che ti graffiano e artigliano la pelle.
Fa male Paul, lo so. Ma c'è qualcosa che devi capire: tu non sei morto, non morirai se non fra tanti, tanti anni. Le mancanze non uccidono.


Ho imparato che le mancanze uccidono, John. Se fossi qui mi diresti che sto di nuovo facendo il sentimentalista del cazzo, e avresti ragione. E questa lettera non ha senso, perchè io andrei avanti per ore a scrivere che mi manchi. Solo questo.


Ma a quelle prese in giro seguirebbe un abbraccio.
Uno dei soliti, forti e dolci e che ti fanno venir voglia di prenderci la cittadinanza, fra quelle braccia. E so che è a questo che stai pensando, perché il tuo viso si illumina. Per un minuscolo, frammentario secondo, sei stato così bello.
La penna continua a scorrere sulla carta, sembra che tu abbia superato il tuo blocco dello scrittore.


Si dice che scrivere di una persona che

 

Ti fermi.
È maledettamente difficile per te scrivere quelle due parole.
Accettarle.
Sono parole che parlano di una fine che non sei pronto ad affrontare.
Parlano di sconfitta, e tu hai sempre odiato perdere.
Prendi un respiro profondo e chiudi gli occhi per qualche secondo, eppure la tua mano trema un po' di più quando continui quella stupida lettera.


è morta


Tremi troppo. La penna cade.
Ma tu devi finire di scrivere.

 

ti aiuti ad esorcizzare il dolore. Ma non sembra funzionare perché mi vengono in mente tutte quelle volte in cui ci siedevamo di fronte, occhi negli occhi, e scrivevamo quelle maledette canzoni.
Non riesco più ad ascoltarle, John. Davvero non ci riesco.

Cerco di scriverne più che posso, canzoni nuove che mi facciano scordare quelle del passato.
Solo che è più difficile, adesso.
Ti ricordi di quando ci chiedevano come fosse possibile che le canzoni si scrivessero da sé?
Credo di avere la risposta.
C'erano i tuoi occhi, John. I tuoi occhi che mi guardavano, diretti, spogliandomi di ogni difesa.
A molti quel tuo sguardo metteva paura.

 

Ma non a te, Paul.
Tu non avevi paura.
Era stata così piena di sfumature, la tua vita, che non chiedevi altro che il bianco e il nero.
Qualcuno che ti dicesse le cose come stavano, anche con gli occhi.
Cercavi questo, vero?
Il bianco e il nero.
Purtroppo per te hai trovato il secondo.


Io nei tuoi occhi invece ci trovavo tutta la musica di cui avevo bisogno.
Le note, le parole. Erano tutte lì dentro ed io mi sentivo maledettamente bene perché ero il fortunato bastardo a cui permettevi di tirarle fuori.
Nella mia vita eri la musica.


Aspetta.
Cosa significa quell'imperfetto, Paul?

Ti mordi il labbro inferiore.
La penna si accanisce sul foglio.
Tiri una riga, inizialmente.
Ma si distinguono ancora quelle maledette lettere, e tu non puoi davvero permetterlo.
Scarabocchi la carta, finchè non si legge, di quell'ultima frase, neanche una parola.
Sorridi lievemente.



Nella mia vita sei la musica.


Ora va decisamente meglio.


Credo di aver sempre avuto questo bisogno ossessivo di te. Di te nella mia vita.


Sbagli Paul, non hai bisogno di nessuno per essere completo.


Non mi crederai, ne sono certo. Ma ho bisogno di dirtelo perché so di essere stato un idiota. A volte ripenso a tutti quei momenti in cui avrei voluto, avrei potuto stringerti forte, ma non lo facevo mai.


Perchè devi farti del male, sciocco? Non potrai farlo mai più.
Devi smetterla di pensarci, il passato è passato e non ha senso avere questi rimpianti.
Non eri tu quello del “Don't make it bad, take a sad song and make it better”?
Sei a pezzi, Paul, non lo vedi? E non vedi che sei tu stesso a demolirti ancora e ancora?


Non lo facevo per dei motivi che adesso mi sembrano così fottutamente stupidi.

Perché eravamo ragazzi -due uomini!- e perchè credevo di avere ancora un sacco di tempo da passare con te, a scrivere canzoni e ad abbracciarci. E magari


Hai torturato il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.
Passi velocemente la lingua sulle labbra.
Appena un guizzo.
Le guance sono ancora lievemente bagnate, ma ad asciugarle lasci che sia il vento della sera.
Sembra quasi che una mano ti accarezzi con dolcezza il viso.
Una mano tiepida che ti sfiora.
E quando riprendi a scrivere, Paul, hai smesso di piangere.


Fanculo quello che ho detto finora, John.
Quel che davvero mi trattenevo dal fare era prenderti e baciarti.
Lì davanti a tutti perché maledizione eri bellissimo e mi facevi impazzire.
Ora mi chiedono continuamente di te e io rispondo. Rispondo un sacco di stronzate, rispondo che eravamo amici e basta, rispondo che bisogna andare avanti, rispondo che mi sono stancato di parlare di te.



E invece stai scrivendo questa lettera proprio perchè hai un bisogno bruciante di parlarne. Di condividere il peso dei ricordi con quello stupido foglio di quaderno su cui stendi la tua grafia tremante.
E quelle mani, Paul, così ferme quando accarezzano le corde di uno strumento, quando sfiorano i tasti di un pianoforte.
Quelle mani sembrano non volerti assecondare.
Forse hanno ragione loro, ricordare non ti sta aiutando.


Io non ci riesco ad andare avanti senza di te, John. Ma parlarne con loro non serve a nulla, perché non ti conoscono e non sanno quanto devastante può essere amare John Lennon.
Non sanno cosa significa avere a che fare con la tua aggressività, la crudeltà che riesci a tirar fuori, la tua armatura.
Hai un pessimo carattere, Johnny.
Ma ti ho amato tanto, anche se non quanto tu amavi me, e credo che questo abbia risolto un sacco di cose fra di noi.
Come quando litigavamo e non passavano che pochi secondi prima che uno dei due facesse un passo indietro, a dispetto di quell'orgoglio che entrambi avevamo in abbondanza.



E non è così anche adesso, Paul?
Non stai mettendo da parte il tuo orgoglio per chiedere scusa?
Vedi? In fondo non è poi cambiato così tanto.
Te l'ho detto, le mancanze non uccidono, e neanche i ricordi.
Fanno solo in modo che chi hai perso resti ancora un po' accanto a te.


Vorrei avertelo detto.
Vorrei averti baciato mille volte, vorrei non aver avuto così tanta paura.
Ma forse non era neanche paura.
Sono solo stato così stupido.



Tu non sei stupido, e dovresti smetterla di darti la colpa.
Di addossarti pesi che non sono tuoi.
Non sarebbe cambiato nulla.
Era scritto che andasse così.


Hai provato a parlarne mille volte di questo sentimento che ci faceva sentire grandi e minuscoli nello stesso momento. E io ti leggevo negli occhi ogni singola parola che avresti voluto dirmi, ma scappavo perché non credevo di essere pronto ad affrontarlo.


Ti tornano in mente tutte quelle notti passate l'uno accanto all'altro.
Quelle mani che ti accarezzavano il viso, scostandoti qualche ciuffo di capelli dalla fronte, attente a non turbare il tuo sonno.
Quegli occhi che ti guardavano nel buio, come se fossi stato la cosa più bella del mondo.

Quei gesti così dolci, autorizzati solamente dal fatto che dormivi, quindi andava bene.
Andava bene essere deboli se nessuno lo sapeva.
Ma tu, Paul, dietro quelle palpebre calate, eri più sveglio e spaventato che mai.



Avrebbe cambiato troppe cose fra di noi, e tu eri il mio unico punto fermo.
Avremmo rovinato tutto, John, me lo sentivo, e non potevo sopportare l'idea di perderti.
Se ci ripenso ora, sto così male che per qualche giorno non riesco neanche ad alzarmi dal letto.



Sospiri, ripensando ai giorni terribili che avevano seguito quell'otto dicembre.
Un giorno così comune.
Ti eri alzato, avevi fatto colazione, eri uscito, avevi pranzato, eri uscito di nuovo, avevi cenato.
E il tuo John era morto.
E tu avevi pianto.
Tanto da star male, tanto da desiderare di morire tu stesso, tanto da dimenticare che lì fuori il mondo andava avanti.
Ti chiedi ancora come possa la Terra continuare imperterrita nella sua rotazione.
Tu non riesci a impedirlo.
Dovrebbe smetterla di girare, ti dici, ma l'unica cosa che riesci a fare è ignorarla, questa rotazione continua, sperando che dimenticarla ti faccia stare meglio.
Meglio, ecco.
Una parola che hai rincorso per anni, contando i giorni che passavano, sperando che il tempo lenisse le ferite.
Ma nonostante gli anni non stai meglio, e sei rassegnato al fatto che non cambierà mai nulla.
Quelle ferite resteranno sempre lì, pronte a riaprirsi ad ogni minimo movimento.
Ti sconvolgerà sempre come la prima volta anche solo il sentirne parlare.
E poi, John è un nome così comune.
Lo senti urlare per strada e ti volti, con il cuore in gola.
Poi ti dai mentalmente dello stupido, ma non puoi farci niente.
Quel nome ormai ti appartiene quanto il tuo.

Se avessi una macchina del tempo, John, tornerei indietro.
Tornerei indietro e ti permetterei di distruggermi mille volte.
E ti riempirei di baci altrettante volte su quel viso che a volte scompare dalla mia memoria.
Qualche giorno fa non ricordavo bene che forma avessero le tue labbra.
Poi mi sono detto che, maledizione, le ho fissate per anni sperando di poterle baciare e dovevo assolutamente ricordarlo.
E il tuo sorriso.
Quello non posso dimenticarlo, neanche se provo.
Neanche se voglio.
Baci sulle palpebre, sulle spalle, sul naso, la fronte, le guance e le orecchie.
Sulle labbra.
Ti bacerei ovunque perchè ogni parte del tuo corpo si ricordi di me.



Ma non c'era bisogno di baci, Paul.
Credi di aver nascosto ciò che provavi così bene, eppure bastava guardarti negli occhi per capire che eri perso, che per quell'amore avresti smosso gli oceani e le catene montuose, e avresti sfidato Dio e gli angeli pur di conquistarlo.
Non ti servivano né baci né parole, per fare l'amore.


Ricordi quando ci vedemmo durante il tuo “lost weekend”?

Non credo sia stato tempo perso, sai, perché quando entrai nella stanza c'era il più totale silenzio, ma poi tu mi hai guardato e mi hai detto “Il valente Paul McCartney, presumo”.
Come facessi a ricordarti di quella stupida scenetta di tanti anni prima non lo so, ma neanche mi importa.
Ero lì con te, e io riuscivo a vivere solo accanto al tuo respiro.
Avrei potuto fare qualche passo in più anche in quel momento, ma come sai il lupo perde il pelo ma non il vizio.
E io ho perso il pelo, John.
Ma ho perso anche te, e non potrò mai perdonarmelo.



Sì Paul, avresti potuto fare cento passi in più, ma non sai se sarebbero bastati, non lo saprai mai.
Certe cose restano così, a metà, come un libro a cui qualcuno ha strappato l'ultima pagina.

 

Ti ricordi l'ultima volta che ci siamo visti?
Le ultime parole che mi hai detto?



Sei così masochista.



Mi hai dato una pacca sulla spalla e mi hai detto “Pensami ogni tanto”.
Ho mantenuto la promessa a metà.
A metà perchè se mi chiedessero quante volte al giorno ti penso sarei costretto a rispondere “Una sola”.



Ma è una volta che dura un'intera giornata, non è così?


È una volta che dura un'intera vita, Johnny.



Oh.


Ho scritto una canzone per te. Vorrei che tu potessi ascoltarla.
A volte credo di essere un idiota, la canto davanti a tutti e lascio cadere la maschera.
Se mi viene da piangere, piango e basta.
Mi dico “Ehi Paulie, ma sei impazzito? Stai sbandierando ai quattro venti che lo amavi”.



Stai solo cercando di riempire quel vuoto, Paul.
Cerchi di urlare al mondo quello che per paura e vergogna hai nascosto per troppi anni.
Finchè non è stato troppo tardi.


Ma io ti amavo davvero, John Lennon.


E io amavo te, Paul McCartney.
Ti amo ancora e anche io lotto ogni giorno contro i rimpianti di ciò che saremmo potuti essere e non saremo mai.
Ma allo stesso tempo ringrazio per ciò che abbiamo avuto, perché è stato qualcosa di bello.
Molto bello.
E mi hai salvato, Paul.
Anche se non mi credi, anche se non lo sai.
Mi sono stati perdonati tutti gli errori che ho commesso in funzione di quell'amore infinito che per te provavo e proverò sempre.
Così piccolo, così forte, sei stato la mia salvezza.
Il mio paradiso.
E ora so che è vero che nessuno si salva da solo, e se serve darò la mia anima quando sarà il momento di salvare la tua.

Mi hai salvato così tante volte.

Ti salverò sempre, Paul, perchè è questo che facciamo noi.

Aspettami, ti prego. E ciò che c'è dopo lo affronteremo insieme, mano nella mano, occhi negli occhi.

Ti aspetterò, te lo prometto. D'altronde il mio paradiso non è completo senza te al mio fianco.


Ti amo.


Ti amo anche io, e anche se è strano da dire per uno che è morto, ti amo da morire.
Morire ancora.
Dieci, cento, mille volte.
Morire e perdere tutto.
Morire e non svegliarmi più.
Per te, amore mio.
Solo per te.


A presto,

Paul.



Una lacrima.
Poi crolli, come se quella firma svolazzante ti avesse tolto la forza che fino a quel momento ti aveva sorretto.
Rannicchi le braccia sulla scrivania, nascondendovi quel viso devastato che è pura tempesta per la mia anima inquieta.
Perché piangi, Paul, se io sono qui e ti amo come mai ho fatto finora?
Quegli occhi dolci non sono mai stati così bui.
Io ti facevo ridere, non piangere.
La cosa più bella per me era vederti sorridere per qualcosa che avevo detto e fatto, sapere che quei lineamenti perfetti si erano distesi solo per me.
Sei uno spettacolo, Paul, e uno spettacolo deve andare avanti nonostante tutto.
Questo è solo il primo atto, e per quanto dirlo faccia male, si è concluso.
Non reciterò più sul palcoscenico con te, ma sarò dietro le quinte a guardarti e a fare in modo che tutto vada per il verso giusto.

E quando lo show sarà finito mi troverai al tuo fianco.
Per sempre.
Mi avvicino cautamente, sfiorando quelle spalle curve che in questo momento sembrano sorreggere tutto il peso del mondo.
Amo ogni singola parte di te, anche la più distrutta e sbriciolata.
Anche quell'anima che inciampa ovunque e commette così tanti sbagli.
Quella testa sempre così piena di pensieri, sul punto di scoppiare, che cammina fra le nuvole e ogni tanto mi incontra.

Una gran bella testa.
Un testa con il cuore, se capisci cosa intendo.
Ti accarezzo con dolcezza il capo, lasciandoti un bacio fra i capelli.
Non alzi neanche gli occhi.
Per quanto ne sai, potrei essere ancora il vento della sera.
È una delle seccature di essere morto.
“Dove sei, John? Dove sei? Torna qui, ti prego”, una dolce cantilena che si trascina nella notte.
La tua mente non può vedermi, ma il tuo cuore mi riconosce.
E mi basta restare lì per un po', dico sul serio.
“John” sussurri ancora, ripetendo quel nome, il mio nome, tante e tante volte, come se potesse aiutarti a sentirmi più vicino, “Dove sei?”.


Sono qui, Paul, sono qui.

 


Ma lo show deve andare avanti.





Writer's corner.

Come certamente si noterà, questa è la mia prima storia nella sezione dei Beatles.
Erano mesi che cercavo il coraggio di pubblicare qualcosa, ed oggi, grazie alla speciale collaborazione di "Here Today", ci sono riuscita.
D'accordo, spero solo che non sia un fallimento totale,
un bacio.

  
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