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Autore: Vicodin99pain    09/12/2014    0 recensioni
Guardo l’orologio ticchettare veloce, i minuti passano nella notte scura, mi alzo dopo una mezza notte insonne e mi sposto sul divano, prendo la siringa con la morfina e con mezzo fiato me la faccio tutta, mi rialzo lentamente mentre la notte traballa, un dolore lancinante mi assale ma non cedo, la stanza gira vorticosamente ma per ancora una volta non cedo...
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Greg House | Coppie: Greg House/Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Guardo l'orologio tichettare veloce, i minuti passano nella notte scur, mi alzo dopo una mezza notte insonne
e mi sposto sul divano, prendo la siringa con la morfina e con mezzo fiato me la faccio tutta, mi rialzo lentamente
mentre la notte traballa, un dolore lancinante mi assale ma non cedo, la stanza gira vorticosamente ma per ancora
una volta non cedo... sembra finta... vedo sotto la luce fioca di un fanale il polso sanguinare, non mi preoccupo.
Guardo la giacca appesa e la prendo,esco mentre il buio per ancora una volta mi accompagna.
Sento gelide goccie di pioggia scivolarmi sul volto mentre cammino, mi siedo sul prato bagnato di rugiada,
accanto alla tomba di mio padre, fisso la sua fotografia mentre fresche nuvole cancellavano il torpore nell'anima 
ma non avrebbero mai cancellato gli ultimi istanti della sua vita, quando mi prendeva per il polso e mi trascinava
accanto a se, facendomi quasi perdere l'equilibrio e sussurrandomi all'orecchio che un giorno mi avrebbe ammazzato....
l'unico ricordo che non ebbi il coraggio di rivelare, il mio segreto peggiore.
"Le notti d'inferno passate da mia madre mi riportano a pensare al dolore di mio padre, la sua malattia e la sua 
cattiveria, e adesso ringrazio il cielo che me l'ha portato via
."
tutte le minaccie volate ma adesso è tutto finito... la terra si rimescola con sangue, le foglie secche e umide
di pioggia si posano dolcemente sulle cunette di terra lasciando il velato silenzio della nebbia che assale il cuore di
malinconia, il silenzio scrive quello che non abbiamo mai avuto il coraggio di dire, una lacrima di follia, niente.
La nebbia si diradava trasformandosi in leggere nuvole di vapore, un raggio di sole faceva capolino tra quelle nuvole 
grigie, un altro giorno era arrivato... la morfina aveva iniziato a fare effetto e questo mi portava all'insolito pensiero che 
un dolore costante mi avrebbe preso, i muscoli che si indebolivano fino a una morte certa, una morte lenta
e dolorosa mi avrebbe assalito prendendomi un muscolo alla volta fino alla fine, quella dannata che mi prese
5 anni fa, e adesso sono costretto a vivere con paure maggior, la mia malattia che capii che era era troppo tardi.
"se pensate che prendere psicofarmaci vi tolga quell'intelligenza che fa di voi delle persone così geniali...
vi sbagliate di grosso..."
L’avevano capito ormai tutti, l’uomo stava iniziando a perdere l’interesse per quel caso... non si sapeva il motivo ma in quel periodo era particolarmente stanco, zoppicava avanti e indietro mentre la sua tazza di caffè faceva trapelare appena un leggero tremito della mano. I suoi enormi occhi azzurri fissavano il gelido pavimento come per evitare gli sguardi degli altri pazienti… zoppicava cercando di trovare la soluzione a quel puzzle.
Entra Cameron, cerco di non guardarla negli occhi, una goccia di caffè scivola sulla tazza lasciando una traccia, mi allontano chiedendomi il perché di quel gesto, lei s’avvicina ma l’ennesimo fremito fa cadere la tazza, le volto la schiena continuando a nascondere i segni della malattia:
“Il medico cura il sintomo ma non la malattia”.
“Non puoi fare più niente” sussurrai appena, la gamba si faceva sentire, gemetti in silenzio, lei mi scrutò da capo a piedi domandandosi il perché di quella frase: “perché?!” mi domandò sull’orlo delle lacrime. Io la scrutai in silenzio cercando di trovare una risposta poco convincente ma fu tutto inutile, cosa sarà stato di me… mi avevano dato solo 6 mesi… avrebbero tagliato quel poco di muscolo che avevo, ma dopo aver combattuto per salvare il salvabile... non ci sarà stacy che mi metterà i piedi in testa, poco ma sicuro.
Faccio un passo malfermo ma la gamba cede, mi ritrovo sul pavimento… la fisso quasi terrorizzato, poi ritorno a guardare il pavimento ormai sconsolato… lei mi guarda pronta a consolarmi ma non poteva fare più niente… giorno dopo giorno la distrofia mi avrebbe portato via qualcosa. Non potevo più mascherare con la mia cinica arroganza qualcosa che ormai avrebbero notato tutti.
Mi guardò per oltre un minuto mentre facevo leva sul bastone per rialzarmi, ma una fitta mi portò alle lacrime, mi lasciai andare con un incontrollato tonfo, incontrai il suo sguardo quasi dispiaciuto ma non mi feci prendere dalla disperazione anzi, mi rialzai serio in volto e zoppicai lentamente nascondendo il mio dolore in un ombra di indifferenza.
Cammino nascondendomi nell’ombra di un ospedale vuoto, un cinico sorriso cancella le preoccupazioni della gente che passava, salgo sul terrazzo e fisso il cielo puntellato d’oro nel grande fuoco del tramonto.
La siringa in una mano e un dolce caffè nell’altra, una leggera nuvola di fresco profumo mi costrinse a voltarmi, un sorrisetto stampato sotto un velo di rossetto, i suoi capelli mossi dal vento mi portarono a chiedermi il perché del suo arrivo, la mia indifferenza non disse nulla, ma la curiosità era troppa.
Mi disse che le pene erano troppe e il tempo troppo poco… c’era da chiedersi il perché di quelle parole, guardai la siringa ricordando le parole di mio padre: “TI AMMAZZO”. La guardai stupito mentre cercavo le parole, la diffidenza era troppa.


 
   
 
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