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Autore: nainai    05/11/2008    3 recensioni
La gente pensa di me un sacco di cose non vere. Non è che gliene faccia una colpa. In realtà è la conseguenza naturale del mio modo di mostrarmi, è difficile, davvero difficile, capire quello che mi passa sul serio per la testa, a volte. Generalmente sono trasparente, faccio del mettere il cuore in mano alle persone che mi circondano una delle mie filosofie di vita. Così capita che finisca troppo spesso stritolato, o cada a terra e venga calpestato per errore. Quando lo tiro su e devo rimetterlo a posto è sporco, impolverato ed un po’ acciaccato e ci vuole tempo perché ricominci a funzionare bene.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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sweet sugar candy man
Breve e doverose note di inizio storia.
Doverose perché “Sweet, Sugar, Candy Man” è uno spin off a tutti gli effetti.
Nel senso che senza aver letto il precedente è abbastanza inutile leggere questa storia, per cui sono tenuta a linkarvi qui i due precedenti ed a consigliarvene la lettura:
 My Father's Eyes  prima storia di questa...minisaga? Oò
Simple Kind of Lovely    meraviglioso primo spin off realizzato da Lizzie *-* che dovete leggere a prescindere, perchè un pò di buone letture fanno bene al cuore >_<
I personaggi citati – che non siano, chiaramente, personaggi pubblici o famosi a tutti gli effetti – sono proprietà esclusiva dell’Easily Forgotten Love in quanto si tratta di puro frutto di fantasia.
Per tutto il resto che sia stato citato incidentalmente (detti personaggi pubblici o famosi): non mi appartengono, non li conosco, non so cosa facciano nella vita vera e non intendo offenderli. Non intendo nemmeno guadagnarci su.
Strano? XD
 
Un bacio ed un grazie a tutti i lettori ^_^  
 
 
SWEET SUGAR CANDY MAN
 
La gente pensa di me un sacco di cose non vere.
Non è che gliene faccia una colpa. In realtà è la conseguenza naturale del mio modo di mostrarmi, è difficile, davvero difficile, capire quello che mi passa sul serio per la testa, a volte. Generalmente sono trasparente, faccio del mettere il cuore in mano alle persone che mi circondano una delle mie filosofie di vita. Così capita che finisca troppo spesso stritolato, o cada a terra e venga calpestato per errore. Quando lo tiro su e devo rimetterlo a posto è sporco, impolverato ed un po’ acciaccato e ci vuole tempo perché ricominci a funzionare bene.
Quel tempo deve passarlo al proprio posto, purtroppo.
Ben chiuso all’interno del mio petto. Sigillato. Dove nessuno può andare per sbaglio ad infilare un dito, facendo danno proprio mentre le ferite si richiudono.
Beh, è in quelle occasioni – mentre aspetto che tutto torni a posto – che diventa meno facile per la gente capire quello che provo. Ed allora cominciano a pensare di me una quantità enorme di cose non vere.
 
La prima volta che mi sono innamorato, ero un bambino.
Lo ero sotto un mucchio di aspetti: lo ero fisicamente – i miei tredici anni erano così evidenti da far pensare che dovessi tenermeli addosso per sempre – lo ero psicologicamente, credendo ancora che il mondo fosse fatto di Power Rangers, mostri cattivi e navi spaziali. Lo ero anche sentimentalmente, presumendo – in modo assolutamente erroneo – che le persone fossero tutte come mia madre e mio padre, che mi avevano coccolato nella bambagia fino a quel momento ed avevano continuato a farlo anche dopo la “grossa delusione” ricevuta scoprendo la mia omosessualità.
O come Mike, che sebbene si diverta da matti a dare di sé quest’idea strampalata di un duro senz’anima, è in realtà incredibilmente sentimentale ed è capace di iniziare una battaglia senza requie se solo vede qualcosa che non gli piace intorno a sé o alle persone che reputa importanti.
Quindi non sono stupito o arrabbiato che le cose siano andate esattamente com’è successo. A ripensarci con l’esperienza e la maturità “di poi” so che era inevitabile che ci cascassi come un idiota, che Erik entrasse nella mia vita con tanta facilità e che il suo arrivo – le sue bugie, gli inganni, il modo falso e crudele con cui si è preso quei rimasugli di innocenza infantile che mi trascinavo appresso – dovessero rappresentare altrettante piccole tappe obbligate verso l’età adulta.
Non sono adulto.
Continuo a sbagliare – magari lo fanno anche gli adulti – ed ogni volta metto un altro pezzetto di me in fila ordinata nel novero delle esperienze, per imparare un’altra cosa e vedere di riadattare intorno alle nuove nozioni quello che resta della mia anima. Cerco di non cambiarla comunque, non è facile in alcuni casi ma ci provo.
Meglio andare avanti con un’anima rattoppata, che prenderne a prestito una che non sia la propria.
Con questo spirito, la seconda volta che mi sono innamorato ho badato bene di giocarmi tutto ma di non farmi fregare, stavolta. CJ ed io eravamo due realtà confliggenti sotto un tale numero di aspetti che mi sono stupito di come abbia potuto durare anche solo due giorni di seguito. Immagino sia dipeso dal fatto che nessuno dei due viveva davvero la relazione che avevamo.
CJ ama la propria vita ed i propri ideali più di quanto ami qualsiasi altra cosa.
Io amo il concetto stesso di amore, più di quanto spesso non ami la persona che mi sta accanto.
Nel suo caso fu proprio così. Ed andò proprio così.
 
La terza volta che mi sono innamorato, ho capito di averlo fatto perché volevo – una volta tanto, non di più, lo giuro… – poter prendere fiato. Respirare a fondo senza paura di soffocare e sentirmi protetto anche se, come sempre, il cuore in mano a qualcuno lo stavo mettendo ed il rischio che lo facesse cadere, anche solo per sbaglio o distrazione, c’era.
Ma Luke per qualche assurdo motivo sembrava incapace di fare male a qualcuno.
Sembrava proprio il genere di persona che tiene le cose con attenzione, che se ha un cuore tra le dita ci bada e non se ne dimentica perché ha qualcosa di più importante da fare.
Ed a me sembravano altrettanti motivi validi per innamorarmi ancora.
***
-…insomma! Non è che io mi stia lamentando di Luke, Cody!
Cody dall’altro lato sbuffò così sonoramente che per un attimo riuscì a coprirmi anche i pensieri in testa. Era decisamente di avviso contrario al mio riguardo il qualificare quella telefonata come una lamentela o meno…
Comunque fosse, lui non disse nulla ed io mi sentii autorizzato a proseguire, arrotolandomi sulla sedia girevole davanti la scrivania ed impegnandomi nella distrattiva opera di far combaciare dita e palmi dei piedi coperti da spessi calzini rosa.
Intanto proseguii, specificando meglio il mio punto di vista, così da sedare ogni dubbio in Cody riguardo il fatto che amavo tantissimo il mio uomo e che il nostro problema…mio problema era un filino diverso da quello che poteva aver inteso lui.
-Io amo Luke.- ribadii quindi con convinzione, osservando le dita rosa dei miei piedi.- Lui è talmente…carino!- optai deciso alla fine.- che non riuscirei a non amarlo nemmeno se volessi!
-E dunque?- ritorse Cody, nonostante fossimo impegnati in quella conversazione da un tempo sufficientemente lungo perché io gli avessi già abbondantemente spiegato la questione.
-E dunque sarebbe tutto magnifico se solo riuscissimo a concludere qualcosa!- sbottai esasperato, districando di scatto le gambe e rimettendo entrambi i piedi a terra.- O.k. che magari lui non si sente pronto, ma stiamo assieme da due mesi ormai!- biascicai affranto, buttando la testa sullo scrittoio e nascondendo faccia e telefono tra le braccia.-…sono sessualmente frustrato.- confessai a mezza voce.
-…Gab.- mi chiamò Cody lentamente.- Perché non ne parli onestamente con Luke?- provò a suggerire.
-Perché questa cosa lo terrorizza.- risposi sospirando e tirando su il volto, per incastrare faccia e capelli contro il palmo della mano, alla quale mi appoggiai privo di forze.- Seriamente, Cody. Ogni sacrosanta volta che siamo lì lì per…
Cody strillò un suono inarticolato molto simile ad un “non dirlo” isterico.
Mi fermai di botto, cercando di rimodulare l’affermazione in modo consono.
-…non è che non combiniamo proprio niente.- ripresi quindi tentando di fare maggiore attenzione ai termini che utilizzavo.- Ma non si può nemmeno pretendere che dall’oggi al domani la mia vita si trasformi in lunghe sessioni di bacetti innocui e dannatissimi tentativi da parte mia di saltargli addosso quando lui è distratto! Ti sembra normale che debba praticamente violentarlo se solo voglio fargli un pom…
-Gab!- m’interruppe Cody spaventato almeno quanto lo era Luke quando quelle stesse cose le mettevo in atto, oltre a dirle.
-Sì, Cody, ascolta!- sbottai io nervosamente. O.k. non poterlo fare, ma accidenti! che almeno qualcuno mi permettesse di parlarne per sfogarmi!- Non sono arrivato ad avere quindici anni per essere fidanzato, in piena tempesta ormonale e completamente condannato a seghe in solitaria o al massimo a tentare di convincere il mio ragazzo che la masturbazione recipr…
-…Gab, ti imploro,- mi arrivò la voce strozzata di Cody.- io ho davvero delle difficoltà con questa cosa.- mi confessò in un sussurro tenue.- Mi apre davanti tutto un mondo di immagini che, per motivi legati alla mia famiglia, non desidero davvero approfondire. Se vuoi ti passo mio padre e ne parli con lui. Scommetto che saprebbe esserti di maggiore aiuto.
E qui aggiunse un “purtroppo” angosciato che mi fece capire che era decisamente meglio smetterla qui, almeno con i particolari scabrosi.
Sospirai pesantemente e rimasi zitto, osservando con interesse il muro di fronte a me e chiedendomi quando avessi optato per fare ridipingere la stanza di quel giallino ocra che era meravigliosamente riposante per gli occhi. Dovevo scrivermi le occasioni in cui avevo di questi sprazzi di genialità.
-Gab, ci sei?- mi domandò Cody quando, ripresosi dal trauma che gli avevo appena inferto, riacquistò la propria capacità di relazionarsi al prossimo.
Mugolai un “sì” svogliato.
-Senti…Luke è così, tu lo sapevi.- cercò di spiegare con difficoltà- Lui è…
-Uno sfigato.- conclusi annoiato al suo posto.
Da quando io e Luke ci eravamo messi assieme, Mike era l’unico ad essere rimasto coerente con se stesso riguardo il qualificarlo inesorabilmente come “sfigato”. Cody, per ovvie ragioni connesse con la nostra amicizia, tentava di usare eufemismi più educati, che però facevano perdere un sacco di tempo inutilmente.
-…beh, sì, insomma. Non ha molta esperienza nel campo.
Appunto.
-Né ne avrà mai se continua così.
Cody ridacchiò a disagio.
-No, ma è solo che tu sei…esuberante. E questo magari lo mette in soggezione.- cercò di spiegarmi.- Cioè. È come se uno che nella vita non ha mai avuto niente, all’improvviso si ritrovasse a vincere la lotteria: non sa nemmeno bene cosa farsene di tutti quei soldi e…
-Io saprei benissimo cosa farmene.- lo interruppi apatico, focalizzando immagini di vacanze in isole private ed enormi cocktail superalcolici a go go da degustare davanti a tramonti haitiani.
-Sì, ma non stiamo parlando di te, Gab.- mi rintuzzò Cody piuttosto seccamente.- Stiamo parlando di Luke e, se devo essere completamente onesto, ne stiamo parlando da giorni, ormai, senza che tu ti decida a fare l’unica cosa sensata!
-Che sarebbe?- domandai annoiato e per nulla impressionato da quella sfuriata fuori programma.
-Parlarne con Luke!- ribadì Cody aspro.
Sospirai.
Dall’altro lato mi rispose un silenzio nervoso. Alla fine anche Cody mi venne dietro in un respiro pesante e spazientito.
-Onestamente comincio a condividere l’opinione di Mike!- sbuffò all’improvviso- Non capirò finché campo che diavolo ci trovi in uno così!
Ci pensai su seriamente, ma poi scrollai le spalle – anche se lui non poteva vederlo – e gli risposi con una certa sincerità, sebbene non fino in fondo.
-Luke è il tipo che da sicurezze.- dissi- Pensaci un attimo. Io sono molto più di qualunque cosa a cui lui potesse aspirare,- Cody sbuffò ancora, stavolta in segno di assenso per dirmi che mi stava ascoltando e stava seguendo il mio ragionamento. Continuai- uno così ti adora e ti venera ed è talmente impegnato a chiedersi come sia potuto essere tanto fortunato, da non farsi nemmeno passare per testa l’idea di poter avere qualcos’altro.
-Dio, Gab!- esalò esasperato Cody, mentre io ridevo per fargli credere una volta di più che stessi solo scherzando.
-Ora vado.- lo salutai dopo.- Magari tormento un po’ Mike, che dici?
-Che te ne sarei grato.- biascicò lui tentando di mitigare il fastidio che traspariva comunque dalla sua voce.
Risi ancora e chiusi la comunicazione,  ma non andai davvero da mio fratello. Con l’ennesimo sospiro della giornata voltai la sedia girevole e mi rimisi dritto davanti alla scrivania, inquadrando i volumi di storia ancora aperti sul piano. Studiare era una distrazione efficace, avevo scoperto, inoltre incanalare le energie connesse con la mia frustrazione sessuale in attività utili mi permetteva di prendere la cosa con più filosofia. La mia adolescenza era irrimediabilmente compromessa – almeno se non mi fossi deciso a cambiare uomo – ma quanto meno la mia carriera scolastica aveva avuto un incremento molto positivo.
Chiaramente Cody aveva ragione. Allora questa storia avrebbe avuto un epilogo, quando io e Luke ci fossimo decisi ad affrontarla insieme ed in modo definitivo. Ma, sebbene non riuscissi a capire fino in fondo le sue paure, io sapevo che Luke aveva davvero paura anche solo dell’argomento. Ed ogni volta che avevo provato ad introdurlo – che fosse parlandone o che fosse provando a passare alle vie di fatto – non eravamo mai riusciti ad andare oltre una certa soglia di “intimità”, al di qua della quale Luke reagiva con un giustificato ed impacciato imbarazzo ed al di là della quale cominciava ad entrare in iperventilazione e a dare di matto.
All’indomani dell’inizio della nostra storia avevo riconnesso tutto alla sua inesperienza, che, se si aggiungeva alla timidezza che era una sua caratteristica base, rendeva spiegabile avesse reazioni di quel tipo. Mi ero messo lì buono buono, scegliendo un approccio più graduale. A distanza di più di un mese, però, mi chiedevo se non ci fosse un problema più consistente, posto che Luke aveva davvero il terrore del sesso…
-Gab!- strillò mio fratello esattamente un momento prima di entrare nella mia stanza, senza bussare e senza annunciarsi in altro modo che quell’irruente richiamo buttato lì.- Hai da fare?- mi domandò sbrigativo. Adocchiai i volumi di storia facendo cenno verso di loro e ritenendo esaustiva la presenza di libri di studio sulla mia scrivania come sintomo di un mio “impegno” . Ma Mike non era della mia idea.- Mamma e papà mi hanno detto che sono fuori questo fine settimana.- annunciò- Pensavo di invitare Vale da noi.- spiegò poi.
Annuii. Un’idea vaga si fece strada nella mia testa.
-Bene. Così io inviterò Luke.- ritorsi semplicemente, scrollando le spalle e tornando a voltarmi al manuale di storia.
-…ci hai scopato?- mi domandò mio fratello di botto.
Io lo fissai da sotto in su e scossi il capo.
-Ancora no.- confessai pacatamente.- Ma se lo attiro in una trappola qui a casa, dove non potrà più scapparmi…
-Penso che dirò a Vale che andrò io da lei, questo fine settimana.- affermò bruscamente Mike.- Non ci sono nemmeno i suoi, tanto.
Ridacchiai soddisfatto, mentre lui usciva e chiudeva la porta dietro di sé.
…non era male come prospettiva. Attirare Luke a casa, metterlo spalle al muro quando non fosse più riuscito a scapparmi e poi saltargli addosso e…
O.k. magari non esattamente così. Nel senso. Non intendevo certo violentarlo, ma di sicuro non intendevo nemmeno permettergli di andare via da lì ancora vergine! Santo cielo, gli sarei stato talmente appiccicato addosso che avrebbe avuto solo due possibilità davanti a sé: fare sesso con me o farsi prete.
***
L’attuazione del mio piano prevedeva che Luke accettasse di trascorrere il weekend con me. E non fu affatto facile convincerlo. Luke è tutto meno che sciocco, nonostante io avessi annunciato la cosa a lezione con il candore più innocuo, mi fissò affatto convinto e – colpa anche di Cody, che intuì insolitamente rapido e si alzò in modo precipitoso per non farsi coinvolgere -  per prima cosa cercò di accampare scuse a casaccio. Resistetti strenuamente, smontandogliele in successione finché non rimase a corto di idee e si limitò a lasciar ricadere le spalle, chiedermi se Mike sarebbe stato a casa con noi – ed io elusi abilmente rispondendo qualcosa di talmente vago da poter essere un sì o un no a scelta – ed accettò con uno sbuffo intimorito.
Quando la porta suonò la sera di venerdì, alle sette e mezza, Mike in realtà era ancora a casa. Girellava come una trottola impazzita, con il cellulare incollato all’orecchio, sbraitando qualcosa a CJ dall’altro lato dell’apparecchio. Io aprii il battente e buttai le braccia al collo di Luke, gridando entusiasticamente.
-Amore!- lo aggredii gioioso, imprigionandogli la bocca nella mia.
-…umphf…- biascicò lui in risposta soffocando e cercando di rimettermi a terra al roboante arrivo di Mike.
-Io vado!- annunciò piatto mio fratello, senza neppure salutare Luke e tirandosi dietro la porta di casa con un tonfo sordo.
Era talmente torvo in viso da farmi chiedere seriamente se non fosse il caso di seguirlo e chiedergli cosa non andasse. Scoccai un’occhiata in tralice alla faccia stupefatta di Luke, che fissava la soglia dietro cui era sparito Mike con malcelato sgomento, e decisi che mio fratello era grande abbastanza da sopravviversi da solo. Così afferrai il polso di Luke e me lo trascinai su per le scale.
-Andiamo! Dovrai pur posare la tua roba!- affermai con convinzione mentre lui mi seguiva per pura inerzia.
-…Mike non resta con noi, vero?- mi chiese nuovamente Luke in tono disperato.
-Uhm…no.- confessai stringendomi nelle spalle.- Sta da Vale fino a domenica.
Tirai una manata all’uscio della mia stanza e spalancai la porta, rimanendo orgogliosamente sulla soglia mentre gonfiavo il petto ed annunciavo che eravamo arrivati. Luke sporse la testa in avanti, reggendo a malapena il proprio borsone in bilico sull’avambraccio, osservò con sguardo clinico la stanza e sbuffò.
-E’ la tua camera.- notò stringatamente.
-Sì, certo.- ribattei io annuendo con vigore. Sorrisi e, prima che se ne rendesse conto e potesse fuggire, mi sporsi verso di lui e mi arrotolai sul suo petto, sollevando gli occhioni a fissarlo malizioso.- Dove credevi che avresti…dormito?- domandai allusivamente.
Mi parve quasi di poter sentire il cervello di Luke rispondere qualcosa di analogo ad “in uno Stato limitrofo”, ma siccome i suoi ormoni non avevano problemi a reagire alle mie provocazioni zittirono il cervello e gli mandarono chiari impulsi in senso molto diverso…
-…Gab…sei spaventosamente vicino…- provò a protestare, comunque, Luke, senza alcuna forza nella voce.
Ridacchiai ma non mi mossi di un passo. Anzi, lasciai scivolare con finta casualità una mano su per il suo braccio e fino alla tracolla del borsone, la afferrai strettamente tra due dita e gliela tirai via per gettarla distrattamente all’interno della stanza e non avere più l’incomodo di dovercene occupare.
-Non immagini nemmeno quanto più vicini di così si possa stare.- sussurrai mentre tornavo ad allacciarmi al suo collo.
-Sì.- rispose stupidamente lui. E si corresse subito.- Cioè, no!- affermò quindi. E poi, rendendosi conto che non era una risposta più esaustiva, mentre io ridevo divertito, lui trovò la forza di sollevare le mani ed afferrarmi i fianchi per scostarmi da sé.- Gab! Mettiamo in chiaro una cosa…- iniziò risolutamente.
Figuriamoci se avevo intenzione di fargli mettere in chiaro alcunché! Mi divincolai di scatto prima che riuscisse ad allontanarmi del tutto, gli ripiombai addosso con assoluta tranquillità ed incollai la bocca alla sua per soffocare qualsiasi protesta in un bacio.
Luke provò di nuovo a liberarsi, ma mentre la mia lingua riusciva a trovare un varco per scivolare all’interno delle sue labbra, la sua convinzione venne via via perdendosi nel miscuglio di sensazioni diverse che lo afferrarono. Ne seguì che la stretta delle sue mani, inizialmente intenzionata a spostarmi, divenne invece ben salda sui miei fianchi, stringendomi a lui così forte che avvertii facilmente la sua erezione premermi contro il basso ventre, e la sua bocca, prima ostinatamente impegnata a respingermi, si impossessò famelicamente della mia, divorandomi le labbra quasi con ferocia.
Ne approfittai per scivolare lentamente all’indietro. Quel mio ritrarmi improvviso fece mugolare Luke di dissenso, mentre si protendeva nel tentativo di non staccarsi da quel bacio umido e voglioso e mi seguiva poi, docile, all’interno della stanza. Repressi l’impulso di sghignazzare per la facilità con cui stavo ottenendo quella cosa e lo condussi fino al letto enorme e a baldacchino, su cui mi lasciai cadere steso, agganciando le dita ai passanti dei suoi jeans per sbilanciarlo bruscamente in avanti e tirarmelo addosso. Luke, chiaramente, non si aspettava quella mossa e mi incespicò sopra esattamente come programmato, schiacciandosi contro di me e strappandomi un gemito involontario di piacere, visto che non era l’unico a stare subendo le conseguenze di quella cosa...
Tuttavia non ebbi il tempo di portare a termine il mio piano, avevo appena finito di infilargli le mani sotto la felpa e la maglietta, studiando mentalmente il modo più rapido per sfilare entrambe in un colpo solo, quando Luke si distrasse dalla piacevole operazione di percorrere il mio collo con la bocca e – sollevato il viso – lo vide.
-E quello che diavolo è?!- strillò sollevandosi di colpo e rimettendosi in piedi in meno di un momento.
Stordito rotolai su me stesso, per mettermi di pancia sotto ed individuare il qualcosa che aveva attirato la sua attenzione.
-Marilyn!- cinguettai felice, fissando con amore l’enorme orso rosa che ci scrutava dall’estremità opposta della camera.
Mi lasciai ricadere anch’io giù dal materasso e zompettai in direzione dell’orso.
-Luke, lui è Marilyn.- annunciai con un sorriso, facendo le presentazioni mentre anche Luke si avvicinava circospetto.- Marilyn, lui è Luke, il mio ragazzo!- conclusi gioiosamente, appendendomi al braccio di Luke e fissando l’orso in cerca della sua approvazione.
-…lui?- realizzò Luke spaesato, fissandosi attorno con aria vaga.
-Sì.- ribadii semplicemente, stringendomi nelle spalle. E poi sorrisi affamato e lo fissai da sotto in su.- Senti, Luke, non è che potremmo riprendere il discorso da dove…- miagolai.
Lui si voltò di scatto come un automa ed annunciò a gran voce che aveva bisogno di una doccia. Quindi si diresse - senza sapere nemmeno dove stesse andando – fuori dalla camera ed in giro a caso per il corridoio.
-Luuuke!- lo richiamai spazientito. Lui si riaffaccio alla porta, rantolando un “sììì?” decisamente poco convinto ed io sospirai ed additai l’uscio che stava di fianco all’ingresso, all’interno della mia camera.- Usa il mio di bagno.- gli dissi.- Ci sono gli asciugamani puliti nel mobile sotto il lavabo.
Luke ringraziò fiocamente e si fiondò dietro la porta, chiudendosela prudentemente alle spalle e riemergendone nemmeno mezzo secondo dopo per afferrare il proprio borsone da terra, rifiondarsi dietro il battente e richiuderlo ancora a chiave. Sogghignai.
Mentre aspettavo di sentire il rumore dell’acqua che scorreva nella doccia, mi mossi canticchiando, raggiunsi la scrivania ed aprii il cassetto, scavando all’interno finché non trovai la copia delle chiavi della mia stanza che tenevo lì per ogni evenienza. Avevo fatto proprio bene a farmene fare anche una del bagno…
Mi avviai seraficamente all’uscio chiuso e sprangato, accostai l’orecchio al legno e mi assicurai che Luke fosse proprio sotto la doccia, intento a raffreddare i bollenti spiriti. Sghignazzai, introducendo la chiave nella toppa e facendo cadere, così, quella che lui aveva lasciato dall’altro lato. Girai ed aprii cautamente, introducendomi furtivo all’interno e spiando attorno a me per assicurarmi che fosse tutto in ordine. Sì, lo era. Luke stava tranquillamente affogando i propri ormoni sotto il getto caldo, un vapore tenue e piacevole si stava già attaccando ai miei capelli, rendendoli più crespi ed arricciandone le punte, ed i vestiti del mio ragazzo mi guardavano pigramente, ripiegati con cura sul ripiano accanto al lavabo. Io non persi tempo a spogliarmi, richiusi la porta dietro di me, mi piegai a raccogliere la chiave appoggiandola accanto al portasapone e mi diressi risoluto verso la doccia.
Cosicché Luke non ebbe il tempo di realizzare la mia presenza se non dopo che avevo già spalancato il vano doccia e mi ci ero infilato con nonchalance.
Non prese la cosa benissimo, lì per lì.
Strillò di nuovo, istericamente, ritraendosi fino all’angolo più estremo del box doccia e portando le mani immediatamente in basso, imbarazzato, a coprirsi. Io sorrisi, avanzando sotto il getto d’acqua che m’incollo in fretta capelli e vestiti addosso.
-Che c’è?- indagai divertito.- Non ti fa piacere che sia qui?- insinuai piegando la testa di lato per osservarlo fingendo ingenuità.
Luke affermò che in effetti non gli faceva assolutamente nessun piacere trovarmi lì, poi disse che dovevo uscire, che i miei vestiti si erano bagnati, che i miei capelli erano fradici, che mi sarei ammalato sicuramente e – cavoli! – stavo sotto la doccia vestito…!
..ed anche che ero sexy da morire.
Io sghignazzai di nuovo – stavolta davanti a lui, che represse un brividino a quel suono – e mi lasciai cadere in ginocchio sul piatto della doccia. Lo ammetto, amo il modo in cui Luke reagisce alle mie carezze. In particolare, amo il modo in cui reagisce alla mia bocca. Lui lo sa, sa che trovo irresistibile quell’imbarazzo poco convinto con cui cerca di sfuggirmi, solo per poi lasciarsi andare completamente quando si rende conto che è inutile e controproducente per entrambi. Sa che trovo irresistibili i suoi sospiri, l’adorazione cieca con cui mi spia da sotto le palpebre socchiuse, seguendo stregato i movimenti del mio capo intorno al suo sesso…sa che trovo irresistibile la consapevolezza che di me non può fare a meno, che mi vuole e che farebbe qualunque cosa per avermi. Per cui non c’è da stupirsi tanto se per me “prendermi cura di lui” in un certo senso è solo un piacere, al quale adempio con soddisfazione palese per tutti e due.
***
Sebbene sotto la doccia non avessi cercato di spingere le cose più in là di tanto – non mi andava di costringere Luke a fare l’amore con me, volevo che fosse lui a desiderarmi al punto da non poterne fare a meno – quando finalmente ne riemergemmo entrambi era tardissimo. Io gettai un’occhiata all’orologio a parete che c’era nella mia camera, affacciandomi dalla porta del bagno, mentre Luke, stremato, si lasciava cadere a sedere di schianto sulla seduta del water e cercava di riprendere fiato dopo l’orgasmo di qualche minuto prima.
Realizzai che erano le nove e che in casa non c’era assolutamente nulla di pronto da mangiare e questa cosa mi infastidì terrificantemente, per cui scoccai uno sguardo a Luke e mi resi conto che ci sarebbe voluto un po’ perché si riprendesse.
-Vado a cucinare qualcosa.- gli dissi, aprendo del tutto la porta per uscire dalla stanzetta angusta.
Luke provò a mugolare una protesta, ma siccome non era in condizioni da articolarla in senso compiuto, mi indicò semplicemente, come se questo fosse sufficiente.
-Sìsì, mi cambio!- ridacchiai io, intuendo la sua preoccupazione.
Ed effettivamente mi infilai i pantaloni della tuta che usavo come pigiama ed una vecchia ed enorme maglietta di mio padre, dopodiché mi limitai a frizionare i capelli con un asciugamano e, lasciandoli ancora umidi, uscii per raggiungere la cucina al pian terreno.
Luke mi raggiunse mezz’ora dopo, si era ripreso a sufficienza da scoccarmi un’occhiata critica e sbuffare imbronciato.
-Siamo in pieno inverno, Gab!- mi fece notare seccamente, additando la mia capigliatura.
-Tranquillo, li asciugo dopo cena.- promisi scrollando le spalle.- Siediti che è pronto!- annunciai poi allegramente, agitando il mestolo sopra la padella come fosse una bacchetta magica e tornando felice verso il tavolo dopo aver tolto quest’ultima dal fornello.
Luke si sedette ubbidiente ad un lato del tavolo ed allungò il viso a scrutare il contenuto della pentola, io stavo giusto per rispondere al suo interrogativo inespresso quando Mike piombò dal corridoio direttamente in cucina, agitando furiosamente un braccio ancora incastrato nel giubbotto e borbottando imprecazioni irripetibili a mezza voce.
-…e tu che ci fai qui?!- domandai io, congelato sul posto con la padella in mano ed il cucchiaio di legno a mezz’aria come una bandiera.
Mike sbuffò, non mi rispose, sedette al mio posto e mi guardò torvamente.
-Ho fame.- annunciò. Si liberò con uno scatto dell’ultima manica del giubbotto e tornò a fissarmi con la stessa, identica espressione torva.- Beh?!- sbottò spazientito.
Ringhiai la mia palese insoddisfazione, servendo anche lui e mollando la padella sulla tavola mentre mi voltavo a recuperare un piatto, un bicchiere e delle posate anche per me. Il fatto che Luke, quando tornai a tavola per prendere posto anch’io, fissasse mio fratello come fosse la cosa più bella successagli nella vita, mi fece montare alla testa quel poco di sangue che si ostinava a rimanere in circolo ed ignorare la presenza di Mike in un luogo, spazio e tempo assolutamente inappropriati.
-Dovevi restare fuori tutto il weekend!- sibilai infuriato, fissando la carne nel mio piatto senza accennare alla possibilità di mangiarla.
-Figurati se restavo a casa di quella strega!- scattò lui aspro.
-È successo qualcosa con Vale?- provò ad informarsi timoroso Luke.
Sbuffai, appoggiai la guancia alla mano e sollevai la forchetta a giocherellare con lo spezzatino che si stava raffreddando indolentemente felice…
-Quella grandissima…!- esordì mio fratello appena Luke gli ebbe dato il “la”.
Roteai gli occhi esasperato e stetti a sentire mentre partiva la più lunga tiritera isterica che mio fratello abbia mai fatto a memoria d’uomo. Venne fuori che CJ quella sera aveva chiesto a Mike di accompagnarlo in un locale, dove lui e suo fratello dovevano partecipare ad una sottospecie di riunione politica. Mike, che aveva già detto a Vale che avrebbero passato un romantico fine settimana a due, aveva provato a dire di no, ma era stato talmente preso per il culo dall’amico che il suo orgoglio maschile aveva finito per prevalere. Chiaramente Valentina non è che avesse preso la cosa benissimo, sebbene lui le avesse generosamente concesso di accompagnarli anche lei.
E sì che era una gran concessione! specificò Mike mentre Luke annuiva con partecipazione. Tanto per cominciare quello non era certo il genere di cose da femmina, e poi Vale non era certo il genere di tipa che accettano in ambienti come quelli.
Pensai di obiettare che Vale, in compenso, è il genere di tipa che non sogna neppure di frequentare ambienti come quelli. Ma Valentina – che non ha alcun bisogno di mandare a dire le cose – ci aveva pensato prima di me. Alla gentile concessione di mio fratello aveva risposto mandandolo al diavolo e dicendogli che poteva anche scopare con CJ, per quel che gliene fregava, ma faceva bene a non ripresentarsi alla sua porta finché fosse campato.
La storia era finita, lo spezzatino anche, il sughetto era freddo e gelido come marmo nei piatti sporchi e Mike iniziava a raccontare nei particolari la discussione con Vale – dopo aver offerto un’amichevole birra a Luke!
Sbuffai sonoramente e mi alzai in piedi.
-Me ne vado a letto!- annunciai in tono acido, sperando che valesse a far capire a Luke che avrei gradito molto cogliesse e mi seguisse anche a letto.
Lui finse di non cogliere. Mike grugnì un saluto, Luke sorrise un “di già?!” tragicamente poco sentito ed io alzai il dito medio ad entrambi ed uscii senza che mi degnassero nemmeno di un “vaffanculo”.
Sospirando entrai nella mia camera, guardandomi attorno alla sola luce della luna che entrava dalla finestra ancora aperta. Sollevai una mano per passarla distrattamente tra i capelli, ma ormai erano asciutti ed io ero abbastanza svogliato da non voler davvero tirare fuori il fon… Buttai a terra gli abiti che avevo ammonticchiato in disordine sul materasso, ripromettendomi di metterli nel cesto della biancheria sporca l’indomani, e scostai le coperte per rannicchiarmici sotto, deciso a non dormire fino all’arrivo di Luke.
Non poteva mica passare tutta la notte in cucina con Mike! riflettei tra me e me. Mio fratello si sarebbe stancato in fretta, avrebbe guardato Luke, si sarebbe reso conto di quello che stava facendo – familiarizzare con lo sfigato! – e se ne sarebbe andato inorridito, dopo averlo minacciato di morte nel caso si fosse fatto scappare una sillaba di quella discussione.
Per cui tutto quello che dovevo fare era continuare a restare sveglio, finché Mike non avesse esaurito la propria dose di incazzatura giornaliera e non avesse cacciato a pedate il mio ragazzo. A quel punto le strade davanti a Luke erano due: venire da me o dormire in salotto sul divano…
…non avrebbe dormito in salotto sul divano, no?!
-Ma perché succedono tutte a me!- sbottai rabbiosamente calciando via le coperte, insofferente, e tirandomi a sedere.
Avevo mal di testa, realizzai mentre mi guardavo attorno con occhi spenti. Un mal di testa feroce che partiva dalla base del collo…cervicale. Capita quando non asciughi i capelli. Scivolai fuori del letto e mi avvinghiai a Marilyn, buttandolo praticamente a terra sulla moquette per potermici arrotolare sopra e fissare insoddisfatto il soffitto. Mi rigirai nervosamente almeno due o tre volte prima di trovare una posizione semi comoda, a quel punto mi sistemai alla meglio nell’abbraccio peloso dell’orso e mi calmai.
Scommetto che dormire per terra, fuori dalle coperte e con forse due gradi fuori della finestra non mi aiutò molto…
***
L’indomani mattina la testa mi stava letteralmente esplodendo.
Anzi. Probabilmente era già esplosa ed io non lo sapevo.
Stavo andando in giro senza testa.
…no…non avrebbe fatto tutto quel fottutissimo male altrimenti.
Scesi le scale per scoprire che:
  1. non solo il mio uomo, ma anche mio fratello avevano dormito sul divano.
  2. avevano bevuto assieme un tale numero di birre da aver tappezzato il pavimento del salotto, il tavolo della cucina e da aver, soprattutto, consolidato una sana amicizia tra maschi che mi disgustava profondamente.
Scostai bruscamente un mucchietto di lattine vuote, ricavandomi uno spazio semi pulito su cui accatastare ciotola, latte e cereali e mi preparai una colazione che rimase dove si trovava, mentre io, sedutole davanti, la fissavo con un pressante senso di nausea a chiudermi lo stomaco.
Luke entrò e mi vide.
-Ciao, amore!- trillò gioioso, piegandosi a scoccarmi un bacio sulla guancia.
-Mmmh.- mugolai io in risposta, senza neppure voltarmi a guardarlo ed oscillando brevemente su me stesso quando lui si fu spostato e l’effetto distorsivo della spinta delle sue labbra fu rientrato.
Luke mi guardò sgranando gli occhi.
-Gab!- sbraitò agitatissimo.- Scotti in modo scandaloso!- annunciò terrorizzato.
Sbattei le ciglia e lo scrutai assente.
-…davvero?- biascicai. Sollevai stancamente una mano e me la portai alla fronte. Beh…non ero esattamente fresco come una rosa, sì.- Eh già.- annuii quindi.
Mike entrò in cucina con l’orecchio già incollato al telefono e sbraitando – in francese – contro Valentina dall’altro lato dell’apparecchio. Pensai che Vale dovesse essere davvero incazzata, parla in francese solo quando è molto arrabbiata. Lo osservai vacuo, mio fratello intercettò la mia faccia e si bloccò a metà di una frase.
-Che hai?- domandò brusco, fissandomi con sguardo indagatore.
-Forse un po’ di febbre.- ribattei fiacco io.
-Non ti azzardare ad ammalarti, piattola che non sei altro!- sbottò Mike alterato, arrivandomi addosso come un’aquila per schiacciarmi una mano sulla fronte, in modo tutt’altro che gentile, e sentenziare entusiasticamente- Ma porca puttana Eva, Gabriel! Ma mai che ne fai una giusta?!
-…beh, ma tranquillo, Mike, se devi uscire ci sono io con Gabriel…- provò a suggerire Luke, collaborativo.
Mio fratello, a cui la sana amicizia tra maschi doveva essere passata appena aperti gli occhi, scoppiò in una fragorosa e cinica risata di scherno.
-Sentito, Vale?!- annunciò al telefono.- Dovrei fidarmi e lasciare l’idiota con l’inutile! Un’accoppiata vincente, l’ho sempre detto io!- esclamò.
Dall’altro lato Valentina gli rispose in francese, segno che non le era passata affatto e che non gliene fregava un cazzo dei problemi familiari di mio fratello, per cui lui la mandò a cagare nella stessa lingua ma si allontanò per tornare in salotto e poter continuare a litigare in tutta tranquillità.
Luke sospirò.
-Dove trovo un termometro?- mi chiese.
Cercai di ricordarmi dove ce ne fosse uno e gli diedi le indicazioni. Luke sparì per tornare una decina di minuti dopo con termometro ed aspirina, mi sedette accanto passandomi il primo e, mentre preparava l’acqua per la seconda, mi rimbrottò aspramente a colpi di “te lo avevo detto!” ed imbarazzati “la prossima volta almeno asciugati i capelli, dopo”.
Ridacchiai.
-Però ne è valsa la pena!- affermai inquisitorio.
Luke arrossì maggiormente e balbettò una conferma risentita.
Mike ci raggiunse di nuovo mentre restituivo il termometro a Luke per farmi annunciare che avevo più di 38 e mezzo, sbottò una delle sue imprecazioni più colorite e glielo strappò di mano per controllare personalmente.
-Sei indiscutibilmente il mio tormento, Gab.- asserì prendendo atto della cosa.- Infilati sotto un piumone e muorici, io devo uscire per forza.- mi annunciò subito dopo, fissando Luke e scuotendo la testa mentre si ripeteva che era un omicidio lasciarmi lì con lui.
Annuii, solo perché non avevo davvero la forza di ribattere una cattiveria qualsiasi, e mi sollevai lentamente dalla sedia, arrancando fino al salotto ed arrotolandomi sul divano. Luke si affrettò a venirmi dietro e poi a correre al piano di sopra per procacciarmi il piumone, mentre mio fratello gli gridava da sotto le scale dove trovarlo. Tornò poco dopo, portando tra le mani il morbido fardello, che mi acconciò addosso mentre io mugolavo insoddisfatto e mi rintanavo con la testa tra i cuscini e la coperta, sparendo del tutto. Mike berciò all’indirizzo di Luke una serie di ordini secchi e concisi su come dovesse amministrarmi, dopodichè lo rassicurò che sarebbe tornato quanto prima e, infilato il giubbotto, tornò ad uscire, sbattendosi sonoramente la porta alle spalle.
Io mi appisolai. Sentii già nel dormiveglia che Luke sospirava sconfortato e si muoveva cauto - fissandosi attorno, forse – cercando di non fare rumore per non svegliarmi. Mi dissi che avrei dovuto trovare qualcosa da fare insieme – chiaramente non sesso! Sarei morto per molto meno, me lo sentivo! – ma non mi venne in mente nulla e mi addormentai di botto senza neppure accorgermene mentre ci stavo pensando su.
Quando mi svegliai avevo ancora la febbre, ma il mal di testa si era attenuato e la mia necessità più impellente era far sparire almeno un po’ del caldo afoso ed appiccicoso che mi sentivo addosso. Riemersi dal piumone, sprimacciandolo tutto attorno a me per riuscire a ricavarmi un angolo da cui tirare fuori la testa ed il busto. Mi arrotolai sull’estremità del divano che avevo occupato per dormire, schiacciando il più possibile i cuscini dietro la mia schiena, e sbadigliai.
A quel punto, mi guardai attorno chiedendomi dove fosse Luke.
-…ciao.- biascicai riconoscendolo, seduto sulla poltrona di fianco e con il mio portatile sulle gambe. Mi stropicciai un occhio e lui mi guardò e sorrise.
-Ciao.- rispose. Indicò il computer- Ti dà noia?
-…no…- borbottai confusamente.- Ho cancellato tutta la roba porno, vero?- m’informai quindi.
Luke rise, chiuse lo schermo del pc e si alzò per venirmisi ad affiancare ed abbracciarmi.
-No. Anzi! C’era una cosa molto interessante con un tipino carino che…
Sogghignai, scoccandogli un bacio sotto il mento ed accoccolandomi addosso a lui.
-Non c’era nessun porno sul pc prima che ci mettessi le mani tu!- lo redarguii severamente.
-Sembra che la febbre si sia abbassata.- notò Luke, posandomi le labbra sulla fronte per controllare la temperatura.
-Sì, infatti sto morendo di caldo e di fame.- piagnucolai io.
-Ti preparo qualcosa.- si offrì lui alzandosi prontamente.
-Ma che ora è?!- indagai intanto, muovendomi a gattoni sul divano alla ricerca del telecomando dello schermo al plasma di papone e lasciandomi poi ricadere a sedere.
-Le due, quasi.- rispose Luke muovendo verso la scala.
-Cazzo!- commentai io, sentendolo ridere su per i gradini.
Luke tornò quasi subito con una maglietta pulita, che mi ordinò di infilare al posto di quella che avevo. Io non la riconobbi e lui mi spiegò – dietro domanda – che era sua, perché non avrebbe mai saputo dove mettere le mani dentro la mia roba. A quella risposta sorrisi felice ed affondai il naso nell’odore di Luke, ripromettendomi di non restituirgliela mai più; quindi obbedii e mi cambiai, mentre lui spariva nuovamente in direzione della cucina.
Ne riemerse una mezz’oretta più tardi con un vassoio per ciascuno di noi. Me ne porse uno mentre io lo ringraziavo compitamente ed allungavo le braccia ad accogliere il pranzo, lui si sistemò nella stessa poltrona di prima e mi osservò divertito spazzolare famelico qualsiasi cosa ci fosse nel piatto, leccandomi soddisfatto i baffi subito dopo.
-Aaah!- esclamai sazio, massaggiandomi lo stomaco.- Era tutto squisito!- affermai, quindi, annuendo con convinzione.
Luke rise e si sollevò a togliermi il vassoio di dosso.
-Sono quasi certo che lo avresti detto anche se ti avesse fatto schifo.- ribatté quietamente- Anche perché dubito che tu abbia avuto davvero il tempo di sentire i sapori.
-Ce l’ho avuto eccome!- m’imbronciai risentito per la sua poca fiducia.
Luke rise senza darmi corda e tornò in cucina per lavare i piatti sporchi. Gli avevo lasciato anche quelli della sera prima da fare, riflettei mentre tornavo a sollevare il telecomando ed alzavo il volume della tv, non avrei voluto ma decisamente non mi sentivo abbastanza in forze da occuparmene io. Sospirai, iniziando uno zapping feroce tra i canali ed arrendendomi all’idea di vedere “Cenerentola 3” quando mi resi conto che il sonno si stava rapidamente impadronendo di me. Mi rincattucciai nuovamente nel mio angoletto fatto di cuscini e piumone e lasciai cadere stancamente il braccio che reggeva il telecomando, posando la testa sul bracciolo del divano e fissando in obliquo le immagini colorate sullo schermo.
Luke mi si venne a sedere accanto appena finito di pulire. Lo fece con una naturalezza disarmante, si accoccolò al mio fianco, tolse le scarpe, tirò su i piedi e mi afferrò delicatamente per la vita, tirandomi contro di sé e facendomi sistemare sul suo petto, per poi assicurarsi personalmente che avessi le coperte ben rimboccate attorno al corpo. Io lo lasciai fare, soprattutto perché l’assoluta disinvoltura con cui compì quelle operazioni mi disorientò completamente. Ma Luke era così, capace di tormentarsi per giorni alla sola idea che io potessi stringerlo in un angolo nel bagno della scuola o dietro il cortile e poi premuroso all’inverosimile e romantico dispensatore di coccole, neppure richieste, come in quel momento. Era il bello di stare con lui, il motivo per cui mi ci ero abituato in fretta, fino a diventarne dipendente: Luke ti sapeva far sentire importante, prezioso, protetto ed amato. Non avevi neppure bisogno di difenderti, lui ti faceva credere che non ce ne sarebbe mai stata la necessità…
Affondai il viso nel suo odore, schiacciandolo contro il suo petto e socchiudendo gli occhi, mentre in sottofondo una delle sorellastre di Cenerentola riempiva la stanza con una vocetta stridula e fastidiosa.
***
Ci svegliò entrambi il rumoroso rientro a casa di Mike. Fece schiantare l’uscio come solito, sbuffò sonoramente, si precipitò nel salotto e buttò la giacca direttamente addosso a me ed a Luke, che reagimmo infastiditi. Il giubbotto volò a terra ed io ed il mio uomo ci districammo dall’intreccio di coperte mentre Mike sbraitava scandalizzato.
-‘CAZZO STAVATE COMBINANDO?!- sollevando una mano all’altezza del cuore, nemmeno lo avessi personalmente pugnalato.
Luke scattò in piedi a razzo, balbettando qualcosa di incomprensibile che fece comunque intuire la sua posizione sul punto. Io mi passai una mano sugli occhi e mi appoggiai pesantemente allo schienale del divano, fissando stordito mio fratello.
-Ti sembrerà incredibile ma…niente.- risposi fiocamente, ancora addormentato.- Abbiamo guardato Cenerentola circa tre ore fa, poi ci siamo appisolati felicemente e stavamo ancora dormendo quando tu sei entrato ed hai deciso di trasformarci nella succursale del tuo armadio…
-…beh, eravate comunque troppo vicini!- notò mio fratello piuttosto istericamente.
Valutai il tono di voce, l’atteggiamento e la postura rigida e tesa e dedussi quanto dovevo.
-Vale ti ha buttato fuori senza dartela, eh?!- conclusi seccamente, sollevando un sopracciglio.
-Fatti un po’ i cazzi tuoi, Gab!- ritorse Mike innervosito.
Sghignazzai, lui borbottò un paio di imprecazioni ma recuperò il proprio giubbotto e salì in camera. Guardai l’orologio direttamente sullo schermo della televisione, erano ormai le dieci, di mangiare non se ne parlava più, io ero anche abbastanza stanco e, dai brividi di freddo che mi scuotevano, mi resi conto che la febbre doveva essere tornata ad alzarsi. Sospirai sonoramente, guardandomi attorno mentre Luke mi faceva eco con un altro sospiro e tornava a rannicchiarsi sul divano di fianco a me.
-Non è stato il weekend che avevi in mente, vero?- mi chiese a mezza voce.
Avvertii così distintamente la nota di autentico dispiacere nella sua voce che mi sentii terribilmente in colpa: in fondo, il weekend che io avevo in mente comprendeva il costringerlo a qualcosa che lui, evidentemente, non voleva ancora.
Mi sforzai di sorridergli rassicurante, tornando a posargli la testa sulla spalla solo per sentirmi avvolgere dalle sue braccia.
-Nah, lascia perdere!- sminuii semplicemente facendo spallucce.- Sono stato bene.- ammisi.
Luke sogghignò, baciandomi i capelli.
-Saresti potuto stare meglio.- ritorse.
-Sì, certo. Fossi stato ad Haiti e con un meraviglioso cocktail superalcolico tra le mani, davanti ad un tramonto sulla spiaggia…- ragionai io a voce alta.
Luke rimase giustamente perplesso.
-…che c’entra Haiti?- domandò.
Scossi la testa, posandogli poi una mano sul petto perché mi lasciasse alzare in piedi.
-Ho sonno, Luke.- dissi quietamente.- E onestamente mi sento tutt’altro che bene…Io andrei a dormire.- aggiunsi mentre lui annuiva ancora.
Nella penombra della stanza – nessuno di noi tre si era preoccupato di accendere la luce e l’unica fioca illuminazione veniva dai lampioni fuori all’ingresso, nel giardino, e dallo schermo della TV accesa – vidi che mi fissava in attesa, lievemente a disagio. Sospirai ancora, sentendomi improvvisamente svuotato di ogni forza per continuare quella pagliacciata forzata in cui avevo cercato di attirarlo.
-Senti, se vuoi dormire da solo, la stanza degli ospiti è sempre in ordine per ogni evenienza…- iniziai fiocamente, intenzionato ad indicargli la camera di cui stavo parlando e poi a rintanarmi nella mia. Ma l’intenzione di base si perse da qualche parte tra la mia voce ed il suo sguardo.- …ti…seccherebbe troppo dormire con me?- gli chiesi istintivamente.- Solo dormire.- promisi.
Luke sbuffò, mi prese per un polso e mi tirò di nuovo accanto a sé. Ed io ero talmente stanco che lo lasciai fare.
-Gab.- mi chiamò mentre cercavo una posizione che mi permettesse di non doverlo guardare in viso ma di potermi schiacciare quanto più possibile dentro le pieghe del suo collo. Mugugnai per fargli capire che stavo ascoltando.- Parliamo, ti va?- mi chiese.
-…sarebbe già qualcosa.- ammisi io a mezza voce.
-Non voglio che tu ti faccia l’idea che il problema sia proprio tu.- mi spiegò lui con una tranquillità insolita, segno che ci stava riflettendo già da un po’ su quello che avrebbe dovuto dire. Non lo interruppi, pensai che avrebbe finito per perdere il filo e l’ultima cosa che volevo era che tornasse a sfuggirmi senza nemmeno spiegarmene la ragione.- Il problema sono solo io, Gab.- disse quindi.- E’ che ho paura.- buttò fuori semplicemente, come un bambino.
-Guarda che non fa così male e poi non è che devi per forza…- cominciai a spiegare io tirandomi su.
Luke sbuffò infastidito.
-Non ho paura del dolore!- mi rintuzzò offeso. Io sputai fuori un “ah…” imbarazzato e mi misi zitto nel mio angolo ad ascoltare il resto. Luke prese un respiro profondo e continuò.- Ho paura di perderti.- mi spiegò pazientemente, sforzandosi di ricambiare il mio sguardo mentre parlava, nonostante la vergogna che gli colorava il viso.- Ho paura di non essere all’altezza…- specificò meglio.- Che tu possa renderti conto che sono davvero solo uno sfigato, come dice Mike, e che non c’è un solo motivo valido per cui tu debba stare con uno come me.
Risi lievemente, con sincero divertimento.
-Preferirei che queste cose le lasciaste decidere a me.- affermai tanto per lui quanto per mio fratello.
-Sì, ma appunto!- sbottò Luke.- So già che sarò un tale disastro che alla fine sarai tu a non volerne sapere più nulla di me!- s’impuntò.
-Luke…- provai ad intromettermi sospirando con maggiore serietà.
-No!- m’interruppe lui brusco, terrorizzato.- Senti, Gab, davvero! È una mia paura, nient’altro! Lo so che non sei così superficiale da mollarmi per una cosa come…
-…una scadente prestazione sessuale?- suggerii quando lui si bloccò alla vana ricerca del termine esatto.
Luke arrossì ma annuì a disagio.
-Però, devi anche capire che io non posso impedirmi di avere paura e…
-Luke.- insistetti con maggiore forza. Mi sistemai a sedere di fronte a lui, mentre stavolta era lui a zittirsi per darmi modo di parlare. Lo guardai fisso e spiegai le mie di ragioni.- Non me ne frega niente.- dissi per cominciare.- Non m’interessa né se ci vorrà un millennio per farlo né se, quando alla fine lo faremo, sarà stata la cosa più deprimente ed imbarazzante della nostra esistenza. Spero di no!- aggiunsi ridacchiando, giusto per sdrammatizzare e strappare anche a lui una risata soffocata.- Ma se dovesse andare così, al più sarà stata responsabilità di entrambi e vorrà dire che dovremo imparare assieme i nostri ritmi e le nostre esigenze. Siamo una coppia,- gli feci notare con semplicità, stringendomi nelle spalle.- sei molto poco carino a voler gestire tutto tu!- scherzai.
Luke rise con più convinzione, rilassandosi sotto il mio sguardo. Sciolse le gambe per posarle a terra ed io sorrisi di rimando e cercai il telecomando intorno a me per ridurre al silenzio la televisione.
-Andiamo a dormire?- chiesi.
Lui annuì tranquillamente e si alzò per primo, aiutandomi poi a tirarmi dritto giù dal divano. Barcollai leggermente, con la testa che girava per la febbre e per il troppo tempo passato al chiuso. Desideravo ardentemente uscire e pregai in cuor mio che l’indomani non avessi più la febbre per poter passare in giro almeno la domenica…
Luke si accorse del mio mancamento e mi afferrò per la vita, stringendomi a sé mentre salivamo le scale. Gli sorrisi per ringraziarlo e, quando entrammo in camera, mi fiondai direttamente sul letto – che Mike o lui dovevano aver rifatto, visto che era perfettamente in ordine…come il resto della camera – e scalciai le lenzuola e le coperte per scavarmi un angolo in cui rintanarmi.
-Vado a prendere il termometro, così provi di nuovo la febbre.- mi disse Luke, fissandomi preoccupato dall’alto.
-Mmh-mh.- annuii io già assonnato.
Tornò quasi subito, porgendomi il termometro che infilai sotto il braccio.
-Mi prendi l’orso?!- piagnucolai indicando Marilyn.
Luke lo guardò, poi guardò me. Ed infine guardò il letto.
-…non volevi che dormissi io con te?- mi chiese stupito.
-…io, te e Marilyn.- spiegai come se fosse ovvio.
-A parte che non ci staremmo mai!- sbottò Luke contrariato.- Ma poi perché dovremmo dormire con l’orso trans?!- obiettò.
-Non è un trans!- strillai scandalizzato.- È maschio!
-Si chiama Marilyn!- mi fece notare lui disperato, additando l’orso esattamente come stavo ancora facendo io.
-Non indicarlo! Lo offendi!- mi lamentai.
-Ma perché accidenti hai un orso rosa gigante di nome Marilyn?!
-Perché mi piace “Gli uomini preferiscono le bionde”!- spiegai stizzito.
Luke, a cui evidentemente sfuggiva il passaggio logico di base, continuò a fissarmi, indicando imperterrito l’orso come se il braccio ed il dito gli si fossero congelati in quella posizione. Poi sbuffò, infastidito, lasciò cadere il braccio e si avviò a passo incerto verso il pupazzo gigante.
-Sei impossibile!- protestò strada facendo, borbottando a mezza voce.
Afferrò la zampetta pelosa di Marilyn e si voltò, trascinandoselo dietro mentre faceva al contrario lo stesso percorso. Io ridacchiai felice, battendo le mani quando lui mi fu arrivato davanti. Luke armeggiò per afferrare il collo della bestia e, con un altro sbuffo, la sollevò e la depose sul materasso, soffocandomi parzialmente. Mentre tentavo di emergere dalla massa rosa di pelo e lanugine, schiacciandola in basso verso il materasso, Luke recuperò il termometro che era rotolato via da sotto il mio braccio e guardò la temperatura.
-Hai di nuovo più di 38.- mi comunicò brevemente quando io fui riuscito ad avere ragione di Marilyn e ad abbrancicarmi al suo collo per poterlo guardare.
-Mi sono preso una bella infreddatura.- constatai con un sospiro.
-Già. Recupero il pigiama e vengo a letto.- mi disse dopo, dirigendosi verso il proprio borsone.
Aspettai pazientemente che Luke si cambiasse, buttando i vestiti alla rinfusa nella borsa aperta, e poi che venisse verso di me, sedendo sul materasso – mi fece uno strano effetto sentirlo abbassarsi sotto il suo peso, era la prima volta che dormivamo assieme e mi sentii strano a pensarci – e cercando subito dopo un modo per ricavarsi uno spazio assieme a me e Marilyn sul letto decisamente troppo piccolo per tutti e tre. Finì che, come me, anche Luke fu parzialmente sommerso sotto la massa pallata del pupazzo, ma sembrò accettare la cosa con una buona dose di spirito di sacrificio ed io sbuffai un sorriso quando lui si voltò ad incontrare i miei occhi dall’altro lato del letto.
Luke mi sorrise di rimando, a pochi centimetri dal mio naso. Non era male sentire il suo fiato confondersi con il mio. Respirare vicini è una delle sensazioni più belle che io abbia mai provato, condividere la stessa aria…
-Luke.- dissi piano.- Il vestito di Marilyn Monroe era rosa nel film,- continuai in un sussurro.- io amavo quel vestito e chiamavo tutto ciò che era rosa “Marilyn”.
-Povero orso trans.- commentò lui lievemente, ridacchiando.
-Sono irrimediabilmente checca, eh?!- ritorsi divertito.
-Un po’.- confessò lui, beccandosi un ceffone leggero in cambio.- Ma mi piaci anche per questo.- disse subito dopo.- O perché hai un orso di peluche gigante con cui pretendi di dormire in un letto in cui siamo già in due. O perché hai organizzato un fantastico weekend “trappola d’amore” per poi ritrovarti con la febbre alta per tutto sabato e, presumibilmente, anche domenica. O perché litighi con tuo fratello ogni due per tre, anche se si vede lontano un miglio che dareste un braccio l’uno per l’altro…- elencò pacatamente. Poi si fermò e mi guardò.- Insomma, mi piaci, Gabriel.
Non so perché lo feci. Era una provocazione bella e buona e lui aveva solo cercato di essere gentile con me, ricambiarlo a quel modo era molto scorretto…
-Io invece ti amo.- dissi comunque, quasi con cattiveria.
Luke si bloccò di colpo, ferito. Io mi resi conto – o finsi di rendermi conto – in quel momento di quanto avevo appena detto. Scostai il viso dal suo, voltandomi supino e fissando il soffitto, incapace di ricambiare il suo sguardo in quel momento; Luke mi fissava come se mi vedesse per la prima volta ed io pensai che non dovesse essere molto lontano dalla realtà, in fondo non ero mai stato così gratuitamente meschino prima di quel momento.
-…mi spiace.- sussurrai a voce bassissima. Così bassa che pensai non avesse nemmeno sentito.
Ascoltai il silenzio immobile – non pensavo che perfino l’aria potesse smettere di muoversi pur di non fare rumore – lo ascoltai fino a che non me ne riempii le orecchie e diventò troppo da sopportare.
Non era poi così vero che quelli come Luke non facessero mai cadere a terra il cuore degli altri, ragionai. Il mio doveva appena aver fatto un volo giù dal petto, rimbalzando sulle coperte doveva essere atterrato proprio da schifo. Perché faceva davvero tanto male. Tanto quanto non aveva fatto nemmeno le volte prima.
O forse ero io che non me ne ricordavo.
Mi veniva voglia di piangere anche allora?
“Luke, ti prego, dimmi qualcosa. Va bene anche che tu mi dica che mi odi. Va bene che tu mi dica che non importa…va bene…che tu mi dica che…mi ami…”
-Gab…- mi sentii chiamare nel buio.
-…uhm.- risposi senza articolare parola.
Ero quasi certo che la voce avrebbe tradito quella puntura sottilissima che sentivo agli angoli degli occhi. Ed io non volevo, per quella notte avevo fatto abbastanza.
Luke scostò Marilyn. L’orso fu spostato con una brusca manata, rotolò via dalle mie braccia perché non me ne accorsi in tempo per fermarlo e cadde con un tonfo sordissimo sulla moquette. Provai anche a seguirlo, per riacciuffarlo in tempo e riportarmelo addosso, ma non potei, quando il peso del corpo di Luke m’imprigionò dov’ero. Mi ritrovai la sua faccia davanti e sentii un groppo serrarmi la gola, pensando che avrei dovuto per forza guardarlo negli occhi, e farlo mentre lui – giustamente – mi diceva quanto mi odiava.
…ed invece non lo disse.
Ad essere onesti, non mi guardò nemmeno.
Ad essere onesti, mi baciò soltanto.
Affondò le dita tra i miei capelli, scivolando con la bocca sulla mia, la sua lingua percorse piano il profilo delle mie labbra, disegnandolo lentamente. Sospirai, rilassandomi lentamente tra le sue braccia, avvertendo il respiro tornare regolare – come se avessi smesso semplicemente di vivere in quei minuti lentissimi di silenzio – e poi accelerare mentre il bacio diventava più profondo, mentre, piano, mi riappropriavo del mio diritto di sentirmi bene tra le sue mani, di sentirmi al posto giusto.
Fu allora che Luke me lo disse, tenendomi ancora il viso tra le dita, strette saldamente alle ciocche disordinate e posate con forza ai lati delle tempie, tanto che me le sentivo affondare nel viso. Ma forse era solo la paura.
Posò la fronte sulla mia. I suoi occhi s’incastrarono nei miei senza lasciarmi più andare.
-Tu sei l’unica persona al mondo con cui io vorrei stare.- mi giurò scandendo bene le parole, perché mi entrassero dentro una dopo l’altra e s’imprimessero a fuoco sotto pelle.
Allo stesso modo in cui si impresse lui. La sua carne, il suo sangue, il tocco bruciante delle sue mani.
Mi sembrava di aver aspettato solo quello tutta la vita. Mi sembrava di essere stato creato apposta per lui. Ed io che a simili cose non credevo neppure! Io che, nonostante mio fratello si ostinasse a darmi dell’animo romantico, il romanticismo avevo imparato quanto costasse pagandolo con un pezzo di me stesso! Io…pensai che fossi nato solo per lui, solo per Luke, solo per i suoi baci, per il calore del suo corpo sul mio, solo per il piacere delle sue mani su di me…
-Gab…- mi chiamò esitante quando affondò lento dentro di me.
Io sorrisi contro la sua bocca, mordendogli piano le labbra per fargli capire che lo ascoltavo ed, insieme, che andava tutto bene, che poteva smettere di tremarmi tra le braccia.
-Sì?- mormorai rocamente.
-…se…se sbaglio qualcosa…- mi implorò sottovoce.
-Non si sbaglia mai in certe cose, Luke.- lo zittii io.- Non così almeno. Ed io sono certo di non aver sbagliato.
 
“Sweet, sugar, candy man”
MEM 2008
  
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