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Autore: Anmami    11/12/2014    11 recensioni
"...Carol diceva sempre che sotto la sua corazza si nascondeva un cuore d'oro.
Non faceva altro che ripetermi la stessa frase.
"Daryl è una brava persona, ha un gran cuore, ma gli eventi l'hanno segnato troppo in profondità."
Ma per quanto io provassi a chiedere delucidazioni a riguardo, non aveva mai voluto spiegarmi quali fossero stati quegli eventi.
Era un uomo strano, solitario e mai gentile. L'unica persona che sembrava tollerare ero io. Mi chiamava Piccola Spaccaculi."
Ennesima one shot, ennesimo parto della mia mente disturbata... ok... forse dovrei smetterla di guardare la 5x08...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Judith Grimes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL SUONO DEI RICORDI.
 

Avevo dei vaghi ricordi dei nostri anni passati a scappare. Carl non aveva voluto raccontarmi approfonditamente ciò che ci era successo, né tanto meno l'argomento era mai stato trattato da papà. Nessun membro della mia strana famiglia allargata sembrava volerne parlare.
Avevo solo cinque anni, quando ci trasferimmo in quel rifugio. Papà diceva sempre che i soldati ci avevano trovato allo stremo delle forze, quando ormai la fiammella della speranza si stava affievolendo inesorabilmente. 
Nessuno di loro contava sull'esercito ed in realtà erano convinti che non esistesse nemmeno più un governo, ma fortunatamente si erano sbagliati. 
Papà fu accolto con gioia dal Presidente che, dopo aver ascoltato il racconto degli anni passati a sopravvivere, gli  offrì un posto nel consiglio. Prendevano importanti decisioni su tutto ciò che riguardava la vita dei sopravvissuti e la gestione delle risorse.
A tutti i membri del nostro gruppo venne assegnata una casa in quella piccola cittadina fortificata. Avevamo tutto ciò di cui potevamo aver bisogno. Acqua calda, anche se limitata, qualche ora di elettricità al giorno e perfino una scuola. 
Oltre noi, quel posto contava una decina di famiglie, tutte recuperate dai soldati in mezzo ai boschi. 
Certo, quei "cosi" erano comunque là fuori, ma all'interno delle mura eravamo relativamente al sicuro.
Dieci anni erano passati dal nostro arrivo.  Carl da circa tre mesi era sposato con Cindy, una ragazza molto carina, ma decisamente troppo sveglia per mio fratello ed io e papà eravamo rimasti soli nella nostra villetta bianca accanto a quella dello zio Daryl.
Ero a conoscenza del fatto che non fosse realmente mio zio, ma papà parlava sempre di lui definendolo "mio fratello" ed era stato naturale per me iniziare a chiamarlo così. Lui non ne sembrava molto felice, era sempre stato burbero e scontroso, ma Carol diceva sempre che sotto la sua corazza si nascondeva un cuore d'oro.
Non faceva altro che ripetermi la stessa frase.
"Daryl è una brava persona, ha un gran cuore, ma gli eventi l'hanno segnato troppo in profondità."
Ma per quanto io provassi a chiedere delucidazioni a riguardo, non aveva mai voluto spiegarmi quali fossero stati quegli eventi.
Era un uomo strano, solitario e mai gentile. L'unica persona che sembrava tollerare ero io. Mi chiamava Piccola Spaccaculi. Michonne un giorno mi raccontò che aveva iniziato a chiamarmi così quando ero solo una neonata, lo aveva perfino scritto sul mio lettino, o meglio sopra la scatola che fungeva da culla. 
Mi aveva addirittura dato il biberon e tenuta in braccio qualche volta, anche se lui non ne aveva mai fatto parola con me.
Quel pomeriggio decisi di andare a trovarlo. 
Aveva l'abitudine di non chiudere mai a chiave la porta. Fin da quando ero una bambina, mi intrufolavo spesso in casa sua per nascondermi da Carl o da papà ogni volta che combinavo qualcuno dei miei disastri.
Non era certo una dimora lussuosa, ma sapevo di essere al sicuro all'interno di quelle quattro mura. Appena varcata la porta di ingresso si entrava in un salone non molto grande, affiancato da un piccolo cucinino, perennemente in disordine, con una pila di piatti sporchi ammassati nel lavandino. Le dimensioni della sua stanza erano piuttosto ridotte ed il bagno semplicemente minuscolo, la tana perfetta per un lupo solitario come lui.
Il Presidente aveva messo a sua disposizione una casa più spaziosa, ma lui aveva insistito per prendere quella.
"Voglio la casa con il pianoforte." Era stato irremovibile.
Nessuno di noi ne comprese il motivo, per quanto ne sapessimo, zio Daryl non era certo un musicista. Quello strumento era lì, in un angolo del salone, a prendere polvere. Ormai non facevo più caso alla sua presenza.
Entrai, come al solito annunciando a gran voce il mio arrivo e aspettai di sentire il consueto grugnito che mi avvisava della presenza del padrone di casa.
Dopo un rapido giro appurai, tuttavia, che di lui non vi fosse traccia e decisi di aspettarlo seduta sul divano.
Passarono un paio d'ore e la noia iniziò ad avere la meglio, mi venne l'idea di tornare a trovarlo un altro giorno ma, prima di uscire, diedi un ultima occhiata alla sala ed il mio sguardo si posò sul pianoforte.
Mi avvicinai ed aprii il coperchio, sollevando un sacco di polvere che mi fece starnutire.
Nella mia scuola avevamo una vecchia pianola e la mia professoressa mi aveva insegnato una melodia stupida, basata sull'alternanza di pochissime note.
Iniziai a sfiorare i tasti con le dita, producendo quell'allegro motivetto. Quello strumento era davvero sprecato in quell'angolo.
Provai ad accompagnare le note canticchiando una canzoncina di quando ero bambina.
Andai avanti per una decina di minuti, molto divertita per il risultato.
-Che cazzo stai facendo mocciosa? Togliti immediatamente da lì.- disse lo zio Daryl che nel frattempo era entrato in casa.
-Scusa, ti stavo aspettando e mi stavo annoiando... non pensavo di fare qualcosa di male.- mi giustificai io alzandomi dallo sgabello.
-Chi ti ha dato il permesso di toccare le mie cose? Che sei venuta a fare qui? Non ti voglio qui! Vai a seccare qualcun'altro!- urlò rabbioso, avvicinandosi a me e chiudendo il coperchio del pianoforte con forza.
-Zio Daryl... io non capisco...- sussurrai mentre i miei occhi iniziarono a riempirsi di lacrime. 
Era un uomo burbero, ma con me non era mai stato tanto crudele come in quel momento.
-Piantala di chiamarmi zio! Non lo sono, non sono niente per te, come tu non sei nulla per me! Non hai nessun diritto di venire in casa mia e toccare le mie cose. Vattene da qui!-
-Zi... Daryl, ti prego, non trattarmi così, tu fai parte della mia famiglia.-
-Ho detto di andartene da qui! Ora!- tuonò afferrandomi per un braccio e spingendomi fuori di casa. 
Chiuse la porta alle sue spalle sbattendola violentemente, lasciandomi lì fuori nel vialetto in lacrime.
In quel preciso istante, un tornado dai capelli grigi corse nella mia direzione, superandomi e fiondandosi all'interno di casa Dixon a passo di carica, spalancando il portoncino bianco.
-Si può sapere, razza di coglione, cose le hai fatto?- urlò Carol.
-Si può sapere tu che cazzo vuoi?- rispose lui usando un tono di voce ancora più alto.
-Cosa voglio? Voglio sapere perché quella ragazzina, tua nipote, che ti adora ed è l'unica che riesce a sopportarti, è qui fuori sul tuo vialetto in lacrime, dopo che tu l'hai sbattuta fuori di casa! Avanti, parla idiota!- rispose lei sempre più arrabbiata.
-Ha toccato le mie cose senza il mio permesso! Ed ora ti sarei molto grato se tu andassi a fare la pazza altrove ed a trovassi qualcun'altro al quale rompere le palle!-
-Oooh! Ha toccato le sue preziose cose! Nessuno può toccare la balestra di Daryl Dixon! Ma fottiti!- disse lei uscendo di corsa e venendo da me.
Mi posò un braccio sulle spalle e mi spinse leggermente in direzione di casa sua.
Io la seguii, singhiozzando di tanto in tanto, e accoccolandomi a lei il più possibile.
Entrammo in casa sua e mi fece accomodare in cucina.
Mi preparò una buonissima cioccolata calda e davanti a quella tazza fumante mi chiese spiegazioni su quello che era appena successo.
-Judith... tesoro... sai che non devi toccare la balestra di Daryl.- disse lei passandomi una mano tra i capelli.
-Ma non l'ho toccata! Ho soltanto suonato il suo pianoforte!-
Lei restò in silenzio come pietrificata da questa mia affermazione ed i suoi occhi si spensero, riempiendosi di una tristezza che in rare occasioni avevo visto sul suo volto.
-Oh... adesso si spiega tutto...- affermò lei.
-Non capisco. Si è arrabbiato con me solo perché è entrato in casa e mi ha trovata al pianoforte, ma non stavo facendo nulla di male, stavo solo cantando e suonando una canzone! Quel piano non lo usa mai nessuno!- piagnucolai io ricominciando a singhiozzare.
Lei si avvicinò a me con fare materno e mi accarezzò la schiena.
-Tu la ricordi così tanto...- disse Carol.
-Chi?- chiesi io curiosa, asciugandomi una lacrima con la manica della felpa.
-I capelli biondi, un fisico minuto, questi profondi e grandi occhi azzurri, la tua bontà e gentilezza... lei cantava sempre per noi... sai?- sussurrò lei lasciandosi andare indietro sullo schienale della sedia e portando la tazza alle labbra.
-Di chi parli? Chi è che ricordo?- domandai ancora.
-Tu non puoi rammentarti di lei, ma si è presa molta cura di te quando eravamo alla prigione, Carl ti ha parlato di quel posto vero?-
Io annuii e lei continuò la storia.
-Beth, la sorella più piccola di Maggie. Era una ragazza così dolce, una persona speciale. Era un raggio di sole per tutti noi.- disse lei trattenendo a fatica le lacrime.
-Cosa c'entra con zio Daryl?- chiesi curiosa.
Carol prese un respiro profondo e mi raccontò.
Mi spiegò della rocambolesca fuga dalla prigione di Beth e zio Daryl, di quel poco che sapeva sul periodo che avevano passato insieme, del suo rapimento, degli sforzi di lui per salvarla ed infine della sua morte.
-...ed ora sai tutta la storia. Daryl non è più stato lo stesso da quel giorno al Grady Memorial.- concluse lei con sguardo triste.
-Ne era innamorato?- domandai io. 
Ero riuscita a giungere solo a quella conclusione. Dopo tutti quegli anni, la sua reazione di poco prima, quando mi aveva vista al piano, poteva essere giustificata solo da quello, dall'amore.
-Non lo so... e penso che non lo sappia nemmeno lui. Quello che è noto a tutti è che lei lo aveva cambiato, gli era entrata dentro in profondità, rendendolo migliore... e dopo la sua morte...- rispose lei scuotendo la testa.
-Deve essere a pezzi... devo andare a scusarmi con lui.-
-Non credo sia una buona idea, Judith. Sarebbe meglio se tu...- tentò di fermarmi lei.
Io non la lasciai finire, uscii a razzo dalla sua casa e tornai dallo zio Daryl.
Entrai, spalancando la porta, come un uragano e gli corsi incontro abbracciandolo stretto.
Lui non si spostò, ma notai il suo corpo irrigidirsi vistosamente.
Lasciai la presa e dopo aver fatto due passi indietro tentai di fargli le mie scuse.
-Z... Daryl... io non lo sapevo, mi dispiace!- dissi io iniziando di nuovo a piangere.
Lui alzò le spalle e andò a sedersi sul divano, facendomi cenno di accomodarmi.
Restammo in silenzio per molto tempo.
-Puoi farlo...- disse lui all'improvviso.
Io lo guardai con aria interrogativa e lui continuò la frase.
-...puoi chiamarmi zio, se ti fa piacere.- aggiunse accendendosi una sigaretta.
-Oh... ok... gr-grazie... - dissi io un po' imbarazzata.
Lui fece un cenno con il capo in direzione del pianoforte e aspettò una mia reazione.
-Coraggio...- disse lui.
-Cosa?- chiesi io confusa.
-Coraggio, suona.- rispose con la sigaretta tra le labbra.
-Ma zio Daryl io...- tentai di ribattere.
-Oh avanti, suona quel maledetto pianoforte! Voglio ascoltare della musica e... qui in giro non vedo un juke box.-
  
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