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Autore: beagle26    12/12/2014    7 recensioni
Londra. Elena Gilbert, giovane scrittrice di belle speranze, dopo mille porte in faccia è riuscita a pubblicare con successo il suo primo romanzo.
Il merito è dovuto soprattutto all'intervento del giovane editore titolare della casa editrice “Tristesse”, che tra consigli non richiesti e qualche modifica di troppo, ha portato il libro in vetta alle classifiche di vendita.
Ma cosa succederà quando Elena verrà colta improvvisamente dal famigerato blocco dello scrittore?
AU - TUTTI UMANI
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Elijah, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Damon/Katherine
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N/A: Scusatemi per il mio EPIC ritardo!! Vi riassumo dove ci eravamo lasciati, visto il tempo trascorso! Dopo una serata piuttosto movimentata, Damon va a casa di Elena deciso a confessarle i suoi loschi piani per farle ritornare l’ispirazione. La confessione non è arrivata ma finalmente è scattato il primo bacio fra quei due testoni… peccato che Elijah sia improvvisamente rientrato in casa! Che succederà adesso?
Ci sentiamo alla fine… buona lettura!


 
CAPITOLO 9 – QUELLO CHE PROVO PER TE
 
 
 
Oh I'm in trouble again, aren't I?...
'Cause you turned over there
Pulling that silent disappointment face
The one that I can't bear
***
Sono nei guai di nuovo, vero?...
Perché ti sei girata, hai tirato fuori
quel silenzioso viso di disapprovazione
Quello che non posso sopportare.
 
Mardy Bum – Arctic Monkeys
 
 
 
Elena
 
“Elena? Elena sei in casa?”
 
La voce di Elijah, alterata da una nota acuta di nervosismo, mi rimbomba prepotente nelle orecchie, accompagnata dal suono aspro delle chiavi gettate sul tavolino e delle scarpe lanciate in un angolo del soggiorno con foga eccessiva.
Nel giro di un istante mi sento catapultata nel bel mezzo di una scena del crimine insieme a Damon.
Beh… A dire il vero lui non sembra preoccuparsi più di tanto. Continua a darsi da fare sotto la mia vestaglia, incurante della catastrofe nella quale ci siamo cacciati.
Sono costretta a afferrare letteralmente il suo viso per portarlo all’altezza del mio. Quando incontro l’azzurro liquido delle sue iridi e la sua perenne faccia da schiaffi, improvvisamente non so più a cosa sia dovuto il battito impazzito del mio cuore, che sembra pulsarmi direttamente nelle orecchie. Sono indecisa: prenderlo a pugni o baciarlo di nuovo, fregandomene totalmente del mio fidanzato nell’altra stanza? Diamine, quando sono diventata una persona così orrenda?
 
“Maledizione, che ci fa qui? Non dovrebbe essere disperso nelle lande?”
 
Damon dice quelle parole a mezza voce, soffiandomele sulle labbra con una smorfia metà stizzita, metà compiaciuta.
 
“Che significa?” rispondo, ignorando il brivido che la sua vicinanza mi provoca per scostarmi il più possibile dalla sua presa e poterlo guardare meglio. Lui scuote la testa e mi agita una mano davanti al viso con noncuranza. “Lascia perdere.”
 
Per un attimo restiamo a guardarci in silenzio, increduli. Mi sento smarrita, mentre lui, molto più rilassato, si prende tutto il tempo per lasciarmi la carezza più dolce di sempre lungo il profilo del viso, cosa che non mi aiuta a ragionare e, purtroppo, non mi tranquillizza nemmeno un po’.
Almeno fino a quando il provvidenziale cigolio delle molle del divano mi indica inequivocabilmente che Elijah, non trovandomi, ci è sprofondato dentro, come è solito fare nei pochi momenti in cui non si trasforma in un tutt’uno con il suo adorato computer.
 
Perfetto, ho qualche secondo per pensare. Dannazione Elena rifletti!
 
Deve pur esserci una via d’uscita. Getto un’occhiata nervosa oltre le piantine rinsecchite che occupano il parapetto del terrazzo, soppesando mentalmente l’altezza che ci divide dal marciapiede.
Che saranno mai cinque o sei metri? Forse Damon potrebbe calarsi lungo la grondaia.
L’ho visto fare in parecchi film e non mi è sembrato troppo difficile.
 
“Non pensarci neanche! E non mi nasconderò nemmeno dentro l’armadio delle scope.” esclama lui, intercettando il mio sguardo e mimandomi un deciso no con l’indice sollevato di fronte a sé.
 
“Shhhh! Abbassa la voce.” sibilo tra i denti, portandomi un dito alle labbra. Allungo il collo per sbirciare all’interno dell’appartamento. Nessun rumore e, purtroppo, nessuna via d’uscita.
Non mi resta altra scelta che rientrare in casa e, quando il mio fidanzato mi chiederà cosa stavo facendo mezza nuda in terrazza col mio editore, gli dirò…
 
Già, cosa dovrei dirgli?
Cosa significa tutto questo?
Come sarebbe andata a finire se lui non ci avesse interrotti?
Cosa significa Damon per me? Ma soprattutto, cosa sono io per lui?
Me lo chiedo più volte, indugiando sul profilo perfetto del suo viso, sui suoi capelli arruffati e quelle labbra corrucciate, in contrasto con la scintilla maliziosa che gli riempie gli occhi.
Sembra quasi che, tutto sommato, la situazione lo stia divertendo un bel po’.
Nella mia mente svuotata si materializzano diverse parole, ma nessuna di queste mi sembra confortante: istinto, impulso momentaneo, distrazione. Katherine.
Proprio lei, la stronza che fino a poco fa, al pub, gli stava fastidiosamente appiccicata come un chewing-gum sotto la scarpa.
 
Non riesco a concentrarmi, né tantomeno trovare una risposta convincente a nessuno dei miei quesiti.
Mi limito a seguire i gesti di Damon che, incurante del mio dramma personale, si infila le mani in tasca con indifferenza, scuotendo la testa come se la sua mente fosse appena stata attraversata da un pensiero esilarante.
Un’impulsiva ondata di irritazione mi percorre come una scarica di adrenalina.
 
“È tutto così semplice per te?” sbotto, alzando la voce più del dovuto.
 
“Elena! Ma allora ci sei!”
 
La voce proveniente dal salotto mi fa sobbalzare. Merda! Damon ride sotto i baffi, per nulla intimorito. Istintivamente lo afferro per un gomito e lo trascino dentro casa col cuore in gola, decisa ad affrontare insieme a lui il chiarimento che Elijah, giustamente, pretenderà.
Metto un piede dietro l’altro con circospezione e mi stringo la vestaglia al petto come se fosse la mia unica ancora di salvezza. Entriamo in salotto di soppiatto mentre nella mia mente si prefigurano diverse possibilità, tutte apocalittiche.
Una di queste prevede Elijah che mette in pratica su Damon le sue conoscenze di boxe thailandese (sport a cui dedica almeno un paio di allenamenti a settimana per poi mimarne le mosse allo specchio, tutto fiero) e io sono costretta a medicarlo con gli spinaci surgelati che ho nel freezer, un po’ come l’ultima volta al pub. Sto già immaginando la scena quando una testa di capelli scuri ancora umidi di pioggia e un volto paonazzo si sollevano oltre la spalliera del divano.
 
“Ah, eccoti. Oh, ciao Damon.” dice indifferente, sfiorandoci con uno sguardo apatico per poi lasciarsi cadere nuovamente tra i cuscini come niente fosse. Lo vedo mentre si porta un braccio agli occhi, come se la debole luce proiettata dall’abatjour lo stesse oltremodo infastidendo.
 
Rimango in silenzio per qualche istante, attendendo una reazione. Possibile che non si sia accorto di niente? Damon sgrana gli occhi dentro i miei. Rimaniamo così, fino a quando la voce affaticata di Elijah spezza la parentesi surreale in cui siamo piombati.
 
“Stavate lavorando?”
 
In quel momento, noto il mio pc aperto sul tavolino e i fogli delle bozze segnati di rosso sparpagliati ovunque.
 
Certo! Stavamo “lavorando” in terrazza. Ho pensato di mettermi un po’ più comoda, come mi hai suggerito tu Elijah. E sai che ti dico? Scrivere nudi è un’ottima idea.
 
“Ehm… si. E poi Damon è andato in terrazza a… fumare una sigaretta!”
 
“Ne avevo proprio bisogno… abbiamo fatto gli straordinari questa sera.” mi interrompe lui, accompagnando le parole con un mezzo sorriso ironico che fortunatamente solo io posso notare.
Per un attimo temo che Elijah possa cogliere il sarcasmo in quelle parole. Invece borbotta solo un distaccato bene, bene tenendo sempre gli occhi al riparo dalla luce con l’avambraccio.
 
“Co-come è andato il viaggio?” azzardo, sempre più sconvolta.
 
“Oh, Elena. Una tragedia… a proposito, ho un mal di testa tremendo. Ti va di prepararmi un the?”
 
“Ehm… certo che si. Lo faccio subito.”
 
“Grazie tesoro. Non ti dispiace vero Damon… anzi, se vuoi favorire.” aggiunge poi. Accidenti a lui e all’ospitalità inglese.
 
“Damon se ne stava andando. Per oggi abbiamo finito.” dico seria. Calco bene l’accento sull’ultima parola e sottolineo la frase con una decisa spinta sulle spalle di quello stronzo, che, nel frattempo, non sa più come trattenere le risate.
 
“Ciao Elijah. Riposati e goditi il the. Buona serata.”
 
Un secondo dopo siamo sul pianerottolo e finalmente posso chiudere la porta dietro di me e tirare un sospiro di sollievo.
 
“Sei una pessima bugiarda. Il tuo ragazzo poi, ha un notevole spirito di osservazione. Tipico di voi scrittori, no?” considera Damon, beffardo, con un’eloquente alzata di sopracciglia.
 
“Deve essere successo qualcosa di terribile all’appuntamento con Julie Plec. Non c’è altra spiegazione.”
 
“Ma dai? Julie Plec? Quella dei vampiri?”
 
“Proprio lei. La conosci?”
 
“Ehm… si, certo. Comunque, se tu fossi mia, ci penserei due volte prima di lasciarti sola per una produttrice sovrappeso. L’ho sempre detto che il tuo uomo è un idiota, ma tu ti rifiuti di rendertene conto, Elena.” sentenzia lui.
 
Se tu fossi mia? Bastano quelle semplici parole a mandarmi nel pallone.
Per quanto tempo ho desiderato sentirgliele dire senza mai ammetterlo a me stessa?
 
Respira Elena! Non lasciarti confondere! Concentrati!
 
Fa tutto semplice la mia vocina interiore, ma, per quanto la detesti, so che ha ragione lei.
Non posso lasciarmi andare del tutto se non capisco quello che prova per me… o quello che non prova.
 
“Che significa tutto questo?”
 
Le parole che mi sfuggono dalle labbra, lo colgono del tutto impreparato.
Nel suo sguardo leggo incredulità e incertezza.
 
“Vuoi davvero che ne parliamo adesso?”
 
“Beh… si. Ti ho fatto una domanda. E vorrei una risposta.” balbetto.
 
I suoi occhi nei miei e quel nuovo sorriso complice che lo illumina mi stordiscono. Ancora.
Fa un passo verso di me e sono di nuovo in trappola, totalmente in balìa di ciò che la sua vicinanza mi scatena dentro. Un attimo dopo le sue dita sono ancora sul mio viso, distante appena un respiro dalle mie labbra. In preda all’istinto, piego la testa per approfondire quel contatto. Ho bisogno di sentirlo ancora.
 
“Beh… non ho molte risposte al momento, Elena. So solo che vorrei trascinarti di nuovo in quella stanza, strapparti i vestiti di dosso, e far capire ad Elijah quanto si è sbagliato. È un’ottima idea, non pensi?”
 
La facilità con cui le sue parole appena sussurrate incasinano i miei pensieri e stravolgono ancora una volta le mie priorità mi mette in crisi.
Ho una dannata voglia di ascoltarlo e gettare al vento le mie remore, anche se rischio di farmi molto, molto male. Un desiderio che aumenta quando la sua mano, posata contro la porta, si abbassa sulla mia spalla e poi ancora, percorrendo la curva del mio seno per poi scendere sempre più giù. Il mio respiro accelera in modo imbarazzante.
 
“Elena! Dove sei finita, amore?”
 
La voce ovattata proveniente dall’interno è come un campanello d’allarme che risuona nella mia testa annebbiata.
 
Sei davvero un’orribile, orribile persona Elena Gilbert.
 
Distolgo lo sguardo, deglutisco con fatica. “Scusami Damon. Io sono… confusa.”
 
“Elena…”
 
Devo far ricorso ad ogni briciolo di razionalità residuo per fermare le mie mani, che nel frattempo erano già scivolate lungo il suo petto, pronte a intrufolarsi sotto il suo maglione. Le sposto in fretta e furia sulla maniglia e faccio scattare la serratura.
 
“Per favore, lasciami andare. Buona notte.” gli dico, brusca, indietreggiando per poi richiudermi la porta alle spalle.
 
***
 
“Etciù!”
 
Elijah si soffia il naso e osserva la tazza fumante che gli sto porgendo, indietreggiando verso un angolo del divano per farmi posto accanto a lui.
 
“È darjeeling. Il tuo preferito.” gli dico, mentre sistemo sul tavolino di vetro che ho sgomberato dai fogli e tutto il resto una scatola di biscotti dietetici. Li ho comprati stamattina, apposta per fargli piacere.
 
“Sei un tesoro.”
 
Sorrido, augurandomi davvero di non essere così scarsa come bugiarda. Spero che non si noti quanto mi sento falsa e colpevole per essermi sbaciucchiata col mio ex capo sul balcone non appena il mio fidanzato ha girato l’angolo.
Decido che non è il momento di pensarci e tento di spostare la conversazione su un terreno sicuro. Così prendo un sorso di the dalla mia tazza, e cerco di farmi coraggio.
 
“Perché non mi racconti cosa è successo all’incontro?”
 
Lui sospira forte, si passa una mano tra i capelli con fare nervoso. Sembra proprio depresso.
 
“Non c’è stato nessun incontro. Seguendo le indicazioni che mi erano state date mi sono ritrovato nel bel mezzo del nulla. Pensa che ho dovuto camminare per ore sotto la pioggia prima di riuscire a trovare un taxi che mi riportasse indietro. Ero convinto di dare una svolta alla mia carriera e mi sono ritrovato solo, avvilito e infelice. E lo sai a cosa ho pensato per tutto il tempo?”
 
“Non lo so. Probabilmente al fatto che Rebekah è una pessima agente e dovresti licenziarla, anche se è tua sorella.” ridacchio. Mi pento subito di quella battuta. Elijah non sembra trovarla divertente. Anzi, si fa piuttosto serio quando mi leva la tazza dalle mani per posarla sul tavolino e stringere le mie dita tra le sue, ancora gelate per via di tutto il tempo trascorso fuori al freddo.
Sollevo timidamente gli occhi nei suoi, quasi impaurita dallo sguardo intenso che mi accoglie.
Cosa sta succedendo?
 
“Ho pensato a te, Elena.”
 
“A… me?” balbetto, ricevendo in risposta un mezzo sorriso, riscaldato da un nuovo, imprevisto  accento di dolcezza.
 
“Proprio a te. Mi sei mancata così tanto! Non mi importa niente dell’appuntamento. Sei TU l’unica cosa importante della mia vita. La mia sola certezza. Ti amo Elena.”
 
 
Damon
 
Per la decima volta di fila, un maledetto raggio di sole mi colpisce dritto in faccia.
Impreco a bassa voce, costretto a rotolare con fatica tra le coperte per ripararmi il viso.
È tutto inutile: sono ufficialmente sveglio e, come se non bastasse, ho un mal di testa lancinante. Non senza un certo sforzo, mi porto a sedere nel bel mezzo del groviglio di lenzuola e vestiti che ricopre il mio letto e mi sfrego gli occhi con i palmi aperti. Allungo una mano sul comodino, afferrando la bottiglia di whiskey che mi ha tenuto compagnia in questa notte insonne, ormai completamente svuotata.
 
“Buon giorno anche a te.” le dico, rigirandomela tra le mani. Mi sento già abbastanza coglione, ma, per completare l’opera, decido di prendere il telefono e rileggere per l’ennesima volta il messaggio che Elena mi ha spedito qualche ora fa. Come se non lo conoscessi già a memoria.
 
Ieri sera è stato un terribile errore che non si ripeterà mai più. Io amo Elijah. Lui mi rende felice. Mi dispiace.
 
Un errore.
 
Addirittura peggiore di una vita insieme a quel cerebroleso di Elijah Mikaelson.
Perché lui la rende felice.
Eppure terribile non è l’aggettivo che userei per definire quello che è successo tra noi ieri sera, su quel balcone e anche dopo. Anzi, ho avuto la sensazione che Elena fosse presente quanto me.
 
Allora perché? Cosa è cambiato in lei nel giro di poche ore? E soprattutto, come diavolo è riuscita a fottermi il cervello in questo modo?
Proprio a me! Damon Salvatore, l’editore senza scrupoli che fa piangere tutte le donne.
L’uomo che non deve chiedere mai, disposto a tutto per farle terminare il dannato romanzo, perfino rovinarle la vita che con tanta fatica è riuscita a costruirsi.
Come mi sono ridotto? Me lo chiedo più di una volta, scrutando il mio riflesso nello specchio del bagno con le mani aggrappate al bordo del lavandino.
 
Dopo una doccia, appositamente gelata per togliermi di dosso l’odore di Elena e la frustrazione sessuale che mi porto dietro da ieri sera, vengo attirato in cucina da un provvidenziale aroma di caffè appena fatto.
 
“’giorno Stef.” mormoro, distratto.
 
“Ciao capo.”
 
Sono costretto a sbattere le palpebre un paio di volte per riuscire a mettere a fuoco la figura di Caroline che mi dà le spalle mentre armeggia con gli sportelli del nostro cucinino.
Non dico una parola quando mi porge una tazza fumante con un sorriso radioso per poi dissolversi così come è venuta: una nuvola di capelli biondi e una camicia a scacchi, quella sì terribile, che ho visto fin troppe volte addosso a mio fratello.
Sto ancora fissando la porta aperta quando Stefan compare. Noto con stupore che è spettinato e piuttosto trafelato, ma per motivi molto diversi rispetto ai miei. Che sta succedendo? Per caso il mondo si è capovolto e qualcuno si è dimenticato di avvisarmi?
 
“Posso spiegarti.” dice subito, mettendo le mani avanti.
 
“Non voglio sapere niente. Buon per te. Se i risultati sono questi, le sbronze ti fanno decisamente bene fratello.”
 
“Veramente io parlavo della tua macchina…”
 
“Ah quella.” commento, asettico. Me ne ero proprio dimenticato.
 
Lo seguo con indifferenza mentre afferra una sedia per piazzarsi davanti a me. Quando mi scruta con gli occhi ridotti a due sospettose fessure, ho la certezza che gli spiriti di Sherlock Holmes e Sigmund Freud si siano definitivamente impossessati di lui, creando un mix inquietante e dannatamente pericoloso.
 
“Si può sapere che ti prende Damon?”
 
Non so se sia per la notte insonne, per quel fottuto messaggio che continua a venirmi in mente o perché il mio cervello è andato definitivamente a puttane. Fatto sta che sputo il rospo e gli racconto tutto, partendo da Mr. G, passando per Disneyland e terminando la mia confessione sul pianerottolo di Elena e lei che mi sbatte la porta in faccia per poi liquidarmi con un sms del cazzo. Stefan sta ad ascoltare senza interrompermi.
 
“Allora Stef? Che ne pensi?”
 
In risposta ricevo un’occhiata sconsolata e piena di commiserazione, proprio come se fossi un bambino di cinque anni.
 
“Oh, andiamo. Ti aspettavi per caso che Elena avesse una reazione diversa?”
 
“Chi io? Dopo aver sabotato il mio stesso piano, lasciato la mia ragazza e dopo averle fatto capire che sono pazzo di lei? Beh a dire la verità… SI!
 
“Fatto capire? Tu? Il massimo che può aver intuito dal tuo atteggiamento è che avevi voglia di fartela sul terrazzo. Sei la persona più testarda e orgogliosa che io conosca, e sei talmente cieco da non renderti conto che Elena è semplicemente spaventata. È così ovvio! È innamorata di te e ha paura! Non credi che una ragazza che ha vissuto i suoi traumi si meriti un po’ più di chiarezza? Perché non le dici una volta per tutte quello che provi per lei?”
 
“Semplice! Perché non lo so!” dico, alzandomi dal tavolo per riempire il piccolo innaffiatoio accanto al lavandino e dare da bere al bonsai, facendo bene attenzione a bagnare per bene la terra attorno alle radici, ma senza esagerare. Le parole di mio fratello si depositano poco alla volta dentro di me, ma senza convincermi del tutto.
 
“A proposito,” prosegue lui, schiarendosi la voce mentre appoggia le tazze ormai vuote sul ripiano della cucina,  “ho parlato con Caroline… beh sai… stanotte. La situazione è un disastro. Se non facciamo qualcosa saremo costretti a dichiarare fallimento e chiudere definitivamente la Tristesse. E adesso che hai rotto con Katherine non credo che tu abbia più chance di iniziare a scrivere per Cavallo Magazine, perciò…”
 
“Chissenefrega Stefan. Se per Elena terminare il romanzo significa essere infelice, allora non è quello che voglio. Chiuderò la Tristesse. Tanto è chiaro, come editore sono un disastro e… perché mi guardi così adesso?” dico, notando le sue labbra piegarsi in una smorfia divertita.
 
“E così non lo sai.”
 
“Di che stai parlando ora, Sherlock?” sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
 
“Elementare Watson. Di quello che provi per Elena”
 
 
Elena
 
“Amore mi porteresti il plaid? Quello rosso! A furia di stare al pc mi sto congelando le gambe. Mi sa che mi sta venendo l’influenza.”
 
“Arrivo subito!” esclamo. Un secondo dopo sto già rovistando nell’armadio alla ricerca della coperta che Elijah mi ha chiesto. Lo faccio volentieri. Dopotutto, ha detto che mi ama. Mi ama!
E naturalmente anche io lo amo. Come potrei non amarlo? È così… dolce.
Sorrido quando gli appoggio la coperta sulle ginocchia con cura e mi lascia un bacio tra i capelli in segno di ringraziamento.
Ho tutto quello che voglio. Una persona che tiene a me e non ha paura di dimostrarmelo. Non ho certo bisogno di editori lunatici ed egocentrici che cambiano idea come una bandieruola al vento.
 
Sono felice, fottutamente felice. Perfino quando mi siedo di fronte alla sua postazione e, quando apro il computer, la pagina bianca e l’immancabile scritta “Capitolo trentasette” mi compaiono davanti.
Il blocco non se ne è ancora andato, ma è solo questione di tempo. Davanti a me il mio fidanzato batte sui tasti come un ossesso. La delusione di ieri non gli ha certo tolto la creatività.
 
“Elena, tesoro. Sai cosa ci vorrebbe adesso?”
 
“Non me lo dire. Una bella tazza di the. L’ho già preparato. È sul fornello. C’è anche una torta, senza uova e senza glutine, come piace a te.” ribatto, strizzandogli l’occhio. Che male c’è se gli concedo qualche attenzione in più? Del resto, ho qualcosa da farmi perdonare.
 
“Sei fantastica. Vado a prenderlo.”
 
Lo guardo allontanarsi ed è in quel momento che un lampo di genio mi attraversa la mente.
Lo so, lo so. Elijah mi ha promesso che mi farà leggere la sua sceneggiatura quando sarà terminata. Ma che sarà mai una sbirciatina per rubare qualche trucco dal maestro? Dopotutto lui ha molta più esperienza di me e di sicuro ho tutto da imparare dal suo lavoro.
Così, bene attenta a non far rumore mentre scosto la sedia, mi avvicino allo schermo del suo computer dove trovo un documento aperto, scritto fitto fitto.
Quando leggo le prime righe, non riesco a credere ai miei occhi.
 
“Eccomi qui Elena. Guarda, ti ho versato una tazza di… ma che stai facendo? Perché stai piangendo?”
 
“Non posso credere che tu l’abbia fatto davvero. Il tuo romanzo è la copia di Lieto Fine. La brutta copia, aggiungerei. Come hai potuto farmi questo Elijah?”
 
 
Damon
 
“Guida per principianti al sesso nella vita dopo la morte. Sul serio?”
 
“Guarda qua.” dico, sventolando sotto il naso di Stefan il plico di carta ricevuto per posta da un improbabile autore prima di gettarlo nel sacco dei rifiuti insieme agli altri.
Il mondo è pieno zeppo di scrittori imbarazzanti e, a quanto pare, una buona parte di loro ha provato ad avere una chance alla Tristesse Books.
Quasi mi dispiace dover chiudere la baracca e non poter più leggere perle come questa, ma, a quanto pare, è così che andrà a finire.
 
“Per quello che vale, devo proprio dirtelo Damon. Sei un editore pieno di talento.”
 
Sentirmi fare un complimento da mio fratello è così insolito che sono costretto a fermarmi e alzare gli occhi dalla pila di libri che sto per buttare in uno scatolone.
 
“Grazie Stef.”
 
“Non c’è di che. Hai solo un difetto.” aggiunge, giusto per non smentirsi.
 
“Ah si? E quale sarebbe?”
 
“Pubblichi solo gli scrittori che ami.”
 
Ci risiamo. Non si smentisce proprio mai, ma per una volta sono costretto a dargli ragione.
Io amo Elena.
E non solo perché rappresenta l’unico successo della mia carriera. Ma anche perché imbranata, incasinata, complicata e pazza, esattamente come me. Solo che adesso è troppo tardi. Chi sono io per distruggere la sua felicità? Poco importa se l’ha trovata con un coglione come Mikaelson. Per la prima volta dopo tanto tempo è felice e questo dovrebbe bastarmi.
La amo abbastanza da lasciarla andare. Oppure no?
 
“Vado in cucina. Prendo qualcosa da bere.”
 
“Ma Damon, sono solo le undici del  mattino.”    
 
“Che palle Stefan, non formalizzarti come al solito. Dobbiamo brindare al mio fallimento no?”
 
Senza badare alle sue prediche, mi dirigo spedito verso il cucinino con la speranza di trovarci qualcosa di forte abbastanza da aggiustare anche solo un po’ il mio pessimo umore.
Ma quando, entrando, mi trovo davanti una massa di capelli scuri e scompigliati, per un attimo rimango senza fiato.
 
“Elena. Sei qui.” mormoro, impietrito. Da una parte ho quasi paura di muovermi e dire o fare qualcosa di dannatamente sbagliato, dall’altra vorrei rovesciarle addosso tutto quello che ho scoperto troppo tardi riguardo ai miei sentimenti per lei.
 
“Si, sono qui.” risponde. Continua a darmi le spalle con le mani strette al bordo del lavandino e tira su col naso come se fosse sul punto di piangere. “Ero disperata, non sapevo dove altro andare. E così ho pensato… a te.”
 
Le sue parole mi incoraggiano a fare un passo in sua direzione. Allungo una mano per sfiorare la sua spalla, meravigliandomi io stesso della mia esitazione.
Sto per toccarla quando si volta di scatto.
Mi accorgo subito che qualcosa non va.
 
È incazzata. Molto, molto incazzata.
Non ho bisogno di chiederle il motivo: mi basta vedere la piantina che stringe tra le mani per saperlo.
 
“Sei un bastardo. Ti odio.” mi urla contro, per poi infilare la porta e scomparire di nuovo dalla mia vita. Questa volta per sempre.
 
 
 
 
 
*********
Carissime,
non vi tedio con tutti i motivi del mio ritardo. È un periodo pieno, ho la testa altrove e il fisico non collabora. Ma non vi ho dimenticate.
Sarò breve: spero che abbiate gradito il capitolo anche se un po’ diverso dai precedenti.
Grazie mille per le bellissime recensioni allo scorso e scusate ancora se sono così lenta, ma sappiate che detesto lasciare le cose a metà quindi siate fiduciose anche se non mi vedete comparire per lungo tempo.
Approfitto di questo spazio per salutare una di voi: tu sai chi sei… se mi leggi, please, batti un colpo… mai far preoccupare una povera disgraziata al nono mese di gravidanza: potrebbe imparanoiarsi non poco! E poi I miss you so so much :’(
 
Baci a tutte
Chiara
  
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