Ivan

Mi pulii il sangue dalla faccia con un gesto sprezzante e lento, come se mi stessi accarezzando bruscamente il mento.
Gran parte del mio pollice era diventato rosso, brillante. Lo sfregai velocemente contro l'indice, saggiando la consistenza del liquido, quindi alzai lo sguardo sul ragazzo che mi si parava davanti.
Lo stesso che mi aveva spaccato il labbro con un pugno incredibilmente ben assestato.
"E così alla fine anche tu sei diventato un uomo".
Sorridevo. Sorridevo mentre sentivo che il taglio aveva pianto un'altra delle sue calde lacrime, in una cieca corsa verso il basso, tracciando il proprio passaggio con un lunga linea rovente, infuocata. 
Il dolore era sordo, pulsante, ma decisamente sopportabile.
Stranamente, ero quasi divertito dalla situazione.
Max no.
Ma quando mai Max era divertito?
Se respiravo a fondo, sotto il pungente odore di sale, alghe in putrefazione e sabbia, potevo quasi sentire, vedere, aleggiare la paura e l'agitazione del mio ex-migliore amico. Sembrava turbato, respirava in modo affannoso e il petto gli si abbassava ed alzava visibilmente anche sotto la canotta rosso fuoco.
Gambe larghe, leggermente piegate, con i piedi nudi che affondavano quasi completamente nei granelli incandescenti e braccia che sembravano pronte a sferrare un altro colpo.
Però esitava, tremava.
Non si era praticamente più mosso da quando mi aveva colpito, limitandosi solo ad indietreggiare. Ora si fissava le nocche delle mani, una delle quali macchiata da una piccolissima goccia di sangue, con orrore e rabbia.
Feci un passo in avanti, la mia andatura non esitava mai.
"Ivan io..." Un suono stridulo e sgraziato come quello di una chitarra scordata.
Improvvisamente mi ritrovai nuovamente di fronte il tipetto spaurito che avevo accolto sotto la mia ala protettrice tanti anni prima.
Il sorriso mi morì sulle labbra.
Mi mossi ancora, mentre un rinnovato disprezzo mi nasceva nel petto.
"Dov'è andata quella luce, Max? Dov'è, eh? Dov'è il fuoco? E l'orgoglio?" La mia era una voce profonda, da adulto, suadente e al tempo stesso anche minacciosa.
Come il ringhio di uno Sharpedo.
Volevo qualcuno con cui valesse la pena scontrarsi.
"Quello dove cavolo lo hai cacciato, si può sapere?!" Sibilai, cercando di mantenere il controllo, cercando di non perdermi in un'inutile furia cieca. 
Ingoiando l'amaro che mi dilagava dentro.
"Ascolta, io... ho sbagliato, non avrei dovuto... si può risolvere tutto a parole..."
Un pigolio, un orrendo pigolio spaventato.
Più io mi avvicinavo e più lui si allontanava ma alla fine fu costretto a fermarsi, rabbrividendo, quando i suoi piedi vennero prima lambiti dalle placide onde del mare e poi inglobati dall'acqua fino alle caviglie.
Lo raggiunsi.
Avevo il viso talmente vicino al suo che sono sicuro potesse sentire il mio respiro umidiccio investirgli la punta del naso.
I suoi grandi occhi neri erano spalancati e i palmi aperti rivolti verso di me in un'ultima e infima difesa dettata dall'istinto. 
Ero sempre stato più alto, più grosso, più muscoloso e perfino più virile di Max, ma allora, alla giovane età di diciannove anni, la differenza era quasi notevole.
Lo fissai a lungo, senza odio né furia, quasi speranzoso che il bagliore che avevo scorto in lui solo pochi minuti prima fosse ancora vivo e vegeto, pronto a ripresentarsi.
Quello che vidi fu terribilmente deludente e pose per sempre fine ai nostri rapporti.
Sputai con disprezzo, la mia saliva si perse nella schiuma del mare.
"E' proprio vero che Acqua batte Fuoco."
Poi, me ne andai.

Note:
Avevo pronta questa One-shot da un bel po' di tempo.
Stasera ho cercato di risistemarla al meglio, per quanto in molti punti ancora non mi soddisfi per niente, in particolar modo la punteggiatura.