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Autore: IlyTVseriesAddicted    12/12/2014    1 recensioni
«Devi fare di questo tuo tormento una forza Roy, devi renderlo l'arma più efficace che hai. Quella sarà la forza con la quale scaglierai le tue frecce.»
Una bromance che adoro e che vorrei fosse più sottolineata nel telefilm
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Roy Harper
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La mente collegata e scollegata allo stesso tempo. Il volto del poliziotto mascherato di una paura straziante che si spense ad un colpo finale, un colpo secco che lo lasciò esanime a terra. Due figure osservavano la scena dall'alto, erano Arrow e Canary, ma lui solo adesso le riconosceva. Nitide come fossero ad un palmo di naso da lui. Si svegliò di soprassalto, era imperlato di sudore, gli occhi spalancati e rossi attorno all'iride. Ansimava, il torace gli faceva un male tremendo, il battito cardiaco era terribilmente veloce. Portò una mano a stringersi il petto all'altezza del cuore come tentasse invano di placarlo. Si guardò attorno, era solo, si scorgevano solamente ombre nel buio pesto, erano i computer spenti di Felicity e l'equipaggio suo e di Oliver. I manichini con indosso i loro costumi erano inquietanti avvolti dalle tenebre. Sembravano figure pericolose, pronte ad attaccarti da un momento all'altro. Roy deglutì, aveva la bocca incredibilmente secca. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Non una, non due, ma ben tre volte di fila. Lentamente tornò a stendersi nella sua branda, gli occhi appena riaperti si ritrovarono davanti un manto nero, a malapena si scorgeva il chiaro di qualche crepa sul tetto. Fu percorso da un forte brivido, si strinse in una coperta sfilacciata e consunta, chiuse nuovamente gli occhi e si riaddormentò.

 

Bip – Bip – Bip

«Felicity, sei sicura che questo software sia in grado di monitorare mia figlia a distanza?» Era la voce profonda di Diggle, impossibile non riconoscerla. «Puoi stare tranquillo, hai messo il cip vicino alla culla?» Dal silenzio imbarazzato che seguì si poteva intuire che non lo aveva fatto. Roy aprì gli occhi e si sollevò a sedere sulla branda, lo sguardo stanco si posò sui due. Felicity aveva arricciato le labbra e si era voltata verso Diggle con l'indice alzato. L'uomo aveva spalancato gli occhi e allargato le braccia. «Errore mio, non ti avevo dato il cip» La solita sbadata. Si voltò sulla sua sedia della scrivania e alzò qualche carta caoticamente. Afferrò qualcosa di minuscolo e imbarazzata lo porse a Diggle che tuttavia le sorrise. «Mi farai impazzire un giorno, ti ricordi almeno di chiudere il gas prima di uscire di casa?» Disse ironico. Felicity spalancò gli occhi e scattò in piedi coprendosi la bocca con ambedue le mani. «Oddio! Il gas!» Diggle scosse la testa rinunciandoci e assumendo un'aria pacata e divertita. Allungò una mano verso di lei. «Dammi le chiavi, ci penso io mentre torno a mettere questo alla culla di Sarah» E le mostrò il cip. Lei cominciò a sollevare fogli su fogli freneticamente e solo sistemando gli occhiali sul naso si accorse di Roy seduto sulla branda. «Buongiorno raggio di sole!» Esclamò. Poi spalancò gli occhi e abbassò lo sguardo repentinamente facendosi paonazza e arrestò pure la sua ricerca delle chiavi come a volersi concentrare per rimediare alla figuraccia. «Cioè, volevo dire...» Roy cercò di sorridere a quella sua uscita, ma aveva il volto molto stanco e il sorriso risultò finto e tirato. Diggle sospirò rumorosamente e si schiarì la voce. «Felicity le chiavi» La ragazza si voltò sussultando «Uh! Sì giusto, giusto.» Ricominciò la ricerca e subito dopo si volto e per poco non travolse Diggle con la mano tesa che teneva le chiavi. «Eccole!» Diggle si abbassò appena in tempo e le afferrò. «Bene». Poi sollevò lo sguardo verso Roy e corrugò appena la fronte in modo neutro. Lo indicò con la testa a Felicity. «Fagli un espresso, non ha una bella cera» Le sussurrò rocamente. Roy se ne stava con lo sguardo perso nel vuoto, il volto che dava il profilo a ad entrambi, Diggle sospirò «E chiama Oliver per quella faccenda». Date le sue solite raccomandazioni si allontanò salendo le scale con un rumore di metallo. Felicity lo vide sparire e cominciò a strofinarsi nervosamente le mani. «Dunque» Si voltò verso Roy, lui non sembrò neppure sentirla. «Vuoi che vada a prenderti qualcosa da Starbucks o...» Il ragazzo continuava a guardare nel vuoto. La cosa irritò un po' Felicity, ma solo perchè si sentiva in imbarazzo. «Ook» Sospirò e storcendo la bocca e alzando le mani al cielo in modo vagamente esasperato, si sedette nuovamente davanti ai suoi amati computer. Gli schermi si riflettevano sui suoi occhiali squadrati. Dopo una manciata di minuti Roy si alzò dalla branda e si avvicinò a Felicity silenziosamente ponendosi alle sue spalle. «Sai se Oliver passerà oggi?» Felicity sussultò, non si era accorta minimamente dei suoi movimenti, non lo aveva proprio notato tanto era concentrata sui computer. Si portò una mano sul petto e respirò profondamente. «Tu e Oliver mi farete prendere un infarto un giorno o l'altro». Roy non colse la battuta, sembrava totalmente assente. Felicity sospirò e si voltò a guardarlo. «Comunque dovrebbe arrivare a momenti, c'è un caso del detective Lance che vorrebbe aiutare a risolvere, niente di molto particolare, ma da quando il detective sa che può contare su di lui non si fa scrupoli» Si strinse nelle spalle, notò che Roy corrugò la fronte. Forse non doveva parlargliene. «Perchè non mi ha coinvolto?» Felicity strinse i denti e tornò sui suoi computer massaggiandosi il collo imbarazzata. In quel momento Oliver scese rapidamente le scale e raggiunse i due. Non disse niente, solo notò lo sguardo ferito di Roy. Fece girare lo sguardo senza particolare espressione del volto e lo puntò pesantemente su Felicity. «Felicity» Si limitò a dire. Questa accolse quel leggero tono di rimprovero e si morse il labbro inferiore voltandosi lentamente con la sedia verso i due. «Ops. Deve essermi sfuggito.» Oliver abbassò lo sguardo e sospirò. «Puoi lasciarmi da solo con lui?» Senza "se" né "ma", la bionda scattò in piedi e annuendo sgambettò via e salì le scale. Oliver la seguì idealmente con lo sguardo e rimase in silenzio con le mani sui fianchi. Roy continuava a fissarlo e la sua espressione si fece offesa, adirata. Quei lineamenti sembrano essere minacciosi il doppio dati gli occhi gonfi dalla stanchezza e le occhiaie segno di notti insonni. «Mi stai mettendo da parte?» Chiese e il tono rimbombava di ostilità. Oliver rimase in silenzio, si limitò solamente a portare lo sguardo sul ragazzo. L'aria attorno a loro sembrò appesantirsi, tanto era tesa. Roy tremava dal nervoso, era pallido, ma la rabbia riuscì a dargli un colorito rossastro alla pelle. Oliver continuava a non dire niente. Intrecciò le braccia muscolose al petto. «Cos'è il gioco del silenzio?» Sbottò poi il più giovane. L'altro sospirò. «Sei pericoloso Roy.» Quelle tre parole gli giunsero come una pugnalata al cuore e pareva proprio non aspettarsele. Il volto del giovane si rabbuiò e abbassò lo sguardo sconcertato. L'immagine del poliziotto che muore per mano sua gli passò davanti come stesse guardando un video. Oliver rimase impassibile, come al solito e la cosa non poteva essere più irritante, guardò addirittura oltre il ragazzo, come fosse trasparente. Dopo lunghi ed interminabili minuti di silenzio, Oliver sospirò. «Non per gli altri, Roy.» E riportò le iridi chiare su di lui, su quella carnagione pallida e quel volto incredibilmente stanco e provato. Roy andò a guardarlo a sua volta, adesso pareva frustrato. «Ho ucciso un poliziotto. E' chiaro che sono pericoloso, ma non ho più Mirakuru in circolo, sono pulito adesso. Ma potrebbe riaccadere, se l'ho fatto forse un po' era volontario.» Sembrava un tossico che aveva smesso di sniffare cocaina da anni e si stava sfogando. Oliver scostò di nuovo lo sguardo e la cosa innervosì il ragazzo. «Smettila di evitare di guardarmi come se non fossi degno d'attenzione.» A quelle parole sul volto di Oliver apparve l'ombra di un ghigno. Roy corrugò la fronte senza guardarlo ancora. «Il ricordo ti tormenta Roy, questo ti rende pericoloso, ma non per gli altri.» Roy sembrò non capire. Oliver lo superò dandogli le spalle. L'altro seguì i suoi movimenti voltandosi a guardarlo, incrociò a sua volta le braccia al petto. «Hai ucciso un poliziotto e sappiamo entrambi che eri sotto l'effetto della Mirakuru» Questa volta era Roy a non parlare, si limitava ad ascoltare per capire dove andava a parare l'altro. «Ma la cosa continua a tormentarti» Altro lungo momento di silenzio. Oliver si voltò per guardarlo dritto negli occhi. «Questo... ricordo... ti distrae, Roy. Come poco fa. E per quanto possa sembrarti strano, ci tengo alla tua incolumità come a quella di Felicity o Diggle.» E sembrava estremamente serio, tanto che convinse il più giovane. Questi però parve demoralizzato e si allontanò andandosi a sedere sulla branda. Oliver lo seguì con lo sguardo, uno di quelli intensi e concentrati. Roy poggiò i gomiti sulle ginocchia, la testa fra le mani e fu scosso da alcuni singulti. Passò altro silenzio, i processori dei computer e il singhiozzo strozzato di Roy facevano da sottofondo. Con passo lento la figura di Oliver si avvicinò a Roy e allungò una mano per porla sulla sua spalla. Non pareva un gesto troppo enfatizzato dal sentimento, anzi era freddo, all'apparenza distaccato, ma chiunque avesse conosciuto Oliver dopo i suoi cinque anni di assenza, sapeva che in realtà era un gesto sincero. «Sono pericoloso anche per te.» Disse soffocando un singhiozzo e strozzando le parole in bocca. Sollevò lo sguardo verso l'imponente figura di Oliver, lo vedeva lievemente annebbiato attraverso gli occhi lucidi. Gli facevano male, erano stanchi tanto quanto lui e il suo "io". Arrow rimase in silenzio e annuì, poi sospirò. «Al momento lo saresti.» Poi arricciò le labbra « Ma per me, Roy, sei fondamentale.» Disse dunque e andò a guardarlo. In quel volto inespressivo, Roy, riuscì a leggere qualcosa nei suoi occhi, ma non riuscì ad interpretarla. «Non sai come sono diventato Arrow e non vorrei che tu diventassi come me.» Disse dunque e le iridi si spostarono altrove. «Ho bisogno di una spalla che si aggrappi alla propria umanità, ma non per distruggersi» E tornò a guardarlo. Si fissarono per lunghi istanti. «Non capisco.» Intervenne Roy. Oliver tolse la mano dalla sua spalla, ma solo per afferrarlo per un polso e farlo alzare. Lo avvicinò con uno strattone. I due erano estremamente vicini, il ragazzo doveva sollevare il mento per guardarlo in faccia. Ci fu un po' di tensione, Oliver lo lasciò andare, ma l'altro non si scostò sostenendo il suo sguardo. Oliver corrugò la fronte. «Devi fare di questo tuo tormento una forza Roy, devi renderlo l'arma più efficace che hai. Quella sarà la forza con la quale scaglierai le tue frecce.» Roy lo fissò e finalmente parve afferrare le parole di quell'uomo enigmatico. «Così che possa essere per te un'arma più forte per coprirti le spalle.» Proseguì il più giovane. Oliver annuì. Un senso di orgoglio invase Roy, ma non lo dette a vedere. «Arsenal» Disse Oliver. «Che cosa?» Chiese Roy confuso, come se l'altro avesse cambiato discorso. «D'ora in poi Arsenal sarà la tua identità incappucciata.» Roy arretrò d'un passo e annuì, sorrise a fatica, ma lo fece. «Mi piace». Oliver accennò ad un sorriso a sua volta. Ma sembrò un'allucinazione tanto scomparve veloce dal suo volto per lasciare spazio di nuovo ad un espressione corrucciata e seria. «Ma per il momento vedi di riposarti, ho bisogno di te solo al cento per cento». Roy annuì e deglutendo si avvicinò. Posò una mano sulla spalla di Oliver e l'altro fece lo stesso. «Oramai siamo una cosa sola, Roy.» In quello scenario di fiducia reciproca, la risata di una bimba alleggerì l'aria uscendo dalle casse di un computer.

   
 
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