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Autore: Northern Isa    13/12/2014    1 recensioni
«Ho avuto un altro incubo» rivelò Abigail allarmata, sollevando lo sguardo sullo psichiatra.
Glielo aveva suggerito, il dottor Lecter, di continuare a prendere quella tisana prima di andare a letto. Avrebbe dovuto dargli ascolto.
L’espressione con cui il medico la guardava però non era critica, la sua impassibilità venne scalfita solo da un movimento appena percepibile della piega delle labbra.
«Basta brutti sogni, Abigail» le rispose.
Genere: Angst, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Abigail Hobbs, Hannibal Lecter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Counting bodies like sheep

L’oscurità in cui era immersa era totale, vischiosa, soffocante. Abigail ruotò il capo per guardarsi intorno, cercando di riconoscere il luogo in cui si trovava, invano. Avvertiva però una sensazione forte, che faceva appello direttamente alle radici più profonde del suo essere, suggerendole che si trovava a casa sua.
Tese le mani e con le dita della destra toccò una superficie scabrosa che le grattò i polpastrelli. Doveva trattarsi della parete antistante il salotto, quella composta da piccoli blocchi di pietra grezza impilati gli uni sugli altri, sui quali sua madre misurava la sua altezza di anno in anno.
“Sei più alta di tre mattoncini, Abbie!”
Le sembrava persino di sentire la voce di Louise Hobbs, di vedere l’angolo delle sue labbra piegarsi all’insù, di percepire la sua mano toccarle i capelli. Allora Abigail sorrise all’oscurità, stendendo il palmo sul muro di pietra e avanzando lentamente, ma senza incertezze.
Fu sicura di passare in mezzo alle due poltrone del salotto pur non potendo vederle, ma ruotò ugualmente il capo alla ricerca della figura di suo padre che doveva essere seduto sul divano di fronte alla televisione, come faceva ogni volta prima di cena.
Poteva sentire distintamente la voce gracchiante dell’apparecchio passare in rassegna le ultime notizie del telegiornale, quelle su qualche evento mondano tenutosi a centinaia di chilometri da lì o su qualche sciocco pettegolezzo. Celebrità che si sposavano, attori che si disintossicavano, cose così. Garret Jacob Hobbs guardava sempre il telegiornale seduto a gambe larghe con un braccio mollemente poggiato su un bracciolo del divano e un altro che reggeva il telecomando, con gli occhi incollati sul televisore e un ghigno sarcastico sulle labbra. Di tanto in tanto scuoteva la testa, domandandosi perché in tivù si ostinassero a passare notizie delle quali non importava niente a nessuno.
Abigail era in piedi, al buio, ma capace comunque di visualizzare ogni dettaglio del salotto nella sua mente. Il centrino sul tavolino di fronte al divano, il tappeto sul quale suo padre poggiava i piedi, i cuscini di pelo realizzati da lui.
«Papà» chiamò.
Nessuno rispose, salvo il gracchiare insensato della televisione.
«Papà!»
Il nuovo appello conteneva in sé una nota non voluta di apprensione. L’oscurità era densa come un pezzo di carbone, l’odore di fuliggine le invadeva le narici e, pur stendendo le mani, non riusciva a toccare nulla.
Abigail avanzò di un altro passo, incerta, e con il piede urtò qualcosa di morbido. Quell’ostacolo improvviso la destabilizzò e fu sul punto di perdere l’equilibrio, quando con le mani affondò in qualcosa di soffice.
“Il cuscino” pensò la ragazza, domandandosi anche come fosse caduto dal divano.
No, non il cuscino. Le sue dita percorsero quel crine fino alla sua attaccatura, sfiorarono una fronte e degli occhi sbarrati.
Abigail arretrò con un grido strozzato mentre l’oscurità risaliva lungo le sue caviglie come se avesse avuto tentacoli sensienti, capaci di tenerla ferma lì, bloccata accanto al cadavere di Nicholas Boyle.
«Non ho ucciso io Marissa» tentò di difendersi, ma tutto ciò che sfuggì alle sue labbra fu un rantolo impacciato.
Aveva la gola riarsa, gli occhi pizzicavano delle lacrime che minacciavano di sfuggire alle sue palpebre e la fronte era coperta da una patina di sudore gelido. Il respiro iniziò a mancarle poco alla volta mentre il buio le stringeva la trachea. Poi Nicholas aprì gli occhi, le sue sclere rilucettero nell’oscurità.
 
«Abigail!»
L’insistenza con cui quella voce pronunciò il suo nome suggerì alla ragazza che non era la prima volta che la chiamava. Spalancò le palpebre con urgenza, riscoprendosi ansante e bagnata di sudore, seduta su un materasso, le dita strette convulsamente intorno al lenzuolo che le bloccava le gambe.
Voltò la testa seguendo il suono di quella voce e scoprì di essere scrutata da due occhi scuri, piccoli e inespressivi.
“Il dottor Lecter…”
Le ci era voluto qualche istante per realizzare che si trovava nella stanza da letto che le aveva messo a disposizione nella sua grande casa.
Stese le dita e lasciò andare il lenzuolo barbaramente maltrattato.  Schiuse le labbra, avvertendole secche come non mai. Al dottor Lecter non sfuggì, perché si voltò appena per prendere un bicchiere d’acqua che si trovava sul comodino e glielo porse.
Abigail lo afferrò, rivolgendo allo psichiatra uno sguardo di gratitudine, e bevve. Il respiro era ancora leggermente ansante, ma stava andando regolarizzandosi, così come le sue pulsazioni. Solo le sclere di Nicholas Boyle, punteggiate dalle sue pupille vacue, continuavano a fissarla in una silenziosa accusa.
La ragazza si voltò di scatto, catturata da un movimento alla finestra, quasi aspettandosi di intravedere attraverso i vetri il colorito cinereo del cadavere. Una sensazione di angoscia aveva iniziato a palpitare tra il diaframma e la gola.
Il dottor Lecter inclinò la testa e stese una mano, tastò la fronte della ragazza con aria esperta, poi le accarezzò una tempia.
 
Don't fret precious I'm here, step away from the window 
Go back to sleep
 
«Ho avuto un altro incubo» rivelò Abigail allarmata, sollevando lo sguardo sullo psichiatra.
Glielo aveva suggerito, il dottor Lecter, di continuare a prendere quella tisana prima di andare a letto. Avrebbe dovuto dargli ascolto.
L’espressione con cui il medico la guardava però non era critica, la sua impassibilità venne scalfita solo da un movimento appena percepibile della piega delle labbra.
 
Safe from pain and truth and choice and other poison devils, 
See, they don't give a fuck about you, like I do 
 
«Basta brutti sogni, Abigail» le rispose lo psichiatra.
La ragazza sospirò appena di fronte a quella che poteva apparire come una promessa o un rimprovero. Non si era creduta capace di chiudere quegli incubi in un angolo della mente e gettare via la chiave, eppure era possibile. Il dottor Lecter le aveva mostrato come fare, e lei si fidava di lui. Così annuì un paio di volte.
 
Go back to sleep
 
Sarebbe dovuta tornare a dormire e probabilmente non avrebbe più sognato Nicholas, ma le era bastato vederlo un attimo prima di fronte agli occhi perché il sonno la abbandonasse completamente. Questa volta contare le pecore non sarebbe stato sufficiente.
“Forse dovrei contare i cadaveri seminati da mio padre” si disse Abigail, sorprendendo se stessa con quell’ironia macabra. “I cadaveri di quelle ragazze che io stessa gli ho procurato.”
 
Counting bodies like sheep 
 
«Torna a dormire, Abigail.»
La voce del dottor Lecter la distolse dai suoi pensieri. Si era alzato dal suo letto e ora era in piedi accanto a lei, la mano tesa verso l’abatjour sul comodino, pronto a spegnere l’interruttore.
«No!»
Abigail scoprì di avere le dita strette intorno al polso dello psichiatra. Le tremava un labbro mentre lo fissava con la supplica nello sguardo.
Non era per la luce, nonostante l’idea di trovarsi di nuovo nel buio che aveva popolato il suo incubo la inquietasse un po’. Sapeva che se lui fosse rimasto con lei un altro poco avrebbe potuto smettere di pensare a Nicholas. Del resto il dottor Lecter l’aveva aiutata a disfarsi di lui già una volta.
L’uomo esitò, Abigail non seppe leggere quali impressioni scorressero sulla sua fronte. Poi, lentamente, tornò a sedersi sul bordo del materasso. La ragazza espirò di sollievo, abbandonandosi sui cuscini.
 
I’ll be the one to protect you from your enemies and all your demons
I'll be the one to protect you from a will to survive and a voice of reason
 
Non sempre servivano parole, anzi con il dottor Lecter quasi mai. Lui sapeva sondarle l’animo con uno sguardo, gli bastava un attimo per intercettare le sue paure e le sue angosce. Le conosceva così bene, Abigail sapeva che era perché anche lui si era portato così vicino alla morte, come lei.
«Vuoi dell’altro tè?» le chiese.
La ragazza scosse appena la testa. Sarebbe riuscita a calmarsi anche senza. Si sentiva in qualche modo già più rassicurata.
Tante persone le erano state accanto, in un modo o nell’altro, da quando la sua vita era stata totalmente stravolta. C’era stata la dottoressa Bloom, con le sue attenzioni, Will Graham, con la sua premura. Anche quella giornalista, Freddie Lounds, che si era offerta di raccontare al mondo la sua verità.
Ma era stato il dottor Lecter a portarla via dal Port Haven Psychiatric facility, ad aiutarla a liberarsi del corpo di Nicholas Boyle, a tenere il suo segreto. A capire che lei era stata l’esca consenziente di suo padre, senza ritenerla complice.
Non vedeva tutte quelle persone da molto tempo, ma le bastava la presenza del dottor Lecter per tentare di rimettere insieme ciò che restava della sua famiglia.
 
I'll be the one to protect you from your enemies and your choices daughter 
They're one in the same, I must isolate you
 
Abigail chiuse le palpebre, l’unico suono in quella stanza era il suo respiro regolare. Pian piano, iniziò a scivolare dentro se stessa, questa volta senza averne paura. Senza temere ciò che era acquattato nell’oscurità che viveva in lei.
La mano di Hannibal Lecter coprì la sua, adagiata sulle coperte.
 
Isolate and save you from yourself.




NdA: il testo in corsivo è tratto dal testo di "Counting bodies like sheep" degli A Perfect Circle.
   
 
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