Crossover
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Autore: michiredfox    07/11/2008    0 recensioni
Il male esiste da sempre, dalla creazione dell'intero universo... due mondi diversi, eppure così simili, quello degli uomini e quello dei cyborg, sono chiamati ad una nuova lotta contro di esso... (il merito di questa fic va interamente a Costigan, io ho solo coadiuvato alcune parti).
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Parte 11

Una slanciata figura femminile era in piedi in cima alla duna, tremula come una bandiera nel vento. Indossava un’uniforme rossa con quattro vistosi bottoni dorati disposti su due file ed alti stivali neri dalla caviglia stretta. I suoi capelli biondi, lunghi e leggermente ondulati, risplendevano come oro sotto la luce solare. Il suo lungo foulard giallo annodato a mantello galleggiava nella brezza stranamente fresca, stagliandosi contro il cielo di un azzurro incredibilmente uniforme. Uno spesso cinturone nero le cingeva la vita sottile facendola sembrare ancora più snella. La fondina sul fianco reggeva una pistola ad alta tecnologia pronta all’uso. Gli occhi grandi ed azzurri della ragazza abbracciarono la scena con espressione incuriosita, esprimendo mille mute domande. Era perplessa, perchè sapeva che la sua presenza in un luogo del genere era impossibile. Ricordava perfettamente di essersi sdraiata accanto a Joe, sotto le coperte, e di essersi dolcemente addormentata nel suo abbraccio. Aveva ancora nelle membra quella piacevole sensazione di abbandono. Avrebbe potuto segnare con il dito il punto in cui lui l’aveva baciata sulla guancia. Sapeva di essersi addormentata scalza ed in camicia da notte nella villa del professor Gilmoure, sul promontorio, quindi non poteva trovarsi sola, nel deserto, in uniforme, senza avere idea di come ci fosse arrivata. Se si trattava di un sogno, era però un sogno piuttosto anomalo. Era sorpresa del fatto che in un sogno si potesse avere memoria della veglia, e che si potesse conservare una tanto nitida persistenza delle sensazioni fisiche provate mentre si entrava nel sonno. Pensò che potesse essere stato Ivan a teletrasportarla inavvertitamente, ma questo non spiegava il cambio d’abito. Avrebbe dovuto indossare la camicia da notte. Strano anche il  palpabile senso di aspettativa che la pervadeva. Non sapeva spiegarselo, ma era certa di trovarsi lì per una ragione importante, e decise di scoprire quale. Dato che la riflessione accresceva solo il numero delle domande senza risposta, scelse di agire. Françoise Arnaul, questo era il suo nome, mostrò la risoluzione che le aveva permesso di farsi a suo tempo strada nell’ambiente del balletto classico. Aveva danzato all’Operà di Parigi, prima del suo sequestro ad opera del Fantasma Nero e la sua trasformazione in cyborg da ricognizione. Aveva dovuto abbandonare il palcoscenico dell’Operà, ed ora ne aveva avuto in cambio uno davvero singolare, ma non meno affascinante. Davanti ai suoi piedi, la distesa increspata di sabbia color ocra descriveva un dolce arco discendente fino alla colossale muraglia circolare di basalto nero, che, parzialmente diroccata, cingeva le rovine di una città dagli edifici ciclopici e dall’architettura incredibilmente sofisticata, seppure erosa e scheggiata dai millenni. Françoise si rese conto che le proporzioni di quelle costruzioni consegnate alla polvere ed al silenzio indicavano una cultura anteriore a quella che lei era abituata a chiamare “storia dell’umanità”. Davano la sensazione di una concezione geniale e sofisticata dell’architettura e dell’arte, ma in qualche modo aliena alla nostra estetica. Ciò voleva dire un’antichità incalcolabile Intuì anche di essere la prima rappresentante dell’umanità a vederla. Se fosse già stata scoperta da qualcun altro, il mondo intero ne avrebbe avuto notizia.. Il Professor Gilmoure si sarebbe certo informato al riguardo, perché la cosa avrebbe potuto comunque interessare il Fantasma Nero. Ma come era possibile che fosse passata inosservata anche alle ricerche satellitari? Interrogarsi era inutile. Françoise decise di avvicinarsi, ma fu cauta. Le fotocamere cibernetiche dei suoi globi oculari esplorarono tutta l’area nel raggio di cinquanta chilometri, senza scorgere nient’altro che dune. Gli audiosensori a campo sferico accoppiati ai suoi organi uditivi captarono ed analizzarono tutte le frequenze di ogni onda sonora prodotta nello stesso raggio. Nessun suono di origine biologica o tecnologica. Solo il vento e l’incessante mormorio dei granelli di sabbia intenti a rotolare da secoli. Rivolse così tutta la sua attenzione alla struttura megalitica e ne ingrandì l’immagine con uno zoom rapido. Scorse terrazze, contrafforti, camminamenti e resti di giardini pensili. Vide bassorilievi scolpiti con tecnica straordinaria, e con effetti di profondità così intensi da dare l’illusione di trovarsi all’interno di rientranze. Quegli ignoti scultori erano riusciti ad ottenere dalla pietra gli stessi effetti illusori degli ologrammi.  Nessuna cultura antica nota aveva fatto nulla del genere. Distinse anche glifi indecifrabili, disposti secondo sequenze bizzarre, ma straordinariamente raffinati. Apparentemente, non vi erano pericoli visibili. Se ne avesse incontrati, li avrebbe affrontati.

Così Françoise Arnaul si incamminò verso il portale ciclopico che pareva attenderla. Il rumore dei suoi passi turbava il silenzio sepolcrale di quel colosso di pietra e di grandezza dimenticata forse da eoni, ma il portale sembrava un’enorme bocca che la chiamava. Françoise lo vide farsi sempre più grande via via che la fila di impronte che lasciava sulla sabbia si faceva più lunga. Rimase sorpresa dall’altezza dell’arco di pietra quando lo varcò. I battenti, come le parti metalliche, si erano dissolti nel tempo. Una volta entrata, il vento si smorzò, ed il leggero rumore dei suoi passi fu il solo suono udibile, almeno senza udito potenziato. Il lastricato sconnesso della strada era ricoperto di sabbia. Gli edifici non avevano alcun infisso. Gli ingressi erano bui, le costruzioni immense. Françoise continuò a camminare passando gli edifici ai raggi x, ma non ottenne che interni deserti di planimetrie labirintiche e corridoi e scale intrecciati secondo le bizzarrie, almeno per noi, di una cultura che non aveva nulla in comune con quelle conosciute. Sembrava di osservare intrecci di prospettive che forse neanche un Mauritz Escher avrebbe potuto immaginare. Mentre guardava in alto, si accorse di non camminare più su una superficie soffice. Aveva calpestato un lastricato marmoreo intarsiato secondo motivi geometrici incredibilmente elaborati. Non aveva mai visto tante diverse sfumature di colore, tanti motivi ornamentali in una pavimentazione. Alzò lo sguardo di scatto e rimase senza fiato. La gigantesca piramide a terrazze verso cui si stava dirigendo era muta ed in rovina, ma adesso era tornata a mostrare sotto il sole tutto il suo scintillante splendore. Sculture di marmo candido, avorio e metalli preziosi di fattura indescrivibilmente raffinata ornavano di nuovo l’edificio, che si era fatto ancora più imponente dopo aver recuperato le parti crollate. Con una rapida occhiata, Françoise vide rinascere sotto i suoi occhi quella civiltà senza nome. Era come se il sudario del tempo fosse stato di colpo strappato via da una mano impaziente. Françoise vide archi, guglie, pinnacoli, giardini pensili, sculture svilupparsi in tutte le prospettive che poteva immaginare ed in altre che non avrebbe creduto possibili. Poi abbassò lo sguardo e vide delle persone. Istintivamente portò la mano alla fondina, ma si bloccò. Di fronte a lei, tre ragazze la osservavano con espressione gentile. Erano abbigliate con elaborati calzari al ginocchio, vesti candide e gioielli di un’eleganza che parlava di antichi imperi dimenticati. La loro pelle color miele aveva riflessi dorati, ed il loro portamento era improntato ad una cortesia per nulla affettata. Il loro copricapo, e quello degli uomini che le accompagnavano aveva una foggia vagamente egizia. Gli uomini avevano fasce intorno ai fianchi strette da cinture, e pettorali vistosi. Nei gioielli e nelle fibbie era costantemente ripetuto un motivo decorativo avente la forma di un cerchio munito di ali. Françoise guardò quei volti gentili, e si vergognò del suo gesto ostile. Rimase immobile,  interdetta, quando la ragazza più vicina a lei le disse:

“Sei la benvenuta, Françoise Arnaul”.

 Aveva parlato senza muovere le labbra. Telepatia. Conoscevano il suo nome! Ma come….

“Come lo sappiamo? Ce lo ha detto il bambino.”

“Ivan?” Françoise stava usando la voce, ma loro comprendevano tutto ancor prima che lei potesse esprimerlo a parole, perché leggevano il suo pensiero.

“Sì. E’ una creatura dolcissima. E’ tuo?”

Françoise arrossì.

“No… io…io non ho figli…..”

“Ma sei tu che lo culli, che lo nutri, che lo tieni in braccio…è questo che fa di te una madre”

“Non… non so...”

“Ti vuole davvero molto bene, sai?”

Françoise sorrise commossa.

La ragazza si rivolse di nuovo a lei: “Sei una donna pura di cuore, Françoise Arnaul. Dimmi, come si chiamano il tuo popolo… la tua terra?”

“Oh, il mio popolo è francese. Io vengo da Parigi, una grande città che si trova a nord della mia terra, la Francia

“Questa città invece si chiama Myoltecopang, ed io Enoha. Puoi chiamarmi così. Il mio nome completo non si adatterebbe alle tue corde vocali.”

“Ed il nome del vostro popolo?”

“Mi dispiace, Françoise Arnaul, non è questo il momento delle spiegazioni… vieni con noi, per favore”

Françoise le seguì fino all’ingresso della piramide. La pesante lastra di basalto scolpito che lo chiudeva si alzò da terra scomparendo nel muro e si richiuse quando entrarono nel palazzo.  Anch’essa recava nel suo centro il cerchio alato. La accompagnarono per un interminabile corridoio illuminato da fiaccole, fra due teorie di sfingi, o almeno presunte tali, alternate a nicchie adorne di gruppi scultorei. Alcune avevano un soggetto indefinibile. La condussero fino ad un pesante portale di legno, che si aprì ritirando nelle pareti i due battenti. Una enorme sala circolare in pietra, disadorna salvo che per un rosone di cristallo al centro, si presentò agli occhi di Françoise. Un semicerchio di danzatrici abbigliate succintamente, scalze e munite di bracciali e cavigliere pareva attenderla. Enoha prese le mani di Françoise e la guidò al centro del rosone.

“Tu sei una danzatrice, non è vero?”

“Beh…sì.”

“E’ per questo che ti trovi qui. Adesso, tu inizierai a danzare… Ti sembrerà di aver dimenticato tutto questo, ma al momento opportuno…ricorderai. Lasciati trasportare dalla musica ed imparerai, come io imparai a suo tempo ed altre prima di me.”

“E’ assurdo….”

“Tu sei abituata all’assurdo, Françoise Arnaul.”

“Perché proprio io?”

“Perché tu sei quella che si troverà nel tempo e nel luogo opportuno. Non aver fretta di comprendere.”

La ragazza si allontanò, lasciandola sola al centro del rosone, che prese ad illuminarsi. Françoise sentì una musica remota farsi strada da una lontananza incommensurabile. Era una musica ricca e varia oltre ogni descrizione, così densa di armonia da innalzare lo spirito ad un livello ultraterreno. Istintivamente, accennò un passo di danza, con tutta la sua leggerezza di ballerina. Iniziò a librarsi sulle gambe, e le sue braccia parevano colli di cigno che si inchinavano alla sua grazia. Le danzatrici assecondavano i suoi movimenti, facendo tintinnare le cavigliere. La musica saliva verso il suo apice, portando con sé un’emozione tanto intensa da farle sentire le guance rigate di lacrime mentre lei stessa diveniva armonia pura ed esprimeva tutto ciò che la danza può esprimere. Un cerchio di luce prese a seguirla nella penombra della sala, mentre Françoise danzava come un raggio di luna sulle acque increspate di un lago. Nei suoi movimenti si potevano leggere la dolcezza dell’amore e la bellezza dei fiori, il cigno che spicca il volo e la neve che cade, la bellezza di una cascata e la violenza delle passioni, il battito d’ali di una farfalle e le scintille del maglio sull’acciaio rovente, la gloria delle civiltà perdute ed il mare in tempesta che esplode contro le scogliere, la dolcezza del tramonto e la furia accecante della folgore. La musica era al suo apice quando una colonna di luce ebbe origine dal centro del rosone ed il suo corpo prese a levitare con un lento avvitamento. Il cilindro di pietra pareva infinito. Françoise si lasciava trasportare, rapita, fino a quando le pareti del cilindro scomparvero e vide da lontano la Terra. Distinse anche la Luna, Venere e Mercurio, e sullo sfondo l’immenso globo infuocato del sole. E poi Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, e tutti i loro satelliti. Infine, l’orrore si impadronì di lei. Una cometa nera, un ripugnante globo pulsante, deforme, malato, che pareva di tenebra solidificata si dirigeva verso di lei. Era il male assoluto. Intuì un potere nefando, un’intelligenza infida e diabolica capace di trascendere ogni perversione umana, che la terrorizzò. Chiuse gli occhi ed immagini orripilanti continuarono a torturarla.

“Maledetto” gridò disperata “La Luce sa cosa sei davvero. Lei è più antica di te!”

Continuò a gridare frasi incoerenti, fino a quando udì una voce familiare, ma spaventata.

“Françoise, tesoro, svegliati! Sono io! Sono Joe!”

Spalancò gli occhi. Era nel suo letto, la luce era accesa, e vide l’amato volto del suo uomo.

“Sei tu, sei davvero tu!”

“Ma certo! Calmati, è solo un sogno!”

Sentirono bussare alla porta. Era la voce allarmata di Bretagna.

“Joe, cosa succede?”

Lui gli aprì.

“Non ti preoccupare. Niente di grave! Françoise ha avuto un incubo.”

“Non l’ho mai sentita gridare così. Ti serve aiuto? Vuoi che chiami il professore?”

Françoise riprese fiato, si alzò dal letto e, scalza ed in camicia da notte, corse ad abbracciare Joe. 

“Stringimi, ti prego”

Joe la sentì tremare da capo a piedi e le rispose con una dolcezza che fece trasecolare Bretagna.

“Calmati amore, ci sono io. E’ solo un incubo.”

Françoise si abbandonò al suo sguardo sorridendo timida, e sentì che quelle visioni orribili iniziavano già a sbiadirsi.

 

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NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti. Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e Michiredfox. Grazie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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