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Autore: Ink Voice    15/12/2014    4 recensioni
Tutti diciamo che vorremmo i Pokémon nel nostro mondo, spesso non tenendo conto del reale potenziale distruttivo di queste creature… e se arrivassero davvero, ma con intenti tutt’altro che pacifici? Come faremmo a sopravvivere?
La storia racconta l’esperienza di Andrea, un bambino di undici anni che riesce a stringere amicizia con uno degli invasori e che deve convincerli a non distruggere il suo mondo.
E si capirà anche come si è arrivati a un punto di non ritorno dal degrado del pianeta.
|RIPRESA! - Aggiornamenti mensili (si spera)|
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
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I
Gli invasori

Accade tutto in un attimo.
Lo sguardo del robot-alieno incontra quello del bambino, intento a fissarlo, gli occhi scuri pieni di curiosità e di ammirazione verso quell’essere sconosciuto e meraviglioso.
Qualche esperto lo definirebbe certo un miracolo della robotica. È assolutamente perfetto: quei pochi movimenti che ha fatto fino ad ora non sono stati meccanici come ci si potrebbe aspettare. Le lunghe braccia frusciano con naturalezza a causa della leggera brezza autunnale, serale.
Ma quell’attimo sembra durare un’eternità, tanto che Andrea riesce a scattare una foto dell’alieno con la sua mente, memorizzando alla perfezione i tratti che gli appartengono.
Poi qualcosa si spezza. Forse la tensione, forse l’equilibrio.
La pietra nel petto del robot s’illumina di rosso, mentre esso interrompe il magico contatto visivo che si era venuto a creare. Andrea nota che si sta trasformando, sta cambiando forma; ora gli tocca scattare un’altra foto per quella nuova “versione”. 
Il torace e le spalle si allargano, le gambe s’ispessiscono. Tutta la figura si fa più robusta. Sul capo ora ha tre spuntoni che gli danno un’aria quasi regale, sicuramente più aggressiva. Anche i tubi che prima erano le braccia si sono ingrossati e ora somigliano più a due fruste.
Andrea non si rende conto del pericolo che sta per correre, dell’aria minacciosa e del timore che quell’essere dovrebbe incutere. È certo che lo farebbe con chiunque, ma un bambino che lo sta ammirando, rapito dall’aura di mistero che esso emana… come potrebbe?
Ma un brivido percorre presto la sua schiena, facendolo tremare.
Il robot scende con un balzo dal piedistallo che si era scelto per osservare i dintorni. L’impatto con il terreno, che Andrea si aspettava delicato e leggero, provoca quella che ha l’aria di essere una vera scossa di terremoto.
Il ragazzino cade a terra dopo aver perso l’equilibrio. La sua espressione è mutata radicalmente, da curiosa a impaurita, se non terrorizzata.
Il robot si avvicina a lui, levitando. Le sue gambe finiscono con una punta acuminata, non ha veri e propri piedi su cui camminare.
I brividi decidono di correre non solo lungo la spina dorsale di Andrea, ma per tutto il corpo. Pian piano realizza di essere in pericolo, perché il robot-alieno ha un’aria cattiva, lo spaventa.
I suoi occhi neri, dal taglio a mandorla, sono socchiusi in quella che probabilmente è una smorfia di disgusto.
Andrea non si è ancora accorto di quanto quegli occhi assomiglino ai suoi e nemmeno riesce a descrivere l’espressione del robot - non contempla nemmeno il fatto che essi possano provare emozioni né dimostrarlo. I robot non hanno un’anima, non provano alcun tipo di sensazione.
Allora perché quello lo sovrasta e i suoi occhi si restringono sempre di più, fino a diventare due fessure? Esprimono chiaramente una certa rabbia, se non rancore…
Il ragazzino lo capisce, ora, ma probabilmente non riesce a descrivere tutto ciò.
Indietreggia un po’, spostandosi grazie ai gomiti, ma qualcosa lo blocca. Si rende conto di poter spostare solo il suo sguardo, il resto del suo corpo è immobilizzato da una forza sconosciuta, violenta. Una nebbiolina rosea lo avvolge, la stessa di cui sono circondate le pupille nere del robot. È lui che lo controlla.
Non riesce nemmeno a parlare, la voce gli muore in gola quando vorrebbe gridare aiuto. È lì, impotente in quella posizione scomoda, comandato e bloccato da un’altra volontà.
-Umani…- mormora qualcuno.
Non ci vuole molto perché Andrea capisca che è stato l’alieno a parlare. La sua è una voce maschile, affatto robotica.
Ed è pregna di quell’odio e rancore che il bambino prima aveva appena percepito.
Il robot sibila, con parole spietate: -Come vedo, non solo il nostro mondo è stato distrutto da voi, dalla vostra specie. Tu sei ancora un ragazzino ma non ci vorrà molto perché diventi come tutti i tuoi schifosi simili- sentenzia gravemente.
Prosegue, poi: -È un bene che siamo arrivati anche qui. Dovrebbero essere solo due i pianeti esistenti in pericolo a causa vostra. Quello che abitavamo noi ormai è morto. Prima che il peggio si abbatta anche su questo, è nostro compito liberarlo.
-Liberarlo da voi.
L’aura che circonda Andrea si dissolve, ma ancora non riesce a gridare aiuto. Vorrebbe rivivere il momento in cui si è separato dalla madre per andare via con lei.
Il presagio, il presentimento che sarà la prima vittima dell’alieno, lo paralizza.
Ma quello si gira, come se stesse aspettando qualcosa. Dopo, percependo ancora la presenza del bambino, volta appena il capo e dice: -Fuggi, se vuoi. Cerca aiuto. Ma ti avverto che non accetteremo mai nessuno dei tuoi simili tra di noi, non ci interessa la purezza del vostro cuore. È inutile scappare, comunque, ma ti offro questa possibilità. Preparati per l’invasione.

Andrea, barcollando, si rimette in piedi.
Le gambe quasi non lo reggono.
Si allontana di qualche passo, valutando le due chance che gli sono state concesse dal robot. Può scegliere se fuggire, aggrapparsi alla possibilità di vivere ancora per un po’, ma trascorrere i suoi futuri giorni nel terrore.
Oppure uccidersi subito, o meglio farsi uccidere, evitando così le sofferenze fisiche e psicologiche che sicuramente lo aspettano.
L’essere umano, però, è pur sempre un animale dominato da istinti, in particolare quelli di sopravvivenza e autoconservazione. Può capitare che alle volte i livelli di questi si abbassino di molto, è il caso di chi sta per suicidarsi o dei pazzi che compiono azioni scellerate, senza pensare alle conseguenze.
Un bambino non concepisce l’idea di morte perché ne è troppo lontano. Sa cos’è, ma non si sente nemmeno sfiorato da essa, perché manca tanto alla sua fine naturale.
Quando si trova a fronteggiare la morte, se può scappare lo fa.
È quello che, senza rendersene conto, fa Andrea.
Vede offerta la piccola probabilità di sopravvivere, può correre via lontano dal robot minaccioso e cattivo. Non gli interessa se la sua vita, d’ora in poi, durerà pochi giorni o una decina d’anni.
L’essenziale diventa la sopravvivenza.
La corsa di Andrea però non dura tanto. Non perché qualcosa o qualcuno lo ostacoli, ma perché dopo aver corso per più isolati non può fare a meno di fermarsi a riprendere fiato, esausto. Poi si volta e cerca con lo sguardo uno scorcio del suo quartiere. È sia curioso sia impaurito di sapere cosa sta accadendo, cosa sta facendo il robot-alieno.
Che tanto robot non è, pensa Andrea, data la sua naturalezza e quasi umanità. Se non fosse che sta cercando di distruggere, a quanto pare, la sua specie.
Niente amicizia, quindi. È una cosa abbastanza infantile sperare nell’amicizia di uno straniero con un passato tormentato - perché di questo si tratta; l’alieno ha visto morire il suo pianeta, così ha capito Andrea.
Ma in fondo, come potrebbe non rimanere deluso? Il suo sogno è, o forse era, proprio di fare amicizia con un essere sconosciuto. Ora ha capito che è impossibile, che addirittura ha messo il suo mondo in una situazione di pericolo…
Il mondo. Il mondo è in pericolo…
-Oh, no- mormora Andrea, rendendosi conto di una cosa di vitale importanza.
Il Capo dello Stato avrà dato l’allarme, sì, ma quanto ci impiegherà l’esercito ad intervenire? Ma soprattutto, lo farà? Il bambino non è sicuro del fatto che il resto del pianeta abbia preso in considerazione il vero pericolo rappresentato dall’invasione.
Invasione? Cosa voleva dire con invasione? si domanda Andrea, le mani sulle ginocchia, piegato su sé stesso nel tentativo di riprendere fiato. Piano piano il respiro si stabilizza, e anche i suoi pensieri. Ci sono molti problemi e poche certezze a riguardo. Una di queste ultime è la paura.
I brividi che lo disturbano da minuti e minuti si placano per poco, quando Andrea vede aprirsi uno squarcio nell’aria. Non nell’atmosfera, come ci si aspetterebbe dopo un evento del genere. Si genera una specie di enorme portale, in cui turbinano colori chiari, come rosa e lilla, ai quali si alterna uno spettrale blu notte, quasi nero.
Il ragazzino spalanca gli occhi, basito, alla vista dello spazio intorno allo squarcio. S’è deformato, piegato, curvato. Andrea non sa bene come descriverlo. I palazzi attorno ad esso, allo spacco verticale che lacera l’aria, sono innaturalmente distorti. Questo forse fa ancora più paura. Cos’è che sta rovinando lo spazio? Lui ne sa abbastanza sull’argomento per pensare a un buco nero, ma sa anche che esso non emette luce, anzi la assorbe. E quella cosa sta brillando, colorata. 
Poco dopo qualcosa fa capolino dal portale. Ma prima che esso esca del tutto, un verso risuona nell’aria.
Andrea è atterrito. Non ha mai sentito né visto niente nel genere. Infatti quel verso si propaga e piega anch’esso lo spazio, proprio come il portale. Come un’onda investe tutto ciò che incontra. Andrea vede i palazzi come piegarsi e poi tornare alla loro forma originale, non distorta dal verso né dallo squarcio.
Anche il ragazzino, per un momento, viene attraversato e piegato: ma oltre un fastidioso, piccolo formicolio, non avverte nulla di strano.
Chiude gli occhi, li copre con le mani, mentre prega che sia tutto un sogno. Un incubo, semmai. Spera di risvegliarsi accanto la mamma la mattina dopo e di non sentir suonare gli allarmi, né quel verso che piega lo spazio o il portale…
Quando li riapre quasi sviene. Una grossa figura bianca sembra spuntata dal nulla, è uscita dallo squarcio mentre Andrea aveva gli occhi chiusi. È luminosa, non perché brilli di luce propria, ma si staglia fortemente nel nero della notte, contro i palazzi grigi.
La prima parola che viene in mente al ragazzino, per descriverla, è drago. Esso è salito sul tetto di un palazzo e, anche da lontano, Andrea riesce a distinguere per bene i dettagli caratterizzanti quella figura mostruosa. Ha ali piuttosto piccole rispetto al corpo, grosso ma slanciato. Un collo lungo e la testa piccola, mentre il busto è ampio. I suoi colori sono il bianco e un poco di rosa.
Le spalle sono piuttosto strane. Sembra che una grande pietra preziosa, colorata, sia incastonata in esse. Fa un po’ impressione, a prima vista, ma poi rapisce magicamente lo sguardo. Andrea però ha troppa paura per fidarsi di una visione minimamente bella, speranzosa. Presto torna a fissare il drago, mentre indietreggia lentamente.
Le strade sono deserte, è solo in mezzo al nulla. Come ci si aspetterebbe da una situazione del genere. Spifferi di venticello sollevano cartacce, volantini, anche qualche nuvoletta di polvere che testimonia il passaggio confuso e disperato di macchine in fuga.
I lampioni sono accesi, ma il buio e l’oscurità notturni sono l’ultimo dei problemi - o delle paure - del ragazzino. Conferiscono un po’ di colore ai palazzi grigi e maltrattati della periferia di Firenze, quello sgradevole giallo-arancio che fa sembrare ancora più scure e pericolose le zone non illuminate. Intanto il ragazzino si guarda attorno, non facendo caso all’ambiente che lo circonda; è in cerca di un aiuto, perché anche il più piccolo è ben accetto in quel momento…

Quello che sembra un rombo di tuono fa sobbalzare nuovamente Andrea, che senza accorgersene si lascia sfuggire un gemito, rivelatore del suo stato d’animo. L’ovvia paura, ma anche una certa, strana frustrazione, dovuta all’impotenza contro quei mostri alieni.
L’unica cosa che apprezza di loro, adesso, è l’aspetto. Davvero bellissimi, quei tratti sconosciuti e fantasiosi sono accattivanti. Di esseri così ne ha visti solo nei videogiochi o nei cartoni animati, essi sono degni della fantasia più sfrenata del miglior disegnatore del mondo.
Andrea osserva i movimenti del drago, voltato di spalle rispetto a lui. Ha riconosciuto il verso di prima, è lo stesso del mostro, ma più crudele e deciso. Quello di prima sembrava un esotico scampanellio misto a un ruggito, proveniente da qualche parte in un angolo arcano dell’Universo. Il drago sta fermo per un po’, poi grida di nuovo. E sferza con decisione l’aria.
Si apre un secondo squarcio, orizzontale, più grosso rispetto all’altro, che intanto si è chiuso. Il drago si teletrasporta di palazzo in palazzo, lacerando il nulla attorno a sé per spalancare quelle porte su altre dimensioni. Il movimento che compie con le zampe è accompagnato da una lama violacea che scompare subito prima che si spalanchi lo squarcio.
Dopo un po’ si ferma, scompare alla vista di Andrea appena atterra al centro della piazza. È probabile che sia vicino al robot a contemplare l’opera. E aspettare.
Il ragazzino non fa in tempo a chiedersi cosa succederà di lì a poco che sente altri suoni. Sembra per lo più un vociare confuso, concitato, se non eccitato. Ode gridolini, ruggiti profondi, tonfi, suoni e rumori di entità sconosciuta, misteriosa.
Poi gli squarci si aprono, enormi bocche che sputarono sui tetti e riversarono in strada e nei cieli altre specie di “animali”. Coloratissimi, di dimensioni impercettibili o colossali, tutti diversissimi.
Quello che pare un rantolo disperato esce dalla gola di Andrea. Stanno arrivando.
Fugge di nuovo, diretto ovunque, meno che lì.
Una voce tonante, che riconosce come quella del robot, risuona grave per le strade della città, del Paese, forse del mondo intero. Dice chiaramente quello che lui ha già capito.
L’invasione è cominciata.






Angolo ottuso di un'autrice ottusa
E... uccidetemi.
Sì, vi ho fatto aspettare un mese per questa schifezza, spero possiate perdonarmi.
No, non lo farete, lo so... riempitemi pure di bandierine rosse, sopporterò il colpo non è vero! Vi prego, siate clementi, abbiate pietàààà!.
Il prossimo sarà migliore, ve lo prometto. Anche se sta storia già non mi convince più molto; i capitoli penso usciranno fuori un po' tutti brevi, e mi dispiace. Voglio impegnarmi a fondo ma non so quanti risultati potrò ottenere...
Scusate la depressione, spero sia solo un'impressione mia, anche se non lo credo.
Il prossimo capitolo uscirà verso la fine dell'anno, o l'inizio dell'anno nuovo; negli stessi giorni anche il nuovo di Not the same story. E forse una one shot speciale per Natale, e qualcos altro... chissà? :P
A presto!
  
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