Do uno sguardo fugace al vecchio orologio pendente su una parete scura .Sono le 2:10 .E' notte inoltrata,nel giro di qualche ora si potrà scorgere l'alba,tuttavia,è ancora presente la luna che crea contrasto con i miei occhi cremisi e che illumina in parte tutto giardino della villa nella quale risiedo ormai da tempo .Tempo che sembra infinito,trascorso tra solitudine e infelicità .Il mio nome è Subaru Sakamaki e sono il minore tra i miei fratelli acquisiti .Mi sono sempre definito un ragazzo inerme ,insulso, banale .Quando qualcosa mi contraria la rabbia ha la meglio e cedo alla violenza,ma lo trovo qualcosa di naturale,spontaneo .La verità è che mi comporto in questo modo solo per nascondere ciò che sono veramente:indifeso .Un' ondata di vento spalanca la finestra scompigliandomi i capelli bianchi, ora arruffati .Sono sempre stato indifeso,sin da bambino.Sono nato per errore,un errore della natura maligna .Ho sempre ricercato attenzioni da mia madre,ma invano perché mi odiava .Non capivo perché; mi respingesse di continuo ad ogni mia dimostrazione d' affetto .Ero egoista,pensavo solo a me stesso e a ciò che volevo io,non pensavo a come si sentisse mia madre,ad avere tra i piedi un essere che non ha mai voluto .Successivamente, lei iniziò a comportarsi in modo ambiguo,non riuscivo più a capirla. Un giorno mi donò un pugnale e mi fece una richiesta inaccettabile:mi chiese di ucciderla, ma io non volevo:l'amavo .Allora ella si rinchiuse in un'alta torre alla quale io non potevo accedere .Da allora aspettavo sempre sotto di essa in attesa di qualche cambiamento .A quel pensiero digrigno i denti e qualcosa di estremamente caldo mi riga una guancia, arrivando fin sopra le mie labbra rendendole salate. Ogni qualvolta che i miei fratelli parlano casualmente di lei io mi dileguo come un codardo scappando da quella situazione spiacevole. Mi chiudo in camera mia,chiudendo così anche le porte del mio cuore e piango in silenzio. Odio piangere ma lo faccio di continuo quando sono solo,ogni lacrima è un peso che sembra andarsene ma poi ritorna prepotente. Odio ammetterlo, sono debole. Guardo fisso fuori dalla finestra e ,completamente assorto, penso a ciò che sono,o a ciò che credo di essere. Posso sembrare brusco e violento ma se si scava nel profondo del mio cuore , si può scorgere un'anima tormentata ma che racchiude un immenso amore . Amore che cerca disperatamente di uscire,ma invano:il rancore e l'orgoglio sono più forti. Percorro il breve tratto di strada che mi separa dalla porta della mia camera ed esco fuori. Cammino per i lunghi corridoi bui imbattendomi ogni tanto in qualche ragnatela ben lavorata. Raggiungo l'enorme portone della villa e lo apro lentamente, cercando di non causare troppo rumore. Uscito mi ritrovo subito di fronte alla grande aiuola di rose bianche. Mi sporgo lentamente in avanti,annusandone il profumo. Mi ricordano mia madre: stesso profumo,bianche come il colore dei suoi capelli e della pelle,ma spinose come il suo cuore. In preda alla rabbia ne strappo una scagliandola a terra e la calpesto più volte,riducendola a brandelli . Percepisco un pizzicore nel palmo della mano con la quale prima avevo strappato la rosa, ora serrata in un pugno. La apro lentamente e noto un profondo taglio causato molto probabilmente dalle spine. Sorrido amaramente,tutto ciò che ricorda mia madre lascia sempre un segno,ovunque. Anche la sua immagine è; impressa nella mia memoria come una fotografia. Quel taglio si cicatrizzerà presto,lasciando ugualmente un segno ben visibile,indelebile.