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Autore: Arain    15/12/2014    2 recensioni
Dal testo:
"Delle poche persone che ancora si vedevano camminare per le strade del centro non ce n'era nessuna che si fermasse ad ammirare le vetrine o a scambiare due parole con gli altri: tutti stavano correndo a casa, impazienti di raggiungere il tepore della propria abitazione.
Nessuno, eccetto un ragazzo magro, quasi smilzo, che camminava a passo veloce lungo la via principale."
Piccola one-shot Merthur a tema natalizio ma non troppo. Un po' di fluff per ricordarci che nella vita ci sono anche dei momenti belli, non solo drammi e dolori.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Era una gelida ma limpida serata di dicembre; l'aria cristallina sembrava un coltello sottile pronto ad infilarsi sotto i cappotti e a tagliare affilato la parte di viso lasciata scoperta dalla sciarpa che la maggior parte dei passanti si era tirata fin sopra il naso. Si poteva percepire che a breve la città sarebbe diventata bianca per la prima nevicata dell'anno.

Era una serata tranquilla in una piccola cittadina di provincia: la maggior parte dei negozi era già chiusa e in quelli ancora aperti i proprietari si accingevano ad abbassare le saracinesche. Dalle vetrine e dalle piante brillavano luci intermittenti di tutti i colori e misure, rese ancora più vivide dall'aria cristallina e dal cielo ormai nero.

Delle poche persone che ancora si vedevano camminare per le strade del centro non ce n'era nessuna che si fermasse ad ammirare le vetrine o a scambiare due parole con gli altri: tutti stavano correndo a casa, impazienti di raggiungere il tepore della propria abitazione.

Nessuno, eccetto un ragazzo magro, quasi smilzo, che camminava a passo veloce lungo la via principale. Le luci delle vetrine davano un aspetto spettrale al suo viso pallido e si riflettevano brillanti nei suoi occhi azzurri, profondi e pensierosi. Dalla cuffia rossa sformata e consumata che portava in testa spuntavano ciuffi di capelli neri e riccioluti che incorniciavano il viso spigoloso del quale si potevano vedere solo gli occhi, gli zigomi alti e il naso, arrossato dal freddo, mentre il resto era coperto da una sciarpa blu, piena di fili sporgenti e pilucchi.

Quando giunse in vista della sua destinazione accelerò ulteriormente il passo fino ad arrivare ad una leggera corsa. Si fermò di colpo davanti ad una vetrina, solitamente anonima, che però in quel momento spiccava per l'anomala mancanza di decorazioni natalizie. Sulla porta si poteva leggere: “Agenzia immobiliare Pendragon – Ufficio pubblico” con sotto esposti gli orari di apertura. Il ragazzo controllò l'orologio vecchio e usurato che aveva al polso e notò che mancavano cinque minuti alle sette, ovvero l'orario di chiusura nel periodo feriale invernale.

Provò titubante ad abbassare la maniglia e tirò un sospiro di sollievo quando questa cedette subito sotto il suo tocco e gli permise di infilarsi rapidamente nel negozio, accompagnato da uno scampanellio che sarebbe potuto risultare quasi allegro, se lui non fosse quasi andato a sbattere contro qualcuno che invece cercava evidentemente di uscire. Alzò gli occhi e si ritrovò ad un palmo dal naso di Uther Pendragon, fondatore e proprietario dell'agenzia. Alto, vestito sempre in modo impeccabile, capelli e barba curati, colonia costosa e scarpe italiane, aveva una figura imponente che incuteva timore, e poteva incenerire una persona con un singolo sguardo.

Cosa che stava facendo in quel momento osservando il nuovo arrivato come si guarda una macchia di olio sui pantaloni appena usciti dalla lavatrice, mentre sembrava riflettere sul da farsi, se cacciarlo fuori o aspettare almeno che spiegasse il motivo della sua inopportuna comparsa.

-Merlin.- Disse con un tono di disapprovazione misto a compatimento.

-Signor Pendragon.- Replicò il ragazzo, sperando di risultare umile e rispettoso.

Tra i due calò un silenzio imbarazzato, scandito solo dal flebile ticchettare di un orologio appeso al muro e dai movimenti del ragazzo che si toglieva cappotto, cuffia e sciarpa. Merlin sapeva di non piacere ad Uther Pendragon per i più vari e svariati motivi fin da quando era piccolo, ma ultimamente non aveva fatto che rafforzare il suo odio verso di lui con una serie di azioni (secondo Pendragon, ovviamente) alquanto riprovevoli. Non da ultimo, aver fatto finire il quasi triennale fidanzamento del suo rampollo con Gwen, dolce fanciulla figlia di un colosso nell'industria edilizia.

Stava per scusarsi per essersi presentato a quell'ora così tarda quando un vivace: -Merlin! Sei tornato!- lo distolse da quei foschi pensieri. A guadagnarsi tutta la sua attenzione fu un ragazzo alto, magro ma muscoloso, fasciato in una camicia bianca che faceva risaltare la forma delle spalle e del torace e in dei pantaloni neri che si sarebbero potuti dichiarare illegali. Aveva un viso dai lineamenti dolci sormontato da morbidi capelli dorati. In quel momento la bocca dalle labbra perfette era spalancata in un sorriso e i brillanti occhi azzurri erano illuminati di gioia.

Merlin pensò che non aveva mai visto niente di più bello.

Il suo cervello registrò tutto questo mentre l'altro gli correva incontro e lo abbracciava, stritolandolo in una morsa mozzafiato. Merlin affondò il viso nel suo collo e inspirò a fondo il suo odore, di cui non era mai sazio, mentre il biondo gli infilava le dita tra i capelli accarezzandogli la nuca. Sarebbero potuti rimanere così per sempre, se un sonoro “Ehm” non avesse loro rammentato che non erano soli, ma alla presenza di nientepopodimeno che Uther Pendragon, ovvero il padre di Arthur Pendragon, unico discendente di una dinastia centenaria di agenti immobiliari (o almeno questo era ciò che diceva ogni anno il padre alla festa pomposa e noiosa che organizzava tutti gli anni per il compleanno del figlio), fresco di laurea in Economia a pieni voti e con la lode, scapolo d'oro della città e attualmente, con grande sconforto del padre, saldamente abbarbicato al suo ragazzo, Merlin Emrys; lui sapeva di non essere mai andato a genio al signor Pendragon, non da quando lui ed Arthur da piccoli avevano deciso di mettere della colla sotto le scarpe del suddetto, scatenando la sua ira funesta. Dato che il suo Artie angioletto non avrebbe mai fatto una cosa simile se non istigato da quella peste di Emrys, da quel giorno era nato il suo odio latente verso il ragazzo. Se poi aggiungiamo il fatto che Merlin stava per laurearsi alla facoltà di filosofia con una borsa di studio, da lui ritenuta la più inutile in assoluto, vestiva sempre trasandato, era disordinato, per mantenersi lavorava part-time in una sgangherata libreria e, fatto scoperto più recentemente, era gay, la sua disapprovazione non poteva che aumentare.

Ma si poteva certamente affermare che il culmine del suo risentimento fosse arrivato quasi un anno prima, quando Arthur aveva informato il caro paparino che aveva mollato Gwen perché era innamorato di Merlin. Dopo una breve visita al pronto soccorso in conseguenza allo svenimento, Uther aveva subito ritrovato la sua tempra e aveva minacciato di diseredare il figlio; ma quando si era accorto che questi era pronto a tutto pur di stare con quel tipo strano aveva mollato la presa, giungendo alla conclusione che ormai, nella società di oggi, mostrarsi talmente tanto liberal da tollerare un figlio gay poteva portargli molti nuovi clienti, compresi personaggi di rilievo con la sua stessa intenzione.

In realtà il problema non era che ad Arthur piacevano i ragazzi, il problema era IL suo ragazzo. Su quello, Merlin ci stava ancora lavorando.

Per questo si staccò subito dal biondo, assumendo un'espressione che voleva sembrare contrita ma che lo fece sembrare solo costipato, perché si sforzava di reprimere il sorriso che voleva impossessarsi a vita delle sue labbra.

Anche Arthur capì cosa cercava di fare Merlin e disse, con un tono eccessivamente formale:

-Allora Merlin, com'era la Grecia?-

-Magnifica, grazie.- Rispose altrettanto rigidamente il moro.

-Avrei voluto che questo mese durasse di più.- Aggiunse, sperando di far capire al signor Pendragon che lui ci teneva alla sua istruzione.

Le labbra strette e lo sguardo assassino di quest'ultimo gli suggerirono che non c'era riuscito.

Dopo aver guardato prima lui poi il figlio, Uther sembrò voler dire qualcosa, poi ci ripensò e si avviò verso l'uscita, afferrando un cappotto nero dall'attaccapanni. Quando poggiò la mano sulla maniglia, Arthur esclamò:

-Ah, padre, stasera non torno a casa, resto a dormire da Merlin.-

Le nocche dell'uomo diventarono bianche, ma lui non si girò.

-Eh... alla festa di fine anno dell'agenzia... ho invitato Merlin... è un problema?-

La maniglia lanciò uno scricchiolio sinistro, ma probabilmente Uther pensò di averne avute abbastanza per quella sera, perché usci e se ne andò senza nemmeno salutare.

I due ragazzi lo seguirono con lo sguardo, aspettando che voltasse l'angolo della strada. Poi Arthur trascinò Merlin nella stanza sul retro e chiuse la porta sbattendoci contro Merlin e premendo le sue labbra su quelle dell'altro, che rispose con calore al bacio, socchiudendo la bocca per permettere alle loro lingue di trovarsi. Il biondo posò una mano sulla nuca del moro, che nel frattempo aveva afferrato i capelli dorati di Arthur. Si staccarono solo un attimo per riprendere fiato, poi Merlin si mise a baciare dolcemente il collo di Arthur, che rovesciò il capo all'indietro mormorando:

-Mi sei mancato...-

-Anche tu...-

Arthur fece scorrere la mano libera sul petto di Merlin, fino al bordo dei suoi pantaloni.

-Mi sembra che anche qualcun altro sia contento di vedermi.-

Mormorò flebile Merlin tra un bacio e l'altro, che adesso stavano diventando più passionali e affamati.

-Chissà quanti bei ragazzi c'erano in Grecia, mentre io ero qui tutto solo al freddo...-

Merlin rise sulla pelle sensibile della gola, provocando ad Arthur un brivido lungo la schiena.

-Asino che non sei altro, come puoi anche solo pensare una cosa simile.-

Sibilò Merlin, prima di afferrare il viso di Arthur per guardarlo negli occhi.

-Sei la cosa più bella che mi sia mai successa, mi piaci da quando avevo tredici anni ed ora non mi sembra vero di averti tra le mie braccia... di averti per me. Solo per me.-

Gli posò un dolce bacio sulle labbra, poi tornò ad incatenare i loro sguardi.

-Ti amo, Arthur.-

Il biondo sorrise, gli occhi lucidi per la felicità.

-Ti amo anch'io, idiota. E anche tu sei solo mio.-

Si buttarono di nuovo sulle labbra l'uno dell'altro, stringendosi come se ne dipendesse la loro vita, gustandosi i loro reciproci sapori, cercando di recuperare in solo bacio un intero mese. Quando si staccarono rimasero con le fronti unite, mescolando i loro respiri.

-Ehm, Merlin ascolta... mi stavo chiedendo... in occasione del nostro anniversario, ecco... mi domandavo.- Balbettò emozionato, mentre si staccava dal moro frugandosi in una tasca dei pantaloni -In realtà volevo chiedere a te... Merlin Balinor Emrys, vuoi sposarmi?-

Concluse quasi senza fiato, mostrando una scatola aperta che conteneva un anello in oro bianco, un semplice cerchio senza nessun fregio.

Prima che l'altro avesse modo di dire qualsiasi cosa sentirono un forte tonfo provenire dall'altra stanza. Allarmati si precipitarono ad aprire la porta e si trovarono di fronte ad un Uther Pendragon steso a terra, apparentemente privo di sensi.

 

 

 

 

 

Dopo che i paramedici ebbero caricato Uther sull'ambulanza (mentre questo continuava a farneticare “Guanti... tornato... solo... sposarmi... MERLIN”) Arthur salì lentamente prendendo posto vicino a lui, senza nessuna voglia di passare una nottata in bianco in ospedale quando lui avrebbe potuto benissimo trovarsi a casa di Merlin a fare qualcosa di molto più proficuo e interessante.

-Ti raggiungo là ok?-

Disse Merlin, che cercava di assumere un'espressione triste senza risultati neanche lontanamente credibili.

-Ok.- Esclamò un po' confortato Arthur, ignorando i mugugni più intensi del padre.

Mentre i paramedici stavano per chiudere lo sportello Merlin sorrise malizioso e alzò la mano sinistra per salutare il suo ragazzo.

Andando verso l'ospedale, nonostante i lamenti del padre, Arthur non poté fare a meno di sorridere e ridacchiare tra sé.

Al dito indice della mano sinistra di Merlin brillava impertinente un anello d'oro bianco.







NOTE DELL'AUTRICE
Un po' di fluff perché ne avevo bisogno in questi giorni tesi di fine quadrimestre. In certi punti rasenta quasi la carie ma vabbè, è quasi Natale, ci può stare XD.
Ringrazio tutti quelli che leggeranno e recensiranno.
Se non pubblico niente prima di allora, buon Natale e felice anno nuovo a tutti!
Un bacio,
Arain.
 

   
 
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