It's home.
A
me, perché tornare a scrivere dopo mesi di
inattività è sempre un
piacere.
E un grazie mille alla mia cutie-pie Ross.
Non
ci sono raggi del Sole molesti che mi feriscono gli occhi, dato che
il bunker è sotterraneo. Ma c'è Sam, che ha la
tempia posata contro
la mia guancia e sento il suo respiro pesante, un leggero russare che
mi sfiora il collo.
Un suo braccio è legato intorno alla mia vita
e la mia mano è finita schiacciata sotto di lui.
Sbuffo,
irritato da quei dannatissimi capelli troppo lunghi che mi finiscono
in bocca – come sempre.
E come sempre mi sveglio e mi ritrovo
con quel gigante –
il mio Sammy –
premuto addosso.
Nella penombra riesco a vedere il volto arrossato
e le labbra umide di saliva, i capelli una massa informe che mi
disturbano e mi solleticano, rinfacciandomi il fatto che ieri sera,
mentre io e Sam facevamo sesso – l'amore
–, li ho
disastrati, strattonati, annodati.
Mi
ritrovo a sbadigliare,
stiracchiandomi, mentre le giunture scrocchiano.
Delicatamente
mi
disintreccio dagli arti lunghissimi di Sam e lui finisce per
biascicare qualcosa di confuso, e so che non si sveglierà,
ancora.
Da
quando abbiamo trovato la nostra casa, qui a Lebanon,
Sam dorme molto più di me. Anche lui ha trovato la sua
stabilità.
Con me e con il nostro bunker.
Si
rigira tra le coperte, ma alla
fine torna di nuovo fermo e riprende il suo russare leggero.
Sorrido
mentre mi alzo e i piedi nudi si posano sul pavimento freddo,
facendomi correre un brivido su per la schiena.
Non
me ne curo:
mi sporgo sul letto e cerco la bocca di Sam, ed è qui che
poso un
lieve bacio a stampo, di quelli leggeri che quasi non si sentono, di
quelli che lui dona a me quando sto per addormentarmi e lo tengo
stretto e lui tiene stretto me.
«Dormi
pure, Sammy.» Gli
sussurro.
È
qui che gli giuro e mi giuro che nessuno più ci
potrà derubare di questa nostra meravigliosa e monotona
quotidianità.